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Gaza, un futuro di controllo della AI che ci riguarda

di nlp

Se andiamo a leggere i piani di controllo dell’ordine pubblico prefigurati per la nuova amministrazione di Gaza, vediamo come questi convergano sulla previsione di un modello di sicurezza basato sull’integrazione di Intelligenza Artificiale (IA), robotica avanzata e sorveglianza aerea. Tale sistema, definito sistema ibrido di controllo automatizzato (HACS), non sarebbe costruito ex novo, ma deriverebbe dalla rapida riconversione delle infrastrutture e dei database militari preesistenti. Questo modello servirebbe poi da progetto pilota per l’esportazione globale sui mercati della sicurezza metropolitana e nazionale. La dinamica dell’industria della difesa, che utilizza il territorio come un “terreno di prova” per trasformare le tecnologie di urban warfare in “soluzioni per la sicurezza urbana” (Homeland Security – HLS), creerebbe con Gaza un pacchetto di controllo altamente commercializzabile, la cui diffusione comporterebbe la normalizzazione internazionale di pratiche di sorveglianza estrema e l’erosione della sovranità dei dati civili.

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I piani di pace in corso per la Striscia di Gaza pongono requisiti stringenti, con un mandato primario che prevede la smilitarizzazione totale e la supervisione di una forza internazionale di stabilizzazione (FIS) temporanea, incaricata di addestrare e istituire una forza di polizia palestinese autoctona.

Tuttavia, la stabilizzazione post-conflitto dipende, secondo questi piani, da una struttura di comando, controllo, comunicazione e informazione (C4I) che la nuova forza di polizia non sarà comunque in grado di possedere. In poche parole , la eventuale nuova polizia palestinese sarà costretta a operare in un ambiente dove gli strumenti di sorveglianza avanzata — CCTV, droni, database biometrici — sono indispensabili ma impiantati e gestiti da attori esterni, i veri protagonisti del controllo. Se l’infrastruttura di sorveglianza e i dati rimarranno sotto il controllo tecnologico di entità esterne, la polizia locale verrebbe ridotta a un braccio esecutivo di un sistema di profilazione locato altrove, minandone la legittimità fin dal suo insediamento. Questa dipendenza si lega a una transizione ancora più problematica: il passaggio dal Diritto Internazionale Umanitario (IHL) al Diritto Internazionale dei Diritti Umani (IHRL). La rapida integrazione di IA e robotica ha già trasformato la guerra, ma nella fase post-bellica, le stesse tecnologie militari usate per il targeting (come Lavender) o per le restrizioni di movimento (come Red Wolf) verranno riclassificate come strumenti di polizia. Il passaggio da IHL a IHRL non eliminerà gli strumenti di controllo predittivo, semplicemente li re-etichetterà come sistemi di “polizia predittiva” civile, istituzionalizzando la sorveglianza estrema e la profilazione algoritmica nel quadro della “sicurezza urbana”.

 

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Il modello di sicurezza che emergerebbe a Gaza non nascerebbe dal nulla, ma sarebbe l’evoluzione dell’estesa infrastruttura di sorveglianza già in uso nel territorio da parte del governo israeliano. La tecnologia di riconoscimento facciale (FRT) è stata impiegata estensivamente per tracciare e controllare la popolazione, in un sistema che alcuni definiscono “apartheid automatizzato”. Il sistema Red Wolf è stato utilizzato ai checkpoint per scansionare i volti e imporre restrizioni automatiche al movimento, alimentando vasti database senza consenso. Questo è stato reso possibile dalla raccolta massiva di dati operata in precedenza dal sistema Blue Wolf, la cui app era pensata per incentivare le unità militari a catturare il maggior numero di volti palestinesi. Allo stesso tempo, l’uso militare dell’IA ha già dimostrato la capacità di processare enormi quantità di dati, come nel caso del sistema Lavender, impiegato per identificare decine di migliaia di presunti obiettivi. Questo programma si è basato su tecnologie del settore privato, come quelle della compagnia israeliana Corsight, e ha anche utilizzato persino piattaforme commerciali come Google Photos per identificare volti in folle o in filmati sgranati di droni. La sorveglianza aerea, tramite droni e palloni spia, completa questo ecosistema, creando un ciclo chiuso e integrato: i droni catturano immagini aeree, l’IA esegue il riconoscimento facciale confrontandole con i database biometrici esistenti, e le telecamere a terra implementano le conseguenze operative. Questa transizione non richiede l’introduzione di nuove piattaforme, ma una semplice ridefinizione della missione (re-labelling) della tecnologia militare israeliana preesistente, ereditandone integralmente tutti i pregiudizi algoritmici e le problematiche legali.

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Il modello di controllo dell’ordine pubblico destinato a Gaza si proietta come un sistema ibrido di controllo automatizzato (HACS), basato su tre pilastri. Il primo è la pervasività aerea e robotica: i droni militari sarebbero riassegnati a compiti di pattugliamento urbano, mentre la robotica terrestre, sviluppata per il combattimento, sarebbe riconvertita in piattaforme di sicurezza per mantenere una consapevolezza situazionale completa e continua del territorio. Il secondo pilastro è l’IA come spina dorsale del comando e controllo (C4I): l’intelligenza artificiale, derivata da sistemi di targeting letale, verrebbe riconvertita a strumento di “polizia predittiva”. Utilizzerà i dati biometrici e di movimento per profilare gli individui per “livello di rischio” e dirigere le risorse di pattugliamento. Questa metodologia, come dimostrato in altri contesti, tende a produrre discriminazione strutturale e a basarsi su dati distorti, consolidando un regime di controllo preventivo che limita drasticamente lo “spazio civico”. Infine, il terzo pilastro è l’adattamento delle soluzioni “Smart City”: la rapida crescita del settore hi-tech nella regione, spinta dal conflitto, ha visto le start-up reindirizzare piattaforme civili verso l’uso militare. Questa riconversione suggerisce che il modello HACS sarà rivenduto sul mercato globale come un “pacchetto di sicurezza per Smart City” completo, allineandosi alla domanda di sicurezza urbana ad alta tecnologia.

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L’implementazione dell’HACS solleva questioni legali fondamentali relative all’accountability e alla sovranità dei dati. L’accelerazione nell’uso di sistemi sempre più autonomi introduce la sfida del controllo umano significativo (MHC). Il diritto internazionale richiede standard etici e legali come la distinzione e la proporzionalità, difficili da applicare quando le decisioni sono delegate agli algoritmi. In assenza di una regolamentazione chiara sull’uso di droni e sorveglianza biometrica, il rischio di decisioni discriminatorie e danni civili aumenta, rendendo l’accountability quasi impossibile. La questione più critica per la futura amministrazione riguarda, però, la gestione dei database biometrici preesistenti, contenenti dati sensibili raccolti in un contesto di coercizione. Il diritto internazionale solleva dubbi sulla legalità del trasferimento di tali dati a terze parti. La governance è ulteriormente complicata dal coinvolgimento della eventuale Forza internazionale di stabilizzazione, che include attori statunitensi ed europei soggetti a proprie, stringenti, regole sul trasferimento di dati sensibili. La potenza o l’entità che manterrà il controllo esclusivo sui database biometrici e sul sistema C4I di IA manterrà, di fatto, il controllo operativo ultimo sull’HACS e quindi di Gaza. I dati biometrici si configurano così come un asset geopolitico chiave, e la disputa sulla loro sovranità sarà il fulcro della negoziazione sulla sicurezza post-bellica.

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L’ipotesi che il sistema di controllo di Gaza serva da modello pilota per l’esportazione in altri paesi trova una solida base nell’analisi delle dinamiche industriali e geopolitiche. Il territorio palestinese è stato fin qui attivamente utilizzato come un terreno di prova per il collaudo e la promozione di tecnologie militari e di sorveglianza. La guerra ha agito da catalizzatore per l’industria della difesa locale, accelerando la conversione delle start-up civili verso l’applicazione militare. L’esperienza estensiva di utilizzo di questi sistemi in un ambiente di urban warfare fornisce un’esperienza operativa unica. L’HACS di Gaza sarebbe, di fatto, un prodotto finito di Homeland Security (HLS), sviluppato e validato sul campo, pronto per essere commercializzato come un “pacchetto di stabilizzazione provato” ad alta efficienza. La conseguenza geopolitica più significativa sarebbe la normalizzazione internazionale della sorveglianza estrema. Il successo, o la percezione di successo, dell’HACS a Gaza fornirebbe una potente giustificazione politica per la sua adozione in altri contesti post-conflitto o in smart cities occidentali che desiderano un controllo ad alta efficienza. Questi strumenti, originati da pratiche militari e di controllo coercitivo, verrebbero così sdoganati e venduti globalmente come il nuovo standard di sicurezza urbana.

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