“Amato Popolo”: la sintonia da ricostruire
di Gerardo Lisco
Recensione al saggio di Antonio Cantaro, Amato Popolo. Il sacro che manca da Pasolini alla crisi della democrazia, Bordeaux Edizioni in libreria dal 3 novembre
1. Introduzione: un saggio “eretico” sul popolo e sulla democrazia
Il saggio di Antonio Cantaro, professore di Diritto costituzionale presso l’Università di Urbino “Carlo Bo”, ruota intorno al concetto di Popolo, categoria cardine della riflessione politico-giuridica e, al tempo stesso, concetto oggi spesso svuotato o ridotto a etichetta del “populismo”.
Il pregio del volume di Cantaro è di andare oltre questa semplificazione, restituendo al termine Popolo una profondità storica, culturale e simbolica che lo colloca al centro della crisi della democrazia contemporanea.
Come precisa lo stesso autore, Amato Popolo nasce dal suo “retrobottega”: una raccolta di interventi, relazioni e appunti nati per diverse occasioni ma accomunati da un filo rosso coerente. Cantaro li definisce “prove d’autore”, ma in realtà si tratta di veri e propri “scritti eretici”. Eretici non solo per i riferimenti a Leopardi, Gramsci e Pasolini — pensatori marginalizzati o reinterpretati in chiave funzionale al sistema — ma perché si sottraggono al conformismo del pensiero critico dominante.
2. L’eresia di Cantaro: oltre il pensiero critico conformista
Cantaro si colloca fuori dai confini del cosiddetto pensiero critico mainstream, quello che, pur presentandosi come alternativo all’egemonia culturale neoliberale, finisce spesso per essere “critico conformista”, autoreferenziale e funzionale alla riproduzione del sistema.
La sua riflessione parte da una domanda di fondo: come è stato possibile che la sinistra, un tempo portavoce del popolo, sia divenuta la principale interprete delle istanze delle élite globaliste?
Già nel titolo Amato Popolo si annuncia una provocazione: la sinistra contemporanea — “fighetta e petalosa”, da “ZTL”, come scrive l’autore — ha smarrito da tempo l’amore per il popolo. A partire dagli anni Novanta, l’adesione acritica al paradigma neoliberale è divenuta il marchio della sua legittimazione presso le classi dirigenti globali.
3. Identità e disgregazione del Popolo
Uno dei nuclei teorici più forti del volume è la riflessione sull’identità.
Scrive Cantaro: «Una parola che scaldava i cuori e che invitava a pensare positivo (…). Identità. In particolare, identità collettiva (…). Identità, ma culturalmente!».
Nella modernità, l’identità era legata alla dimensione collettiva e popolare, espressione di un’appartenenza comune e di un destino condiviso. Nella postmodernità, invece, essa si frammenta nelle molteplici rivendicazioni identitarie — etniche, sessuali, localistiche, corporative — che destrutturano il concetto stesso di Popolo.
Come osserva Mark Lilla, l’identitarismo non è di sinistra: favorisce, piuttosto, la logica neoliberale del mercato, sostituendo l’universalismo dei diritti (salute, istruzione, lavoro) con una contrattazione parziale di istanze settoriali.
Questa posizione, condivisa da Cantaro e da autori come Sahra Wagenknecht, si oppone all’ideologia woke e al politicamente corretto, considerati funzionali alla riproduzione del capitalismo neoliberale. Come nota anche Carl Rhodes (con la prefazione di Carlo Galli), finché tali dinamiche troveranno riscontro nel mercato, difficilmente si potrà assistere a una vera inversione di tendenza.
Il Popolo di Cantaro è dunque agli antipodi delle politiche identitarie del progressismo contemporaneo: una categoria viva, unitaria, radicata nel senso di giustizia sociale e di bene comune — non nella somma di diritti individuali negoziabili.
4. Popolo e populismo: la lezione di Gramsci
Cantaro affronta anche la relazione tra Popolo e populismo, richiamandosi a Laclau e Mouffe, ma prendendo le distanze dal loro uso del pensiero gramsciano. Come osserva Salvatore Cingari in Gramsci e il Populismo (a cura di Guido Liguori, Ed. Unicopli), per Gramsci il populismo è “un atteggiamento culturale-politico inadeguato all’emancipazione delle masse popolari”, ma conserva un elemento di valore: il tentativo, pur imperfetto, di riavvicinare gli intellettuali al popolo.
Oggi, sottolinea Cantaro in Intermezzo. Intellettuali (in)sani, questo legame si è definitivamente spezzato: il pensiero critico si è piegato alle logiche del mercato e alle narrazioni identitarie, abbandonando la sua vocazione popolare. In opposizione a questa deriva, Cantaro richiama figure come Dante, Leopardi, Gramsci e Pasolini — intellettuali “eretici” capaci di dare voce al sentimento popolare in chiave universale.
5. Riforme istituzionali e crisi della rappresentanza
Un altro terreno di conflitto con il pensiero mainstream riguarda le riforme istituzionali e, in particolare, il dibattito sul premierato. Scrive Cantaro:
«La politica vive di simboli. E come glielo raccontiamo ora agli elettori del Partito Democratico che la scelta del capo politico della nazione con il voto diretto di tutti i cittadini italiani è il diavolo che porterà al totalitarismo? (…) È dovere di chi semina vento preoccuparsi di come e dove indirizzarlo».
Negli ultimi decenni, l’Italia ha conosciuto governi “tecnici”, in realtà espressione di precise scelte politiche dettate dalle élite economiche. Sotto il pretesto della “governabilità” e dei “vincoli di bilancio”, si è proceduto a smantellare il welfare state, a privatizzare i servizi pubblici, a ridurre la progressività fiscale — tutte politiche che difendono “la libertà dei ricchi contro il popolo”.
Richiamandosi a Gramsci, egli invita a distinguere tra “usi regressivi” e “usi progressivi” del cesarismo, e a comprendere le ragioni del fascino che la personalizzazione del potere esercita sulle masse popolari. Solo così si può elaborare una risposta democratica non occasionale né moralistica.
6. Popolo, sovranità e crisi globale
Le riflessioni di Cantaro si estendono anche a temi come sovranismo ed europeismo, affrontati in chiave non convenzionale. In questa prospettiva, l’analisi dell’elezione di Donald Trump diventa emblematica: lungi dall’essere un “golpe”, essa rappresenta per Cantaro l’espressione democratica di un consenso popolare dimenticato. Egli parla di “fascismo democratico”, sottolineando come il voto a Trump sia il sintomo della rottura tra élite e classi popolari.
Secondo questa lettura, l’ascesa di Trump segna un riposizionamento geopolitico — una sorta di “Dottrina Monroe 2.0” — con cui gli Stati Uniti riconoscono la fine della propria egemonia globale e l’emergere di un ordine multipolare.
7. Conclusione: per ritrovare la sintonia con il Popolo
Il nodo centrale del saggio di Cantaro riguarda le condizioni per ricostruire la sintonia tra politica e popolo. Negli ultimi trent’anni, questa sintonia è stata spezzata.
Per tornare ad “amare il Popolo”, non bastano le parole-simbolo — “sinistra”, “democrazia”, “antifascismo”, “Costituzione” — usate come strumenti di consenso; occorre un amore concreto, fatto di condivisione reale, di politiche sociali e di atti capaci di incidere sulla vita delle persone.
Come ricorda anche Thomas Piketty in Il capitale nel XXI secolo, la sinistra è divenuta il partito delle élite istruite, abbandonando le classi popolari. Ritrovare il popolo significa dunque restituire senso politico alla giustizia sociale, all’eguaglianza e alla partecipazione. Solo allora potrà dirsi ricostruita la sintonia spezzata fra democrazia e popolo.







































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