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Virus “cinese” e boomerang di ritorno

di Michele Castaldo

1196115521 kHrG U31601454239847NLD 656x492Corriere Web Sezioni«A lungo gli storici hanno ignorato l’importanza delle malattie infettive come attori della storia».
Laura Spinney

Nel luglio del 1989, subito dopo i fatti di piazza Tien an Men, ebbi l’opportunità di andare in Cina insieme a Paolo Turco, un compagno della mia stessa organizzazione internazionalista, per un viaggio offerto dal governo cinese a varie agenzie di viaggio per dimostrare che in quel paese regnava la tranquillità e che le famose rivolte degli “studenti” erano state sconfitte «con quattro scappellotti» come disse il sindaco di Pechino presente al pranzo ufficiale, offerto in nostro onore, nel più grande albergo di Pechino. Quel viaggio mi si scolpì nella memoria, perché

avevo desiderato per oltre 20 anni di andare nel paese di Mao, del libretto rosso, delle Comuni e del «fuoco sul quartier generale», e dopo solo due giorni avremmo voluto rientrare immediatamente in Italia. In due settimane visitammo, in un pazzesco tour de force (si scendeva da un aereo e si saliva su un treno, poi su un pullman) Hong Kong, Shanghai, Guangzhau, Wuan, Lanzou, Xian, per ultimo Pechino, da cui partimmo per rientrare finalmente in Italia.

Che impressione riportammo? Di un immenso cantiere, di una società entusiasta al punto da apparire nevrotica, di un popolo che non credeva ai propri occhi per i livelli di sviluppo e di benessere che andava costruendo, e – soprattutto – un’aria umida e appiccicaticcia, irrespirabile nel vero senso della parola. D’accordo che eravamo in luglio, ma la peggiore afa estiva delle nostre città era aria d’alta quota rispetto a quella che si respirava nelle metropoli cinesi in quei giorni.

Insieme al mio compagno potemmo cogliere in quei giorni gli effetti del motto di Deng Xiao Ping che si era imposto in modo definitivo: «non importa se il gatto è rosso o nero, l’importante che prende i topi». Addio Comuni, addio sviluppo armonioso tra città e campagna. La Cina si era involata decisamente verso l’economia di mercato, accettando la sfida e puntando a recuperare il tempo perduto ed a superare i livelli di sviluppo intensivo degli occidentali.

Ecco, quell’aria irrespirabile di 30 anni prima mi è tornata in mente alla notizia della comparsa del coronavirus.

Ai frettolosi lettori raccomando prudenza nei giudizi, siamo di fronte a una questione molto più seria di quanto si voglia far credere.

Scrive Laura Spinney ne L’influenza spagnola, un libro che consigliamo di leggere:

«se in generale determinare l’origine e la direzione della diffusione di una pandemia influenzale è complicato, nel caso di una del passato lo è ancora di più. E quindi, ogni affermazione categorica sull’argomento dev’essere presa con cautela. Questo è vero soprattutto dalla fine dell’Ottocento, cioè da quando gli europei, i cui connazionali nei secoli precedenti avevano portato malattie letali nel Nuovo Mondo, si sono convinti che ogni nuova epidemia provenga dalla Cina o dagli spazi silenziosi delle steppe eurasiatiche».

E aggiunge:

«Fu il secolo della rivoluzione industriale, a cui si accompagnò la rapida espansione delle città in molte parti del mondo. Le città diventarono terreni di coltura ideali per le malattie di massa, tanto che le popolazioni urbane avevano bisogno dell’afflusso costante di persone sane provenienti dalle campagne per controbilanciare le perdite dovute alle infezioni».

Premettendo che sono un analfabeta in fatto di medicina, di istologia e di virologia, cerco di approcciare la questione che sta terrorizzando – questo sì vero terrore e terrorismo – il mondo intero per il coronavirus con le armi dell’intuito e facendo i conti della serva, ponendo questa semplice domanda: se la Cina ha impiegato poco più di 30 anni per raggiungere gli stessi livelli di sviluppo intensivo che l’Europa e gli Usa hanno raggiunto in oltre 200 anni, in una realtà ad altissima densità abitativa e con la velocità della luce, cosa ci si doveva aspettare? Avrebbe detto Totò: «È la somma che fa il totale». Il virus è servito. È un virus cinese? Con quale coraggio? Solo un modo per esprimere la stupidità dei tifosi del capitalismo. Non siamo ipocriti e meschini.

È l’effetto di un modo di produzione che partito dall’Europa si è imposto in tutto il mondo e in ultimo mostra i caratteri peggiori della sua esistenza. Scrive la Spinney:

«Nel Cinquecento iniziò l’età delle scoperte. Gli europei avevano cominciato ad arrivare per mare nel Nuovo Mondo, portando con sé malattie per le quali le popolazioni locali non avevano alcuna immunità».

I primi casi in Italia? Nelle regioni del nord, ovvero in quelle più ricche e che hanno avuto di riflesso i maggiori rapporti economici e commerciali con la Cina. Ecco il boomerang. E tu ca te credive cach’era? disse Nino Taranto, nei panni del furbo e corrotto finanziere arricchitosi, a Totò che rappresentava l’integerrimo poliziotto, nel film Totò e i quattro del 1963.

Come si reagisce contro il virus “cinese”? Da occidentali: con lo sgomento, con la voglia di rivalsa contro il paese del dragone che minaccia importanti quote di mercato, e con la necessità di non allarmare troppo per evitare ricadute pericolose sulla “nostra” economia. Insomma un vero e proprio terremoto provocato da un microrganismo dal peso ben oltre il milionesimo di grammo. Altrimenti detto: tu uomo, grande e grosso, tu che affermi: «cogito ergo sum», ti fai fregare da un agente così piccolo e misterioso? Dove allora alberga la tua potenza di uomo pensante?

Le domande che si pongono gli addetti ai lavori e quelli del mondo della “informazione” sono quelle del dopo, cioè in che modo si propaga piuttosto che affrontare la prima domanda: come si è prodotto?. È a questa che bisognerebbe rispondere e che invece viene rimossa per il semplice motivo che bisognerebbe mettere in discussione l’insieme di in modo di produzione che ci si ostina a non voler affrontare e che si avvia inesorabilmente verso la catastrofe generale. È questo il punto.

Basta leggere quello che scrivono alcuni scienziati, come per esempio il fisico Carlo Rovelli: «L’emergenza ambientale è grave. Abbiamo già cominciato a subirne avvisaglie con danni ingenti e morti causati da ondate di calore, mega-incendi, inondazioni in regioni costiere, siccità, problemi per la pesca, uragani, riduzione delle risorse idriche, e altro. Ma i dati indicano che la situazione si aggraverà». A fronte di tale gravità il nostro scienziato propone una ricetta miserabile: «Il valore del Green Deal europeo è centrato sull’idea di trasformare la sfida ambientale in opportunità anche economica. Non è presentato come limite alla crescita ma come una nuova strategia di crescita».

In questa strategia di crescita proposta da un’autorevole voce del vecchio continente si inseriscono ovviamente anche i piani di sviluppo della nuova crescita asiatica. Sicché isolare Wuhan e costruire ospedali in 20 giorni è un metodo che risponde a quella espressione napoletana che dice: ciacca e mereca, ovvero ferire e medicare in un processo che si riproduce all’infinito. Ecco la logica dell’uomo moderno che continua a riconoscersi nel modo di produzione capitalistico ed è incapace di affrontare quello che lui stesso ha prodotto. Insomma curare il cancro con la tubercolosi.

Mettiamo subito in chiaro che le sorti dell’umanità non stanno nelle mani degli scienziati, perché essi obbediscono a ruoli che i rapporti economici fra gli uomini impongono. La scienza non è neutrale, non lo può essere per il semplice motivo che non c’è uno scontro fra due contendenti. La scienza obbedisce a un meccanismo oggettivo e impersonale, quale il modo di produzione capitalistico. La sua cultura non è, come pensava Marx, la cultura della classe al potere, ma del meccanismo dominante dell’accumulazione che fa pavoneggiare una “classe”. Quelli che cullano il sogno di affidarsi alla “scienza” rincorrono quello che scrive Carlo Rovelli, cioè di trasformare la sfida ambientale in una nuova opportunità di crescita economica. Diceva Pazzaglia, comico napoletano in “Quelli della notte”: «il livello [di intelligenza] rasenta la terra» e gli scienziati sono limitati a capire le cause delle cose perché essi stessi sono espressione di quelle cause, ovvero di quel meccanismo infernale che indirizza la ricerca sempre verso una nuova opportunità economica con l’unica finalità obbligata: il profitto. Ecco perché non possono essere in grado di analizzare la causa delle cose e si lanciano sempre verso soluzioni che hanno come base il profitto e tutto quello che ciò comporta.

Isolare le tre regioni colpite in Italia dopo l’isolamento di Wuhan in Cina? Ecco l’impotenza dell’uomo che rincorre quello che lui stesso inconsciamente ha creato.

Tanto per fare un esempio, la gravità dei problemi ha innalzato in cima al mondo la figura di una ragazza sedicenne come Greta Thunberg, espressione dell’ansia e delle preoccupazioni delle nuove generazioni. Le risposte che l’establishment capitalistico mondiale, in primis quello degli Usa e di tutti gli altri a seguire, vanno nella direzione di quello che dice il fisico Rovelli.

È del tutto evidente che le parti si completano. Ed è altrettanto evidente il fatto che finché reggerà il modo di produzione capitalistico si tenterà di risolvere ogni problema in modo capitalistico, in che altro modo sennò? La stessa cosiddetta borghesia, vista la gravità della situazione, comincia a misurare la propria impotenza e riconoscere che i soliti strumenti sono limitati. Si comincia cioè a interrogare nel tentativo di dare una risposta, ma dà la propria risposta, quella di Rovelli, perché per sua essenza non può dare nessun’altra risposta che quella che rincorre il profitto. Perché l’unica e vera risposta andrebbe ricercata nella messa in discussione di un modo di produzione che ha causato già troppi danni, è quella che abolirebbe la sua ragion d’essere con tutto l’armamentario sin qui costruito a ogni livello.

Il punto è proprio questo: se non si smantellano dalle radici le cause di un fenomeno, esso si riproduce sempre con le stesse caratteristiche procedendo di male in peggio ed aggravando all’infinito le condizioni di tutto il pianeta.

La domanda che va posta è: in che modo si può estirpare dalle radici un movimento storico come il modo di produzione capitalistico nel quale miliardi di persone si sono riconosciute?

Qui bisogna essere chiari e onesti: l’ipotesi marxiana del Manifesto, del passaggio rivoluzionario dei mezzi di produzione da una classe all’altra, si è dimostrata infondata nella sua essenza per una ragione molto semplice: il capitalismo non è potere di una classe su un’altra, che rappresenta l’effetto, ma la relazione fra classi rispetto ai mezzi di produzione. Qual è però il merito di Marx e del comunismo? Quello di aver posto il problema di fondo: o l’umanità si costituisce in comunità per organizzare una società armoniosa con le altre specie della natura oppure il modo di produzione capitalistico, ovvero l’applicazione massima del principio dell’homo homini lupus, condurrà l’uomo alla catastrofe totale.

Sarebbe fallito il comunismo perché alcune esperienze che ad esso si richiamavano sono “fallite”? No, la questione, in buona o cattiva fede, è posta male, perché quelle esperienze tentarono di rispondere centralizzando le loro risorse per non essere travolti da un movimento impetuoso che partito dall’Europa avanzava in tutto il mondo. Non era possibile opporre a un movimento storico di tale portata nessun modello alternativo, e se ancora oggi in Cina sventola la falce e il martello sulle bandiere e il partito di governo si definisce comunista, vuol dire che siamo in presenza di una clamorosa menzogna storica, teorica, politica e pratica. Poveri noi che ci siamo illusi in quegli anni sulla possibilità di uno sviluppo equilibrato città-campagna predicato da Mao.

Questo non vuol dire che ovunque il capitalismo è uguale, ma ovunque risponde agli stessi principi dell’accumulazione anche se in certi paesi, come in Cina, cerca di correggere alcuni tratti esasperati del liberalismo con la spina sanguinante di Hong Kong nel fianco, e molti occhi attenti al suo interno. Ma proprio il coronavirus è la dimostrazione della impossibilità di sviluppare un capitalismo diverso come certuni si illudono: il capitalismo o è o non è.

Il coronavirus non ci è pervenuto da un altro pianeta, ma è l’effetto di un modo di produrre merci, mezzi di produzione e consumo con un’unica finalità, il profitto. Se si inquinano monti, mari, laghi e fiumi, se si surriscalda il pianeta e si sciolgono i ghiacciai come può pretendere l’uomo di rimanere immune? Per quale strana ragione si può pretendere che non si sviluppino virus, che non si propaghino e minino la salute dell’uomo? A queste domande non si può rispondere con la tesi che la natura ha sempre prodotto malattie per l’uomo. A questo argomento risponde ancora Laura Spinney col suo libro che è un pugno nello stomaco dell’homo capitalisticus: «In tutti i conflitti del XVIII e del XIX secolo si sono avute più vittime a causa delle malattie che sul campo di battaglia».

Certo, l’uomo ha anche dimostrato che di fronte a tragedie della natura è capace di mettere in campo straordinarie risorse, eroismo, generosità e abnegazione, ma il punto è proprio questo: perché dopo e non prima? Perché si comporta da bestia prima e da eroe dopo?

Si dirà: ma è il prezzo del progresso, e sia, ma un prezzo altissimo. Ci dovrebbe essere, come in natura, un limite a tutto, e invece l’uomo si sta dimostrando così scemo da non riuscire a correggere quello che ha prodotto proprio perché non riesce a superare l’homo homini lupus e costituirsi come unica grande comunità abitante questo pianeta.

La tesi dell’implosione del moto-modo di produzione capitalistico che ricavo dal Capitale di Marx, da L’accumulazione del capitale di Rosa Luxemburg, da Il crollo del capitalismo di Henry Grossmann, da Il capitalismo ha i secoli contati, di Giorgio Ruffolo, e in ultimo da Fabio Vighi in Crisi di valore, che da anni vado riproponendo, non solo non viene smentita dagli eventi in arrivo dalla Cina, ma non vorrei che l’implosione del modo di produzione capitalistico fosse veramente causata – come scrive Laura Spinney - da una malattia influenzale capace di concludere tragicamente sua la storia. Perché, giusto per parafrasare Epicuro sulla morte, rispetto a certi virus abitiamo una città senza mura, come la storia ha sinora dimostrato.

«Chi ha orecchie per intendere, intenda!», diceva il Cristo.

Comments

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Franco Trondoli
Sunday, 08 March 2020 23:58
Caro Michele Castaldo, il tuo articolo è datato 27/02/2020, ad oggi il virus ha aumentato notevolmente il suo danno. La fuga delle persone dalla Stazione di Milano è emblematica. Lo "Sciame", non solo di persone, si muove caoticamente ,ingovernabile ,in tutte le direzioni. Tu dici, a mio avviso giustamente,( "la tesi dell’implosione del moto-modo di produzione capitalistico che ricavo dal Capitale di Marx, da L’accumulazione del capitale di Rosa Luxemburg, da Il crollo del capitalismo di Henry Grossmann, da Il capitalismo ha i secoli contati, di Giorgio Ruffolo, e in ultimo da Fabio Vighi in Crisi di valore, che da anni vado riproponendo, non solo non viene smentita dagli eventi in arrivo dalla Cina, ma non vorrei che l’implosione del modo di produzione capitalistico fosse veramente causata – come scrive Laura Spinney - da una malattia influenzale capace di concludere tragicamente la sua storia"). Ecco , se non ho capito male, se l'espansione del virus continuasse per 5 settimane con la stessa esponenzialita', i posti per i ricoveri intensivi sarebbero a rischio saturazione. Ora , guardando la Tv, non c'è sostanzialmente nessuno che si chiede o chieda, quali siano le cause profonde di questa pandemia che colpisce ,per ora, sopratutto il mondo occidentale e industrializzato (Cina). Nessun riferimento al Capitalismo ovviamente. Dando per scontato che l'unico tramite sia il passaggio del virus dai pipistrelli agli uomini. Per dirlo banalmente. Per non dire il sostanziale silenzio informativo sulla situazione drammatica dell' Africa. Insomma l'informazione è blindata. E questo la dice lunga sul fatto che saremo tutti incapaci di affrontare una situazione che potrebbe essere gravissima e sostanzialmente senza "anticorpi" di comprensione sociale e culturale. Tutti, compreso i censori. Potra' diventare un caos ingovernabile. Ed è per riferimento a ciò , che mi permetto quindi di consigliare vivamente la lettura di un agile, ma non semplice, scritto dal titolo, "L'ingovernabile, due lezioni sulla politica" ed. Il melangolo. Autori: Rocco Ronchi e Bernard Stiegler. In bocca al lupo.
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Alfonso
Friday, 06 March 2020 23:05
Michele, ma anche tutti ovviamente, tenete d'occhio Dr. Matt McCarthy, assistant professor of medicine at Weill Cornell e autore di Superbugs: The Race to Stop an Epidemic. Ci troverete un po' di materiale interessante sulla rete. Uno in prima linea......ooops! Beh, non era un'accusa, non era un insulto. Come con 'ogni limite ha la sua pazienza', non serve essere un genio matematico per farla propria. No?
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Mario Galati
Friday, 06 March 2020 08:54
Mi fa piacere che un personaggione come Michele Castaldo arrivi a confrontarsi con pensatori come Marx, sul quale, tra l'altro, egli è convinto di elevarsi di una spanna e di poterne correggere gli errori teorici; ma, nonostante la sua eccelsa statura intellettuale, non è munito della prerogativa di dare lo sfratto dalla sezione commenti di Sinistra in Rete.
Certo, è imperdonabile che gli amministratori del sito, riconoscendo l'eccezionalitá dell'autore che hanno l'immeritata fortuna di ospitare, non abbiano già provveduto spontaneamente a consegnargli le chiavi del sito.
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Michele Castaldo
Wednesday, 04 March 2020 18:32
Mi si perdoni l'impazienza ma lo stesso Totò amava ripetere che ogni limite ha una pazienza. E dunque certi personaggi/etti alla M. Galati, che si beano di circonlocuzioni nel tentativo di dimostrare la propria esistenza, lo facessero altrove, perché occupare uno spazio in modo così inutile? Ci sono mille altre occasioni, lo facesse dove gli è più consono. Qui vorremmo occuparci di una discussione seria.
Ringrazio Alfonso per la citazione di Fabio Vighi, un compagno 50enne molto serio che insegna a Cardiff e che ha scritto un libro "Crisi di valore" dove cerca di dimostrare perché il capitalismo come modo di produzione è destinato a implodere. Lo fa con argomenti diversi dai miei, come pure Giorgio Ruffolo e Groosmann, oltre a Rosa Luxemburg e Marx stesso.
Ecco, questo è il terreno di discussione serio. Chi si vuole atteggiare da personaggio/etto lo facesse altrove.
Michele Castaldo
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Mario Galati
Wednesday, 04 March 2020 16:27
Ogni qualvolta un "libero" pensatore viene messo di fronte a contraddizioni ineludibili si sente censurato nella sua attività di pensieri in libertà.
La risposta sullo stato moloch leviatano nel caso organizzasse la sanità pubblica, e magari gratuita per tutti, avrebbe dovuto essere resa ad un disoccupato o a un lavoratore precario bisognoso di una operazione chirurgica costosa o di normali cure ai denti, impossibili per lui nella libera sanità privata a pagamento.
Possiamo star certi che avrebbe apprezzato la vis rivoluzionaria e libertaria della risposta, anche se la carie avrebbe dovuto liberamente tenersela. Niente soddisfazioni al leviatano o ai comunisti criminali.
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Alfonso
Wednesday, 04 March 2020 16:09
Caspita, Michele, questo di Vighi me lo son perso. Grazie di tutto l'articolo, aggradisse.
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Franco Trondoli
Wednesday, 04 March 2020 13:27
Cerco di esprimere dei modi di vedere le questioni in positivo. Finché e come ci riesco. Entrare in "polemica" con il pensiero del signor mario galati non mi interessa. La Storia, i Fatti, gli Eventi , spero la libertà delle persone, dimostrano che è il pensiero del signor galati completamente inutile a capire e proporre qualcosa di utile del e nel mondo contemporaneo. Ed ha oltretutto la funzione apologetica proprio di quel "mondo" che apparentemente vorrebbe "criticare". Perche' cerca di bloccare appunto ogni pensiero non gradito. Bollandolo come "reazionario". Dovrebbe essere il signor mario galati a smettere di giocare a fare il censore.
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Mario Galati
Wednesday, 04 March 2020 10:41
A chi esprime l'esigenza di una sanità pubblica per garantire effettivamente il diritto alla salute, Franco Trondoli risponde con un classico del pensiero liberale reazionario: e allora i crimini del comunismo?
Un'anima bella liberale farà sempre la cosa sbagliata e criminale, pur di non dar ragione ad un criminale.
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Mario M
Tuesday, 03 March 2020 19:05
La verità è rivoluzionaria, scavalca le ideologie, le teorie, i sistemi e le dottrine sociali ed economiche. Ecco, del coronavirus dal punto di vista scientifico si sa poco, in molti dicono che è solo una forma di influenza. Però già si parla di vaccini e di obbligatorietà, e le voci dissenzienti vengono messe a tacere; i medici e i ricercatori che a suo tempo avevano avanzato critiche alla sciagurata legge Lorenzin sono stati radiati.

Trenta quarant'anni fa vi fu il panico per l'Aids, una sindrome molto particolare che all'inizio colpiva specifici gruppi di persone, omosessuali e drogati, che praticavano comportamenti estremi. Era una patologia di tipo tossico, e invece la ricerca, a causa di interessi convergenti, venne indirizzata alla ricerca di un fantomatico virus; e uno stuolo di artisti venne sterminato con l'azt, un potente chemioterapico.
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Franco Trondoli
Tuesday, 03 March 2020 17:25
Mario Galati apprezzo la tua asprezza, e anche la tua cultura. Anche se ho molti più dubbi di te nei modi di vedere le cose del Mondo. Di una cosa però sono sicuro. Non sarò mai d'accordo con chi ,in nome del Socialismo e del Comunismo , accetti, giustifichi o abbia commesso o commetta crimini e misfatti di qualsiasi genere. Sono perché tutto lo scibile sia "Pubblico ". Ma non so (più) cosa vuol dire detto in astratto. Che la vita sia un gioco, di per se, mi pare fuor di dubbio. Ma non siamo noi i giocatori. Anche il coronavirus lo dimostra, dipendiamo da un lancio di dadi che oltretutto non facciamo, appunto, neanche noi. Un antico proverbio dice : quando l'uomo pensa, Dio ride. Quindi.. non sono così presuntuoso di credere di pensare. Cordiali Saluti
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Mario Galati
Tuesday, 03 March 2020 16:01
A Franco Trondoli piace giocare; e al posto dei mattoncini Lego, che rendono possibili le costruzioni più improbabili e fantasiose, ma false, immaginarie, utilizza le parole. Gli auguro buon divertimento.
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Franco Trondoli
Tuesday, 03 March 2020 14:35
Con riferimento alle osservazioni di Mario Galati ; dico questo sul rapporto pubblico/privato dopo il Capitalismo Fordista e il Socialismo di Stato. La Giurisprudenza è la Filosofia del Diritto, procede per singolarità. La sua caratteristica e' quella di stabilire rapporti innovativi sulla base dell'autonomia dei soggetti e del loro agire pratico. È una operazione "disgiuntiva" che smonta la logica "congiuntiva" della legge, il trascendentale al quale vanno in anticipo riferite e ricondotte le azioni. In un' epoca come la nostra ,segnata dalla crisi degli ordinamenti, della legge, delle sue fonti, bisogna ripensare il diritto, considerandolo non come una mera codificazione di norme e sanzioni sancite dal potere sovrano, ma come una pratica di invenzione, di associazione, di costruzione di relazioni. Cordiali Saluti
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Mario Galati
Tuesday, 03 March 2020 13:47
Ma per Franco Trondoli tanti moloch regionali o federali sono preferibili a uno nazionale? O vuole estromettere del tutto i moloch dalla sanità e affidarla ai liberi privati?
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Franco Trondoli
Tuesday, 03 March 2020 09:54
Caro Michele Castaldo, giustamente dici "chi ha orecchie per intendere intenda !". Ed ecco che, come per incanto, l'articolo successivo al tuo su sinistrainrete recita" lo Stato si riappropi del Sistema Sanitario Nazionale ". Eccolo !, il nocciolo della Metafisica appare immediatamente, Lo Stato, il Leviatano, il Moloch, il cortocircuito che magicamente evocato dovrebbe convertire con un segno totalmente diverso quello che ha prodotto fino ad ora. Facendo tabula rasa di ogni analisi dei rapporti sociali esistenti che precostituisce qualsiasi possibilità di iniziativa pratica. Detto da "sinistra" ,è questo l'eterno idealismo che non dà speranza. In sostanza, risolvere capitalisticamente la crisi capitalistica. Un meccanismo infernale che si configura come l'Apocalissi. Cordiali Saluti
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