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sinistra

Cristo rivoluzionario fra noi

di Salvatore Bravo

Scrivere o parlare di religione, e in specifico, di Cristo significa incontrare l’ostilità di ogni componente ideologica e culturale dalla “destra liberale alla sinistra liberale”. Eguali nell’essere postura del nuovo capitalismo finanziario. La sinistra liberale ormai sovrastruttura del pan-economicismo irride alla religione, in quanto è un “limite” all’individualismo narcisistico, essa difende il mercato, in quanto è l’istituzione che soddisfa ogni desiderio. La destra liberale tollera Cristo e di conseguenza la religione, se svolgono la funzione di contenere con le “opere di misericordia” gli effetti delle disuguaglianze sociali. L’essenziale per la destra economica è il silenzio sul pan-economicismo spietato e mostruoso dei nostri giorni. Destra e sinistra lavorano per la “chiacchiera” e combattono il ”pensiero e ciò che umanizza”. Il chiasso e la chiacchiera come succedaneo del concetto hanno condotto all’abitudine al mostruoso tanto che i più, ormai avvezzi alle logiche della competizione non lo colgono, non lo vivono e sono presi solo dai loro desideri narcisistici. Il “pensiero Alice” e, quindi la fuga dalla realtà domina e regna. Semplicemente c’è, è parte dell’ordinario ritmo dei giorni, in tal modo si diviene parte del “mostruoso”. Tra i due schieramenti politici vi sono i “grigi”, ovvero gli indifferenti dediti solo ai loro interessi e desideri. Gli indifferenti, questo è forse il dato più rilevante, non sono atei. L’ateo si è confrontato col fenomeno religioso, mentre gli indifferenti sono distanti da ogni idea e scelta cristica e religiosa.

Essi sono stati addestrati a consumare i giorni, pertanto passano attraverso la storia senza essere stati toccati dalle grandi domande e dalle immense sofferenze del nostro tempo. Sono i nuovi predatori “minuscoli e grandi”, prendono ciò che è possibile predare, perché non c’è un senso e non c’è una prospettiva. In tale contesto di oblio l’occidente tramonta. Ogni grande civiltà per progettare necessita di riferimenti etici e religiosi per poter dare una forma alla storia. Cristo può essere letto come un simbolo da un hegeliano, o può essere vissuto come il dio incarnato per un cattolico o un cristiano. In entrambi i casi è fonte di valori e criterio di scelta. Il punto centrale, a mio avviso, dell’indifferenza coltivata con leggi e con il catechismo dell’egoismo senza limiti mascherato dalla logica dei soli diritti individuali è la pianificazione distruttiva del significato assiologico del Cristo in croce e della trascendenza. Educare a contemplare le piaghe di Cristo comporta una autentica rivoluzione del cuore e dello sguardo: gli ultimi sono “la carne viva del mondo”. Cristo ha insegnato a porre al centro il dolore degli ultimi e le domande che si elevano dalle loro piaghe hanno insegnato la virtù del dono e del limite. Si aprono scenari che l’immanenza non può capire; la fede è esperienza che sovverte le leggi del “mondo”.

 

Le piaghe della rivoluzione

I valori cristiani hanno educato una intera civiltà, e non pochi rivoluzionari marxisti hanno imparato a discernere il bene dal male tenendo lo sguardo sul Cristo sofferente. Lo hanno rivissuto negli ultimi e nei subalterni, da tali piaghe impresse nell’anima sono germinati i concetti e lo spirito di speranza. Il congedo dalla religione non è mai avvenuto, malgrado le dichiarazioni di ateismo, in quanto la lotta per i diritti sociali ha la fonte viva e silenziosa in quello sguardo e in quell’incontro. Non sono le leggi scientifiche della storia o le ragioni razionali a causare lo scandalo etico, ma quest’ultimo emerge, se vi è la empatica educazione religiosa che con i suoi simboli e le sue storia amplifica la capacità di pensare il mondo, perché ci si lascia toccare da esso. Certamente i percorsi che inducono allo scandalo etico possono essere plurali, ma la religione resta possibilità di ampliamento della sensibilità mediante la facoltà di ascolto del proprio sé e dell’alterità sofferente. Dunque, malgrado le complicità dell’istituzione clericale con il potere, vi è un nucleo vivo e critico, che il capitalismo liberale teme. Cristo e la religione ci insegnano che il presente con la sua tragica immanenza non è tutto, vi sono prospettive nella storia e dimensioni trascendenti da ascoltare e da porre in atto.

 

L’illimitato contro la religione e Cristo

Il capitalismo nell’attuale fase ha il suo fondamento nell’illimitato e in personalità patologiche suddite del mercato, mentre il Cristo è figura etica del limite e con i suoi insegnamenti pone in discussione in modo inequivocabile la ricchezza perché frutto dello sfruttamento. La Bibbia di passo in passo, se non mette in discussione la proprietà, è condanna del ricco che sfrutta il povero, ma condanna anche i potenti e la superbia legata al prestigio sociale. Un esempio per tutti il Magnificat:

“Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri
del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote”.

Lo sguardo del Cristo sofferente che chiede giustizia con alterne modalità e stili scorre lungo il testo biblico. La Chiesa nella storia, malgrado i Santi e i cristiani di fede autentica, ha cercato di calmierare il grido rivoluzionario del Cristo morente. Tutto questo ora tace, quel grido il capitalismo cerca di soffocarlo, perché chiede giustizia, pace e dono di sé e ci invita a un modello economico di condivisione dei bisogni necessari, affinché al centro vi siano le relazioni umane. Cristo insegna che la “pietra scartata dai costruttori è diventata pietra d’angolo”. Gli ultimi ritrovano la loro parola in Cristo, coloro che hanno subito la somma ingiustizia sono il sale che fa lievitare con la giustizia l’umanizzazione della storia ponendo fine alla disumanità della legge del più forte. Il messaggio critico/biblico è incompatibile con il capitalismo e, dunque, si coltiva l’ignoranza nelle giovani generazioni e si esalta un modello di libertà che ha al suo centro la pulsione al dominio e all’accumulo. Guardare il capitalismo anche dallo sguardo di Cristo morente è fondamentale, perché quello sguardo chiede di non morire e invoca la Pasqua per tutti coloro che vivono le ingiustizie del dominio. Nell’ Almanacco socialista del 1899 Camillo Prampolini scriveva:

Ora, come mai – egli si domandava – come mai esistevano nel mondo tante ingiustizie? Come mai gli uomini erano divisi in ricchi e poveri, in padroni e schiavi? Come mai vi erano gli Epuloni viventi nel lusso e i Lazzari tormentati dalla più crudele miseria? Era possibile che Dio – il padre infinitamente giusto e buono – volesse queste inique disuguaglianze fra i figli suoi? No. Evidentemente queste disuguaglianze derivano solo dall’ignoranza e dalla malvagità degli uomini. Dio non poteva volerle. Certamente, Dio le condannava. Certamente, Dio voleva che gli uomini vivessero come fratelli – distribuendosi in pace e giustizia la ricchezza comune – e non già vivessero come lupi in guerra l’uno contro l’altro, godendo gli uni della miseria degli altri. Ebbene – diceva Gesù ai suoi compagni – noi dobbiamo dunque far guerra a questo brutto e doloroso regno dell’ingiustizia in cui siamo nati; noi dobbiamo volere, fortemente volere il «regno di Dio», – cioè il regno della giustizia, dell’uguaglianza, della fratellanza umana; noi dobbiamo fare ogni sforzo per attuarlo; noi dobbiamo persuadere i nostri fratelli che esso è possibile e non è un sogno. Dobbiamo trasfondere in loro la nostra fede, e il «regno di Dio» si avvererà. . . Questo, o lavoratori, questo era il pensiero e questa fu la predicazione di Cristo”.

Dobbiamo avere la chiarezza del “nemico” senza disperdere le energie in battaglie ormai superate. Il nemico è il capitalismo. Il capitalismo prolifera, perché sta necrotizzando l’intelligenza metafisica e politica dei popoli e per giungere a questo risultato ha accecato anche l’intelligenza del cuore senza la quale nulla è possibile. Le pietre scartate continueranno a essere stritolate nella macina del capitale, se non impareremo tutti a guardare e vivere la realtà dal punto di vista degli scartati, anche se, in questo sistema lo siamo un po' tutti, scrivente compreso. Accogliere la fragilità di ogni persona e sentirla propria è l’inizio della rivoluzione cristica. Nel Libro di Ezechiele si legge:

Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne”.

Non si può che pensare con concettuale simpatia coloro che resistono all’avanzata diabolica (divisoria) del male con l’esperienza della fede autentica, la quale insegna a testimoniare la presenza di Cristo nella storia. Se lo si deve cercare è fondamentale imparare a guardare coloro che testimoniano un altro modo di essere nel mondo. Le presenze silenziose preparano le svolte con i gesti del dono che ci conduce verso Alterità impensabili. La rivoluzione necessita anche di loro.

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AlsOb
Friday, 05 September 2025 13:41
Una famosa citazione di Leov Tolstoi recita, “Se uno sente dolore significa che è vivo, se uno prova l'altrui dolore, si manifesta come essere umano”.
Il capitalismo, per essere fondato sul razzismo e sullo sfruttamento, e sull'esclusivo valore della valorizzazione del valore di scambio, nega il carattere di essere umani alle classi inferiori, ridotte a topi da estrazione di plusvalore e carne da cannone. Oggi, ciò è più che mai evidente: si palesa la logica previsione di Marx, secondo la quale il capitalismo non può che scivolare verso stadi di maggiore depravazione e degenerazione morale, nonostante le tonnellate di ipocrisia e pseudometafisiche diffuse, per nascondere i principi e valori che effettivamente governano l’agire della classe dominante.
L'adozione del capitalismo marxiano kaleckiano nel dopoguerra, con i suoi intrinseci elementi “rivoluzionari”, dipese dalla paura di Stalin e rappresentò una sorta di deviazione e pausa rispetto al modello originario. Ben presto, finita ogni paura staliniana, la classe dominante ha cancellato ogni fantasia e reimposto lo spietato paradigma neoliberale fascista.
Siccome, come disse Marx, la storia tende a ripetersi con colori farseschi e clowneschi, la sinistra moderna si è proposta come una delle più zelanti forze di promozione del neoliberalismo fascista.
Anche i grandi reazionari cattolici hanno compreso l'apparente incompatibilità tra il semplificato e degenerativo sistema di valori del capitalismo e quello proposto da Gesù Cristo.
Da un punto di vista teologico un poco più avanzato, non è tanto preciso o centrale affermare che “Cristo ha insegnato a porre al centro il dolore degli ultimi e le domande che si elevano dalle loro piaghe…” , dato che ciò è la derivazione e conseguenza politica del sistema di valori e stile di vita da lui testimoniato e propugnato, basato sulla accoglienza dello spirito e sulla edificazione del tempio, a cui nessuno, in quanto ugualmente e sacralmente figlio di Dio, può o dovrebbe sottrarsi. Probabilmente in questo consiste l’effettivo carattere rivoluzionario della sua inesauribile predicazione.
La teologia di Marx, che sfocia nella teologia della gloria, per il suo irrevocabile ottimismo, ribalta la cristologia e soprattutto la soteriologia di Hegel, che, per inciso, da teologo, non mancò di usare parecchio sarcasmo nei confronti dei teologi contemporanei.
Per usara una immagine semplificatrice, la differenza tra i due può essere ricondotta alla distinzione tra teismo e panteismo: per alcuni versi, si potrebbe dire che la assoluta modernità di Marx sta nella convinzione che ciascuno, adottato il sistema di valori che più appartengono alla condizione umana e in un contesto relazionale comunitario, sociale, che li favorisce e garantisce, il comunismo, ha la prerogativa di poter diventare un Gesù Cristo e realizzare la sua pienezza, e, inoltre, solo in tal modo lo spirito può manifestarsi e avviare la creazione del regno dei cieli.
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jimmie moglia
Friday, 05 September 2025 01:04
Articolo interessante, come sempre, di Salvatore Bravo. E’ impossibile non condividere il senso e significato dell’articolo. Chi scrive si ritiene
un “ateo-cattolico”, non per amore dei paradossi, ma per motivi troppo intricati per essere condensati in poche parole.
A mio avviso e osservando il mondo con la prospettiva del “Micromega” di Voltaire, il Cristianesimo ufficiale - anche condizionato dalle varie
rivoluzioni tecnologiche, politiche e di costume - ha abbandonato le tradizioni che ricordo e associo(avo) con la religione cattolica. Della quale,
peraltro, non rigetto sia l’educazione (che ho avuto), che i principi.
Peraltro, per quel poco (relativamente) che sappiamo delle origini del Cristianesimo, la filosofia di base sembra essere il platonismo greco con
varie superstrutture necessarie per farlo accettare (il Cristianesimo), dai più. E, pur non essendo un esperto, direi che oggi - ceteris paribus - il Cristianesimo
Ortodosso, da quanto ho letto ma anche un po’ osservato direttamente e ‘in loco’, trasmette meglio l’idea (del Cristianesimo), che mi è rimasta in mente
dai tempi dell’infanzia e adolescenza. Inoltre, da quando “si è aperto” al giudaismo, il Cattolicesimo ne è rimasto degradato più di quanto se ne
parli (o scriva).
jm - Portland, Oregon (yourdailyshakespeare.com)
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Paolo Selmi
Thursday, 04 September 2025 08:29
Carissimo Salvatore,
grazie mille per questo pezzo. Aggiungerei due cose velocissime, prometto, anzi scrivendo prima del timbro mantengo altrimenti timbro tardi! :-)
1. aggiungerei un riferimento alla TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE, così come nacque in Brasile e fu sviluppata qui dalle Comunità di base, dai preti operai, eccetera. Giusto per dire che allora anche chi non andava a Rimini faceva teologia. E di livello. Oggi, menate gender interpretando liberamente AT e NT. E questo ci porta al secondo punto (dai che ce la faccio a esser veloce... :-)
2. La religione è l'oppio dei popoli. Giusto, scrivo e sottoscrivo. ma distinguerei anzitutto la doppia valenza di quel DEI.
DEI inteso come AI popoli. E qui abbiamo due millenni, nel caso cristiano, di crepa su questa terra che andrai in paradiso, caro schiavo... ultima variante qui:
https://www.sinistrainrete.info/politica-italiana/31187-umberto-franchi-la-borghesia-agguerrita-fa-bollire-la-rana.html
già perché oggi c'è chi lo fa meglio delle madonne pellegrine, chiuse nelle sacrestie a prender muffa.
DEI inteso come DEI popoli, prodotto DAI popoli stessi. E qui la religione, intesa non come dialogo con l'infinito dentro di noi e con l'infinito fuori di noi, ovvero fenomeno interiore, sia pur provvisto anch'esso di codici, stilemi, linguaggi socialmente e storicamente determinati, ma poi va a finir lì dove si fonde col tutto e mai confondere il punto di partenza con quello di arrivo, dicevo fermati Paolo... altro non è che il RIFLESSO dei rapporti economico-sociali, della cultura dominante esistente. E quella non necessariamente deve essere padronale. Vedasi la TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE, per esempio. Vedasi penitenziagite Fra' Dolcino, per esempio, che dalle nostre parti tante serpi verdi fece vedere ai padroni. Vedasi, per certi versi, Di Martino e la terra del ri-morso. La tarantolata che manda tutti fanculo perché "morsa dalla tarantola" e si libera in un giorno dell'oppressione di una vita. Salvo poi ritornarci. E qui torniamo al discorso della RELIGIONE come fenomeno sociale ovvero come RIFLESSO della società in cui si colloca.

Ma che non è un semplice spot pubblicitario. O propaganda del governo di turno. Perché deve dialogare NECESSARIAMENTE con la religione intesa nel primo, di senso, questo dialogo con l'infinitamente grande e piccolo. Che ci rende UNICI e al contempo tutti FRATELLI, UGUALI di fronte a tale infinito. e impone un percorso di LIBERAZIONE che dialoga anche col SECONDO, di aspetto della religione. quello ESTERIORE, il RIFLESSO.

Il magnificat che citi, giustamente. Il cammello che passa per la cruna di un ago. Gesù Cristo che PORTA LA SPADA separando padri da figli. Il tempo è giunto, il tempo è ora.

Quindi non è semplice riflesso. Indica anche un percorso perché è la sua stessa natura a imporlo. E le classi dominanti per addomesticarlo ci han messo millenni. E non ci sono riuscite, nonostante a Rimini tutti applaudino. Il mondo non sa neanche dov'è Rimini.

Non son riuscito a esser breve neanche stavolta... pasienza. Grazie ancora e
Un abbraccio
Paolo
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