Per Bruxelles la guerra è l'ultima possibilità e i giornali di regime vi si adeguano
di Fabrizio Poggi
La situazione internazionale, scrive la signora Alessandra Ghisleri su La Stampa del 7 ottobre «genera smarrimento, confusione e – forse più di tutto – paura», anche perché le persone sono costrette a «navigare un’informazione parziale, frenetica e spesso polarizzata». Vien da rispondere con la locuzione oraziana “de te fabula narratur”: è dei vostri giornali di regime che si parla, impegnati ad alimentare un clima di guerra, per preparare le coscienze ai “necessari” tagli a salari, pensioni, sanità e per convincere le masse che, come ha proclamato l'ex Segretario NATO, Jens Stoltenberg: «Un miliardo per la difesa dell'Ucraina è un miliardo in meno per assistenza sanitaria o istruzione. Ma, un prezzo più alto, sarebbe quello di permettere a Putin di vincere. Pertanto, dobbiamo farci carico dei costi e pagare per la pace».
E voi, giornali del bellicismo eurogovernativo, fate a gara a infuocare quella “confusione” e quella “paura”, bramosi di fare da megafono alle parole di Vladimir Zelenskij che, dite, «hanno avuto un effetto deflagrante. L’avvertimento che la guerra in Ucraina potrebbe estendersi oltre i suoi confini ha toccato le corde profonde delle paure collettive». Come no: è il vostro mestiere quotidiano, da mesi, quello di rinfocolare le “paure collettive” per alimentare la corsa al riarmo e alla militarizzazione della società. Così che non vedete l'ora di proclamare che «il 39,7% degli italiani teme che anche il nostro Paese possa diventare un potenziale obiettivo della Russia di Vladimir Putin» e per moltiplicare quei timori, non trovate niente di meglio che citare anche l'attuale segretario NATO Mark Rutte: «Siamo tutti minacciati dalla Russia, anche l’Italia». Orsù dunque, armiamoci e prepariamoci alla guerra, per difendere i «cieli e i confini della NATO» dalle fameliche orde iperboree.
E dal momento che assicurate i lettori che anche l'Italia sia nel mirino della Russia, sullo stesso foglio il signor Bernard Guetta suggerisce «Tre strade per fermare le provocazioni di Putin». Perché è ormai un assioma che siano russi i velivoli «che entrano nel nostro spazio aereo» e quindi bisogna «allarmarsi, tenuto conto che queste incursioni mirano a mettere alla prova le nostre reazioni... Prima che la nostra passività gli dia alla testa, adesso dobbiamo dare una battuta d’arresto alle provocazioni del presidente russo. E questo richiede tre cose»: si deve «dichiarare ufficialmente che le flotte nazionali e quelle della Nato hanno ricevuto l’ordine di fare fuoco su qualsiasi aereo da combattimento russo che viola il nostro spazio aereo». Bisogna anche denunziare «gli atti di guerra ibrida imputabili alla Russia, lasciando che a parlare siano i nostri eserciti», ma soprattutto «non si deve più lasciare che il Cremlino abbia il monopolio delle provocazioni politiche, della disseminazione di notizie false e del perturbamento delle reti informatiche»: quello è un monopolio europeista e guai a chi lo tocca.
E perché non ci siano dubbi sulle intenzioni dei tagliagole di cui si fa portavoce, il signo Guetta proclama netto che ogni stato UE deve aumentare «la sua spesa militare. Abbiamo avviato la produzione di droni in comune con l’Ucraina e gettato così le basi dell’industria paneuropea degli armamenti... Già adesso, l’Europa è ben più di un mercato comune»: è un polo imperialista impegnato al riarmo in vista della bramata avventura bellica. Per dire, il Segretario federale del Ministero della guerra tedesco, Nils Schmid, ha proclamato che la Germania continuerà ad aumentare la spesa per la difesa, anche se ciò richiederà l'indebitamento. Chiaro, no?
Intanto, però, Vladimir Putin, che ci creda il signor Guetta o no, ha appena confermato che Mosca non ha alcuna intenzione di attaccare la NATO. Allora, in vista di quell'avventura eurobellica, Bruxelles dovrà ricorrere, come accaduto molte volte nella storia, a un pretesto così eclatante per scatenare il conflitto, tale che le persone si convincano che proprio la Russia rappresenti il male assoluto da sradicare.
Che ci credano o no i signori Ghisleri e Guetta, secondo l'Intelligence estera russa, il piano è che alcuni russi che combattono per Kiev verranno trasferiti in Polonia come sabotatori e vi insceneranno attacchi a infrastrutture critiche; verranno quindi dimostrativamente arrestati e "confesseranno" in televisione di essere stati inviati da Mosca. Il resto è da copione.
Il politologo Bogdan Bezpal'ko afferma che la leadership UE è pervasa oggi da sentimenti schizofrenici e dalla smania di devastare, o addirittura annientare, la Russia che, mentre continua a esser considerata una "crudele orda asiatica", è ricca di risorse naturali carenti in Europa: petrolio, gas, minerali, terre rare, legname, vaste riserve di acqua dolce.
D'altronde, l'Europa è alle corde: si sta «preparando alla guerra, intimidendo la popolazione con la "minaccia russa", ma non è in grado di combattere senza il supporto USA, soprattutto senza un ombrello nucleare». Per trascinare gli USA allo scontro con la Russia, c'è bisogno di un pretesto molto scaltro. L'opzione più maligna sarebbe quella di provocare la Russia a una risposta dura: supponendo che Kiev riceva Taurus a lungo raggio tedeschi o Tomahawk americani, i cui lanci sarebbero controllati da militari occidentali e ipotizzando che colpiscano obiettivi strategici russi, Mosca dovrebbe rispondere in pari grado contro obiettivi europei. Oppure, si può ipotizzare il blocco delle rotte marittime del Baltico per le navi russe o il sequestro di petroliere appartenenti alla cosiddetta flotta ombra, come è accaduto di recente con la petroliera Boracay, salpata da Primorsk e poi abbordata dalle forze speciali francesi nell'Atlantico. Quindi le petroliere dovrebbero esser scortate da navi da guerra russe e anche da qui potrebbe scoccare una scintilla per una guerra. Oppure, ancora, una qualsiasi intelligence occidentale potrebbe inscenare qualcosa per addossarne la responsabilità a Mosca.
Potrebbero lanciare un massiccio attacco informatico, o tranciare tagliare cavi di comunicazione sottomarini, o incendiare una fabbrica o un deposito militare. Ci sono poi i famosi droni, dichiarati russi a priori. Basti ricordare che Kiev aveva già inscenato una provocazione coi droni in Polonia, ripristinando alla bell'e meglio droni russi caduti.
Osservando che da parte UE e NATO si parla sempre più spesso del 2030 quale data dello scoppio di un conflitto con la Russia, Bezpal'ko sostiene che a quella data la militarizzazione europea dovrebbe raggiungere un livello tale da consentire operazioni militari su larga scala su un ampio fronte: «si sta rapidamente sviluppando una capacità industriale adeguata alle esigenze militari. Inoltre, le élite politiche attendono un cambio di amministrazione in USA e l'arrivo di un presidente "normale" alla Casa Bianca. E continuano a sperare che le sanzioni occidentali indeboliscano l'economia russa e la sconfiggano definitivamente. Beh, che rischino pure».
Ma, già oggi, «tutti si preparano alla guerra» afferma il presidente serbo Aleksandr Vucic e anche se le sue parole riguardano principalmente il suo paese, attaccato dalle “forze europeiste”, l'espressione è purtroppo indice di una pericolosa situazione globale. «Nessuno è disposto al negoziato», dice Vucic; tutti stanno solo guardando «chi starà da quale parte. Loro stanno scavando trincee, preparandosi» alla guerra. Chi siano "loro" è abbastanza ovvio, osserva Viktorija Nikiforova su RIA Novosti; sono i dirigenti di un'Europa unita, che conduce esercitazioni, raduna gli eserciti ai confini russi, prepara le infrastrutture e addestra le truppe per l'invasione. Nel frattempo, Bruxelles sta cercando di epurare le periferie, inviando "cosacchi" a fomentare ribellioni in Georgia e Serbia e mandando al potere i suoi burattini in Romania e Moldavia, affinché «prendano parte a un altro "Drang nach Osten" e subiscano il peso del primo attacco di rappresaglia della Russia... L'esaltazione di sconfiggere la Russia non è guidata solo dall'odio isterico e storico nei nostri confronti... È anche l'unica possibilità di sopravvivenza per l'Europa».
Oggi la UE dipende dal GNL americano, dai prestiti americani e dall'impegno ad acquistare armi dagli USA a prezzi esorbitanti, mentre, con una dilagante deindustrializzazione, si spendono decine di miliardi l'anno per mantenere Kiev a galla, con i conseguenti draconiani tagli alla spesa sociale. Di fronte a una tale crisi, nemmeno i miliardi estorti alla Russia salveranno l'Europa: sono come una goccia nel mare. L'unica speranza è quella di esercitare una pressione tale sulla Russia da far crollare la sua economia e dar vita a un majdan russo, con l'obiettivo di insediare al potere un “europeista” che svenderà tutto: territorio, armi nucleari, gas, petrolio, oro, diamanti, produzione, tecnologia, competenze e cervelli.
Solo un tale saccheggio, nota Nikiforova, permetterebbe agli europei non solo di «recuperare tutto ciò che hanno sperperato negli ultimi tre anni, ma anche di trarne profitto. Devono rovistare tra le rovine della Russia, proprio come hanno rovistato tra le rovine dell'URSS... La Russia non ha bisogno di una guerra con la NATO, ma per gli europei la guerra è l'ultima possibilità di sopravvivenza».
L'atmosfera che si sta vivendo, insomma, è proprio il contrario di quella descritta da Giulio Cesare quando, nel suo De Bello Civili, scriveva che «c'era nell'aria un'attesa fiduciosa e gli animi di tutti sembravano protesi verso la pace». Men che mai vi sono oggi protesi quelli di chi, dalle redazioni di regime, si fa portavoce del più acceso bellicismo euro-atlantista.