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Baricco e gli altri

di Tiziano Tussi

Sul sito de la Repubblica si possono trovare sia un articolo scritto da Alessandro Baricco e un elenco di reazioni a quanto da lui elaborato su una questione che si può riassume, grazie appunto a Baricco, in un solo termine: Gaza.

Il pensiero guida centrale del suo dire, che ha procurato molto scalpore e reazioni da parte di un gruppo di intellettuali, intervenuti nella questione sollevata da Baricco, e che il quotidiano la Repubblica ha elencato sul suo sito, è che i ragazzi che sono scesi in piazza per Gaza hanno dato un addio al Novecento, secolo oramai stantio e pregno di tragedie e disperazione. Il loro muoversi, dice Baricco, dimostra la lontananza da quel secolo e la divisione tra Novecento e Duemila sta in una insanabile rottura che i giovani hanno costruito e con le loro manifestazioni l'hanno resa evidente. Una lontananza che si coglie con il loro stare sulla "falda" che divide quel secolo dall'attuale. Tutto il marciume accumulato nel primo e una bellezza contemporanea ma, soprattutto, nel futuro in questo attuale.

Certo è che la guerra in Ucraina e quella tra "Hamas e Israele" sono la zampata finale del secolo morente. Sono rimasugli del Novecento che fanno fatica a scomparire del tutto lasciando sul terreno, soprattutto Gaza, così come è ora, che nella sua enormità illustra il nuovo secolo, quello per cui si deve dimostrare e pretendere che in futuro non si sia più una tragedia novecentesca così come "il culto dei confini, la centralità delle armi, e degli eserciti, la religione del nazionalismo" impongono.

Tutto la propensione verso una luce futura è veicolata dalla rete e dalle sue macchine: "Della cosiddetta rivoluzione digitale [ ] sarebbe sciocco non ammettere che…ha fatto saltare i bunker strutturali e culturali su cui il Novecento aveva potuto edificare il proprio disastro". E inizia qui tutto un panegirico sulla rete: "un mondo immensamente più liquido, più trasparente …. muri e confini perdono di consistenza…abbiamo liberato tutte le informazioni e le opinioni…abbiamo impedito alle idee di sclerotizzarsi o di assurgere a miti…e abbiamo reso più impervio il dominio da parte di qualsiasi élite." Gaza perciò resta a indicare un "gorgo primitivo" che vorrebbe riportarci indietro. Ma noi non lo vogliamo: "Chi poteva capirlo meglio che dei ragazzini?"

A questo punto mi sia permessa una digressione. Il titolo di un libro di Elsa Morante, Il mondo salvato dai ragazzini, prima edizione 1968, individua uno scontro tra chi sa e chi fa, un contrasto tra gli F.P. (felici pochi) e gli I.M. (infelici molti). I ragazzini sono allora la vera rivoluzione. Ma attenzione, una rivoluzione calata nel contrasto storico e sociale, non avulsi così come immagina Baricco, che attraverso il treno, a velocità folle, del digitale si inventa un'uscita dalla storia e dalla società del Novecento, ma in definitiva da qualsiasi altro momento storico. Dove si vada a parare? A cosa serve?

Un gruppo di intellettuali, scrittori e docenti ha risposto, a quanto elaborato da Baricco, con diverse sfumature.

Anche a Michele Serra non è piaciuto il taglio dell'intervento e nel suo gigionesco aggirarsi tra le carte ci ricorda in ogni caso che ben poco sanno i nati digitali di quello che si agita sotto le coperte del capitalismo della rete. Mentre "all'opposto il più cretino della famiglia Krupp, anche se faceva affari con Hitler, sapeva chi era...". Che cosa possono sapere i seguaci di ogni invenzione informatica non pare essere allo stesso livello. " La rivoluzione digitale …non ha nemmeno scalfito i vecchi assetti, e perciò non mi fido del secolo nuovo similmente a quello vecchio."

Stefano Massini ricorda che in ogni caso il testo di Baricco si impigrisce nell'Occidente mediterraneo mentre non dice nulla, nulla sa? Di quello che vive al di là del nostro lago di casa. Cina, India, Russia, Indonesia, e altro, vivono vite che non vengono mai ricordate. Baricco in ogni caso ci dice che non sa molto neppure degli Stati Uniti d'America che non sono contemplati nel suo discorso. Corrado Augias testimonia con la sua età - 90 anni - il passato ed il presente e invita ad aver fiducia in un futuro che non

vedrà presente. Ed ecco allora che il suo ribadire racchiude nel suo corpo e nella sua mente proprio i due momenti che Baricco vorrebbe divisi. Ma in ultima analisi nulla è così significativo, nulla lascia un segno storico ben piantato nel terreno umano.

Michela Marzano insegue invece i giovani della sua università. Nulla di significativo. Si mette al loro servizio e cerca di stare loro dietro, con le loro nuove tecnologie sempre pronte alle quali anche lei vuole ricorrere, per sentirsi parte del nuovo mondo, il nostro secolo, che vive ora, sempre più loro, dei giovani. E dice che il suo insegnamento è cambiato nel tempo. Una domanda, perché allora insegnare se la liquidità, che Baricco esalta, ha toccato tutto e scongelato ogni cosa?

Umberto Galimberti propone una lettura secca e rigida delle novità tecnologiche. La tecnica ha come obiettivo quello di funzionare, non ha ideologia e non la vuole. Se il nostro è un mondo tecnico noi dobbiamo solo usarlo, almeno fin quando possiamo. "La tecnica …usa…fino all'usura la natura." E così si consumano vite e saperi. Ma tant'è. Ricorda anche Gunther Anders, marito di Hannah Arendt che cita: "Alla Ford - dice un operaio - io sono il pastore delle macchine …la guida è già passata alla macchina." Altro inciso: intervista a Heidegger, 1966: "Non c'è bisogno della bomba atomica per sradicare l'uomo dalla Terra. Lo sradicamento dell'uomo è già fatto. Tutto ciò che resta è una situazione puramente tecnica." Intervista a Johan Chapoutot, storico francese. Ha una visione tutta differente da Baricco. Per lui, che di mestiere fa lo storico, stiamo ritornando al 1800. Anche lui pensa che oramai siamo di fronte alla consunzione dell'uomo "un imperialismo minerario" - "Tutta la storia di Internet è una storia legata alla violenza e al dominio. Infatti, la rete nasce come rete militare. E al di là delle facili infiammazioni per l'anarchia della rete, ora siamo di fronte a padroni digitali che accumulano ricchezze così come il resto del pianeta non fa, arrancando con fame e stragi. Lo storico francese ci dice che occorrerebbe più moderazione nell'uso degli strumenti informatici e al limite a un loro spegnimento quando non servono.

Una parola finale, in questa carrellata, allo storico inglese Donald Sassoon. Ci riporta sulla via della storia e ci ricorda che sempre l'umanità si è adattata alle sue rivoluzioni - la stampa, ad esempio. Non vi deve essere una esaltazione incomparabile per quello che c'è adesso. Dobbiamo seguire le cose che accadono senza pensare o proporre interpretazioni fantastiche di quello che sarà. Le previsioni nella storia sono sempre state o ardue o errate: "La storia è fluida non si può prevedere" Ogni paese produce senso storico e rimonta storicamente come può e come riesce a fare con le sue capacità, le sue possibilità.

Si deduce, da tanto scrivere, volendolo fare, senza pensare alle reprimende di Baricco, che mettere la prerogativa assoluta alla novità della rete, nelle sue innumerevoli manifestazioni, sia perlomeno poco fondato. Ogni passo dell'umanità ha prodotto novità, ogni secolo è figlio e padre di quello che gli sta alle spalle e di quello che seguirà. Ogni passaggio temporale dimostra versioni e organizzazione di vita che debbono essere contestualizzate. Che brutta parola in fronte, alla faccia, della liquidità della digitalizzatone: contesto. Ma senza questo vecchio, novecentesco, modo di ragionare siamo solo su un terreno, che può anche essere utile e dirci qualcosa o qualcosa ai più o meglio, ma che esula dalla realtà fattuale nella quale, anche non volendolo, ci troviamo a vivere.

Fatta la tara di questo contrasto ci resta solo la fantascienza. Un approccio che ci può ben servire per capire dove va questo mondo, ma che in definitiva non riesce a togliersi da dosso lo spettro che la caratterizza, appunto la fantasia. Mente è la scienza che dovrebbe guidarci. Ma qui si riapre il discorso: chi decide la direzione della scienza? Chi decide quale ricerca scientifica praticare? E perché? Chi decide cosa sia meglio e perché un indirizzo di ricerca scientifica al posto di un altro? E guarda cosa torna in gioco. Almeno al vecchio sistema dell'interpretazione che andava tanto di moda nel Novecento, e ancora prima nell'Ottocento e nel Settecento, almeno stando al lavoro di scavo e di analisi che hanno compiuto intellettuali e rivoluzionari di questi ultimi tre secoli. Con buona pace di Baricco e della sua rete. Si deve ritornare in pista, nel raffronto critico-dialettico per cercare di giungere a risoluzioni utili per gli uomini, per la maggior parte di loro. Altro non c'è.

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Comments

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Alfred
Sunday, 26 October 2025 15:37
Mon dieu!!!
Questo signore pensa davvero che alla storia interessi la nostra suddivisione in decadi o centinaia di anni?
Come se il 900 fosse una persona o una sua fase di sviluppo o di malattia e l'anno mille (quello che noi conteggiamo come tale, ma non e' detto che sua lo stesso per arabi, indiani o cinesi o) sia uno spartiacque.
Proporrei di aggiustare il cognome, da Baricco a Barocco.
Cosa non si darebbe per un fronzolo che maschera il nulla, cio' che non esiste, ma vuoi mettere che bella figura quel fiocco .. con quanta cura e' cesellato.
Mi piacerebbe leggere cosa ne pensa varoufakis e il suo tecnofeudalesimo che forse non e' neanche piu un retrocedere all'1800, ma a qualche periodo precedente.
Se proprio il barocco non sa da dove partire per disegnare il prossimo fiocco sulla cornice barocca puo' meditare sulle magnifiche sorti e progressive dei dati di noi tecnoschiavi che alimentiamo il tecnofeudalesimo. Non so se varoufakis ha ragione e per me non e' un assioma, ma almeno ragiona sulla realta', non infiocchetta i secoli
https://m.youtube.com/watch?v=x0DNudeash8&pp=0gcJCQYKAYcqIYzv
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