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Il nuovo antisemitismo come verità di Stato

di Alessandro Somma

Il prossimo numero de La fionda, il secondo del 2025 in uscita per fine anno e intitolato “La Terra promiscua. Israele, il Medioriente e la tragedia senza fine della Palestina”, conterrà una intervista-dialogo di Diego Melegari con Valentina Pisanty[1]. Lì si ricostruisce l’operazione messa in campo dalla destra israeliana per equiparare l’antisionismo all’antisemitismo, ovvero per considerare la critica alla costruzione di Israele come Stato a fondamento etnico e religioso alla stessa stregua delle ostilità nei confronti degli ebrei. Si racconta poi di come la riduzione dell’identità ebraica all’identità sionista abbia portato a innovare la nozione di antisemitismo: non è più quello di matrice ottocentesca alimentato dai cliché antiebraici e dalla volontà di colpire gli ebrei in quanto tali, bensì quello che mira a condannare le critiche a Israele in quanto ebreo collettivo[2].

L’intervista documenta come il tutto abbia trovato una sintesi nella “definizione operativa” di nuovo antisemitismo formulata dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto (International Holocaust Remembrance Alliance): organizzazione intergovernativa che comprende 35 Stati membri e 8 Stati osservatori[3]. Per questa definizione “l’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio per gli ebrei”, mentre “manifestazioni di antisemitismo verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il culto”. Con la precisazione che “le manifestazioni possono avere come obiettivo lo Stato di Israele perché concepito come una collettività ebraica”[4].

Come si vede, si tratta di una definizione molto ampia e soprattutto ambigua, che in tempi di genocidio dei palestinesi ben può includere qualsiasi opinione del tutto priva di sfumature antisemite, bensì semplicemente volta a denunciare e condannare i crimini di Israele, di chi contribuisce a commetterli o semplicemente non si adopera per contrastarli.

Questa situazione è del resto presa in considerazione dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto negli esempi che vengono portati per meglio chiarire il tenore della definizione di antisemitismo. È infatti ritenuto tale “negare agli ebrei il diritto dell’autodeterminazione, per esempio sostenendo che l’esistenza dello Stato di Israele è una espressione di razzismo”, quindi anche denunciare Israele come Stato fondato sull’apartheid ai danni dei palestinesi. Lo stesso vale per chi applica “due pesi e due misure nei confronti di Israele richiedendo un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro Stato democratico”, e questo potrebbe portare a sanzionare chi mette in dubbio che Israele sia uno Stato democratico o che sia avviato a divenire una teocrazia. Antisemita è poi chi opera “paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei nazisti”: quindi chi sottolinea le similitudini, sul piano della volontà di annientamento di un gruppo umano, tra il genocidio dei palestinesi e quello degli ebrei[5]. Chi, insomma, mette in discussione il mito della incomparabilità dell’Olocausto sul piano scientifico[6].

La definizione di antisemitismo promossa dall’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto è stata fatta propria dal Parlamento europeo, che ha invitato i Paesi membri dell’Unione ad adottarla e applicarla[7]. Di qui il recente disegno di legge d’iniziativa del forzista Gasparri, intitolato “Disposizioni per il contrasto all’antisemitismo e per l’adozione della definizione operativa di antisemitismo”[8], attualmente in corso di esame presso la Commissione affari costituzionali in sede referente: per preparare la discussione dell’articolato in assemblea.

Il testo, dopo aver ripreso pressoché alla lettera la definizione dell’Alleanza, impegna “le istituzioni della Repubblica” ad adottare “misure per la prevenzione e la repressione delle manifestazioni di antisemitismo” (art. 1): tra queste la promozione di “corsi di formazione iniziale e progetti di formazione continua destinati ai militari, ai magistrati, al personale della carriera prefettizia, alle forze di polizia, ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado e ai docenti e ricercatori universitari… dedicati allo studio della cultura ebraica e israeliana e all’analisi di casi di antisemitismo”. Il tutto accompagnato dalla redazione di una “Guida pratica di lotta contro l’antisemitismo contenente informazioni sulla legislazione vigente, indicazioni operative, modelli di verbali di denuncia e criteri per la definizione degli elementi costitutivi dei reati e delle circostanze aggravanti connesse a motivi di antisemitismo” (art. 2).

Come si vede, siamo oltre la repressione della critica a Israele e quindi alla profanazione del “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (art. 21 Cost.). Qui si mira anche e soprattutto a costruire una verità di Stato, ovvero a indicare ciò che può essere rappresentato nel discorso pubblico senza incorrere nello stigma dell’antisemitismo: a distinguere tra i temi e gli argomenti che possono essere fatti oggetto di dibattito e riflessione e i temi e gli argomenti da colpire invece con la censura di Stato.

Soprattutto, si vuole che ciò sia fedelmente trasmesso a chi è chiamato a reprime coloro i quali non si attengono alle indicazioni, così come a chi ha il compito di formare con riferimento a tutti i livelli di istruzione. Con ciò violando un’altra previsione costituzionale: quella, ritenuta persino più ampia e protettiva della garanzia della libertà di manifestazione del pensiero, per cui “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” (art. 33 Cost.).

Ma non è finita qui. Il disegno di legge Gasparri realizza anche una confusione tra i ruoli appena richiamati, dal momento che affida a chi ha il compito di formare anche il compito di reprimere. Un regolamento dovrà infatti definire “le misure volte alla prevenzione e alla tempestiva segnalazione di atti a carattere razzista o antisemita nell’ambito scolastico e universitario”. E si tratta qui di veri e propri doveri, la cui violazione è colpita da sanzioni disciplinari, che nel caso del personale scolastico possono giungere sino alla destituzione (art. 3). Il tutto mentre da ultimo il Ministero dell’università e della ricerca ha appena rivolto alla Conferenza dei rettori delle università italiane un invito neppure troppo velato a sintonizzarsi con la deriva trumpiana in materia di manifestazioni studentesche di solidarietà con la Palestina: occorre assicurare il diritto “di tutte le studentesse e gli studenti a proseguire regolarmente le proprie attività di studio accedendo liberamente agli spazi universitari”[9].

Con una aggravante. Ultimamente i vertici delle università italiane mettono in risalto alcune azioni a favore di alcuni docenti palestinesi e delle loro famiglie, o direttamente di alcuni palestinesi vittime degli istinti genocidi di Israele. Quegli stessi vertici evitano però di mettere in discussione i loro legami con Israele, inclusi quelli direttamente o indirettamente connessi con la produzione delle armi utilizzate dall’esercito e dai coloni israeliani contro i palestinesi. Il disegno di legge Gasparri sembra concepito ad arte per tutelare questa messa in scena, ovvero per colpire chi la denuncia: chi mostra come qualche isolato atto di solidarietà, se non viene accompagnato dalla messa in discussione del contesto in cui si cala, non può certo mettere in ombra una sostanziale complicità nel genocidio.

Poteva infine mancare un riferimento al diritto penale, vera e propria ossessione di questa destra convinta di poter risolvere tutto con il carcere? Il disegno di legge Gasparri completa la disposizione del Codice penale che, in materia di “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa”, punisce gli autori con la reclusione da due a sei anni se la propaganda o l’istigazione “si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio” (art. 604bis). Ebbene, si propone ora di colpire con la stessa sanzione anche chi nega “il diritto all’esistenza dello Stato di Israele” (art. 4).

Come si vede, la formula è estremamente vaga e costituisce pertanto riscontro di una ennesima violazione di principi costituzionali, ora di un corollario del principio di legalità (art. 25 Cost.): il principio di tassatività, per il quale il legislatore deve formulare le norme penali in modo tale che sia possibile orientare di conseguenza il proprio comportamento, e che siano ristretti i margini di discrezionalità nel valutarlo. Ricaviamo da qui l’ennesimo riscontro del senso di questo disegno di legge, da ritenersi in tutto e per tutto un prodotto del clima che sta circondando il genocidio dei palestinesi. Non si tratta qui di colpire l’antisemitismo, che ovviamente è opportuno e sacrosanto, bensì di colpire la critica a Israele e la solidarietà con i palestinesi. Sulla pelle degli ebrei, tra i quali pure si levano critiche feroci a Israele, utilizzati per sciacquare la coscienza dei governi occidentali complici nel genocidio.


Note
[1] Autrice di Antisemita, una parola in ostaggio, Milano, 2025.
[2] “Dove il conflitto può essere aperto e dichiarato”. Contro il sequestro del discorso su antisemitismo e antisionismo, intervista a Valentina Pisanty a cura di Diego Melegari, in corso di pubblicazione in La Fionda, 2025, n. 2.
[3] Leggili qui: https://holocaustremembrance.com/who-we-are/member-countries.
[4] Cfr. https://holocaustremembrance.com/resources/la-definizione-di-antisemitismo-dellalleanza-internazionale-per-la-memoria-dellolocausto.
[5] Ibidem.
[6] Anche su questo aspetto ci concentreremo sul prossimo numero de la fionda: cfr. A. Somma, La complicità con Israele come ragion di Stato. I tedeschi, l’Olocausto e il genocidio.
[7] Risoluzione del Parlamento europeo del 1. giugno 2017 sulla lotta contro l’antisemitismo, P8_TA(2017)0243.
[8] Atto Senato n. 1627 del 6 agosto 2025.
[9] V. la comunicazione a firma di Marco Mancini del 10 ottobre 2025, pubblicata qui: www.roars.it/mancini-ai-rettori-mettete-in-riga-gli-studenti.
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