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sinistra

Ancora su guerra e pace a scuola

di Fernanda Mazzoli

La normalizzazione della scuola, ovvero il suo allineamento all’agenda neoliberista, è cosa ormai avvenuta, sia sul piano normativo, sia nei fatti e nello spirito di chi vi lavora, al netto di qualche malumore e qualche distinguo.

Tuttavia, rischia di restare sempre un passo indietro rispetto al contesto politico e sociale in cui è inserita, rallentata dal peso dei saperi disciplinari (per quanto alleggeriti e banalizzati in pillole di sapere) e dalla lentezza dei processi di apprendimento, per rimediare alla quale si iniettano dosi crescenti di digitale. Complessivamente diligente agli ordini che vengono dall’alto, resta comunque inadeguata e proprio per questo tenuta a regolarsi giornalmente sull’implacabile orologio che scandisce tempi e ritmi della vita collettiva, seguendo naturalmente il progredire delle lancette nella direzione impressa dagli orologiai.

E le lancette, adesso, vanno in direzione della preparazione psicologica a un’eventualità bellica e docenti e studenti, per anni ammaestrati a considerare la globalizzazione come un pacifico ipermercato su scala mondiale in cui comperare e consumare in perfetta letizia di mente e di corpo merci di ogni natura, anche culturale ed emotiva, si trovano impreparati.

C’è quindi un gap da colmare, tanto più che ce lo chiede l’Europa, dove prendono le cose più seriamente: solo per citare alcuni esempi, in Polonia si introducono nei programmi scolastici esercitazioni militari e corsi di pronto soccorso, in Lituania si prevede di istruire i ragazzini a costruire e pilotare droni.

E’ di pochi giorni fa la notizia che il ministro tedesco dell’Interno ha proposto negli ultimi anni delle Superiori due ore alla settimana di preparazione a situazioni di emergenza, compresa una possibile guerra. 1

Noi, con la solita retorica ed un pizzico di ipocrisia abbiamo preso la cosa un po’ alla larga, limitandoci a indirizzare i ragazzi che devono svolgere le ore di Formazione Scuola-Lavoro (ex Alternanza Scuola-lavoro) a stages, di cui si sottolinea la valenza educativa, in caserme, o in fabbriche che producono armi, mentre si firmano protocolli con l’Aeronautica militare in aeroporti che sono anche basi Nato, quando la vicinanza sul territorio favorisce questa opportunità.2

L’incalzare degli eventi, le incognite degli scenari geo-politici impongono, però, ben altro e la scuola deve fare la sua parte, tanto più che è un macchinario fondamentale nella fabbrica del consenso. Così, la diserzione non è consentita, come sottolinea la recente vicenda di un corso di formazione antimilitarista organizzato da un centro studi indipendente che il MIM ha cancellato dal portale Sofia che accredita gli interventi formativi, consentendo la partecipazione ai docenti anche in orario di servizio e riconoscendone la validità come ore di aggiornamento,3 ore che sono un obbligo contrattuale.

La censura ministeriale va letta come un segnale preoccupante sia sul versante dell’attacco alla libertà di insegnamento, sia su quello di un progressivo adeguamento delle istituzioni scolastiche a quel clima bellico che l’U.E. sta artatamente creando in Europa, a supporto degli aiuti militari all’Ucraina e al piano di riarmo europeo che dirotterà, con gran soddisfazione di pochi e pesanti conseguenze per un intero continente, giganteschi investimenti da scuola, sanità e servizi all’industria delle armi. Un boccone amaro da mandare giù per la maggioranza delle persone, a meno che non si riesca a creare una tale paura nei confronti di un’inesistente minaccia russa sull’Europa, da giustificare la corsa agli armamenti in cui la Germania (e già solo questo dovrebbe fare correre un brivido lungo la schiena di chiunque) intende essere capofila.

Insomma, si spera di ripetere il copione che tre anni fa aveva riscosso un più che discreto successo: se non ti vaccini ti ammali e muori oppure fai morire; dopo essersi raffreddato nel condizionatore di draghesca memoria si è riciclato nella variante se non ti armi ti colpiscono e muori oppure fai morire.

I registi, però, faticano a ritrovare quella disponibilità, quel pronto coinvolgimento rilevati durante la pandemia, un po’ perché è difficile mantenere la tensione allo stesso livello per un tempo prolungato, un po’ perché la maggioranza degli Italiani stenta a vedere nei Russi l’incarnazione del nuovo virus e invece di cantare dai balconi che tutto andrà bene temono, fra le quattro pareti di appartamenti sempre meno riscaldati, che fra sanzioni, aumento vertiginoso dei costi dell’energia, recessione economica e focolai di guerra ovunque tutto stia andando a rotoli.

Si rende necessario, pertanto, creare le basi psicologiche per riallineare i reticenti e i renitenti che questa volta sembrano numerosi, se non altro per stanchezza o sfiducia nei confronti di una classe politica percepita ormai come autoreferenziale e votata soprattutto alla propria sopravvivenza.

La scuola può giocare un ruolo non trascurabile nell’addestramento alla nuova emergenza bellica, tanto più che se davvero i sinistri apprendisti stregoni europei riusciranno a portare il continente nel baratro senza ritorno della guerra, saranno i giovani i primi a essere arruolati, fra gli entusiastici peana dei giornalisti al riparo delle loro scrivanie e le melense orazioni dei politici in difesa della democrazia minacciata, dopo che è agonizzante già da un bel pezzo.

E’ prevedibile che nel prossimo futuro le iniziative di preparazione a uno stato di emergenza entrino pure nelle scuole italiane, anche sotto la forma apparentemente innocua di giochi di ruolo per sviluppare le soft skills. E’ già avvenuto in alcuni Istituti, senza che i Consigli di classe fossero al corrente del contenuto dell’attività proposta da un ente esterno nell’ambito delle ore di Orientamento, rese obbligatorie in congruo numero dal Ministero.

E’ ipotizzabile che queste iniziative subiscano una brusca accelerazione, seguendo i dettami dell’agenda geo-politica. Occorre pertanto essere preparati e mettere in atto forme di resistenza produttive e fattibili. La disobbedienza civile, se praticata a livello di massa, può dare risultati ben altrimenti efficaci rispetto agli scioperi che rischiano oggi, a mio giudizio, di configurarsi come eventi presto assorbiti nel tritacarne della chiacchiera mediatica o di restare semplici testimonianze morali. Il rifiuto dei Collegi docenti e dei Consigli di classe di approvare iniziative di formazione, anche psicologica, a un’eventualità bellica può avere un impatto ben più capillare, può contribuire in modo significativo a mettere una discreta manciata di sassolini nell’ingranaggio della propaganda militarista.

Naturalmente, la messa in atto di una disobbedienza civile incisiva, vale a dire maggioritaria all’interno delle scuole, richiede la costruzione, anche attraverso iniziative autoorganizzate, di una consapevolezza corrispondente all’entità della posta in gioco. Potrebbe essere l’occasione per gli insegnanti di ritrovare un proprio spazio autonomo di pensiero e di azione, nonché un’ autentica funzione educativa dopo anni di silenzio-assenso alle politiche di aziendalizzazione dell’istituzione scolastica e di svilimento del proprio profilo professionale. Dopo avere acconsentito, con l’Alternanza scuola-lavoro, a fornire manodopera non pagata alle imprese, dopo avere spalancato le porte delle aule a decine e decine di enti di svariata natura che le hanno invase con i loro operatori dalle fumose competenze, fagocitando il tempo dedicato all’acquisizione di abilità fondamentali e ai saperi disciplinari, dopo avere accettato la gestione manageriale degli istituti scolastici, trasformarsi in reclutatori del prossimo esercito europeo a guida tedesca sarebbe comunque un passaggio irreparabile.


Note
1https://it.euronews.com/my-europe/2025/05/01/difesa-a-scuola-la-polonia-addestra-gli-studenti-a-partire-da-14-anni-per-prepararli-ai-c ; https://osservatorionomilscuola.com/2025/08/19/lituania-educare-bambini-intelligenza-artificiale-fini-guerra/
2https://www.tecnicadellascuola.it/i-molteplici-progetti-di-pcto-nelle-forze-armate-la-guerra-come-mestiere; https://scuola.usb.it/leggi-notizia/a-sigonella-lalternanza-scuola-lavoro-diventa-scuola-di-guer
3https://osservatorionomilscuola.com/2025/10/31/evento-annullato-convegno-4-novembre-scuola-non-si-arruola-mim/ ; https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/31644-fernanda-mazzoli-preparazione-alla-guerra-formazione-alla-pace.html
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