A Pechino gli Stati sovrani “cospirano” contro il dominio USA
di Ottolinatv
A poche ore dal trionfale summit SCO di Tianjin, Pechino mette sul tavolo il piatto forte: la colossale parata che si è tenuta stamattina a Pechino è costellata da una serie infinita di fatti ed eventi di portata storica, a partire dal fatto che, come ricorda il South China Morning Post, è “la prima volta che Kim, Xi e Putin, tutti considerati rivali degli Stati Uniti, si sono riuniti nello stesso luogo, inviando un forte segnale di unità contro l’Occidente guidato dagli Stati Uniti”. “Oggi ci riuniamo solennemente per commemorare l’80° anniversario della vittoria della Guerra di resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese e della Guerra mondiale antifascista” ha ricordato nel suo breve, ma intenso, intervento Xi Jinping; un atto dovuto “per ricordare insieme la storia e onorare la memoria dei martiri”, ma anche per “coltivare la pace e creare il futuro”. “La guerra di resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese” ha sottolineato Xi “è una parte importante della guerra antifascista mondiale. Il popolo cinese ha compiuto grandi sacrifici a livello nazionale e ha contribuito in modo significativo alla salvezza della civiltà umana e alla salvaguardia della pace mondiale”; “Oggi, l’umanità si trova nuovamente di fronte alla scelta tra pace o guerra, dialogo o scontro, vittoria per tutti o somma zero. Il popolo cinese si schiera fermamente dalla parte giusta della storia e del progresso della civiltà umana, aderisce al percorso dello sviluppo pacifico e lavora fianco a fianco con i popoli di tutti i paesi per costruire una comunità con un futuro condiviso per l’umanità”. “Il grande rinnovamento della nazione cinese è inarrestabile! La nobile causa della pace e dello sviluppo per l’umanità trionferà sicuramente!”. Se volete una rassegna piuttosto esaustiva di tutto quello che è stato messo in mostra dal punto di vista militare, vi consiglio questo lungo articolo su Guancha o il canale Telegram della nostra Clara Statello, che stamattina era particolarmente in forma e su di giri.
Mi vorrei concentrare piuttosto sul significato politico e sulle reazioni: “Il significato della parata militare del 3 settembre”, scrive su Guancha Shen Yi, professore di Politica Internazionale all’Università di Fudan, “sta diventando sempre più evidente”:
“L’attuale sistema internazionale ha raggiunto un momento critico di svolta e cambiamento”, e non è un caso, ma un esito ineludibile; “Le due guerre mondiali all’inizio del XX secolo videro la disintegrazione del sistema coloniale e semicoloniale globale costruito dall’espansione globale occidentale. Questo sistema era insostenibile e destinato all’autodistruzione”. Tuttavia, sottolinea Shen Yi, la liquidazione del militarismo e del nazionalismo delle potenze dal passato coloniale fu imperfetta, e oggi, di fronte all’ascesa delle potenze emergenti del Sud globale, assistiamo ai suoi rigurgiti; “Ma le potenze emergenti e i paesi del Sud del mondo hanno occhi attenti e sanno chi sta dalla parte giusta della storia”; “In questo processo, il mondo vivrà inevitabilmente un periodo di turbolenza, ma l’obiettivo è chiaro e il futuro è luminoso, anche se il percorso è pieno di sfide e colpi di scena. Come cinesi che vivono in quest’epoca, stiamo assistendo a questa storia con i nostri occhi e la stiamo creando con le nostre mani”.
Secondo Sam Roggeveen, direttore del Programma per la sicurezza internazionale del Lowy Institute, da tempo – a parte i giornalisti prezzolati italiani – nel campo della robotica, dei droni, dei veicoli elettrici, dei reattori nucleari, e via dicendo, abbiamo dovuto ammettere che l’idea che la Cina fosse “una mera imitatrice della tecnologia occidentale, caratterizzata da furti di proprietà intellettuali e sprechi di soldi pubblici”, fosse del tutto “inadeguata”; con la parata del 3 settembre, abbiamo avuto la conferma che “dobbiamo aggiungere la tecnologia militare a questa lista”: “Non basta più dire che l’esercito cinese, l’Esercito Popolare di Liberazione (PLA), sta recuperando terreno o che sta copiando i progetti di equipaggiamento militare straniero. La Cina ora sta innovando e sta guidando la situazione. E in questo processo, l’equilibrio militare regionale che per decenni ha favorito gli Stati Uniti e i suoi partner sta cambiando irrevocabilmente”. La dimostrazione plastica di questo cambiamento epocale ormai irreversibile, sta gettando l’Occidente nel panico: la risposta di Trump su Truth è particolarmente indicativa.
“Molti americani sono morti nella ricerca della vittoria in Cina. Spero siano adeguatamente onorati e ricordati per il loro sacrificio. Portate i miei omaggi a Putin e a Kim Jong Un MENTRE COSPIRATE CONTRO GLI STATI UNITI D’AMERICA” (una volta tanto, almeno, il capslock non c’era e l’abbiamo aggiunto noi).
Ma l’odio di Trump per questi cospiratori non è niente al confronto di quello dei nostri giornalai – nel senso proprio di firme de Il Giornale, in assoluto la testata che, negli ultimi giorni, sta schiumando di rabbia e frustrazione di più e che, per ribadire il concetto, oggi si affida alla firma di uno dei più spregiudicati trasformisti degli ultimi decenni: Ferdinando Adornato, l’alter ego di Giuliano Ferrara con un paio di quintali di presenza scenica in meno. Come Ferrara, Adornato vanta una lunga militanza tra le file del PCI, quando ancora il PCI offriva allettanti possibilità di carriera a chi non godeva di natali altolocati; finita la greppia, Adornato ha sempre cercato di convincere i suoi compagni che bisognasse andare oltre la sinistra – e, cioè, a destra – e oggi è uno dei principali paladini dell’unità dell’Occidente contro l’ascesa dei kebabbari, dei cammellieri e altri stereotipi razzisti neocoloniali vari: “L’Occidente vincerà”, cerca di autoconvincersi il buon Ferdinando, ma solo “se unito”.
“Il Summit di Tianjin” scrive Adornato “sembrava un film della Marvel, dove tutti i cattivi del mondo si tenevano per mano sfidando l’Occidente”; una “internazionale del nichilismo che minaccia la sicurezza del pianeta”. Da questo punto di vista, sottolinea Adornato, “l’esortazione di Xi Jinping di andare oltre la logica della guerra fredda è suonata abbastanza paradossale: Russia, Iran e Corea del Nord, infatti, sono già andati molto oltre, avendo promosso guerre assai calde, condite da stragi e stermini di massa”; “Di fronte alla sfida di Tianjin” continua Adornato “il primo obiettivo dell’Occidente deve essere quello di recuperare la propria unità”. Ok: USA ed Europa possono negoziare sui termini della loro alleanza, ma se non si vuole lasciare “campo libero alle autocrazie” “è necessario rendere ancora più forte quell’alleanza delle democrazie, fatta di valori e interessi comuni, che ha finora reso l’Occidente il modello più invidiato di convivenza umana”. E visto che Adornato ha sempre vinto tutte le sue battaglie senza mai perdere la coerenza, ecco che puntuale arriva una utilissima ramanzina: “Europa e India: sono queste le due alleanze strategiche che Trump deve saper ricucire, sottraendosi al doppio gioco di Putin. In altri termini, per fare davvero l’America di nuovo grande egli deve recuperare il perduto soft power di un tempo. Quel mix tra forza della deterrenza e amore della libertà che ha dato agli USA il primato nel mondo. Se non ci riuscisse difficilmente la sua presidenza si rivelerà un successo. Analogamente, se in Europa prevalessero spinte centrifughe alla Macron la partita si farebbe sempre più complicata”.
Augusto Scodinzolini, sempre dalle pagine de Il Giornale, dubita che la ramanzina sia lo strumento più adatto allo scopo e, piuttosto, sembra ispirarsi all’appello lanciato da San MarioPio da Goldman Sachs dal Meeting di CL di Rimini: “C’è bisogno”, scrive, “che sulla scena del nuovo ordine mondiale nasca una nuova superpotenza, cioè un‘Europa che abbia contezza dei propri mezzi economici, militari e diplomatici, per dar vita ad un nuovo partenariato occidentale che sollevi un’America stanca di una parte delle sue responsabilità”; “In fondo” sottolinea Scodinzolini scodinzolando, “gli errori di Trump sono serviti a metterci di fronte a questa realtà piena di insidie. Se l’Unione resterà sorda, se continuerà a dividersi, se vedrà gli interessi e gli egoismi nazionali prevalere su quelli europei, l’Occidente è avviato alla decadenza al tramonto. E al secolo Americano seguirà quello cinese”. Più chiaro di così… L’idea dell’Europa potenza non c’entra niente con l’esercizio di una fantomatica sovranità europea; l’Europa potenza serve a salvare l’imperialismo a guida USA, che è l’esatta negazione proprio di quella sovranità.
Secondo l’immancabile Bretella Rampini, “Xi Jinping riscrive la storia con un revisionismo sfacciato: il ruolo degli americani viene ridimensionato, la sconfitta dell’imperialismo nipponico diventa una gloria della Resistenza del popolo cinese”. La novella la sapete; è la stessa che, ambientata in altri contesti, ha fatto vincere l’Oscar al giullare Benigni: a vincere la guerra contro il nazifascismo sono stati gli USA, e i 60 milioni di morti tra russi e cinesi sono solo un danno collaterale che non ha inciso sul conflitto. “Una sfacciata menzogna”, spiega su Guancha qualcuno che ha passato qualche minuto in più a studiare e a riflettere rispetto ar Bretella: si chiama Luo Yi ed è il presidente del Comitato consultivo del Tricontinental Institute for Social Research. “La verità”, insiste, “è scritta chiaramente nei dati: mentre le potenze occidentali riflettevano sui propri interessi economici, l’Unione Sovietica e il popolo cinese pagarono il prezzo con il sangue. Non fu il capitale anglo-americano a sconfiggere il fascismo, ma la leadership socialista e il coraggio del popolo: le brillanti strategie di Mosca e Yan’an, l’incrollabile resilienza degli operai e dei contadini che si rifiutarono di arrendersi e gli enormi sacrifici che salvarono l’umanità dalla schiavitù”; come ricorda Luo Yi, “Il vero inizio della seconda guerra mondiale non avvenne con l’invasione della Polonia da parte di Hitler nel 1939, ma con l’invasione della Manciuria da parte del Giappone nel 1931. Per un decennio, la Cina combatté da sola, mentre Washington e Londra calcolavano i propri profitti. Nel frattempo, l’Unione Sovietica correva contro il tempo, forzando l’industrializzazione pur sapendo che l’invasione era imminente”. “La strategia delle potenze atlantiche era semplice ed egoistica: lasciare che fascismo e comunismo si combattessero tra loro”; “Tra il 1931 e il 1937” continua Luo Yi, “mentre il Giappone si spartiva la Cina nord-orientale e settentrionale, le banche occidentali continuarono a operare normalmente a Tokyo” e “quando il Giappone lanciò un’invasione su vasta scala della Cina nel 1937, perpetrando il massacro di Nanchino e orribili bombardamenti delle città cinesi, gli imperialisti alleati risposero vendendo al Giappone più petrolio. Il Giappone ricevette dagli Stati Uniti l’80% del suo petrolio, e il carburante americano che alimentava gli aerei giapponesi contribuì anche ai bombardamenti sui civili cinesi. Nel 1941, il 90% dell’acciaio giapponese proveniva dagli Stati Uniti”.
La parata oggi mi ha portato via il grosso del tempo e quindi non ho moltissimo da aggiungere. Solo questa chicca:
A Donald ne stanno andando male parecchie, ma niente rispetto alla nostra Georgie dai biondi capelli dorati: nonostante non riesca a raccattare un euro per fare mezzo investimento e debba assistere impassibile ogni giorno a centinaia e centinaia di milioni dei risparmi degli italiani che fuggono beatamente verso i mercati finanziari statunitensi, contro l’aumento della spesa militare per comprare ferrivecchi made in USA non ha mosso un dito; in cambio della sua sottomissione, sperava di ottenere da Re Donaldo un po’ di indulgenza sulle spese che avrebbe potuto classificare come destinate alla difesa, inclusa quella gigantesca truffa che è il ponte sullo Stretto. Ma Forrest Trump non guarda in faccia a nessuno: non ha guardato in faccia all’India di Modi, figurati se si fa qualche remora per rispettare le aspettative degli scendiletto italiani.
Per oggi è tutto. Andatevi a rivedere l’edizione di oggi del Non Tg qui, e poi vi aspettiamo alle 18 e 30 in diretta con due Franceschi, Maringiò e Dall’Aglio, per continuare a riflettere su questa giornata storica. Baci baci!