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L’Alaska gela i guerrafondai

di Il Simplicissimus

Come si poteva immaginare l’incontro in Alaska fra Trump e Putin non ha sortito effetti miracolosi, è stato solo il primo dei vertici in cui verrà discusso l’insieme delle relazioni fra Russia e America e di conseguenza tra i Brics e l’Occidente. Questo risultato era ampiamente prevedibile ma è stato comunque un disastro per il partito della guerra che si attendeva o un consenso della Russia a un cessate il fuoco incondizionato, tale da dare un po’ di respiro e rifornimento all’esercito ucraino ormai esausto, oppure un inasprimento delle relazioni che portasse di nuovo fiumi di armi verso il regime di Kiev e l’ometto che recita la parte di gestore della strage in conto terzi. Per i signori e per gli straccioni della guerra, il vertice nelle remote vicinanze dell’Artico, ha sortito l’effetto peggiore possibile, ovvero quello di mettere tra parentesi il conflitto ucraino per ristabilire relazioni con la Russia che Obama, il nobel per la pace, aveva a suo tempo chiuso. Per giunta il dipartimento di Stato ha annunciato la prossima uscita di un rapporto sulle violazioni dei diritti umani da parte di Zelensky. Magari qualcuno a Londra, Berlino o Parigi comincia a tremare riguardo alle varie stragi organizzate ad arte per dare la colpa ai russi.

È ovviamente impossibile in questo momento sapere cosa nel complesso si siano detti Trump e Putin, quali siano stati gli argomenti affrontati, ma quando il leader russo è comparso serio e rilassato a fare le sue dichiarazioni senza citare il cessate il fuoco e quando nemmeno The Donald ne ha parlato, il mondo di cartapesta dei media mainstream accorso come un fiume di salmoni alle acque natie, si è accartocciato su se stesso come una foglia morta.

Più che i risultati di questo primo vertice, di cui si saprà qualcosa di più nei prossimi giorni, è interessante analizzare l’atteggiamento dell’informazione padronale nelle 48 ore precedenti perché è stata una sorta di compendio di tutto ciò che dice ormai da tre anni, ovvero che la Russia è al lumicino, che è in pieno disastro economico, che le sue truppe sono stremate, senza armi, che ha finito i missili e insomma tutto il rosario di fesserie che conosciamo fin troppo bene e che sono ormai diventate una barzelletta. Il sistema mediatico, armato di questo delirio incastonato per giunta di sfacciate menzogne, immaginava che Trump, ormai libero dalle accuse di essere al servizio di Putin, avrebbe costretto il leader russo ad accettare una tregua e che addirittura Mosca non desiderasse altro che una via d’uscita. Era ciò che lo stesso inquilino della Casa Bianca credeva fino a qualche tempo fa, prima di doversi arrendere all’evidenza.

Questo è importante per svelare l’arcano che è sotto gli occhi di tutti: c’è un intero mondo che vive prigioniero dell’irrealtà e delle sue stesse narrazioni. Ancora peggio, un mondo che non è più capace di uscire dalla sua favola perversa. Il continuare a dire cose che palesemente non hanno senso, è come un’invocazione agli dei del denaro e dell’ingiustizia perché trasformino i sogni in solide realtà, come dice un noto slogan pubblicitario. Forse qualcosa di più: è un atto di fede in un groviglio di ideologie che, messe a contatto con il mondo reale, evaporano. Senza essere irriverenti è come se ogni giorno si tuffassero nella piscina di Lourdes, per ottenere un miracolo che non avviene mai. Quindi adesso il mondo neocon, sotto qualunque sigla o travestimento si presenti, è furibondo perché il fatto stesso di non poter sottomettere qualcuno è un’offesa al credo fasullo che praticano. Al prossimo vertice che si terrà probabilmente a Mosca, non si sa se tra la fine di settembre od ottobre i soliti noti metteranno in atto tutto il possibile, per far saltare i colloqui, questo è assurdamente certo. Per capire quanto siano malintenzionati basta vedere le reazioni scomposte dei leader europei che peraltro vivono in quella zona grigia nella quale possono solo invocare la guerra senza peraltro avere i mezzi per farla. In altri contesti si chiama pazzia.

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