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Manifestare per Gaza significa

di Francesco Piccioni

Ai reazionari – dichiarati o camuffati – che in questi giorni fanno finta di chiedere “ma perché protestate per Gaza?” (sottinteso spesso urlato: “andate a lavorare!”) si può facilmente rispondere, e asfaltarli, mettendo in fila un po’ di notizie che in questi giorni di mobilitazione continua forse sono passate un po’ inosservate.

Prima notizia.

Nella vicinissima Grecia, che tanto ci somiglia da aver fatto coniare il detto “una faccia, una razza”, sono cominciati gli scioperi contro la nuova legge sul lavoro che il governo Mitsotakis sta cercando di far approvare dal Parlamento.

Non stupisce che si protesti. Il testo prevede – per i lavoratori che hanno un solo padrone, di innalzare l’orario di lavoro fino a 13 ore al giorno, per un massimo di 37 giorni all’anno, con l’unica limitazione formale (facilmente aggirabile, come sappiamo da sempre qui in Italia) che il lavoratore sia d’accordo e riceva un aumento del 40% della retribuzione.

Respirate un attimo, perché non è finita qui. Si prevede anche di innalzare l’età pensionabile a 74 anni, l’introduzione della settimana lavorativa di sei giorni, i licenziamenti senza preavviso nel primo anno di contratto, un periodo di prova fino a sei mesi, nonché sanzioni fino a 5.000 euro o sei mesi di carcere per chi blocca il lavoro altrui durante uno sciopero.

In pratica: lavorare sempre (se riesci a trovare un lavoro), fino alla morte (è davvero improbabile che lavorando 13 ore al giorno di possa arrivare a 74 anni), senza protestare mai se no finisci in galera.

Democratico, no? Il governo Mitsotakis è di destra, “europeista”, piuttosto simile a quello di Giorgia Meloni per derivazione storica (il regime dei colonnelli, in Grecia) e approdo contemporaneo (obbedienza ai diktat europei, senza se e senza ma).

Seconda notizia.

A livello europeo l‘aumento dei prezzi dei generi alimentari dal 2019 al 2025 è arrivato a superare il 39%. In qualche modo ce ne siamo accorti tutti, e naturalmente se n’è accorto in primo luogo chi ha il reddito più basso, perché la spesa alimentare è la sua uscita principale.

La cosa che non tutti possono sapere è però la ragione sottostante a molti di questi aumenti. In pratica molti prezzi dei generi alimentari vengono determinate dalle quotazioni in “borse finanziarie private” – quello del burro, per esempio, dipende dall’European Energy Exchange, con sede in Germania, a Lipsia, di proprietà di Deutsche Börse Group – in base a futures.

Ossia in base a scommesse sull’andamento futuro dei prezzi. E siccome gli “investitori” – così come il “banco” – non amano le perdite, i prezzi sono in costante ascesa. Tanto le popolazioni possono rinunciare a cambiare la macchina, o fare vacanze più brevi, ma di certo non possono rinunciare a mangiare.

Fino a un certo punto, perché poi i dati ci dicono che i consumi alimentari si sono ridotti nell’ultimo anno di oltre il 2% (pesce fresco -14%, carne bovina -11%, frutta fresca -8%, ortaggi freschi -5%, ecc).

Terza notizia, di dominio pubblico

Il programma di riarmo europeo implica necessariamente un taglio deciso e drammatico nella spesa sociale (welfare, sanità, istruzione, pensioni, ecc). L’Unione Europea ne è così consapevole da aver rispolverato un volgare trucco contabile per cercare di non far notare la svolta drastica del “modello sociale europeo”: le spese per il riarmo non verranno computate ai fini del “patto di stabilità”, ossia resteranno “invisibili” ai criteri dell’austerità UE.

Ma quello che si può fare sulla carta in genere non si può fare nella realtà. Se un’economia (continentale o nazionale, non cambia nulla) viene investita da flussi di investimento molto rilevanti in alcuni settori (il militare, in questo caso) necessariamente deve “adeguarsi” e modificare tutta la struttura delle relazioni economiche.

Il riarmo europeo insomma non è una scelta a costo zero. È un’opzione politica precisa che, in assenza di un aumento generale della tassazione o di una crescita miracolosa, si tradurrà inevitabilmente in una riduzione delle risorse per lo stato sociale, la “transizione verde” e la coesione sociale nei prossimi anni. Tant’è vero che i fondi comunitari per il riarmo non sono “nuovi”, ma vengono dirottati da altre voci di bilancio, in primo luogo dai “fondi di coesione sociale”.

Mettendo insieme le tre notizie – oltre a innumerevoli altre, ma queste già bastano – possiamo individuare una tendenza chiara: la logica di guerra è ormai dominante nei vertici occidentali.

Ed è una logica che non prevede limiti “umanitari”. Lo fa vedere Trump che manda la Guardia Nazionale a dare la caccia agli immigrati nelle città statunitensi (e ovviamente, “per fare presto”, si individua l’immigrato dal colore della pelle, prima che dai documenti). Lo hanno fatto vedere i nostri governanti a Cutro, e in genere nel Mediterraneo (hanno subappaltato agli Almasri il “lavoro sporco”), ma anche continuando ad armare Israele.

Lo fa vedere nelle sue forme più feroci proprio Israele, che pratica da due anni un genocidio in diretta tv con la pensosa approvazione dei regimi dell’Occidente neo liberista.

Unendo i puntini la figura diventa esplicita.

E dunque manifestare per Gaza, contro il genocidio, significa immediatamente anche lottare contro la politica del riarmo che porta in tempi rapidi alla guerra.

Manifestare per Gaza significa dire “non vogliamo fare la stessa fine, non vogliamo subire la stessa fame provocata, non vogliamo più stare in silenzio, vogliamo vivere con salari adeguati in modo dignitoso, libero perché consapevole, vogliamo decidere della direzione di marcia, e siamo noi i soli e veri ‘difensori dei diritti umani’ perché il primo di questi diritti è quello alla vita”.

Significa implicitamente lottare per cambiare completamente l’angolo di mondo in cui viviamo, rovesciare totalmente il mantra liberista-thatcheriano “non esiste la società, esistono solo individui in competizione tra loro”. Perché quel “pensiero” contiene il germe del suprematismo e quindi anche del genocidio.

Significa non voler lavorare tutto il giorno, per tutta la vita e fino alla morte per due soldi in croce che ti vengono subito sottratti da prezzi decisi da invisibili speculatori finanziari.

Significa “giù le armi e su i salari”, l’esatto contrario del programma padronale europeo.

E va da sé che una struttura “sociale” invece che “individualista” è tendenzialmente una struttura “socialista”.

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