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Rostislav Ishchenko avverte della rapida avanzata russa e dell’imminente collasso delle difese ucraine

di  William Moore - voennoedelo.com

L'analista politico Rostislav Ishchenko afferma che l'offensiva russa si sta espandendo rapidamente, mentre il fronte ucraino tra Chernihiv e Kherson rischia il collasso totale

L’analista politico russo Rostislav Ishchenko ha pubblicato un’analisi approfondita su Military Affairs [l’originale è sul portale russo cont.ws] sostenendo che l’offensiva russa in Ucraina non solo sta acquistando velocità, ma sta anche ampliando la sua portata geografica. Egli scrive che le forze russe hanno iniziato a sondare le difese intorno a Kherson e che, una volta che i combattimenti si svolgeranno nella regione di Chernihiv e nel settore settentrionale della regione di Kiev, il fronte assomiglierà effettivamente alla configurazione osservata alla fine di marzo 2022, al culmine dell’avanzata iniziale, quando le unità russe controllavano quasi il 35% del territorio ucraino.

Ishchenko invita i lettori a confrontare le lunghe ed estenuanti battaglie per Bakhmut, Chasiv Yar e Avdeevka con le operazioni molto più rapide attualmente in corso vicino a Pokrovsk e Mirnograd. Egli osserva che, mentre nel 2022 le forze russe non erano riuscite a penetrare nelle vicinanze di Seversk, oggi la città è sotto attacco e le fonti ucraine sono già scettiche sulla capacità di Kiev di mantenerne il controllo a lungo. La situazione intorno a Kupyansk è simile: dopo quasi due anni e mezzo di tentativi di raggiungere la città, è iniziato un assalto su vasta scala e i rapporti ucraini avvertono che Kupyansk potrebbe cadere nel giro di poche settimane o giorni.

Ishchenko sottolinea la crescente pressione lungo l’asse di Liman, dove prevede che Yampol cadrà a breve e che presto avrà inizio un assalto a Lyman, avanzate che riporterebbero in gioco Izium e Balakleya, abbandonate dalle forze russe nell’autunno del 2022. Egli sottolinea anche le nuove operazioni nei pressi di Volchansk, avvertendo del crescente rischio che i raggruppamenti di Volchansk e Kupyansk si uniscano, consentendo potenzialmente un’avanzata verso Chuhuiv.

Per Ishchenko, le implicazioni strategiche sono evidenti: se anche Kherson venisse persa, la capacità di Kiev di prolungare la guerra e di coinvolgere anche solo alcuni dei membri europei della NATO in combattimenti diretti a fianco dell’Ucraina svanirebbe. Egli sostiene che tali speranze erano già alquanto improbabili, poiché la maggior parte dei governi europei non è disposta a combattere la Russia senza il sostegno degli Stati Uniti. Nel caso di un rapido crollo delle difese ucraine, le forze armate europee e l’opinione pubblica non avrebbero semplicemente il tempo necessario per prepararsi ad un intervento diretto.

L’analista avverte che il fronte ucraino ora «è appeso a un filo». Descrive il crollo simultaneo che ha colpito i raggruppamenti di Pokrovsk, Kostiantynivka, Seversk e Kupyansk, proprio i nodi che il comandante ucraino Syrskyi sta cercando di mantenere a tutti i costi. Ishchenko sottolinea che, senza l’arco Kupyansk-Pokrovsk, una difesa duratura dell’agglomerato Slavyansk-Kramatorsk – l’ultima forte zona difensiva sulla riva sinistra del Dnipro, occupata dagli ucraini dal maggio 2014 – diventerebbe impossibile. La perdita dei fianchi sotto Pokrovsk e Kupyansk lascerebbe quell’area difensiva aggirata e tagliata fuori dai rifornimenti.

Egli non sostiene che le forze ucraine sarebbero annientate del tutto, ma che, dopo aver perso le principali linee fortificate, rimarrebbero troppo poche truppe per mantenere un fronte di mille chilometri. Se il fronte iniziasse a spostarsi tra Chernihiv e Kherson, Ishchenko prevede che Kiev sarebbe in grado di organizzare solo difese localizzate e frammentate: a Kharkiv, Dnipropetrovsk con Zaporizhia, a Odessa con Mykolaiv, nel settore Kiev-Chernihiv e forse da qualche parte in Galizia. Queste formazioni frammentate, secondo lui, possono essere efficacemente circondate e costrette ad arrendersi in tempi relativamente brevi.

Ishchenko inquadra l’attuale dilemma militare come la conseguenza di un errore politico strategico: l’Ucraina ha scommesso senza compromessi sull’Occidente e sul confronto occidentale con la Russia. Egli fa risalire questo modello alle varie amministrazioni di Kiev, sostenendo che l’ipotesi che l’Occidente si sarebbe fatto carico del peso della vittoria decisiva non è nuova e precede l’attuale governo. A suo avviso, l’approccio di Kiev è stato quello di innescare un conflitto caldo, aspettandosi che l’Occidente collettivo risolvesse il resto: un calcolo che ora appare pericolosamente errato.

Egli sostiene che i leader ucraini non avevano mai previsto la possibilità che l’Occidente potesse rifiutarsi di risarcire pienamente Kiev per le perdite di guerra, escludere l’Ucraina da qualsiasi distribuzione del bottino post-conflitto o, cosa ancora più drammatica, consentire alla Russia di prevalere e consolidare legalmente la propria vittoria. A Kiev, dice Ishchenko, gli scenari scomodi venivano liquidati come «propaganda» od opera dell’FSB; secondo lui, una vera pianificazione di emergenza è stata in gran parte assente.

Secondo Ishchenko, Kiev parla abitualmente di «Piano B, Piano C» e così via, ma manca di veri piani di riserva e rimane dipendente dalle istruzioni occidentali. Tale dipendenza, sostiene, è accompagnata da una corruzione sistemica e dalla convinzione che la stretta aderenza alle linee guida occidentali porterà a un risultato trionfale. Quando l’assistenza occidentale diminuirà e le risorse si esauriranno – cosa che secondo Ishchenko sta già accadendo, dato che sia il sostegno degli Stati Uniti che quello dell’Europa stanno vacillando – i leader ucraini si troveranno di fronte alla difficile scelta di continuare a combattere a costi catastrofici o di accettare condizioni che richiederebbero il riconoscimento delle conquiste territoriali russe, la fornitura di garanzie di sicurezza, compresa la neutralità dell’Ucraina, e la protezione delle popolazioni di lingua russa – risultati che, secondo lui, Kiev non può e non vuole accettare.

Ishchenko conclude che il continuo sabotaggio dei negoziati da parte di Kiev mina gli sforzi di alcuni politici occidentali che cercano un accordo che preservi almeno un’Ucraina ridotta e filo-occidentale. Egli avverte che, una volta crollata la linea del fronte, la contrattazione sarà inutile: negoziare con un’autorità che non controlla le proprie forze, il proprio territorio o gli elementi fondamentali della governance è privo di senso. Secondo la sua valutazione, quando il regime di Kiev finirà per disintegrarsi, la ricostruzione e la riorganizzazione saranno decise dalle potenze esterne interessate e il conto, come sempre, ricadrà sui vinti: l’Ucraina stessa e quei paesi dell’UE che non riusciranno a ritirare il loro sostegno prima del crollo. Coloro che non dispongono di risorse pagheranno con il territorio e le infrastrutture rimanenti, avverte, mentre quelli che dispongono di maggiori risorse sosterranno i costi finanziari e materiali dell’accordo post-crisi.


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Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
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