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sinistra

La Cina può essere il nostro modello?

di Salvatore Bravo

Xi Jinping China defense propaganda Maoist Jonathan Bartlett illustration article 1160x653.jpgL’occidente, termine con cui si indica un’area geografica che si estende dagli Stati Uniti a Israele, sta mostrando in modo inequivocabile la “verità” del suo sistema. Si tratta di un’area geografica, in cui le differenze sociali e culturali sono quasi scomparse, al loro posto vige l’americanismo. Quest’ultimo si caratterizza per l’economicismo fanatico che tutto pone in vendita pur di incassare plusvalore. L’individualismo è il modello che impera e divora la storia e l’essere con la sua gerarchia valoriale. Il multi-nullismo è l’essenza dell’americanismo.

Il genocidio dei palestinesi si consuma in mondovisione e, e mentre tutto questo accade la chiacchiera domina e impera. Israele non è oggetto di sanzioni reali, anzi alla potenza che difende gli interessi occidentali in Medio Oriente si chiede “moderazione” con le tregue e la si invita a far passare gli aiuti umanitari. Estetica funebre che vorrebbe mascherare la sostanziale complicità dell’occidente. In questo clima di marcescente mostruosità divenuta banale e ordinaria porsi il problema dell’alternativa a un sistema che sembra invincibile ed eterno, ma in realtà è assediato da un mondo che muta velocemente, è fondamentale per riportare la speranza nel deserto della disperazione. Ci si avvia verso una rivoluzione anche in occidente, poiché le tecnologie e le risorse minerarie sono ormai in pieno possesso dei popoli non occidentali. I secoli del parassitismo e del saccheggio sono terminati o stanno terminando. La popolazione in occidente è in forte contrazione e invecchiamento; la cultura dei soli diritti individuali sta mostrando il suo vero volto, ovvero la famiglia si dilegua e con essa il futuro, restano solo individualità consumanti che dietro di sé non lasciano nessuna traccia. Non vi è cura dell’altro (famiglia in senso proprio ed esteso), per cui l’occidentale medio termina i suoi giorni depauperando ciò che lo umanizza. In questo contesto cercare e fondare l’alternativa è inevitabile.

I colonizzati sono coloro che difendono il modello americano. Sono gli atei devoti che per rafforzare il sistema si impegnano a sostenere riforme puramente estetiche che possano legittimarlo fortemente.

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rete dei com

Le tre grandi rotture del Novecento

di Gianmarco Pisa

lenin.jpegIl contributo offerto dai compagni e dalle compagne della Rete dei Comunisti con il Forum – e la successiva pubblicazione degli Atti – per un “Elogio del comunismo del Novecento”, nelle sue quattro sessioni-approfondimenti tematici (prima della Seconda guerra mondiale: l’assalto al cielo; dopo la Seconda guerra mondiale: le nuove rivoluzioni, le conquiste operaie e i movimenti di liberazione dei Paesi in via di sviluppo; la regressione del movimento comunista e la controffensiva capitalista; la riemersione delle contraddizioni accumulate dalla supremazia del capitalismo), rappresenta, nel suo complesso, una iniziativa preziosa per l’approfondimento e il dialogo tra comunisti (e oltre l’ambito specifico del movimento di classe) nonché un terreno di lavoro condiviso con le soggettività del movimento che intendono sviluppare una riflessione, non apologetica e non liquidatoria, non eclettica e non dogmatica, per attualizzare l’analisi critica, marxista, e ricomporre terreni unitari.

Al di là delle – e senza l’esigenza di definire più o meno arbitrarie – periodizzazioni, un tema che conviene fare emergere e che offre elementi di riflessione e di approfondimento non scontati è offerto dalle grandi rotture che l’esperienza storica, politica e culturale del movimento comunista del Novecento ha attraversato e delle quali è stata, più volte, protagonista indiscussa.

Non va dimenticato, infatti che proprio il movimento comunista e, alla sua base, il marxismo e il leninismo hanno rappresentato, in Oriente, la concretizzazione di società e di sistemi liberi dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, in cui per la prima volta si sono realizzati diritti e istanze di emancipazione e di liberazione, e, in Occidente, il fattore maggiore nella sconfitta del fascismo storico e nell’avanzamento della democrazia.

Quali possono essere individuate, dunque, tra le grandi rotture del Novecento? La prima anzitutto: l’avanzata del movimento di classe e l’affermazione su scala planetaria del socialismo nel periodo che va dalla fine della Seconda guerra mondiale alla metà degli anni Settanta.

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nicomaccentelli

La menzogna di Ventotene e il 25 Aprile

di Nico Maccentelli

480741427 1063795025555759 5339780102461705052 n 768x576.jpgAppunti sulla Resistenza ieri e oggi

Questo 25 aprile è stato il peggiore di tutti: la Brigata Ebraica (1), che ha operato in Italia poche settimane per andare poi a sterminare gli arabi in Palestina, ha preso la scena di tutti i TG, mentre le manifestazioni realmente partigiane sono state demonizzate come episodi di intolleranza estremistica.

I principali politici guerrafondai hanno strumentalizzato la Resistenza e i partigiani accostandoli al regime nazista banderista ucraino spacciato per resistente, mentre la maggior parte della popolazione ucraina non ne può più né della guerra né della repressione sanguinaria che pratica la SBU, i servizi di intelligence ucraini e i sequestri dei reclutatori ai danni dei cittadini che cerano di non andare a morte certa al fronte: uno stravolgimento propagandistico filo-nazista della realtà dei fatti nel nome di una non meglio precisata “libertà”.

Ma ciò su cui si regge tutto questo cumulo di manipolazioni della nostra Resistenza è la menzogna nata pochi anni fa, creata ad arte, e che non ha nulla a che vedere con la nostra lotta di Liberazione dal nazifascismo e ancor prima sulla lotta antifascista durante il Ventennio. Una patina ideologica sulle reali ragioni della Resistenza, che sostituisce gli imprinting politici e ideologici dei partiti della Prima Repubblica, provenienti per valori e visioni del mondo proprio da quella Resistenza stessa. In particolare mi riferisco al percorso storico del PCI: il gruppo dirigente del PD formatosi in tutti questi anni, non solo ha abbandonato la missione di emancipazione delle classi popolari dal dominio classista del capitalismo, ma oggi osanna l’esistente sopprimendo ogni passaggio politico e punto di vista di classe e popolare, manipolando la storia a uso e consumo di una costruzione europea postuma alle Resistenze e che non è uno stato sovranazionale con i suoi organi democratici (ricordo che il Parlamento Europeo, ha solo funzione consultiva), ma un grumo di gestione del potere continentale, delle sue oligarchie finanziarie e multinazionali che sta involvendosi verso un’economia di guerra.

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crs

BSW, sfide e nuovi equilibri politici in Germania

di Claudia Wittig

L’insuccesso alle prime elezioni generali dell’Alleanza Sahra Wagenknecht è da attribuire a un clima mediatico non favorevole, agli errori nella strutturazione del programma politico e nell’organizzazione del partito

sahra wagenknecht 1.pngLa Germania ha votato anticipatamente. Il 6 novembre 2024, il cancelliere Olaf Scholz ha esautorato il ministro delle Finanze e annunciato l’intenzione di porre una questione di fiducia, con la possibilità di elezioni anticipate.

Nel frattempo, l’Alleanza Sahra Wagenknecht (BSW), nata meno di un anno prima, a gennaio 2024, da una scissione della Linke, aveva già attirato molta attenzione. Dopo anni di conflitti interni, Sahra Wagenknecht aveva lasciato Die Linke, formando una nuova forza politica. Alle elezioni europee del giugno 2024, la BSW aveva ottenuto il 6,2% dei voti, raggiungendo pochi mesi dopo risultati significativi alle regionali in Germania orientale, entrando anche in coalizioni di governo in Brandeburgo e Turingia.

Nonostante questi buoni risultati, alle ultime elezioni la BSW non è riuscita a entrare, per soli 9.000 voti, nel Bundestag. Pur avendo ottenuto il miglior risultato per un partito di nuova formazione, la delusione è stata grande. Gli eventi tra la caduta della coalizione di governo e le elezioni evidenziano però le criticità del sistema politico tedesco e il ruolo crescente della BSW nel dibattito pubblico.

 

1. Cosa vuole la BSW?

Non esiste ancora un programma di base, ma già a novembre era chiaro quali fossero i principi cardine del nuovo partito: pace, economia sociale di mercato e un approccio più sfumato al dibattito sulla migrazione.

Nel suo anno di fondazione, il principale tratto distintivo della BSW consisteva nell’opposizione alla “politica estera basata sui valori” della coalizione di governo, proponendo invece una coerente politica di pace. Secondo la BSW, la strategia della ministra degli Esteri Annalena Baerbock e del ministro dell’Economia Robert Habeck non solo aveva causato gravi danni economici e aumentato il rischio di un’escalation della guerra in Ucraina, ma aveva anche portato la Germania, con le sue massicce forniture di armi, a sostenere una guerra di ritorsione contro i palestinesi.

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iltascabile

Rossana Rossanda. Politica, memoria e rivoluzione

di Franco Cimei*

A vent’anni da La ragazza del secolo scorso, come recuperare nella sua complessità la storia del comunismo?

Rossana Rossanda. Politica memoria e rivoluzione.jpgUn’epifania: Rossana ha appena scoperto che il suo professore di filosofia è un comunista. Lei ha 19 anni, è il 1943, Milano è occupata dai nazisti. Il professore, Antonio Banfi, non ha risposto alle sue domande ma le ha consegnato un fogliettino stropicciato su cui ha scritto i titoli di una serie di libri per capire, gli autori sono: Marx, Lenin, Harold Laski. Rossana corre in biblioteca, poi per tornare a casa prende il tram per Olmeda, su questo incontra tre operai:

Sfiniti di fatica e mi parve di vino, malmessi, le mani ruvide, le unghie nere, le teste penzolanti sul petto. Non li avevo mai guardati, il mio mondo era altrove, loro erano altro, che cosa? Erano la fatica senza luce, le cose del mondo che evitavo, sulle quali nulla si poteva. Come nulla potevo sui poveri, un’elemosina e via. Le teste ciondolavano, scosse a ogni svolta del tram, i visi non li vedevo. Era con loro che dovevo andare. A casa lessi tutta la notte, un giorno, due giorni.

In questa scoperta della sua vocazione politica c’è tutta Rossana Rossanda, tutta la sua idea di politica. È un episodio che ci racconta lei stessa nella sua autobiografia, La ragazza del secolo scorso, uscita vent’anni fa per Einaudi, in cui condensa tutto il suo percorso politico e intellettuale fino agli anni Settanta. Ma c’è anche una strana incongruenza. Francesco de Cristofaro, uno dei più attenti studiosi di Rossanda, in Aperte lettere (2022) fa notare quello “scandalo logico fra la penultima e l’ultima frase”. Rossanda empatizza con la condizione umana degli operai, sembra trascinata d’impulso verso la loro strada e quindi torna a casa e legge tutta la notte.

Questo movimento apparentemente incongruo è caratteristico di Rossanda, per cui l’azione politica ha sempre una genesi emotiva, strappata dalla vita, poi fatta propria attraverso la razionalità e lo studio. Un movimento centrifugo che va dalla vita ai libri e solo allora può diventare azione. Un modo di concepire l’azione politica che si avvicina molto a quello di Lenin, suo grande maestro.

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sinistra

Alcune divergenze tra i compagni Ottoliner e noi

di Claudia Pozzana e Alessandro Russo

1banks 640x420.jpgDue precisazioni preliminari. Anzitutto, il “noi” di cui qui si parla è fortemente ipotetico, ben più di quello cui fa allusione il titolo (un’antica polemica del PCC col PCI), e in ogni caso lo usiamo affiggendovi sempre un grande punto interrogativo.1 Inoltre, Ottolina TV la seguiamo quotidianamente, è una torcia accesa nella nebbia venefica dell’odierno disorientamento del mondo. Un piccolo gruppo di compagni che con grande generosità sono stati capaci di auto-organizzarsi in modo esemplare. È con sentimenti di amicizia politica che vogliamo manifestare le nostre divergenze su alcuni temi cruciali, o per dirla con Lenin, su “alcuni problemi scottanti del nostro movimento”, beninteso “nostro” nel senso di un desiderio da realizzare.

Ci sono in particolare due grandi problemi irrisolti, che proponiamo di discutere nello spirito della “giusta soluzione di contraddizioni in seno al popolo”: uno è il “che fare?” immediato, l’altro è la prospettiva storica, o meglio il bilancio dell'esperienza storica di altri tentativi di “abolizione dello stato presente delle cose” in epoca moderna. (Ci scusiamo per l’abbondanza di citazioni classiche ma speriamo che aiutino a capirci).

 

#tuttiacasa

La parola d’ordine di Ottolina – un hashtag, per stare al passo coi tempi – è oggi “Tutti a casa”. Avete perso la guerra, dunque andate via tutti, ma proprio tutti, precisa Marrucci per chi non avesse capito bene. A parte una serie di problemi operativi (chi, quale noi, e come, manda a casa tutti?), c’è un problema politico, e in una certa misura perfino logico. Ciò che vogliamo deve venire prima di ciò che non vogliamo. Non vogliamo più questo governo, bene, ma che cosa vogliamo politicamente? E come vogliamo conseguirlo? Senza mettere al primo posto un enunciato affermativo, il nostro sarà solo un grido di dolore, incapace tuttavia di alleviare la nostra impotenza. Non si cede alla seduzione del “pensiero magico” (bersaglio polemico di Ottolina) quando si esaltano le virtù palingenetiche della distruzione?

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sinistra

Il liberismo occidentale, il sionismo e le velleità dell’eurocentrismo storico della sinistra

di Algamica*

spine e garofan3«Fuori il terrorismo dall’Università», a invocarlo nei primi giorni di marzo era stata l’Unione dei Giovani Ebrei Italiani, in un appello immediatamente sottoscritto dai Radicali Italiani, da Sinistra per Israele, dalle Comunità Ebraiche in Italia, da giovani socialisti, da Giovani di Forza Italia, da altre associazioni cattoliche e associazioni dell’Hasbara sionista, affinché l’Università la Sapienza di Roma revocasse i permessi concessi al Movimento degli Studenti Palestinesi, di realizzare il 5 marzo, in Italia, presso l’Ateneo di Fisica, la presentazione del libro autobiografico di Yahya Sinwar “Le spine e il garofano” con la partecipazione dell’editore Davide Piccardo della casa editrice Editori della Luce, di ispirazione islamica, che cura la pubblicazione del libro in Italia.

L’appello « Fuori il terrorismo dall’Università » in cui si legge che « La Sapienza, una delle poche università ad aver contrastato i boicottaggi contro Israele e a essersi posta come baluardo della libertà accademica, ha ancora l’opportunità di impedire che si trasformi in una cassa di risonanza per il terrorismo », è divenuto da subito un caso politico nazionale la cui istanza è stata immediatamente sostenuta per giorni dalle principali testate dei quotidiani della liberal democrazia italiana – da la Repubblica, il Corriere della Sera, il Giornale e Il Messaggero – nel sostenerne le ragioni, riportando le richieste di Giovanni Donzelli e di Noemi Di Segni affinché la Facoltà di Fisica tornasse indietro sui propri passi e vietasse l’iniziativa.

Il libro autobiografico di Sinwar, scritto durante i ventidue anni di prigionia nelle carceri israeliane, è attualmente censurato e vietata la sua pubblicazione in moltissimi paesi occidentali e dell’Unione Europea, così non è appunto in Italia grazie a un editore italiano che si è convertito all’islamismo, e in Irlanda, la cui edizione in quarta di copertina riporta « poiché Al-Sinwar è stato martirizzato mentre combatteva coraggiosamente contro il genocidio israeliano a Gaza, il romanzo emerge come un pezzo di letteratura vitale per chi cerca di comprendere le tensioni in corso in Medio Oriente.

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carmilla

Grande è il disordine sotto il cielo, la situazione è… demente

di Nico Maccentelli

KNDVIYFEIl cambio dei ceti dirigenti negli USA e l’avvento Trump, ha comportato un mutamento totale di strategia politica imperiale davanti al sopravanzare del multipolarismo, la crisi del dollaro e l’accelerazione di processi decolonizzazione come nel Sahel e la lunga guerra di logoramento tra imperialismo e bolivarismo in America Latina.

Se prima la Russia era stata considerata il demone da abbattere nella narrazione del giardino occidentale delle democrazie liberali di borrelliana espressione, e gli USA e i suoi vassalli erano al totale assalto della Federazione Russa sin dal golpe nazista di Euromaidan per smembrarla e accedere alle ingenti risorse interne, ora il trumpismo spera e pensa di contrastare il declino dell’impero americano e dell’egemonia della sua moneta tornando a una sorta di bipolarismo come ai tempi dell’URSS, nel tentativo di spezzare l’alleanza cino-russa, spegnendo il fronte est europeo per rivolgersi all’Indocina e all’Estremo Oriente, con la possibile escalation della crisi taiwanese.

Del resto il secondo nemico, i vassalli, su cui affermare l’egemonia è già stato sconfitto insieme all’Ucraina nella guerra con la Russia, che ha avuto un non meno importante risvolto interno: spezzare il legame con la Russia da parte della Germania, della locomotiva industriale europea. Cosa riuscita anche con mezzi terroristici e avvertimenti mafiosi come l’attentato al Nord Stream. Ma la sconfitta è a questo punto qualcosa di letale per la sopravvivenza dell’euroatlantismo e dell’Unione Europea stessa.

L’analisi sulla guerra in Europa, i rapporti di forza con la Russia, le contraddizioni interne al campo imperialista atlantista, il declino del progetto europeo in crisi irreversibile con questa guerra e con le accelerazioni di una crisi sociale e politica dovute all’economia di guerra: il viaggio neoliberista finale di un TINA che oggi risuona come campane a morto per l’UE stessa.

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fuoricollana

Contro la Sinistra neoliberale di Sahra Wagenkneecht

Prefazione di Vladimiro Giacché

Istruzioni per l’uso per ragionare sulle ragioni dell’affermazione delle destre in Occidente e in Germania. Il rappresentante della sinistra alla moda non desidera essere definito socialista, neppure nell’accezione socialdemocratica. Si considera cittadino del mondo senza troppi legami con il proprio paese

Sahra Wagenkneecht I.png«Sinistra era un tempo sinonimo di ricerca della giustizia e della sicurezza sociale, di resistenza, di rivolta contro la classe medio-alta e di impegno a favore di coloro che non erano nati in una famiglia agiata e dovevano mantenersi con lavori duri e spesso poco stimolanti. Essere di sinistra voleva dire perseguire l’obiettivo di proteggere queste persone dalla povertà, dall’umiliazione e dallo sfruttamento, dischiudere loro possibilità di formazione e di ascesa sociale, rendere loro la vita più facile, più organizzata e pianificabile». […]

 

Un libro scandaloso

Credo che i lettori non faranno fatica a condividere questa descrizione proposta da Sahra Wagenknecht nel primo capitolo del suo libro. Questa descrizione è anche il miglior punto di partenza per introdurre quelle che ritengo siano le tesi principali di questo testo, quelle che lo rendono un libro importante e opportunamente scandaloso.

Un tempo la sinistra era questo, in effetti. E oggi? Oggi le cose sono parecchio cambiate. Se un tempo al centro degli interessi di chi si definiva di sinistra vi erano problemi sociali ed economici, oggi non è più così.

Adesso, osserva l’autrice, «l’immaginario pubblico della sinistra sociale è dominato da una tipologia che definiremo da qui in avanti sinistra alla moda [l’originale tedesco è Lifestyle-Linke, letteralmente ‘sinistra dello stile di vita’], in quanto chi la sostiene non pone più al centro della politica di sinistra problemi sociali e politico-economici, bensì questioni riguardanti lo stile di vita, le abitudini di consumo e i giudizi morali sul comportamento […]. È convinto che lo Stato nazionale sia un modello in via di estinzione e si considera cittadino del mondo senza troppi legami con il proprio paese». Il rappresentante della sinistra alla moda non può – né desidera – essere definito un “socialista”, neppure nell’accezione socialdemocratica del termine: semmai un liberale di sinistra.

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sinistra

Rifondare il comunismo

di Salvatore Bravo

bolscevichi marcia.jpgL’urgenza di ricostituire la sinistra comunista non è più rimandabile. Le oligarchie transnazionali con la fine della globalizzazione mostrano la verità del dominio. Sono in lotta a Oriente come a Occidente. Con la lotta fra le plutocrazie si aprono spazi di intervento e di verità. Le guerre plutocratiche si moltiplicheranno e i diritti sociali e individuali gradualmente scompariranno dall’orizzonte politico. Il loro posto è, e ancor più, sarà occupato da slogan e dalle parole ambivalenti della società dello spettacolo. L’articolo 31 del DDL sicurezza prepara l’Italia a una lunga guerra. Sarà possibile per le università, se fosse approvato, collaborare spontaneamente con i Servizi segreti. La guerra tra le oligarchie non può che causare un clima di timore. La paura è “arma” per neutralizzare i dissenzienti e per sollecitare il sospetto e il controllo. L’inquietudine è il mezzo con cui il capitalismo cerca di strappare la sua tranquillità, poiché è esso stesso inquieto a causa delle ingovernabili contraddizioni che lo corrodono. Il declino del capitalismo nelle sue formule plurali è inevitabile. I sintomi della decadenza sono ormai evidenti. La sovrapproduzione e la scarsità di risorse da estrarre e da sfruttare sono ormai la tagliola sanguinante del capitalismo. Il saccheggio è anche e specialmente spirituale, nella fase attuale il capitalismo rapina “la capacità di significare”, in tal modo i sudditi non sono che orci bucati in cui tutto fluisce, fino al punto che l’orcio assume la forma dei contenuti. Il sangue degli ultimi ha macchiato la storia dei capitalismi, pertanto la sua storia non potrà che terminare nel sangue e nel sudore degli infelici che già ora non vivono ma sopravvivono. Rileggere Marx è oggi fondamentale per risemantizzare per il presente. Il comunismo che verrà non sarà la riproposizione del passato, ma esso necessita della tradizione comunista e delle sue categorie per pensare il presente e progettare il futuro.

Marx ha riportato l’essere umano nella storia e ha svelato le religioni si sistema nella loro realtà ideologica. La religione con le sue fughe dorate da un mondo reificante è stata la complice del dominio, ha sparso i “fiori sulle catene”, è stata l’oppiaceo che ha consentito di “sopportare l’insopportabile”.

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nicomaccentelli

Rossobruni ce lo sarete voi…

di Nico Maccentelli

IMAGE 2025 02 11 214833 768x754.jpgSono nel pallone… dopo la telefonata Trump-Putin e il discorsetto di Vance a Monaco gli euronazi, i satrapi del deep state USA prima delle elezioni americane, quelli che si sono fatti saltare dagli ucronazi, dai servizi britannici e dalla CIA il Nord Stream da sotto il culo, dopo aver mandato armi e al macello migliaia di ucraini vendendocela come imminente sconfitta russa, dopo aver ridotto l’Unione Europea ad area dipendente e sotto “protezione” degli USA, praticamente un protettorato, e dulcis in fundo, dopo aver promesso lacrime e sangue per aumentare il budget bellico per la NATO, tutti questi signori si ritrovano nella scomoda posizione di estranei alla trattativa sull’Ucraina. E se non bastasse è il nuovo inquilino della Casa Bianca, che dopo aver dato il ben servito a USAID, attacca gli euroburocrati svelando la triste verità: nell’UE la democrazia, quel poco che c’era nel delirio dei suoi diktat economici e fonanziari, è morta e sepolta. Vance attacca sulla censura, sulle elezioni cancellate se non vanno bene come in Romania: sono schiaffi che fanno ben capire che se le classi dirigenti corrotte e meschine dell’UE vogliono continuare la guerra con la Russia attraverso l’Ucraina e per mezzo della NATO, devono sborsare i dané per le armi, ma anche per i danni alla fine della fiera, visto che la Russia ha già vinto.

Il tutto col nuovo regime dei dazi statunitensi, dopo la mazzata che i neuro-burocrati si sono dati nei coglioni con le sanzioni alla Russia. Una debacle che non può che preannunciare la fine dell’architettura europea incentrata sull’egemonia USA e iniziata con Maastricht e le sue velleità di terzo polo europeo. Non sarà questa architettura a ricostruire un’idea di Europa dentro un contesto geostrategico che vede affermarsi il multipolarismo, ma semmai l’avvento di stati nazione che mutano l’intero scenario mondiale e la stessa catena imperialista a dominanza statunitense. E che allo stato attuale delle cose, i sistemi democratici europei siano finiti e che stiano finendo le libertà costituzionali, delle costituzioni nate dalle Resistenze è un dato di fatto: tutti fattori che fanno da preludio a ribaltoni elettorali, se non rivolte sociali, dato che i popoli europei, deste o sinistre che siano, la guerra non la vogliono e non vogliono pagarne i costi.

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kamomodena

Guerra e industria della formazione. Il conflitto dentro scuola e università

di kamo

banner Guerra e Industria formazione 3.pngNote per approfondire la discussione

La guerra che viene è il grande fatto del nostro tempo. Cifra del presente e tema centrale intorno a cui tutti gli altri si ricombinano, si ristrutturano, si organizzano. Tra questi, la scuola e l’università, punti nodali della riproduzione capitalistica e sociale.

Da una parte, come «industrie della formazione» atte a produrre e disciplinare la merce oggi più preziosa: quei soggetti che verranno chiamati a lavorare e combattere per la guerra dentro fabbriche, magazzini, laboratori, aule e uffici, o direttamente sul campo di battaglia. Dall’altra, tuttavia, come luoghi di mobilitazione giovanile e comportamenti di rifiuto che negli ultimi anni, intorno ai conflitti globali, e in special modo la Palestina, che coinvolge anche le dimensioni decoloniale e della razzializzazione interne alla composizione di classe delle nostre latitudini, hanno visto una nuova generazione politica prendere parola, tra tentativi di conflitto, spontaneità e contraddizioni.

Come si stanno trasformando scuola e università dentro la guerra? Quale funzione sono chiamate a ricoprire, da Stato, imprese e politica, nell’organizzazione, mobilitazione, e produzione bellica? Quale ruolo degli istituti tecnici e professionali, baricentrali per la formazione della forza lavoro specializzata per la fabbrica della guerra e al contempo alla formazione allo sfruttamento, con alta concentrazione di soggettività razzializzate, ma sovente esclusi o impermeabili agli interventi politici? Quali sono i soggetti coinvolti dentro i processi di trasformazione e che istanze, pulsioni e visioni materiali esprimono (o possono esprimere) nelle mobilitazioni contro la «fabbrica della guerra»?

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futurasocieta.png

E’ iniziato il cammino per l’unità dei comunisti e la costruzione del Partito

di Luigi Basile

Il resoconto della partecipata e riuscita assemblea che si è svolta nella Capitale

foto roma palco plateaIl cantiere per la costruzione del Partito comunista si è ufficialmente aperto con l’assemblea nazionale tenuta a Roma, presso il Teatro Flavio.

L’iniziativa, che ha visto la luce dopo mesi di lavoro preparatorio, con l’allestimento di convegni tematici nelle diverse aree del Paese, ha determinato un primo visibile risultato, in controtendenza rispetto agli avvenimenti degli ultimi dieci, quindici anni e più: la convergenza nel progetto di Prospettiva Unitaria di quattro organizzazioni (Costituente Comunista, Movimento per la Rinascita Comunista, Patria Socialista, Resistenza Popolare), che meno di un anno addietro avevano avviato, attraverso un tavolo operativo, un percorso di condivisione dell’azione politica.

La sfida che adesso viene lanciata, dunque, è ancora più ambiziosa: dare forma, forza e contenuto a un partito comunista unitario, con il coinvolgimento – a partire dai territori, dove si concentreranno gli sforzi – di compagne e compagni, lavoratori, disoccupati, pensionati e studenti, il confronto con comitati, associazioni e movimenti di lotta sociale e la mobilitazione sul campo, ma anche con il contributo di altri gruppi e organizzazioni politiche che ritengono una priorità la riaggregazione delle forze comuniste.

Un nodo particolarmente avvertito dalle centinaia di militanti e simpatizzanti presenti all’appuntamento nella Capitale e dagli autorevoli ospiti che hanno deciso di portare il proprio saluto, manifestando apprezzamento per quanto si sta realizzando.

Significativi i messaggi inviati dai partititi comunisti di tutto il mondo, che seguono con attenzione l’evoluzione del percorso.

“Non cessano i tentativi delle forze dell’imperialismo – si legge nella nota del Presidium del Comitato Centrale del Partito Comunista della Federazione Russa – di dividere il movimento comunista mondiale, di disunire le sue fila e di distruggerlo come forza politica. Pertanto, oggi, nelle condizioni economiche e politiche più difficili, sono importanti come non mai l’unità e l’azione congiunta dei comunisti di tutti i Paesi nella lotta per il nostro futuro comune.

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Costruire il partito comunista: è l’ora! Sabato 25 gennaio tutti a Roma!

di Fosco Giannini*

hammer and sickle 2019.jpgL’appello lanciato alle compagne e ai compagni dal coordinatore nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista e dirigente di Prospettiva Unitaria, per l’appuntamento che si terrà nella Capitale.

È l’ora!

Nessuno si tiri indietro!

È l’ora della costruzione del partito comunista!

Sabato 25 gennaio, a Roma, presso il Teatro Flavio, dalle ore 10.00, Prospettiva Unitaria, le comuniste e i comunisti del nostro Paese daranno vita a una grande Assemblea nazionale dalla quale partirà il percorso concreto per la costruzione del partito comunista!

Nessun comunista con la coscienza del tempo che vive, del nostro tempo terribile, può mancare all’appuntamento! Conosciamo i compagni e le compagne: i nostri stipendi sono magri, le nostre pensioni sono spesso da sopravvivenza, i treni ci falciano il salario, i lunghi viaggi in auto per noi costano tanto: ma quando viene l’ora che conta i comunisti ci sono, ci sono sempre stati e nessun’ora è giusta come quella che va scoccando, quella della costruzione del partito comunista! Nessun sacrificio è giusto, nessuno vale la pena di essere scelto come questo di essere protagonisti della messa in cantiere del nostro partito, il partito delle lavoratrici e dei lavoratori, il partito degli intellettuali e dei giovani: il partito comunista!

Le compagne e i compagni del Movimento per la Rinascita Comunista lavorano da tempo per l’unità dei comunisti e per la costruzione del partito comunista. Hanno già investito in questi due grandi e nobili progetti tanta parte della loro vita, si sono sacrificati e sanno cos’è il sacrificio. A testa alta faranno anche questo nuovo pezzo di strada che ci porterà a Roma il prossimo 25 gennaio!

Queste compagne e questi compagni, l’intero MpRC, hanno fornito un contributo determinante all’unità dei comunisti e al progetto di costruzione del partito comunista.

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carmilla

Dalla Pantera al populismo, ovvero il détournement dei movimenti sconfitti

di Fabio Ciabatti

Alessandro Barile, La protesta debole. I movimenti sociali in Italia dalla Pantera ai No global (1990-2003), Mimesis, Milano 2024, pp. 180, € 16,00

La protesta debole.jpgI movimenti sociali che vanno dalle occupazioni universitarie della Pantera al movimento no global, passando per il ciclo dei centri sociali, si configurano come una protesta debole che, in quanto tale, può consentire di rintracciare una possibile genealogia della protesta populista “di sinistra”. Una tesi, quella di Alessandro Barile, che non manca di originalità e che, anche per questo, merita di essere conosciuta e valutata. Per comprendere fino in fondo quanto sostiene l’autore nel suo recente libro La protesta debole. I movimenti sociali in Italia dalla Pantera ai No global (1990-2003) bisogna prima di tutto capire cosa si intende con genealogia. In breve, non si tratta di una filiazione diretta, ma di

un rapporto più distante e profondo, magmatico, che avviene a livello inconsapevole sul piano dell’ideologia spontanea dei movimenti, che sedimenta un modo di intendere la politica che, alterato dalla crisi economica e finanziaria degli anni dieci del Duemila e riformulato da nuovi protagonisti (e “imprenditori”) della politica, consente di ricavare un legame di parentela.1

In secondo luogo, bisogna capire il significato di “protesta debole”. Cosa che è possibile fare paragonandola alla protesta che può essere considerata forte, cioè quella innervata nella tradizione marxista e comunista, con particolare riferimento al movimento degli anni Settanta. Raffronto che non è una mera sovrapposizione di due periodi storici differenti operata estrinsecamente dallo studioso, perché il riferimento a quegli anni è un tema ricorrente nella stessa riflessione dei movimenti successivi, sebbene tale confronto si esprima spesso attraverso una dinamica di attrazione e repulsione. Ebbene, la forte componente di identificazione ideologica, la capacità di sedimentazione organizzativa, il legame tra politica e collocazione di classe, la chiara connotazione rivoluzionaria e anticapitalista sono tutti elementi che mancano nei movimenti degli anni Novanta e dei primi Duemila e che invece troviamo negli anni Settanta, quantomeno nelle intenzioni.