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La centralità del lavoro e del conflitto nella costruzione del MpRC

di Fosco Giannini*

pugni bandiera rossa.jpgPer presentare il nostro progetto politico, pubblichiamo la relazione, approvata allunanimità, con cui il coordinatore nazionale ha introdotto la riunione del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista, lo scorso 14 gennaio.

Abbiamo costituito, in tante e tanti di tutta Italia, il Movimento per la Rinascita Comunista (MpRC) lo scorso 11 novembre a Roma, non casualmente, presso la sala “Intifada”. E oggi siamo chiamati, moralmente e politicamente, in questo nostro primo Coordinamento Nazionale, ad aprire i lavori rimarcando di nuovo la nostra piena e attiva solidarietà al popolo palestinese e la nostra totale e severa condanna delle politiche sanguinarie e fasciste portate avanti dal governo e dall’esercito di Israele. 

Abbiamo lanciato sulle nostre pagine Facebook e in Rete (e cogliamo l’occasione per ringraziare il compagno Massimo Cazzanelli, responsabile del Dipartimento Comunicazione e tutti i compagni del Dipartimento per il grande lavoro che stanno facendo) un appello e una raccolta di firme a sostegno della giusta iniziativa della Repubblica del Sudafrica, subito appoggiata dalla Repubblica di Cuba, che chiede che Israele sia condannata per genocidio presso il Tribunale dell’Aya. Aderite a questo nostro Appello, compagne e compagni, e fate aderire, poiché l’orrore che Netanyahu sta disseminando a Gaza, con la ferina complicità degli Usa e dell’Ue, non deve essere nemmeno per un minuto dimenticato, ma “fissato” nella storia e in essa per sempre tramandato.

Alta deve dunque rimanere la nostra attenzione e la nostra iniziativa a fianco del martoriato ed eroico popolo palestinese, come alta deve essere la nostra attenzione sui fatti del Mar Rosso e i bombardamenti anglo-americani sullo Yemen, che rafforzano il rischio di un allargamento della guerra in tutto il Medio Oriente.

Nei nostri documenti politici, nelle nostre analisi, nei nostri articoli pubblicati su «Futura Società» (e anche in questo caso colgo l’occasione per ringraziare la direttrice del giornale, la compagna Adriana Bernardeschi, e tutta la nostra straordinaria redazione per il grande lavoro che viene fatto) abbiamo affermato e affermiamo come vi sia un cambio di passo sul piano internazionale, un cambiamento dei rapporti di forza sul piano mondiale a favore del fronte antimperialista; un positivo cambiamento dei rapporti di forza che trova la propria base materiale nella costituzione dei Brics e nel loro allargamento planetario, un fenomeno dal valore storico che trova il proprio cardine nel titanico sviluppo economico e politico della Repubblica Popolare Cinese, in quel “socialismo con caratteristiche cinesi” teorizzato e praticato, anche sulla scorta della Nep leninista, dal Partito Comunista Cinese.

La Cina socialista e i Brics cambiano il mondo e spuntano le unghie all’imperialismo, riconsegnando con ciò ancor più senso e verosimiglianza alla lotta antimperialista, comunista e rivoluzionaria in ogni Paese capitalista e in Italia. 

Abbiamo scritto ciò, aggiungendo che se i Brics e la Cina socialista cambiano il quadro internazionale, essi, tuttavia, non possono fare la rivoluzione in Italia per noi, non possono lottare al nostro posto.

In Italia, sono innanzitutto i comunisti a dover condurre una lotta antimperialista, anticapitalista e per la trasformazione sociale, recuperando appieno quella concezione e quella prassi dell’azione soggettiva, antipositivista, antidogmatica già dispiegata da Lenin e da Gramsci nella lotta contro l’inerzia dei partiti socialisti della Seconda Internazionale, lotta che portò sia alla Rivoluzione d’Ottobre che alla costruzione del Partito Comunista d’Italia il 21 gennaio del 1921.

Per questo le nostre parole d’ordine, proprio recuperando l’antipositivismo di chi non si arrende all’ordine apparente delle cose, non possono che essere queste: fuori l’Italia dalla Nato e dall’Unione europea! Centralità politica e teorica degli interessi del movimento operaio complessivo!

Per questo obiettivo di un nuovo radicamento comunista, per un nuovo legame con la classe e con il popolo, noi dobbiamo innanzitutto recuperare la grande lezione del Pci storico, capace di diventare un tutt’uno con la classe e con il popolo!

Dobbiamo mettere in campo il nostro progetto di inveramento di una linea di massa, portata avanti da un movimento di quadri con una linea di classe e di popolo, innanzitutto attraverso la messa a fuoco delle contraddizioni sociali presenti, a cui dovrà seguire la nostra azione politica, la nostra proposta, la nostra lotta!

Siamo un Paese occupato da 120 basi militari Nato e Usa, siamo un Paese colonizzato dall’imperialismo: il parlamento, l’esercito, le forze dell’ordine, i servizi segreti sono sotto il dominio nordamericano. Siamo un Paese senza sovranità!

Dunque, i comunisti, che sono i più ideologicamente attrezzati – attraverso la loro capacità di unire dialetticamente l’antimperialismo, l’internazionalismo e la difesa partigiana della Patria – per poter condurre in positivo, senza rischi di deriva nazionalista, la lotta per la sovranità nazionale, sanno che la prima parola d’ordine, che il MpRC elegge a suo obiettivo fondamentale, è “fuori l’Italia dalla Nato”, l’unica via per riconsegnare sovranità al popolo italiano.

Ma che cos’è che consegna ai comunisti un nuovo legame di massa, un nuovo radicamento e un nuovo prestigio sociale presso la classe e di fronte al popolo?

I comunisti potranno riconquistare un legame di massa solo se saranno in grado di “sentire”, percepire sino in fondo la vita concreta della classe e del popolo.

Occorre sapere innanzitutto dove si opera, dunque. Diceva il grande poeta lucano Rocco Scotellaro che occorre sapere perché è disperata la famiglia che abita sotto di noi, sapere perché la signora spesso piange. Sapere quali sono i bisogni reali e principali, e da questa conoscenza mettere in campo le lotte e le proposte adeguate. Questo, e solo questo, potrà riconsegnare ai comunisti un rapporto vero con la classe e con il popolo.

Qual è la classe, oggi, in Italia? Qual è la sua condizione?

Ci sono 2 milioni di metalmeccanici abbandonati a se stessi, con salari veramente da fame, vita dura nelle fabbriche e fuori delle fabbriche e infortuni gravi o mortali quotidiani in agguato tra i macchinari. Con questi 2 milioni di metalmeccanici le piccole formazioni comuniste odierne non hanno purtroppo nessun rapporto! Se il MpRC vuole crescere è con questa parte della classe che deve innanzitutto costruire un legame.

Cosa dobbiamo dire ai 2 milioni di metalmeccanici? Occorre dire che oggi, per sopravvivere, c’è bisogno di un salario che giunga almeno a 2mila euro mensili; che, di fronte ai fenomeni di robotizzazione, informatizzazione e al vicino avvento dell’Intelligenza Artificiale nei processi produttivi occorre, per evitare licenziamenti di massa, ridurre drasticamente l’orario di lavoro, come già accaduto nelle svolte storiche dei processi di industrializzazione; occorre dire che poiché è la Legge che crea la Morale, bisogna introdurre misure legislative volte a punire duramente e subitaneamente i padroni che non attuano le giuste misure di sicurezza nei processi produttivi. Occorre dire che i comunisti vogliono battersi, assieme alla classe operaia, contro la penetrazione delle forze industriali e finanziarie imperialiste nel mondo produttivo italiano e, strategicamente, ma con una lotta che inizi sin da ora, per la nazionalizzazione dei grandi gruppi industriali italiani. Occorre dire che i comunisti vogliono sviluppare una lotta e una rivoluzione politico-culturale volta ad agevolare massivamente, al fine di agevolare i metalmeccanici e tutti i lavoratori, la possibilità di comprarsi una casa o pagare l’affitto con un nuovo e popolare equo canone, cancellato dal connubio mafioso tra potere politico subordinato e grandi proprietà immobiliari.

Ci sono 620 mila lavoratori della Sanità pubblica, di cui 100mila medici che hanno problemi sia di stipendio che di riqualificazione, problemi che li spingono sempre più a cercare lavoro all’estero, e vi sono 510mila paramedici e lavoratori/lavoratrici Os con gravissimi problemi di lavoro e di stipendio. 

Ci sono 130mila lavoratori delle Poste con uno stipendio medio di 1.300 euro, con il quale non si sopravvive.

Ci sono 100mila lavoratori delle Ferrovie che da oltre un decennio non hanno avuto il rinnovo contrattuale.

C’è un milione circa di lavoratrici e lavoratori della scuola pubblica (insegnanti, educatori, personale Ata) con stipendi e condizioni di lavoro che gridano vendetta, mentre i sindacati confederali tacciono, inerti!

Mentre si dà per scontata (ecco le falsità dell’analisi sociale diretta dalla cultura dominante) la fine del lavoro nel settore dell’agricoltura, le stesse rilevazioni dell’Istat ci dicono che sono oltre 3,5 milioni di lavoratori a prestare la loro opera nel settore agricolo: 1,4 milioni di conduttori, oltre 500mila coniugi, oltre 500mila tra altri familiari e parenti. Una vasta area della classe complessiva dimenticata non solo dalla sociologia ufficiale, ma anche dalle forze sindacali e dai partiti politici. Un’area con una media salariale a rischio di sopravvivenza e fortemente precarizzabile da ogni evento, economico, sociale o climatico. Un’area per la quale i comunisti debbono recuperare il loro antico e forte interesse.

Siamo di fronte a una crisi senza precedenti del mondo artigianale, della piccola attività di commercio, della piccola impresa (e ricordiamo Palmiro Togliatti, che asseriva come il socialismo non sia la nazionalizzazione del calzolaio sotto casa): centinaia di migliaia di lavoratori di questo mondo hanno “chiuso bottega”, sono sul lastrico, sono alla disperazione, precipitando spesso nell’area sociale del sottoproletariato. E i comunisti debbono essere al loro fianco, lottare e mettere a fuoco proposte a loro favore.

Ci sono tante altre nuove forme del lavoro, che proprio per la loro provenienza politico-ideologica dall’esperienza ferocemente antioperaia nordamericana prendono nomi quali “employee sharing” (la, spesso finta e drammatica, “corresponsabilità” dei lavoratori con i datori di lavoro); il “casual work” (il lavoro casuale o lavoro a contratto, una delle basi della precarizzazione di massa del lavoro); il voucher-based work (il lavoro cosiddetto accessorio, intermittente), tutte nuove formulazioni, queste e altre, che hanno trovato la loro disgraziata sintesi nel job act di Matteo Renzi, considerabile una prima sistematizzazione e ratifica iperliberista del lavoro flessibilizzato di massa.

Il MpRC considera che tra i suoi compiti principali vi è quello di preparare i propri militanti e i propri dirigenti a conoscere e saper analizzare anche queste nuove forme del lavoro fortemente precarizzato, al fine di operare e lottare al meglio nei territori e a fianco di questi nuovi lavoratori.

Vi è in Italia un popolo complessivo di 27 milioni di lavoratori e lavoratrici che nemmeno sanno più se i comunisti ancora esistono, e sta qui il nostro futuro, il nostro stesso motivo di esistere, la nostra scommessa: o avremo un senso politico per questi 27 milioni di lavoratori e lavoratrici o sarà molto difficile rilanciare la prospettiva comunista in Italia.

Oggi, il capitalismo italiano è segnato da almeno quattro grandi questioni:

  • esso sfrutta al meglio, per estrarre più plusvalore dalla forza lavoro, i dettami iperliberisti dell’Ue;
  • gode dell’appoggio incondizionato del governo Meloni, come ha goduto dell’appoggio totale dei governi di centro-sinistra;
  • gode della subordinazione delle forze sindacali confederali;
  • tentenna nel liberare le proprie, potenti ma ancora trattenute, forze produttive – a cominciare dalla piena informatizzazione e al pieno utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nei processi produttivi – poiché incapace di delineare un progetto futuro, incapace cioè di scegliere tra un licenziamento di massa della forza lavoro come conseguenza dell’entrata in campo della stessa Intelligenza Artificiale, o intraprendere la strada (inevitabile per gli stessi interessi del capitale, per evitare la restrizione fatale dell’accesso al mercato da parte degli stessi lavoratori impoveriti) della riduzione secca dell’orario di lavoro, obiettivo per cui si devono battere sin da subito i comunisti e le forze più avanzate;
  • ed è segnato, il capitalismo italiano odierno, dalla massiccia penetrazione del capitale straniero e imperialista, che lo egemonizza e destruttura (dalla storica e prestigiosa fabbrica Soprani di fisarmoniche di Castelfidardo, in provincia di Ancona, all’Alcoa di Portovesme, nel Sud della Sardegna, passando per la Merloni di Fabriano acquistata dalla Whirlpool, è stato un lungo susseguirsi di drammatiche, per la nostra classe operaia e per l’intera economia italiana, e violente “entrate” del capitale nordamericano). 

Un quadro generale del capitalismo italiano che chiama i comunisti a studiare profondamente il quadro complessivo determinatosi e organizzare una doppia lotta, sia per gli interessi operai che in difesa della sovranità economica nazionale.

Di fronte a questo capitalismo italiano di nuovo selvaggio e, insieme, egemonizzato dal capitale straniero, sarebbe oggettivamente il tempo dei comunisti. Ma le forze comuniste in campo oggi, per la loro estrema debolezza politica e progettuale, “non possono” essere in campo contro il capitale e il MpRC deve muovere da questo concreto stato di cose per colmare il vuoto e rilanciare lo stesso ruolo comunista.

Da decenni, peraltro, siamo di fronte a poderosi processi di privatizzazione (come non ricordare il D’Alema a capo della privatizzazione della Telecom?), alle regalie dei grandi gruppi pubblici strategici ai gruppi privati. Su questo terreno il MpRC deve impegnarsi, al fine di reintrodurre, nel “discorso” politico generale, l’esigenza della nazionalizzazione delle “potenze” economiche centrali.

Oggi, vi sono contraddizioni capitalistiche e “fuochi” accesi in tutto il Paese: dalla Whirlpool di Fabriano e Napoli all’Ilva di Taranto; dalla “Stellantis” di Chieti alla Elettrolux, passando per la crisi della Fincantieri e dei grandi cantieri navali italiani, crisi segnata da un’assenza drammatica di progetti produttivi di lunga lena, crisi che si attorciglia nel non saper abbandonare definitivamente, nei cantieri navali, la produzione di navi da guerra per i paesi imperialisti emergenti scegliendo, viceversa, la via strategica della produzione massiccia di navi per trasporto merci via mare, in sostituzione del fortemente inquinante e non produttivo trasporto merci via gomma, via strade e autostrade.

C’è una situazione drammatica del Servizio Sanitario Nazionale, che va di pari passo a una sua privatizzazione ormai selvaggia e sfacciata: si attraversa l’Italia e nelle strade e nei quartieri si leggono cartelli che vanno crescendo come funghi indicanti l’apertura di nuove cliniche private, di nuovi laboratori privati, di nuovi servizi sanitari privati, in buona parte sorretti, a doppio scorno dei lavoratori, dalle convenzioni con le Regioni. Un processo di privatizzazione che va crescendo in modo esponenziale e che preannuncia il non lontano avvento di una sanità all’americana, fatta per i ricchi e che emargina ancor più i lavoratori e i proletari.

C’è una differenza salariale tra Nord d’Italia e Meridione scandalosa: un salario medio al Nord è di 1.300 euro e al Sud di 700 euro; c’è una Questione Meridionale che fa rivoltare nelle loro tombe Antonio Gramsci, Giuseppe Di Vittorio e combattenti a fianco dei contadini del Sud come Mommo Tripodi.

Non c’è più equo canone, né una politica popolare per la casa: c’è solo Salvini che consegna i cantieri edili alla mafia e di fronte alla miseria morale dell’attuale ceto politico governativo, così avverso alle masse, Amintore Fanfani e la sua politica per la casa ci sembrano antichi fatti rivoluzionari.

C’è in corso un progetto folle di costruzione del Ponte sullo Stretto che richiederebbe una grande mobilitazione popolare. E rispetto a ciò mi sento di chiedere ai compagni della Calabria e della Sicilia che oggi sono presenti in questa riunione del Coordinamento Nazionale del MpRC di unirsi e promuovere, allargando il fronte, una lotta contro questo progetto assolutamente antipopolare di Salvini.

Siamo di fronte all’egemonia ultraliberista di Bruxelles e a una disoccupazione femminile e giovanile di massa. C’è una condizione generale delle donne, nel mondo del lavoro, una differenza salariale e di possibilità di carriera tra lavoratori e lavoratrici che evoca antiche fasi sociali, e nessuna lotta concreta volta ad abbattere questo nefasto stato di cose.

Sono questi, compagne e compagni, i terreni su cui si potrà costruire il MpRC!

Avremo bisogno di studiare, capire dove siamo, in che tempo siamo, capire che cosa oggi è e come soffre la classe. Abbiamo bisogno, oggi di un Movimento e domani di un Partito, che facciano studiare i quadri e i militanti, insegnando loro a riconoscere la realtà della classe. 

Abbiamo bisogno di un partito comunista di lotta che pensi alla classe e a ricostruire pazientemente il legame con essa, senza perdersi dietro l’effimero che ci consuma e divide dell’elettoralismo.

Abbiamo bisogno di stare insieme, di lottare insieme, ed essere uniti nel rispetto reciproco, nella lealtà e nella solidarietà. Per ricostruire quel “paese nel paese” di cui parlava Pasolini pensando alla vita interna delle sezioni e delle cellule di lavoro e di studio del Pci storico, un partito che faceva di se stesso, della sua capacità di unire operai, contadini e intellettuali nella lotta comune, facendoli crescere politicamente, intellettualmente e moralmente, un’anticipazione stessa del socialismo per cui si batteva.

Abbiamo bisogno di costruire un partito fortemente democratico al suo interno e rivoluzionario, che cancelli anche il ricordo delle “monarchie” comuniste che abbiamo vissuto negli ultimi decenni in Italia, un partito che bandisca da sé, in ogni dirigente e militante, ogni modo di fare arrogante e prepotente, degenerazioni morali che a volte anche i comunisti si trascinano dietro dalla cultura dominante; un partito capace, invece, di promuovere alla sua direzione gli operai, i lavoratori, le donne, tante più donne e compagne di quanto siano stati capaci di fare i partiti comunisti italiani.

Abbiamo bisogno come si ha bisogno del pane, oggi e in questo Paese, di un partito comunista di lotta e di classe, di un partito rivoluzionario!


* Coordinatore nazionale MpRC.

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