Fai una donazione

Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________

Amount
Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

Il Piano Trump per Gaza è una lapide sul presente e sul futuro. Ma spetta ai palestinesi decidere

di Sergio Cararo

Appare evidente come il “piano Trump” sia arrivato anche a seguito del vertiginoso aumento della pressione internazionale e dell’isolamento di Israele dopo quasi due anni di aggressione ai palestinesi a Gaza che ormai molti configurano e denunciano come genocidio.

L’isolamento di Israele, l’escalation delle proteste popolari anche in Europa e Stati Uniti e le conseguenze nella regione del bombardamento su Doha da parte israeliana, hanno costretto Trump a cercare una via d’uscita che in qualche modo salvaguardasse Israele e la sua alleanza con gli USA.

La televisione israeliana Channel 12 riferisce che il team del presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha apportato “cambiamenti radicali” al suo Piano per Gaza, al fine di renderlo più accettabile da Israele, dopo un incontro con il ministro degli Affari Strategici Ron Dermer e il primo ministro Benyamin Netanyahu.

Ciò significa che quello che è stato dato finora in pasto ai mass media e agli interlocutori internazionali (i 21 punti diventati poi 20, ndr), è stato già rivisto per renderlo compatibile con gli interessi di Netanyahu – pressato dalla destra religiosa – e del governo israeliano.

Il Piano Trump in 20 punti segna un notevole allontanamento dalle proposte precedenti. Introduce una nuova serie di condizioni che non avevano fatto parte delle discussioni precedenti, ma che sono state a lungo sostenute da Israele. Queste includono il governo di Gaza senza l’Autorità Palestinese o Hamas, la “deradicalizzazione” del territorio, il disarmo di Hamas e altre richieste correlate.

Su punti chiave discussi in precedenza – come il ritiro israeliano, gli scambi di prigionieri e la ricostruzione di Gaza – il piano introduce anche cambiamenti sostanziali.

In primo luogo, il piano non prevede un ritiro definitivo e completo di Israele da Gaza. Il ritiro suggerito è lento, graduale e condizionato da futuri colloqui tra Israele e una temporanea “Forza Internazionale di Stabilizzazione” che deve ancora essere istituita.

Anche allora, Israele non si ritirerebbe completamente dall’enclave palestinese e rimarrebbe in una zona definita “perimetro di sicurezza” lungo il confine tra Gaza e Israele.

Un ritiro completo di Israele da Gaza è stato a lungo sostenuto come una richiesta chiave da Hamas prima di accettare di rilasciare tutti i prigionieri e porre fine alla guerra.

Viene poi dato ampio risalto a una dichiarazione congiunta di Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Pakistan, Turchia, Qatar ed Egitto in cui accolgono con favore gli sforzi di Trump per porre fine alla guerra a Gaza, dicendosi pronti a “cooperare positivamente” con gli Usa per finalizzare l’accordo e garantirne l’attuazione. “I ministri degli Esteri accolgono con favore l’annuncio di Trump sulla proposta di porre fine alla guerra, ricostruire Gaza, impedire lo sfollamento del popolo palestinese e promuovere una pace, nonché il suo annuncio che non consentirà l’annessione della Cisgiordania”.

A questo passaggio della dichiarazione occorrerebbe però aggiungere il “buco” del mancato annuncio di Trump sul diritto allo Stato Palestinese. Infatti al punto 19 del Piano Trump c’è solo scritto che “Mentre lo sviluppo di Gaza avanza e quando il programma di riforma dell’Autorità Palestinese viene attuato fedelmente, potrebbero finalmente esserci le condizioni per un percorso credibile verso l’autodeterminazione e la sovranità palestinese, che riconosciamo come l’aspirazione del popolo palestinese”.

Non solo. Sul futuro della governance a Gaza ci sono due punti dirimenti.

Il punto 9 afferma che Gaza sarà governata sotto il governo temporaneo di transizione di un comitato palestinese tecnocratico e apolitico, responsabile della gestione quotidiana dei servizi pubblici e delle municipalità per la popolazione di Gaza”.

Continuiamo ad avere la netta sensazione che questo comitato palestinese indipendente avrà il volto e i miliziani di un ex dirigente palestinese squalificato e inviso alla popolazione come Mohammed Dahlan, oggi uomo di paglia al servizio degli Emirati ma sempre disponibile sul mercato.

Questo comitato sarà composto da palestinesi qualificati ed esperti internazionali, con la supervisione e la supervisione di un nuovo organo internazionale di transizione, il “Board of Peace”, che sarà guidato e presieduto dal presidente Donald J. Trump, con altri membri e capi di Stato da annunciare, tra cui l’ex primo ministro Tony Blair.”

Al punto 15 viene indicato che Gli Stati Uniti lavoreranno con i partner arabi e internazionali per sviluppare una Forza internazionale di stabilizzazione temporanea (ISF) da schierare immediatamente a Gaza. L’ISF addestrerà e fornirà sostegno alle forze di polizia palestinesi controllate a Gaza e si consulterà con la Giordania e l’Egitto che hanno una vasta esperienza in questo campo. Questa forza sarà la soluzione a lungo termine per la sicurezza interna. Le ISF lavoreranno con Israele ed Egitto per aiutare a proteggere le aree di confine, insieme alle forze di polizia palestinesi di recente addestramento. E’ fondamentale impedire l’ingresso di munizioni a Gaza e facilitare il flusso rapido e sicuro di merci per ricostruire e rivitalizzare Gaza. Le parti concorderanno un meccanismo di deconflittualità”.

Sulla tempistica della fine dei bombardamenti e il rilascio dei prigionieri sono indicativi i punti 3, 4, 5, i quali prevedono che: Le forze israeliane si ritireranno sulla linea concordata per prepararsi al rilascio degli ostaggi. Durante questo periodo, tutte le operazioni militari, compresi i bombardamenti aerei e di artiglieria, saranno sospese e le linee di battaglia rimarranno congelate fino a quando non saranno soddisfatte le condizioni per il ritiro completo e graduale; entro 72 ore dall’accettazione pubblica di questo accordo da parte di Israele, tutti gli ostaggi, vivi e deceduti, saranno restituiti; Una volta rilasciati tutti gli ostaggi, Israele rilascerà 250 ergastolani più 1.700 abitanti di Gaza che sono stati detenuti dopo il 7 ottobre 2023, comprese tutte le donne e i bambini detenuti in quel contesto. Per ogni ostaggio israeliano i cui resti vengono rilasciati, Israele rilascerà i resti di 15 abitanti di Gaza deceduti”.

In quest’ultimo punto ci sono un paio di ammissioni che vanno registrate: tra i detenuti palestinesi ci sono anche donne e bambini; ci sono vittime palestinesi i cui resti sono sotto controllo israeliano e che quindi vanno ad aggiungersi a quelle ufficialmente censite dalla autorità sanitarie di Gaza.

Leggendo il Piano Trump e al netto delle modifiche e dei “dettagli” che lo hanno reso del tutto funzionale agli interessi israeliani, si comprende bene come questo piano per i palestinesi sia una lapide sul presente e sul futuro, resa ancora più pesante dai 66mila morti fin qui registrati a Gaza e dall’assenza di possibilità alternative praticabili in questa fase.

Cosa e come rispondere a questo piano spetta però al popolo palestinese e alle organizzazioni della sua resistenza.

Pin It

Comments

Search Reset
0
Alfred
Saturday, 04 October 2025 17:12
Scegliere liberamente con un carroarmato puntato alla testa.
Non c' e' che dire, i palestinesi sceglieranno 'liberamente'
Il mondo certifichera', i paladini dei diritti non si faranno sentire. Si tratta di palestinesi, non dei nostri. I nostri (i mostri? Basta una consonante per dare il senso) sono quelli che sparano ai bambini affinche' i palestinesi possano scegliere liberamente.
Che schifo
Like Like Reply | Reply with quote | Quote

Add comment

Submit