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contropiano2

La UE vuole legalizzare il “Grande fratello”

di Dante Barontini

Conosciamo ormai a memoria il ritornello della propaganda euro-atlantica secondo cui “noi” (tutti?) occidentali vivremmo in un “giardino” circondato da una giungla oscura e ostile. Qui ci sarebbe la “libertà”, mentre al di là del muro (sempre più alto e spesso) vivrebbero sotto una dittatura feroce che controlla tutti dalla mattina alla sera e magari anche mentre sognano.

Come sempre bisogna chiedersi: quando parlate della “libertà”, esattamente, alla libertà di chi vi state riferendo? Di sicuro non a quella di tutti gli abitanti di questa parte del mondo. E non serve neanche scomodare tutte le visioni – e i relativi dati numerici – che mostrano come, ad esempio, un cittadino povero o ignorante non è affatto “libero”, perché le sue possibilità reali (di movimento, pensiero, azione, ecc) dipendono da mezzi che non possiede né può farsi “prestare”.

Il concetto di “libertà” che viene spacciato da queste parti è insomma necessariamente vago, indefinito, vuoto. Un’immaginetta rassicurante come una madonnina su un santino, e altrettanto usa-e-getta.

A questo punto si alza il liberale scemo di turno a dire: ma qui abbiamo la libertà politica di dire quello che vogliamo! Lasciamo per un attimo da parte l’obiezione “strutturale” per cui la “libertà di parola” – nel senso politico del termine, ossia la possibilità di entrare e “pesare” nel dibattito pubblico quantomeno nazionale – dipende dalla potenza dei mezzi di comunicazione di cui si dispone (chi controllo tre televisioni sicuramente è più libero di chi ha soltanto la sua voce, per farsi sentire).

Stiamo ai fatti semplici: siamo davvero tutti liberi di esprimere il nostro pensiero? Il genocidio a Gaza ha dimostrato di no. Persino un personaggio pubblico noto come un cantante che andava a Sanremo – Ghali – è scomparso dagli schermi dopo aver pronunciato la parola vietata: genocidio, appunto. Certo, è ancora libero di fare concerti, ma chiaramente non usufruisce più del “traino” di notorietà garantito dall’apparire in tv.

Per i normali cittadini, esprimere lo stesso pensiero è diventato rischioso. In Gran Bretagna e in Germania si rischia l’arresto, persino se si è un anziano in carrozzina o – di nuovo – una cantante abbastanza nota. In Italia le squadre di terroristi sionisti hanno già colpito più volte. Con un agguato a Chef Rubio – le “grandi indagini” della polizia non hanno prodotto neanche un indizio, dopo più di un anno – un paio di bombe sulla porta di un centro sociale (peraltro piuttosto “integrato” nel sistema politico capitolino), con minacce esplicite contro un ex parlamentare Cinque Stelle, anche lui abbastanza noto.

Vabbe' – dice di nuovo il liberale scemo – si tratta di eccezioni temporanee, o di atti criminali che subiranno una risposta adeguata non appena scoperti i colpevoli (se mai lo saranno…), ma il sistema di regole e leggi che vige in Italia e in Europa è stabilmente orientato al massimo rispetto della libertà di espressione individuale. Senza rischi di censura, schedatura, controllo in stile “Grande fratello”.

Errore. Falso. Menzogna.

Le comunicazioni individuali via social o telefono sono già tutte ampiamente intercettabili dalle “forze dell’ordine” su semplice richiesta ai gestori delle piattaforme. La massa di spyware utilizzabili è praticamente infinita e permette di tutto, finanche di registrare video a nostra insaputa utilizzando la microcamera dello smartphone. E così da anni (un film sulla vicenda di Edward Snowden risale ormai al 2016, e chiaramente parla di possibilità tecnologiche esistenti già da anni, allora).

Il liberale scemo a questo punto insiste: sì, ma devono esserci sospetti fondati e serve comunque un’autorizzazione della magistratura! Vero. Anche se questo residuo ostacolo alla potenza inquisitoria dello stato – borghese e liberale, una “democrazia”, mica un’”autocrazia”… – è bassissimo e sottilissimo, perché difficilmente l’autorizzazione viene negata e sempre più spesso non viene neppure richiesta.

Comunque questo piccolo ostacolo esiste. Per questo ora l’Unione Europea – e anche il suo massimo organo “antiterrorismo” – pretendono sia cancellato, lasciando liberi i servizi segreti e quelli palesi di assumere il controllo diretto dei device di chiunque vogliano.

Vediamo in dettaglio.

Al Parlamento Europeo è in corso il dibattito sull’approvazione di un regolamento che consente agli organi di polizia di poter scansionare senza alcuna autorizzazione tutti i messaggi e le foto delle chat private a livello continentale. Al momento ci sono ancora nove paesi contrari e quattro “indecisi” (il governo Meloni è ovviamente favorevole), ma la discussione va avanti e c’è pur sempre in ballo l’idea di abolire prima o poi la necessità dell’unanimità sui provvedimenti più significativi. C’è anche un gruppo che monitora l’iter parlamentare: https://fightchatcontrol.eu/.

Sul piano operativo – quello dei servizi di polizia – il grimaldello scontato è naturalmente quello del “terrorismo”. Definizione forse ancora più elastica e “personalizzabile” di quella di “libertà”, tanto farci rientrare praticamente chiunque stia sulle palle a un qualche potere costituito.

Da questo punto di vista dovremmo quasi – quasi, è detto con evidente ironia inferocita – ringraziare quel ministro israeliano della “sicurezza”, Ben Gvir, che ha promesso di trattare come “terroristi” gli attivisti della Global Sumud Flotilla quando arriveranno al largo delle coste di Gaza (che sono coste palestinesi, non israeliane…). O anche prima, in acque internazionali (come già fatto altre volte).

Dovremmo ringraziarlo, se non altro, perché ha dimostrato che quel termine – “terrorismo” – non ha alcun significato universale, ma “torna utile” per indicare un nemico disumanizzato contro cui si può agire anche al di fuori di qualsiasi legge, nazionale o internazionale. Non conta insomma quel che concretamente una persona fa, ma solo a chi dà fastidio (portare cibo agli affamati rallenta il genocidio per procurata fame, anche se in minima misura).

Fatte tutte queste necessarie premesse, ascoltiamo allora le elucubrazioni di Bartjan Wegter, coordinatore antiterrorismo dell’UE. Chiedendo il libero accesso alla messaggistica tipo Whatsapp, infatti ha affermato che “Ci troviamo di fronte a una situazione che sta diventando insostenibile, in cui i nostri investigatori perdono la capacità di condurre indagini“.

Poverini… Vorrebbero impedire “attentati” che “immaginano” potrebbero essere organizzati via messaggini, ma purtroppo ci sono “lacci e lacciuoli” legali che gli legano le mani (pare il commissario “al di sopra di ogni sospetto”…).

Wegter non è un qualsiasi opinionista, ma il responsabile della fornitura di raccomandazioni politiche e della facilitazione della cooperazione tra le capitali dell’UE. Parla alle riunioni ministeriali ed è stato coinvolto in un gruppo di funzionari di polizia noto come “Going Dark group”, che ha influenzato la strategia di sicurezza interna dell’UE. Questa strategia ha proposto nuove regole sulla conservazione dei dati e sulla concessione dell’accesso ai dati alle forze dell’ordine (in discussione all’euro-parlamento).

Alle forze dell’ordine – dice – dovrebbe essere permesso di accedere ai messaggi e ad altre informazioni, inclusi i metadati come la posizione e l’ora dei messaggi. Naturalmente – per garantire “la libertà” – ciò dovrebbe avvenire caso per caso e dovrebbe essere “molto regolamentato”, allo stesso modo delle tradizionali tecniche di intercettazione telefonica e di sorveglianza.

Wegter ha avvertito che la minaccia per l’Europa “rimane alta”. Tuttavia, le proposte per l’accesso ai dati hanno incontrato una significativa reazione negativa a causa delle preoccupazioni sulla privacy e sulla sicurezza. Gran parte del dibattito si concentra sulla fattibilità tecnica di consentire alla polizia di leggere i messaggi crittografati senza indebolire l’intero sistema e aprire una porta ad “attori malintenzionati, come hacker criminali e governi autoritari” (qui siamo ovviamente e per definizione nel “mondo libero”, no?).

La constatazione tecnica è banale: una volta acquisita la chiave per decrittare i messaggi non c’è più bisogno di chiedere l’autorizzazione a intercettare altre persone. Puoi farlo quando vuoi e nei confronti di chiunque.

Il problema diventa nei confronti di chi lo fai. Se intercetti possibili combattenti di cause vicine o lontane, nessuno ti dirà nulla, anzi… Se metti sotto controllo oppositori politici, attivisti, sindacalisti, rompicoglioni in generale, neanche. I dubbi, ai pieni alti del potere, sorgono quando viene il sospetto che potrebbero finire sotto controllo anche i mandanti del controllo (politici al governo, titolari di aziende e banche, generali, giornalisti embedded, ecc).

Il che ci riporta alla vaghezza del concetto di “libertà” utilizzato da queste parti. La libertà di chi?

 

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