Fumo e ceneri
recensione di Marina Minicuci
Il saggio “Fumo e ceneri” (di Amitav Ghosh, Einaudi 2025, 387 pagine, 22,00 euro) racconta più dei migliori libri di storia come in Cina e successivamente in India, prima i colonizzatori olandesi e poi i britannici, abbiano fatto dell’oppio un sistema di domino contribuendo in modo decisivo a costruire il mondo d’oggi, sull’orlo del baratro. Ghosh annoda magistralmente i fili del commercio dell’oppio alla base delle fortune degli imperialismi e delle loro élite e specularmente alla base delle disgrazie e dello sterminio delle popolazioni con le sue propaggini che a tutt’oggi affliggono il mondo. Un esempio fra tutti il Fentanyl un potente oppioide sintetico, detto anche “la droga degli zombie”, 50 volte più letale dell’eroina, che sta seminando morti fra la popolazione U.S.A. “in quattro o cinque anni più morti che durante la Seconda Guerra Mondiale”. E poiché il suo commercio è molto redditizio fa gola a tutte le mafie, quella farmaceutica in testa, cosa che fa temere che l’epidemia si propagherà anche alle nostre latitudini.
La pianta del papavero, Papaver somniferum, data almeno 20.000 anni, mentre il suo addomesticamento e il riconoscimento delle sue proprietà medicinali risalgono a un periodo successivo, tra il 6000 e il 3500 a.C.; è sempre stata usata per usi farmacologici, ancora oggi il 50% dei farmaci contiene oppiacei. L’oppio è una sostanza salvifica il cui uso mai si potrebbe vietare e continuerà a esserlo per molto tempo a venire. Mentre letale è stata la sua trasformazione in droga, alienante come lo è stata per gli abitanti della Cina, di parte dell’India, Giava, Sumatra…
Con la Compagnia delle Indie e il monopolio del commercio dell’oppio in molti dipartimenti dell’India (che non a caso sono a tutt’oggi i più poveri del paese) gli anglosassoni hanno sfarzosamente nutrito la Corona britannica mentre trasformavano i coloni in alienati privi di volontà che ottenebrati dalla droga facevano fatica a mantenere le loro famiglie e le loro terre, mandando spesso tutto i rovina insieme alle proprie vite. Mentre i britannici si arricchivano a spese dei colonizzati, diffondevano la leggenda che descriveva gli orientali letargici e indolenti per natura.
Di conseguenza, accadde che i primi nazionalismi indiani per cacciare l’invasore britannico nacquero proprio movimenti anti oppio che alla fine dell’800 divennero un punto di riferimento per chi si opponeva alle politiche coloniali europee. I colonizzatori, dotati di grande abilità nel trasferire sugli altri le proprie responsabilità, hanno risposto alla preoccupazione che si stava diffondendo - a fine ottocento il parlamento inglese vedeva la presenza di circa 240 sostenitori della causa antioppio- che si trattava di null’altro che della legge del libero mercato: se c’è la domanda si crea l’offerta. Al contrario, sottolinea Ghosh, è l’offerta che genera la domanda.
Mentre lo scrittore indiano sapientemente dipana la trama storica ripassiamo, o talvolta scopriamo, che la dipendenza da morfina, anche detta “morfinismo” o “malattia del soldato” fu sfruttata, fra gli altri, dalla compagnia farmaceutica Bayer che mise sul mercato una “cura” presentando il farmaco come non assuefacente. Si vendeva in farmacia in grandi quantità, in bottigliette variamente colorate, senza ricetta, non solo per i veterani ma per le donne con dolori mestruali e per il singhiozzo dei neonati. Il singhiozzo dei neonati, avete capito bene.
La famiglia Sackler, proprietaria di colossi farmaceutici, ha approfittato dei movimenti per il fine vita degli anni ottanta negli U.S.A, per sfornare tonnellate di OxyContin (potente oppioide) da distribuire specialmente nelle zone più povere, nei pressi delle miniere, promuovendo convention che corrompevano personale medico, quadri, rappresentanti farmaceutici…, arrivando persino a corrompere personale responsabile della Food and drug administration.
Ci consoliamo ricordando che grazie all’oppio è stato sconfitto l’esercito statunitense in Afganistan.
Curiosa è poi l’ipotesi secondo la quale per scrivere “1984” Orwell abbia tratto ispirazione dalla ferocissima repressione e sorveglianza che vedeva esercitare dal dipartimento dell’oppio in India. Orwell era figlio di un poliziotto, agente dell’oppio.
Cotone, gomma, canna da zucchero e oppio sono state le occasioni storiche per sottomettere e schiavizzare le popolazioni arricchendo a dismisura un ristretto numero di sfruttatori privi di scrupoli, ma a differenza dell’oppio -rileva l’autore- le prime tre hanno avuto un inizio e una fine, l’oppio continua a farla da protagonista. E continuerà per molto tempo ancora.
L’autore non vuole abbandonare il suo nutrito libro (300 pagine abbondanti più quasi 80 di note) e noi senza lasciare un messaggio di speranza che lancia con un parallelo con la situazione energetica attuale. Scrive Ghosh che benché “il movimento antioppio non sia riuscito a contenere il flusso globale di droga, è tuttavia stato capace, nei primi decenni del Novecento, ad avere la meglio su un’industria che aveva generato favolosi profitti per alcuni degli Stati più potenti del mondo” e il suo successo nel costruire una coalizione transnazionale fra le più disparate categorie di gruppi sociali, lascia pensare che una strategia simile potrebbe funzionare anche oggi contro le grandi aziende energetiche. Si tratterebbe di rendere la vendita di combustibili fossili una tale ignominia da rovinare la reputazione delle aziende.