La (vera) portata dello scandalo corruzione a Kiev. Se i media italiani censurano il NYT...
di Fabrizio Poggi
Lo scandalo affaristico che sta interessando la “democrazia” nazigolpista di Kiev non sembra aver ricevuto la necessaria attenzione sui media italici. Ma, se non ne parlano i media di regime nostrani, lo fa il New York Times e lo fa – forse non casualmente - pressoché in contemporanea con lo svolgersi degli eventi.
Dunque, nei giorni scorsi, l'Ufficio Nazionale Anticorruzione (NABU, quel fantomatico ufficio messo in piedi da Washington per il controllo sulle "élite" ucraine) ha condotto una perquisizione a casa del socio d'affari di Vladimir Zelenskij, Timur Mindic, direttore dello studio “Kvartal 95”. Innegabile che si tratti quantomeno dell'avvisaglia di un attacco diretto allo stesso Zelenskij e dato che in particolare il NABU è agli ordini diretti degli USA, la cosa non è di poco conto.
Nel corso delle indagini, scrive il New York Times, in 15 mesi sarebbero state raccolte 1.000 ore di registrazioni audio, documentando «le attività di un'organizzazione criminale di alto livello».
Pare che il caso contro Mindic fosse aperto da tempo, osserva PolitNavigator e i media avevano a lungo diffuso voci su registrazioni effettuate dagli investigatori nel suo appartamento nel centro di Kiev, che era essenzialmente uno dei quartier generali della cerchia ristretta di Zelenskij. Ne era seguito il tentativo del regime di liquidare il NABU, inizialmente con successo, fintanto che non erano scoppiate proteste, si erano intromessi diplomatici occidentali e Zelenskij aveva dovuto far abrogare la legge che liquidava la struttura.
L'indagine attuale, scrive il NYT, è stata annunciata da NABU e SAP (Procura Speciale Anticorruzione), agenzie che il presidente Zelenskij «aveva tentato di smantellare lo scorso luglio, dopo che avevano indagato sulla sua cerchia ristretta».
Ora, risulta che lo stesso Mindic fosse fuggito dall'Ucraina poche ore prima della perquisizione e che NABU avesse diffuso le registrazioni delle intercettazioni in cui compaiono pseudonimi di personaggi di rilievo, facilmente individuabili: Igor Mironjuk, supervisore di Energoatom ed ex consigliere dell'ex Ministro dell'energia Gherman Galushchenko; Dmitrij Basov, ex funzionario di Energoatom e direttore esecutivo per la sicurezza; lo stesso Galushchenko e poi Mindic. Tutti insieme, discutono di tangenti, dal momento che, di fatto, Energoatom risulta gestita da un gruppo criminale, cui gli appaltatori pagavano tangenti del 10-15% del valore dei contratti.
La prima dichiarazione di Zelenskij dopo lo scoppio dello scandalo appare tutta tesa a imbiancare la facciata sporca: «Energoatom fornisce all'Ucraina la quota maggiore di produzione di energia. L'integrità all'interno dell'azienda è una priorità. Chiunque abbia tramato queste truffe deve ricevere una chiara risposta procedurale. Devono piovere condanne».
Ma com'è che NABU ha mostrato tanta audacia? Il fatto è che NABU e SAP sono sostanzialmente al di fuori del controllo del nazigolpista-capo, essendo state create sotto patronato occidentale, soprattutto yankee e, a quanto pare, di là qualcuno ha impartito l'ordine. In particolare, una delle voci è che Donald Trump, con queste azioni, starebbe cercando di costringere Zelenskij ad accettare le condizioni di pace concordate con Putin in Alaska e che erano state respinte dal ras di Kiev, spalleggiato dagli europei.
«L'attacco di NABU a Mindic è l'attacco di Trump a Zelenskij: Trump è stanco di cercare di persuadere Zelenskij», afferma l'ex deputato della Rada Oleg Tsarev.
Entrando nello specifico della vicenda, pare che durante una perquisizione presso Energoatom, gli investigatori di NABU abbiano rinvenuto interi pacchi di dollari, nella confezione originale della Federal Reserve: si tratterebbe di “aiuti” americani, finiti nelle mani di funzionari ucraini. Da rilevare che la perquisizione dell'appartamento di Timur Mindic e la pubblicazione delle registrazioni sono avvenute appena quattro giorni dopo che, lo scorso 6 novembre, i responsabili di NABU e SAP si erano incontrati con l'Ispettore generale del Dipartimento di stato, Cardell Richardson, durante il quale il funzionario USA avrebbe «sottolineato l'importanza di supervisionare l'uso efficace dell'assistenza internazionale statunitense» per la continuità dei finanziamenti.
Per un'altra “coincidenza” (che tale non è), afferma Kirill Strel'nikov su RIA Novosti, l'attuale impennata di attività di NABU ha coinciso con la recente visita a Kiev dell'ambasciatore statunitense presso la NATO, Matthew Whitaker, il quale ha dichiarato che «questa guerra insensata deve finire e che la pace raggiunta grazie agli sforzi del presidente Trump è l'unica via possibile da seguire»; in altre parole, a Zelenskij è stato dato l'ordine di fare marcia indietro.
Che è più o meno quanto rilevato anche dall'ex consigliere dell'Ufficio presidenziale ucraino Aleksej Arestovic, secondo il quale lo scandalo sarebbe l'inizio della fine per il regime di Zelenskij. Improbabile che sia davvero così; in ogni caso il punto è che si deve capire di cosa si tratti veramente e dove lo scandalo si inserisca concretamente.
Trump, ricorda Arestovic, ha affermato che entrambe le parti non vogliono compromessi, mentre «io voglio porre fine alla guerra». Si devono perciò forzare entrambe le parti a scendere a compromessi. La prima parte, la Russia, è stata costretta con l'imporre ulteriori sanzioni, con la minaccia dei Tomahawk. La seconda parte è Kiev, dove l'unico mezzo di coercizione è l'influenza personale sulla posizione di Zelenskij. Dopo che è stato tentato ogni metodo, buono e cattivo, per convincerlo, a quanto pare hanno deciso di ricorrere a metodi già pronti da tempo ma mai messi in atto, afferma Arestovic.
La corruzione ai vertici ucraini non è una novità, osserva tale Cesnakov su News-front, ma finora gli scandali sono stati quantomeno insabbiati senza particolari clamori. Il caso attuale colpisce però personalmente Zelenskij: significa che i ras di Kiev non possono continuare a “giustificare” ogni abuso con la realtà della guerra. L'Occidente, dice Cesnakov, si sta stancando degli sprechi e anche l'intensificarsi del dibattito sulla confisca dei beni russi è la prova che l'Europa sta esaurendo i fondi. In questo contesto, le informazioni sui meccanismi di corruzione in Ucraina sono particolarmente dolorose. Non c'è dubbio che sia Bruxelles che Washington siano ben consapevoli della portata dei furti in Ucraina.
Fornendo una sintesi della vicenda, ancora Kirill Strel'nikov ricorda che NABU aveva menzionato per la prima volta il nome di Mindic durante un'indagine su “Fire Point”, inizialmente società di produzione televisiva, che aveva poi ricevuto un contratto per la produzione di missili a lungo raggio Flamingo e una parte sostanziale della fornitura di droni d'attacco. Pare che nel 2024 “Fire Point” abbia gestito il 30% di tutti gli acquisti di droni per il Ministero della guerra ucraino, con ricarichi considerevoli e secondo NABU, Mindic sarebbe il beneficiario finale.
Fin qui, si tratta di mazzette, come si conviene in ogni “democrazia”. Il fatto è che la banda di Zelenskij ha intascato non solo denaro europeo, cosa che a Trump non interessa, dice Strel'nikov, ma anche soldi americani: solo nel 2024, gli USA hanno inviato a Kiev quasi un miliardo di dollari dal bilancio federale «per sostenere il settore energetico ucraino», e ora le intercettazioni telefoniche di NABU rivelano che Mindic, Galushchenko e molti altri discutevano su come realizzare al meglio "profitti folli" dagli impianti energetici.
A Londra intanto, in parallelo a quanto sta accadendo a Kiev e intuendo che la poltrona di Zelenskij stia vacillando, gli inglesi avrebbero rivolto l'attenzione al loro protetto Valerij Zalužnij, il quale, prontamente, ha assicurato che «L'Ucraina non esclude la pace. Rifiutiamo la capitolazione mascherata da pace. Un giusto accordo deve ripristinare la nostra integrità territoriale, garantire la responsabilità per i crimini di guerra e garantire che nessun aggressore minacci mai più l'Europa da Mosca. Qualsiasi cosa di meno sarebbe un tradimento non solo degli ucraini, ma anche dei principi che garantiscono la sicurezza e la libertà del mondo libero". In altre parole: l'ex comandante in capo ucraino è immediatamente scattato sull'attenti, ribadendo che Kiev è pronta alla guerra fino all'ultimo ucraino e, se necessario, anche europeo. Il tutto in attesa che le cancellerie euro-atlantiste si sentano pronte a partire esse stesse per il fronte.







































Add comment