“Ora tocca all’Italia”. La strategia delle balle guerrafondaie
di Dante Barontini
Sembra abbastanza evidente che il susseguirsi di allarmi inverificabili circa la presenza di “droni russi” sui cieli d’Europa, o di “interferenze” nelle comunicazioni, sia piuttosto chiaramente una “strategia comunicativa” attribuibile per intero all’Unione Europea, proprio mentre l’America di Trump sta scaricando la guerra ucraina sul Vecchio Continente.
Mettiamo in fila solo gli episodi più clamorosi, per non farla troppo lunga.
1) Prima c’è stata la notizia che l’aereo di Ursula von der Leyen aveva perso il segnale GPS mentre volava sulla Bulgaria, dove era diretto, al punto da costringere i piloti a usare “vecchie mappe cartacee” come i turisti degli anni ‘70 e ad accumulare 1 ora di ritardo, dopo aver rischiato di mancare l’atterraggio. Nel giro di poche ore l’episodio è stato sbugiardato:
– dalla Bulgaria, paese Nato, che non ha rilevato nulla di anomalo sui propri radar;
– da alcune migliaia di esperti di aviazione, che hanno spiegato come il GPS non serva per l’atterraggio (ci sono da decenni sistemi più moderni ed efficaci, specie su un aereo “presidenziale”)
– dagli enti di controllo del volo, come FlightRadar e altri, che non hanno tracciato né cambiamenti di rotta né mancato funzionamento dei sistemi di bordo (la comunicazione tra velivolo e centrali di controllo è costante);
– dai registri dell’aeroporto, con l’aereo che aveva solo 5 minuti – e non un’ora – di ritardo.
Assodato questo, non è arrivata nessuna scusa per la bufala ammannita al pubblico mondiale. Anzi continua a essere ricordata, sui media, come un fatto accertato e confermato.
2) E’ stata poi la volta dei “droni russi sulla Polonia”, con addirittura una casa danneggiata come prova. Anche qui si è accertato che i droni erano in parte anche ucraini, che uno di quelli mostrati in foto era tranquillamente parcheggiato su una conigliera (senza neanche danneggiarne il tettuccio di eternit) e con il muso tenuto insieme con un nastro di scotch. E che la casa era stata colpita da un missile di fabbricazione americana sparato da un aereo polacco che intendeva abbattere uno dei droni.
Qualche giorno di silenzio per far dimenticare, quindi si è continuato a citare l’episodio come accertato e confermato.
3) E’ quindi stata la volta dell’Estonia, con tra aerei russi che avrebbero “invaso lo spazio aereo” su un’isola disabitata in mezzo al golfo di Finlandia.
Anche qui gli analisti militari hanno smontato il caso facendo vedere – cartine alla mano – che in quella zona le acque e i cieli territoriali di Estonia, Russia e Finlandia sono praticamente a contatto, e aerei o navi diretti o provenienti da San Pietroburgo hanno un corridoio ristretto dove passare.
Al punto che gli “sconfinamenti” sono così frequenti – da decenni – da essere risolti in genere con una telefonata tra controllori di volo. Solita trafila: dopo qualche giorno è come se fosse stato di nuovo vero, per la stampa occidentale.
4) La patata dell’allarme è poi passata a Danimarca e Norvegia, con altri “droni russi” che apparivano di sera su alcuni aeroporti.
Grande diffusione di allarme, al punto da costringere lo stesso ministero della difesa di Copenhagen ad affermare che “non c’era nessuna prova che quei droni fossero russi”. E che “non sono stati abbattuti per non correre rischi alla popolazione“, o per non mostrare resti che avrebbero potuto dare altre certezze.
5) Il contagio si estende poi alla Francia, uno dei paesi “volenterosi” che vorrebbero mandare soldati in Ucraina. “Secondo fonti militari che hanno parlato con Radio France Internationale, questo fine settimana sono stati osservati droni non identificati sopra siti militari vicino a Mourmelon-le-Grand, nella Marna, nel nord della Francia”.
Non identificati ma decisamente distanti dalle frontiere con la Russia. Vero è che – come segnalato da alcuni analisti militari – è possibile far partire droni da navi o camion, come avevano fatto gli ucraini in Russia…
E qui qualche sospetto comincia a venire…
6) Se poi Zelenskij twitta che “l’Italia potrebbe essere la prossima” il sospetto si fa quasi certezza. Poi toccherà alla Spagna e al Portogallo, così da completare il puzzle.
Basta considerare come avvengono i rapporti tra paesi alleati. Se hai una informazione su un possibile attacco o provocazione verso un tuo alleato metti in moto i normali canali di comunicazione, attraverso ministeri della Difesa e servizi segreti (se non altro per non allertare “il nemico”). I social non fanno parte della diplomazia ufficiale, ma del fantastico circo barnum della propaganda.
7) A coronamento di questa escalation di panna montata, i vertici europei avrebbero detto ai funzionari russi, a porte chiuse, che la NATO è pronta a intensificare l’abbattimento degli aerei russi, una sorta di avvertimento finale. Al che, sia l’ambasciatore russo in Francia, sia il navigatissimo ministro degli esteri Lavrov hanno risposto con l’ovvio “fatelo e saremo in guerra“.
Accertato insomma che sono tutte balle, che purtroppo producono comunque effetti politici – allarme sociale, spesa militare in drastico aumento, militarizzazione della società e dell’immaginario collettivo – c’è da chiedersi se questa “strategia” ha un senso e quale.
Mettiamo da parte per il momento l’ipotesi che “l’Europa”, da sola, si stia preparando alla guerra contro la Russia (solo dei dementi con deficit grave possono pensare di andare allo scontro diretto con una delle due principali potenze nucleari).
Restano le ipotesi “minori”.
a) Tanto allarmismo servirebbe a convincere Trump a non lasciare la patata ucraina nelle sole mani europee. Ma se questa raffica di allarmi sembra ridicola a noi, sicuramente alla Casa Bianca hanno informazioni migliori. E quindi non produrrà effetti (se non qualche ciclotimica affermazione di Trump via Truth).
b) Utilizzare l’antichissima arma del “nemico alle porte” per ridurre la minimo le frizioni sempre più evidenti tra paesi europei con interessi e pesi diversi, mettere la museruola alle proteste popolari (non solo in Francia), ecc. Nascondere insomma le molte crisi convergenti sotto il tappetone della corsa al riarmo per “difendere la nostra sicurezza”.
Se ci fosse un centro di comando unificato e funzionante non ci sarebbero così tanti dubbi su quale ipotesi sia più probabile. E proprio l’incertezza appare la dimostrazione della confusione che regna ai vertici della UE, costretti a passare in pochi mesi da un “sistema di regole” ormai mandato a memoria a un mondo in cui non c’è più alcuna certezza per colpa del tuo “capo” o principale “alleato”.
Per fortuna l’allarmismo senza freni è stato fin qui un boomerang: nella misura in cui si è “spaventata”, l’opinione pubblica europea è diventata complessivamente ancora più contraria alla partecipazione a una qualsiasi guerra.
Comments
Dopo tutte quelle pericolosissime minacce ai paesi piu importanti (i quattro gatti feroci e baltici piu importanti di tutti, se non altro perche' guidati dalla paladina kallas) mi stavo disperando. E l'Italia? Nessuna minaccia all'Italia? Per fortuna lo zely ha capito e ha rimediato, anche a noi sarebbero potute arrivare minacciose armi o armette russe.
Meno male, cominciavo a pensare che non fossimo piu nel club di quelli importanti e designati alla prossima crociata. Dopo la minaccia ho tirato fuori dal baule del nonno i resti delle scarpe di cartone della precedente campagna di russia. Valido ancora il suo moschetto. Divise e armi da tenere sempre pronte. Sia mai che zely suoni la carica !!!
Ps siamo proprio messi malissimo, spero di crepare dal ridere prima di rispondere a qualsiasi Carica!!!