Non ci caschiamo
di Fabrizio Marchi
A Gaza (ma anche in Cisgiordania) proseguono senza sosta il genocidio e la pulizia etnica del popolo palestinese da parte dello stato (e non solo dell’attuale governo) terrorista, razzista e nazifascista israeliano ma il sistema mediatico e il governo Meloni fingono di scandalizzarsi per qualche tafferuglio e qualche vetrina infranta da parte dei soliti (noti) scemi durante una manifestazione. Circa 500.000 persone sono scese in piazza in tutto il paese in 81 città per protestare vigorosamente ma pacificamente contro questa spaventosa carneficina, ma i TG e i vari talk show non fanno altro che parlare di queste scaramucce (sia detto tra parentesi, quanto successo ieri a Milano avviene nei pressi degli stadi una domenica sì e l’altra pure ma non solleva certo un simile can can mediatico…) fra alcuni dimostranti e la polizia.
Ora, se avessero tentato di assalire il consolato israeliano (cioè quello di uno stato razzista, nazista e genocida) non avrei avuto molto da ridire, devo essere onesto. Personalmente penso che non è tirando sassi e bottiglie che si risolvono le questioni, ovviamente, perché la politica è una vicenda decisamente più complessa. Però se non vogliamo essere ipocriti oppure ragionare da anime belle (che è comunque meglio che essere ipocriti) sappiamo perfettamente che esiste violenza e violenza. La violenza agita da parte di chi, come oggi i palestinesi, combatte contro un regime oppressivo o contro uno stato imperialista e razzista che occupa la propria terra e il proprio popolo non può essere messa sullo stesso piano della violenza agita da quel regime o da quello stato imperialista e razzista. Gli esempi potrebbero ovviamente moltiplicarsi, ma credo non ci sia bisogno di aggiungerne altri.
Alla luce di ciò, porre o tentare di porre in essere un’azione con un margine di violenza accettabile (e quindi non contro le persone fisiche) come tirare dei sassi o danneggiare il portone o la vetrina di un ufficio di rappresentanza di uno stato razzista e genocida e magari per questo farsi anche caricare dalla polizia, acquisterebbe un significato politico oltre che simbolico difficilmente contestabile. Prendersela invece con le vetrine dei negozi o della stazione di Milano o tirare un petardo o un fumogeno contro un agente di polizia tanto per il piacere di fare casino e magari così sentirsi dei rivoluzionari è solo da scemi. Questi ultimi, sia chiaro, non sono certo una novità; fanno la loro comparsa puntualmente e se non la fanno “qualcuno” provvede a che la facciano. Del resto, gli utili idioti – come i provocatori e gli infiltrati – sono sempre necessari ai padroni del vapore. Servono a spostare il focus dalle questioni reali – in questo caso dal vergognoso sterminio in corso in Palestina – alle fesserie. Gli scemi servono proprio e solo a questo. Ci voleva, appunto, una fesseria per tentare di offuscare mediaticamente la grande mobilitazione di ieri. Una mobilitazione peraltro, e non è cosa da poco, organizzata da un sindacato di base, la USB, che ha avuto l’intelligenza e anche il coraggio di indire uno sciopero politico (non ricordo da quanto tempo ciò non accadesse) e manifestazioni in tutto il paese che sono andate ben oltre (direi infinitamente oltre) le sue dimensioni. In altre occasioni l’abbiamo criticata, in questa, per onestà intellettuale, non possiamo che riconoscerne il merito. Dispiace solo che questa sensibilità e questa volontà di lotta dimostrata da parte di tanta gente nei confronti del popolo palestinese non si riproponga quando si tratta delle grandi questioni sociali e del lavoro che pure la riguardano ancor più da vicino; ma questo è un altro discorso vieppiù complesso che rimando ad altro momento.
Il governo Meloni è in evidente difficoltà davanti agli occhi della maggior parte degli italiani che (lo dicono anche i sondaggi) considera inaccettabile quanto sta accadendo in terra di Palestina. Una complicità, quella del governo italiano, non solo formale e politica – già di per sé gravissima – ma anche sostanziale dal momento che il traffico di armi da parte delle industrie militari italiane con Israele continua indisturbato, naturalmente con l’occhio strizzato dell’UE che finge di sanzionare lo stato sionista ma in realtà né è totalmente succube. Del resto, per la proprietà transitiva, essendo succube degli USA (che a governare siano i dem o Trump non cambia nulla) non può che esserlo anche di Israele (qualche “uccellino birichino”, fra cui quello del sottoscritto, suggerisce che sia il contrario ma, si sa, invertendo l’ordine dei fattori, il risultato non cambia…).
L’Italia è quindi ridotta al “rango” di una semicolonia, è bene dircelo con franchezza. Per la verità, sia chiaro, lo era anche prima con i precedenti governi, però mi pare di poter dire che con la Meloni questa stucchevole sudditanza raggiunga vette ancor più elevate.
Del comportamento a dir poco ipocrita della “sinistra” e di un’ampia parte del mondo liberal – su tutti, la giravolta di “giornaloni” come il Corriere della Sera che ora attacca Netanyahu e il suo governo arrivando a dire (come ha detto Beppe Severgnini ieri sera nel salotto di Lilli Gruber) che quanto sta facendo Israele non è più giustificabile neanche con i fatti del 7 ottobre – ne tratterò in un altro articolo. Per ora rallegriamoci di questa mobilitazione che non deve andare dispersa.