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lantidiplomatico

I "cieli della Nato" e le ultime vette toccate dal Corriere della Sera

di Fabrizio Poggi

Furfanti, canaglie, falsari: difficile raccapezzarsi nella scelta delle caratteristiche per cui si distinguono, in un pericoloso crescendo, i guerrafondai euroatlantisti e i manigoldi delle redazioni belliciste che fanno loro da portavoce.

«Sfida di Putin nei cieli della NATO», è il titolone di prima pagina del Corriere della Sera dopo il presunto sconfinamento di tre jet russi nello spazio aereo estone. Ovvio che la secca smentita del Ministero della difesa russo, secondo cui non c'è stato alcuno sconfinamento, come confermato dai dispositivi di controllo aereo e i caccia erano in volo programmato dalla Karelia verso Kaliningrad, venga bellamente ignorata: roba da “amici di Putin” e non per “giornali seri”, di regime!

Invece, avanti con la “provocazione” ai danni dell'aereo di Ursula-Demon-Gertrud, forza coi droni russi sulla Polonia, vai con le immagini della colonica polacca a Wyryki colpita dai droni russi, mentre la stessa Varsavia parla di missile polacco finito per sbaglio sulla casa; si batta il tasto dei “poveri ucraini” bombardati giorno e notte dai barbari della tajga, ma si taccia sull'ennesimo attacco ucraino alla centrale nucleare di Zaporož'e, mentre veniva ispezionata dai tecnici della IAEA.

Già, ma Kaliningrad, verso cui volavano i MiG-31, può essere davvero assunta da Mosca «come pretesto per l'invasione», titolano a via Solferino, perché già nelle passate visioni NATO di ipotetica “invasione russa dell'Europa” – già, proprio dell'Europa; non di una regione, un paese; no: proprio l'Europa tutta intera! - questa sarebbe partita da Kaliningrad. Occupata la Lettonia dai russi, i fieri battaglioni NATO, quelli cui partecipa anche l'Italia, dopo il vertice NATO in Galles nel 2014, «avrebbero stretto ai fianchi l’esercito russo sconfiggendolo».

Ma qualcosa è cambiato, dicono al Corriere, perché quelle analisi erano precedenti alle «fotografie di Bucha e Mariupol. E non le avevano viste semplicemente perché non era ancora successo. Le fosse comuni, le stragi, gli stupri e i bombardamenti sui palazzi civili con le città messe sotto assedio dai carri armati». Per l'appunto: Bucha e Mariupol; ormai in pochi ne parlano e non perché non le si ricordi, ma perché il fatto che si trattasse di montature così grossolanamente inscenate a uso della stampa occidentale non è più messo in dubbio dai media più seri, non di regime. 

E si vorrebbe far osservare alla signora Marta Serafini che è davvero un peccato che si ricordi solo oggi delle «fosse comuni, le stragi, gli stupri e i bombardamenti sui palazzi civili» perpetrate dai “volontari” nazisti e dall'esercito di Kiev contro i civili di Naberežnoe, Jakovlevka, Leniniskoe, Gorlovka, Donetsk, Vesëloe, Stakhanov, Novoselovka, Andreevka, Spartak, Zajtsevo, per citare solo alcuni, pochi, villaggi del Donbass, bersagliati dalle forze di Kiev a partire dal 2014, con le fosse comuni di civili massacrati, le mani legate dietro la schiena, rinvenute dalle milizie di L-DNR una volta liberati i villaggi dall'occupazione dei battaglioni nazisti.

Ed è davvero un peccato anche che la stessa signora sia convinta che, in riferimento ai paesi baltici, «i russi chiamino la regione con disprezzo Pribaltika»: tale (Pri-Baltico) è semplicemente il modo russo di definire una regione - e tale è nel caso dei tre paesi - in relazione alla sua posizione geografica; è così, ad esempio, per le regioni russe del Priamur'e (Pri-Amur), nell'estremo oriente o del Priazov'e (Pri-Azov), nel sudest del paese. Il “disprezzo” non viene da quelle parti; semmai da scarse conoscenze. Ma basta: non vogliamo certo dar lezioni di geografia-grammaticale.

E non vogliamo nemmeno tornare ancora una volta sul famoso “istmo di Suwalki” (Przesmyk suwalski o Suwalki Gap) l'ipotetico corridoio di circa 100 km che, via terra, va dal confine bielorusso alla regione russa di Kaliningrad e coincide grosso modo con la frontiera tra Polonia e Lituania, considerato dalla NATO uno dei punti deboli dell'Alleanza. Volendo far scoppiare la guerra – sì, perché le guerre difficilmente scoppiano per “l'imprudenza dei comportamenti”, come azzarda qualche Presidente – di “motivi” se ne trovano e volendola far scoppiare, è d'uopo innanzitutto armarsi di tutto punto, specialmente se il “pericolo di guerra” viene, come ci raccontano, da un avversario potente e crudele, come “insegnano Bucha e Mariupol”. Al limite dell'auto-ironia, il Corriere ci racconta che, a detta dell’ex ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis, «Un possibile casus belli è il treno passeggeri Mosca-Kaliningrad, che collega regolarmente la capitale russa alla semi-exclave tra Lituania e Polonia... Uno scenario è che la Russia simuli un guasto a un treno che trasporta cittadini russi e dica che necessitano di essere salvati. Potrebbe a quel punto inviare unità di sicurezza rinforzate con truppe, e la situazione potrebbe degenerare rapidamente». Insomma, tutti «scenari che, insieme agli sconfinamenti dei tre Mig di ieri non fanno ben sperare. I Paesi baltici. E non solo».

Dunque: armarsi; ma prima di tutto, alzare il volume dei megafoni che convincano “i putiniani d'Italia” che, con le “provocazioni russe contro la NATO”, in realtà “lo Zar sta testando le difese europee” in vista dell'invasione. Dunque, dopo il caso dei tre MiG-31 sul Baltico, pronto “petto in fuori” della «presidente von der Leyen: “Risponderemo a ogni provocazione con determinazione, investendo nel rafforzamento del fianco orientale”. Il presidente del Consiglio europeo Costa ha definito lo sconfinamento “un’altra provocazione inaccettabile”... Per l’alta rappresentante Ue Kallas, ex premier estone, è una provocazione che “contribuisce ulteriormente ad aumentare le tensioni nella regione”». Così che, con le veline della questura euro-atlantista, per oggi, siamo a posto.

Ora, via con le sanzioni, ci racconta ancora il Corriere e bacchettate sulle mani a quei paesi UE che ancora «importano gas russo: Belgio, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Portogallo sotto forma di Gnl, mentre Grecia, Slovacchia e Ungheria tramite il gasdotto Turkstream. “È ora di chiudere il rubinetto”» ha sferzato Demonia.

Ma è poca cosa la frusta di Ursula. La questione ben più grave è che «qui russi e cinesi hanno sostenitori», secondo l'allarme del Ministro Guido Crosetto, riportato dal foglio di via Solferino. E se la preparazione alla guerra deve riguardare innanzitutto l'allineamento delle coscienze, allora che vengano bombardate con righe e righe d'inchiostro sui preparativi in atto nei paesi vicini, così da “acclimatare” i cervelli a ciò che li aspetta. Ecco dunque che «Parigi ha disposto di aumentare le capacità di ricezione degli ospedali. Bruxelles ha ufficializzato delle nomine nel settore dei trasporti. La guerra c’è, sta dove non si vede: nei documenti europei e nelle deliberazioni dei governi nazionali», scrive il signor Francesco Verderami sul Corriere. Già, perché, secondo gli scenari NATO, la Francia «potrebbe diventare la “base di retrovia di un conflitto su larga scala”, e in tal caso dovrebbe esser pronto a ospitare “feriti da combattimento”. L’idea di fondo della Preparedness Union Strategy, varata a marzo dall’Unione, è favorire la “resilienza dei servizi sanitari nazionali” in un momento in cui l’Europa è dinnanzi a una sfida senza precedenti».

Avete inteso, o voi duri di comprendonio, che ancora vi ostinate a pretendere assistenza sanitaria pubblica: oggi non è più un “diritto”, o quantomeno cessa di esserlo al momento in cui si tratta di «favorire la “resilienza dei servizi sanitari nazionali”» per attrezzarsi alla guerra dei tagliagole di Bruxelles.

E c'è poi non ancora completamente risolta la questione della logistica. Dispiace annoiare i lettori con l'ormai vecchia storia del film di Nanni Moretti “Ecce bombo”, ma ci sembra tutt'oggi la migliore sintesi della questione, dato che, ricordano al Corriere, «ogni Paese ha uno scartamento ferroviario diverso. La Ue si sta adoperando per fare uniformare quelle linee a vantaggio dello spostamento di persone e merci. Ma anche di armamenti. Le infrastrutture sono l’elemento più sensibile del sistema». Appunto. Si parla così di «non meglio precisati “piani logistici di contrasto” per evenienze belliche... parte di un disegno che mira a tutelare un Paese “già sotto l’attacco” di Mosca e Pechino nella guerra ibrida». Crosetto ne è convinto: «Russi e cinesi non hanno bisogno di invaderci, perché hanno numerosi elementi di sostegno da noi...».

Alla buonora, diciamo le cose come stanno, sbotta il signor Verderami, in Italia «la guerra nemmeno si sente, cioè non è percepita dall’opinione pubblica come una minaccia reale». È dunque compito precipuo dei megafoni a uso delle cancellerie di Bruxelles, Parigi, Roma, Berlino, darsi da fare per instillare nelle menti l'impellenza della guerra e l'urgenza di armarsi, badando in primo luogo a «favorire la “resilienza dei servizi sanitari nazionali”», cioè lasciando che i pazienti riempiano per mesi e anni le liste d'attesa delle strutture sanitarie pubbliche. Il complesso militare-industriale ringrazia.

 

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