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L’assedio alle scuole, ai nostri cervelli

di Sergio Fontegher Bologna

L’articolo di Marco Veruggio che abbiamo ripreso da Micropolis ha, tra l’altro, il grande pregio di stimolare riflessioni su temi di carattere fondamentale come “scuola”, “riarmo”, “impresa pubblica” ecc… A questi l’estroverso europarlamentare leghista Roberto Vannacci, già generale dell’esercito, ne aggiunge un altro, sintetizzato nel termine “Patria”. Sappiamo che Patria non è un vocabolo qualsiasi, è un sistema di valori, quei valori che qualcuno pensa si debbano rilanciare, perché rischiano di essere dimenticati e quindi anche lui, l‘onorevole, come i portavoce di Leonardo, vorrebbe andare nelle scuole – dicono i media – per parlarne coi giovani.

Non vorrei trovarmi nei panni di una/un preside messi di fronte alle richieste di una grande azienda come Leonardo e di un personaggio come Vannacci di poter parlare agli iscritti durante le ore di lezione. Scelta imbarazzante se far parlare l’uno o l’altro o ambedue. Confesso che se mi trovassi al posto di quei presidi risponderei “No, grazie” ma, se fossi costretto da circolare ministeriale a scegliere, preferirei Leonardo perché l’idea che qualcuno ricominci a voler instillare nei giovani l’amor di patria mi provoca una reazione istintiva. Il termine “Patria” mi evoca immediatamente l’immagine di cimiteri di guerra, quelle distese di croci che abbiamo visto tante volte, tombe d’infelici che sono andati ad ammazzare e sono stati ammazzati in nome della Patria. Mi evoca l’immagine dell’Ossario dei Caduti d’Oltremare di Bari, dove giacciono i poveri resti del fratello di mia madre, caduto negli ultimi giorni della campagna d’Africa, a El Ghennadi, 9 maggio 1943. Aveva 21 anni. In quei cimiteri di guerra raramente trovi sepolti dei generali. Quelli, chissà perché, dalle guerre tornano quasi sempre vivi.

L’assordante campagna orchestrata dalla Nato e ripresa in grande stile dall’Unione Europea, martellata sui social, dell’urgente necessità di riarmarsi per difendersi da un fantomatico nemico che è già alle porte, ormai sta cambiando radicalmente la struttura capitalistica dell’Europa. La Germania – guarda caso la Germania – sta già mettendo le mani avanti sulla coscrizione obbligatoria. Per far fronte a una crisi occupazionale – dico io – che la crisi del settore automotive, la rinuncia al Green Deal e i dazi di Trump inevitabilmente produrranno nel paese governato da un uomo di Blackrock, come Merz. Ma anche l’Italia è in questa situazione. Le crisi aziendali, quelle discusse nelle Camere di Commercio e quelle che arrivano ai Ministeri romani, sono all’ordine del giorno. Stellantis se ne va e si porta dietro la componentistica. Rischiamo davvero che ci rimangano Leonardo e Fincantieri, che i bangladesh che lavorano a Monfalcone, a Marghera, a saldare lamiere di navi, non bastino e sia necessario farne venire degli altri. Sarebbe la coerente fine di un’èra iniziata con le privatizzazioni del ’92, quando tutto quello che era pubblico era considerato fallimentare. Sarebbe la coerente fine dei populismi leghisti anti-immigrazione. Dovremo far arrivare flussi di extracomunitari per produrre armi, navi da guerra, mentre i giovani italiani andranno al fronte, per testarle, per usarle.

E tutte le infrastrutture… oplà dual use. Anche la TAV dual use, anche l’Autostrada del Sole? Soltanto la logistica sembra prosperare. Com’è possibile che in un paese dove la produzione ristagna e i consumi non aumentano ci sia bisogno di sempre nuove piattaforme logistiche? Sono pronto a scommettere che tra un po’ di tempo verrano dichiarate anch’esse a doppio uso, civile e militare.

La competizione tra Trump e la UE è a chi la spara più grossa. E anche l’Italia, con questa storia del dual use, si sta mettendo al passo. La nostra premier, donna di grande talento politico, bisogna ammettere, sta però pericolosamente perdendo i colpi. I successi riportati a livello internazionale, quelli che danno grande visibilità, le hanno fatto perdere di vista il paese che dovrebbe governare. Io temo che quando la nostra Meloni parla di occupazione che cresce e che questo è un buon segno, lei lo creda davvero. In buona fede. Non ha idea che il problema riguarda il fatto che lavorando non si vive, perché i salari sono troppo bassi, perché i contratti non si rinnovano, non ha idea che l’occupazione cresce tra i vecchi mentre i giovani fuggono, non ha idea che lavorando si muore con una frequenza impressionante. Il problema non è l’occupazione ma la sua qualità. Anche se lo spread è ai minimi storici.

E mi preoccupa che lei perda i colpi perché tutto sommato mi fido più di lei e del suo buon senso che di quel branco di “riformisti” all’interno del PD. Mi fido più di lei perché è fascista, agisce da fascista – ultramoderna d’accordo, ma sempre fascista è – cioè so cosa mi posso aspettare da una come lei. Ma da una o uno dei “riformisti”, una tipo Picierno o uno tipo Gentiloni, che si sono presentati agli elettori come appartenenti a un’area dove concetti come “giustizia sociale”, “pace”, “solidarietà” dovrebbero almeno fare capolino e invece parlano e agiscono come un Merz, un Macron, un Rutte, una von der Leyen, cosa mi posso aspettare?

Per non deprimermi troppo penso che però l’Italia ha dato i natali a una persona come Francesca Albanese, Relatrice Speciale dell’ONU sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati. Una splendida persona, per questo le vogliono impedire l’ingresso negli Stati Uniti. Il suo Rapporto “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio” fa venire i brividi ma è un manuale di storia del capitalismo contemporaneo, perché parla di aziende, di multinazionali, parla di contratti, di profitti, di tecnologie, d’intelligenza artificiale. Parla molto poco di armi. Parla di macchine movimento terra, parla di compagnie marittime, di full container, parla di logistica. E dentro questo grande business del genocidio le aziende italiane ci sono fino al collo, anche quelle che vogliono andare nelle scuole a dire ai ragazzi che possono far carriera producendo armi. A convincerli d’inviare il curriculum.

Abbiamo nominato i cimiteri di guerra; per i palestinesi massacrati dall’esercito di Netanyahu ci sarà un cimitero? O solo fosse comuni? Quelle dove ci butteranno dentro tutti se scoppia davvero una guerra nucleare. La guerra alla quale dobbiamo prepararci in fretta, secondo loro.

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Comments

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Matteo
Saturday, 19 July 2025 14:55
Vorrei ricordare che l'assedio alle nostre scuole, è in atto da tempo. Vannacci o Leonardo, sarebbero l'ultimo dei problemi davanti alle incursioni orientative delle università private che rastrellano iscrizioni tra i neodiplomandi con il beneplacito dei presidi. Ma anche questo è riduttivo al cospetto della desertificazione pianificata del sapere che viene da lontano e investe tutto il sistema istruzione, università comprese.
Sul lavoro povero, il modello è il sudamerica, continente depredato da secoli. Meloni (ignorantona e fascista) è furbissima ma non ha talento politico. Tuttavia non è pericolosa quanto una Picierno o un Gentiloni, servi insulsi incipriati di slogan della fu defunta sinistra.
Niente. La situazione è tragica. Orrifica.
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ndr60
Thursday, 17 July 2025 09:02
In realtà anche "l'amor di patria" è dual use: può venire evocato sia per andare a farsi massacrare sul Don che per rivendicare la propria autonomia economica contro lo shopping che le multinazionali hanno fatto (e stanno facendo) di tutte le nostre industrie, col beneplacito dei governi di dx e sx, da 30 anni a questa parte.
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Lorenzo
Wednesday, 16 July 2025 13:02
"Sappiamo che Patria non è un vocabolo qualsiasi, è un sistema di valori"

Invece il vostro umanesimo/umanitarismo cos'è?

"Non vorrei trovarmi nei panni di una/un preside messi di fronte alle richieste di una grande azienda come Leonardo e di un personaggio come Vannacci di poter parlare agli iscritti durante le ore di lezione"

Ci mancherebbe altro che i bambini abbiano diritto ad essere plagiati dai sostenitori di valori avversi ai vostri. Nel mondo delle scimmie glabre la libertà di pensiero è quella cosa per cui ciascuno si scandalizza tanto del fatto che i propri manitù vengano perseguiti e tacitati, tanto del fatto che quelli avversi non lo siano abbastanza.

"Il termine “Patria” mi evoca immediatamente l’immagine di cimiteri di guerra, quelle distese di croci che abbiamo visto tante volte"

Ad altri il termine "umanità" evoca distese di negri fatti sbarcare dalla finanza apolide per rubare il lavoro agl'italiani e meticciare la razza.
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paolo
Wednesday, 24 September 2025 15:45
pensare che nel 2025 ci siano ancora dei dementi che scrivono seriamente di ‘razza’ e suo meticciamento, non sapendo che le razze non esistono e che l’Italia è un paese dove il DNA arriva da tutte le parti significa che la scuola ha fallito (ma forse, spero, questo l’ha saltata) o che la propaganda via tubo ormai ha lavato via i neuroni di troppi ex umani
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2025 03 05 A.V. Sul compagno Stalin

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Qui una anteprima del libro

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Qui una recensione di Terry Silvestrini

Qui una recensione di Diego Giachetti

 

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Qui una presentazione del libro

 

COPERTINA COZZO 626x1024.jpg.avif

Qui una recensione di Giovanni Di Benedetto

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Qui una recensione di Ciro Schember

 

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Qui l'introduzione al volume

 

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Qui una recensione del libro

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Qui la quarta di copertina

Qui una presentazione

 

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Qui una recensione di Luigi Pandolfi

 
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008

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Ancora leggero

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Qui una recensione di Giovanni Di Benedetto

La Democrazia sospesa Copertina

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Qui una recensione di Giuseppe Melillo

 

 

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