Fai una donazione

Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________

Amount
Print Friendly, PDF & Email

clarissa 

La proiezione militare di Israel

di Gaetano Colonna

In Europa si cammina sul filo del rasoio di uno scontro diretto fra Nato e Russia, che qualcuno a quanto pare vuole assolutamente. Nel frattempo, lo Stato di Israele, sicuro oramai della impunità derivante dall’impotenza delle organizzazioni internazionali e del persistente cieco appoggio da parte degli Stati Uniti d’America, sta quindi sfruttando a fondo il momento favorevole per affermarsi come una forza politico-militare egemone in un’area che va oramai dal Golfo Persico fino al Mediterraneo centrale

Per rendersene conto, basta ricostruire gli avvenimenti svoltisi in circa 72 ore, tra l’8 e il 10 settembre scorsi: un arco di tempo nel quale Israele ha attuato con discreto successo ben sei distinte operazioni militari, alcune della quali proiettate a migliaia di chilometri di distanza.

1) Striscia di Gaza: lunedì 8 settembre, 67 persone vengono uccise e gli ospedali ricevono 320 feriti, tra cui 14 persone, uccise mentre cercavano di procurarsi generi di prima necessità; altre 6 persone – tra cui 2 bambini – muoiono per cause legate alla carestia. Martedì, altre 83 persone vengono uccise e 223 ferite.

Israele continua poi il suo attacco su Gaza City, prendendo di mira grattacieli, distruggendo infrastrutture e costringendo i residenti ad abbandonare le loro case, lasciando molti senza un luogo sicuro in cui rifugiarsi.

Dal suo inizio, le operazioni di guerra di Israele su Gaza hanno ucciso almeno 64.656 persone, tra le quali almeno 404 sono morte di fame. Migliaia di altre persone risultano disperse sotto le macerie e si ritiene siano morte.

2) Libano: sempre lunedì 8, alle 13:00 ora locale, cacciabombardieri israeliani effettuano attacchi nei distretti di Baalbek ed Hermel, nel Libano orientale, uccidendo almeno 5 persone. L’esercito israeliano ha affermato di aver colpito depositi di armi e strutture militari utilizzate da Hezbollah, sebbene l’affermazione non abbia potuto essere verificata da fonti indipendenti.

Gli attacchi rappresentano l’ultima violazione dell’accordo di cessate il fuoco firmato lo scorso novembre. Nonostante la tregua, Israele ha da allora continuato ad attaccare quasi quotidianamente il territorio libanese, in particolare nel sud, mantenendo l’occupazione di 5 avamposti sul confine libanese, violando in tal modo platealmente l’obbligo di ritirarsi previsto dal cessate il fuoco.

Martedì 9, è stato poi segnalato un ulteriore attacco a opera di un drone israeliano all’ingresso del villaggio di Barja, circa 30 km a sud di Beirut.

3) Siria: secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), che ha sede nel Regno Unito, nella tarda notte di lunedì 8 scorso, velivoli israeliani hanno colpito diversi siti in Siria, in particolare una base dell’aeronautica militare siriana a Shinshar, nel distretto di Homs, e un deposito a Saqubin presso Latakia. I residenti hanno segnalato potenti esplosioni a Homs e ambulanze accorse sul posto a Latakia, sebbene non ci siano state sul momento segnalazioni di vittime.

Il Ministero siriano degli Affari Esteri e degli Espatriati ha condannato gli attacchi, definendoli una palese violazione della sua sovranità e una minaccia diretta alla sicurezza nazionale e regionale. I media statali hanno descritto gli attacchi come parte di una serie di aggressive escalation da parte di Israele, per disintegrare la Siria.

Dalla caduta dell’ex presidente Bashar al-Assad, nel dicembre 2024, Israele ha lanciato centinaia di attacchi contro siti e infrastrutture militari in tutta la Siria, senza essere oggetto di alcuna risposta o provocazione da parte siriana. Ha inoltre ampliato la sua presenza sulle alture del Golan occupate, conquistando la zona cuscinetto demilitarizzata, in violazione dell’accordo di disimpegno del 1974 con Damasco.

L’SOHR riferisce a tale proposito che Israele ha già effettuato quasi 100 attacchi solo quest’anno, tra cui 86 raid aerei e 11 attacchi terrestri, distruggendo circa 135 siti e uccidendo 61 persone.

4) Tunisia: lunedì 9 notte, la nave ammiraglia della Global Sumud Flotilla (GSF), la Family Boat, viene colpita da un drone presumibilmente israeliano mentre era attraccata al porto tunisino di Sidi Bou Said, innescando un incendio. L’imbarcazione, lunga 23 metri, battente bandiera portoghese, con a bordo sei componenti del comitato direttivo della flottiglia. Secondo la GSF, l’incendio ha danneggiato il ponte principale e le aree di stoccaggio, ma è stato rapidamente domato dai passeggeri. L’equipaggio e gli attivisti sono salvi.

La Family Boat fa parte di una piccola flotta di oltre 50 imbarcazioni, partita il 31 agosto 2025, con a bordo i rappresentanti di almeno 44 nazioni, che intendono sfidare il blocco israeliano di Gaza, prima di unirsi ad altre navi appunto nel porto di Sidi Bou Said.

Un secondo attacco avviene nella tarda serata di martedì 9, quando un’altra nave della flottiglia, l’Alma, battente bandiera britannica, viene presa di mira da un drone presumibilmente israeliano, sempre in acque tunisine. Il GSF ha affermato che l’attacco ha causato danni al ponte superiore della nave, sebbene le fiamme siano state domate e non siano state segnalate vittime.

Dal 2010, diverse flottiglie hanno tentato di rompere il blocco di Gaza, ma la maggior parte è stata intercettata o attaccata da Israele in acque internazionali.

In merito a tale episodio è da rilevare che nel pomeriggio del 2 settembre, una settimana prima degli attacchi coi droni alla GSF, tre C-130 Hercules dell’aeronautica militare israeliana, decollati dalla base aerea di Nevatim, in Israele, si sono diretti a ovest: due Lockheed KC-130H e un C-130J. I primi due atterrano in serata nella base aerea Usa di Sigonella, in territorio italiano, da cui ripartono per Israele dopo poco più di tre ore di permanenza a terra. La destinazione del terzo velivolo non è chiara, poiché la sua traccia scompare nei pressi di Malta.

Mentre i C-130 erano a terra, due aerei da sorveglianza elettronica dell’IAF, aviazione militare israeliana, sorvolano intanto il Canale di Sicilia: sono un Gulfstream Nahshon-Shavit e un Gulfstream Nahshon-Eitan. Entrambi orbitano nell’area fino al decollo dei C-130, dopodiché fanno ritorno in Israele.

È piuttosto evidente che si è trattato di una missione collegata all’operazione contro GSF, dato che parte della piccola flotta si andava riunendo anche nei porti civili di Catania e Siracusa, oltre a dirigersi verso la Tunisia provenendo dalla Spagna. È evidente anche che Israele ha utilizzato una base militare su territorio italiano per propri velivoli militari, il che significa che ha ottenuto l’autorizzazione delle autorità politico-militari italiane al sorvolo e all’atterraggio sul nostro territorio.

È questa anche una dimostrazione della capacità di operare di Israele in tutto il Mediterraneo, giungendo a distanze oltre i 2300 km.

5) Yemen: il 10 settembre 2025 Israele effettua una serie di attacchi aerei contro diversi obiettivi tra Sana’a e il governatorato di Al-Jawf, nello Yemen, uccidendo 46 persone e ferendone altre 165.

Aree civili e residenziali sono state attaccate nel quartiere di al-Tahrir a Sana’a; sono state colpite anche alcune abitazioni. Una struttura medica sulla 60a strada, nel sud-ovest della città, è stata bombardata, così come edifici del governo nella capitale del distretto di al-Jawf, al-Hazm, e la sede di due giornali. Anche il Museo Nazionale dello Yemen ha subito danni a causa degli attacchi. Il portavoce militare degli Houthi, Yahya Saree, ha dichiarato che il gruppo ha utilizzato missili terra-aria contro l’incursione israeliana. Israele ha rivendicato di aver attaccato «campi militari in cui sono stati identificati agenti degli Houthi».

In precedenza, come si sa, Israele aveva rivendicato l’uccisione, in un altro attacco aereo, avvenuto il 28 agosto, del primo ministro del governo yemenita, Ahmed al-Rahawi, insieme ad alti esponenti politico-militari che si trovavano con lui, seguendo la tecnica ben collaudata dei cosiddetti targeted killings, “uccisioni mirate”, veri e propri assassinii politici realizzati però con l’impiego di forze armate regolari.

6) Qatar: si tratta dell’episodio mediaticamente più noto della giornata del 9 settembre, quando Israele per la prima volta colpisce il Qatar, a quasi 2.000 km da Israele, nella città di Doha, che ha ospitato diversi round di negoziati tra Hamas, Israele e gli Stati Uniti.

Le forze armate israeliane hanno rivendicato con enfasi di aver centrato un complesso nella zona di West Bay Lagoon, distretto che ospita ambasciate straniere, scuole, asili nido, supermercati e complessi residenziali, che ospitano qatarioti nativi e residenti stranieri: l’attacco è stato motivato dalla presenza in quegli edifici di importanti dirigenti di Hamas, lì presenti per le trattative in corso su di una ipotetica tregua nella Striscia di Gaza.

Si noti che la leadership di Hamas è stata ospitata dal Qatar su richiesta degli Stati Uniti, che hanno anche un centro di comando regionale nella base di Al Udeid, a soli 35 km dal luogo dell’attacco.

Violando la sovranità di un altro Paese arabo, operante come mediatore, in un’area delicata come il Golfo Persico, per di più in prossimità della più importante base militare nordamericana del Medio Oriente, Israele ha inviato un messaggio inequivoco al mondo intero: lo Stato ebraico può colpire come e dove vuole; intende porre fine alle trattative con Hamas; non attribuisce agli Stati Uniti il ruolo di tutore, riservandosi piena libertà di decidere e agire militarmente.

Con queste eloquenti 72 ore di operazioni militari, Israele dimostra di volersi affermare come la potenza militare egemone in un’area che spazia dalla Mezzaluna Fertile al Mediterraneo, e dal Mar Rosso al Golfo Persico.

È questa l’Eretz Israel sionista, fondata sul diritto del più forte. Difronte a essa fanno davvero sorridere gli inconsistenti dibattiti europei sul riconoscimento politico di uno Stato del popolo palestinese: popolo che, fin dal 1948, l’Occidente ha lasciato sopraffare dalla crescente potenza israeliana.

 

 

 

Pin It

Add comment

Submit