I punti critici (tipping points): clima, impero, AI
di Paolo Di Marco
Ricordo la prima volta che ne parlai pubblicamente, quando a un seminario alla Facoltà di Architettura del Poli Milano nell’84 raccontai ai colleghi come nasce il caos, facendo il classico esempio del cerchio di difesa del cane: se sei fuori il cane non reagisce, se entri attacca; se sei proprio sul bordo allora il fattore distanza perde importanza e intervengono altri fattori secondari (odore, atteggiamento…). Un fenomeno lineare e prevedibile diventa improvvisamente multifattoriale e caotico, quindi imprevedibile.
Ma vale anche nel verso opposto: se dal bordo entri dentro tutta la complessità scompare, e con essa l’imprevedibilità: il cane attacca.
a) il clima
Questo è quello che succede con i fattori climatici, dove per varie componenti si sono evidenziati i punti critici: quelli oltre i quali inizia una discesa certa e inarrestabile. Sappiamo che esistono, in parte sappiamo anche dove collocarli nel tempo.
Uno è l’Amoc, di cui ho già parlato (Il mondo, come lo conosciamo, finisce nel 2050, Poliscritture.it, 27/11/2025)
Un altro è il ghiaccio dell’Artico: i fattori del suo scioglimento sono molti, ma una volta sciolto totalmente (ed è qualcosa che oggi si vede solo per qualche giorno l’anno- ma sempre di più) non si riforma più per migliaia di anni; e tutta l’energia solare che i ghiacci polari riflettono verrà assorbita dall’acqua; risultato netto: 2° in più in permanenza; il che fa prevedere a fine secolo 4° in più in media. (vediamo poi se riusciamo a prevedere come questo si combina col raffreddamento atlantico dovuto al collasso dell’Amoc)
Un altro è l’Amazzonia; lungo la strada attuale vi sono due percorsi possibili: nel primo la foresta pluviale (organismo delicato e instabile di per se, con un metabolismo che crea molta della pioggia che torna ad alimentarla) continua la strada attuale di estinzione e passa da assorbitore di CO2 a emettitore netto; col che aumenta ancora l’effetto serra; l’altro cammino legato all’Amoc vede l’Amazzonia invertire le stagioni (e i due cammini non sono mutuamente esclusivi, nel senso che il risultato finale può essere una combinazione dei due elementi).
E poi vengono gli oceani, finora i maggiori assorbitori di CO2… ma che sono quasi saturi;
e la Groenlandia coi suoi ghiacciai, che mentre nei modelli basati sulle osservazioni satellitari aveva un andamento assai lento, secolare di scioglimento, all’osservazione diretta ha rivelato di essere un gruviera, con fiumi sotterranei che l’erodono dall’interno, e quindi un potenziale elevato di collasso a breve termine.
Di fatto non si parla più di punti critici ma di catene critiche, cascate potremmo dire…
Il loro insieme apparentemente non dà sempre un risultato lineare, come lo scioglimento dell’Artico che riscalda e il blocco dell’Amoc che raffredda; in realtà quello che succede è che man mano i singoli fattori che rendono il clima un sistema complesso -quindi con molte incertezze di previsione- prendono una strada definita, si autonomizzano, e improvvisamente il clima prende un cammino ben definito e inevitabile.
E il risultato è un pianeta assai diverso da quello sostanzialmente stabile e accogliente in cui l’umanità ha passato la massima parte del suo tempo.

(C’è un tipo di propaganda, sponsorizzata da petrolieri e affini ma che ha contagiato anche le menti più deboli della ‘sinistra’, che imputa l’onere delle cause, e quindi anche delle risposte, ai comportamenti individuali. È totalmente ingannevole, perché anche i comportamenti individuali sono spinti e forgiati dalle poche mani che controllano le grandi scelte e rimandano quindi ai fondi finanziari /BlackRock, Vanguard…e i loro azionisti di riferimento, ma soprattutto le grandi scelte sulle fonti di energia sono loro. Ed è a loro che vanno chieste, magari non educatamente, le ragioni della svolta fossil-militarista degli ultimi anni.)
b) l’impero americano
Finché ce lo dicevano dei critici dell’impero come Sachs e Mersheimer potevamo pensare che mescolassero realtà e desideri, ma ora che anche un liberale moderato come Krugman, premio Nobel ma soprattutto intelligente. Ci dice che è l’inizio della crisi possiamo anche prenderlo sul serio. Il controllo americano sul mondo ha due braccia (di cui abbiamo già parlato in Le armi segrete dell’impero e la sua nemesi, Poliscritture.it. 24/9/24). Quella militare e quella finanziaria, col dollaro e lo Swift come strumenti. Ogni scambio che avviene nei più remoti angoli del mondo viene tracciato -e, se a lorsignori sembra il caso- sanzionato, grazie al fatto di essere denominato in dollari e registrato attraverso lo Swift. Ma quest’ultimo anno, grazie alla combinazione della forza e penetrazione crescente della Cina e del fatto che zio Sam aveva tirato troppo la corda, questo meccanismo ha iniziato a scricchiolare: Cina e Russia hanno fatto scambi nelle proprie valute e con una base digitale cinese, sempre Cina e Arabia Saudita hanno scambiato petrolio pagando in yuan. Non è ancora una massa di scambi abbastanza massiccia da mettere in crisi il dominio del dollaro, ma sono i primi scricchiolii che avvertono che il ramo sta cedendo; anche perché una volta aperta la strada molti sono i soggetti pronti a seguire il cammino, a partire dagli altri paesi del Sud e dell’Est del mondo.
c) l’AI
Negli ultimi mesi qualche finanziere, compreso quello che aveva anticipato-guadagnandoci-la crisi del 2008, ha lanciato un grido d’allarme sull’AI, avvertendo che la bolla sta per scoppiare. Qualcuno potrebbe gioire del fatto che finalmente il grande bluff ideologico sia stato smascherato (v. AI, Equivoci e minacce, 29/5/25, Poliscritture-it), ma in realtà il successo dell’AI è largamente indipendente dalla solidità delle sue basi epistemiche. L’AI ha solo cominciato a sostituire molte delle attività ripetitive (e con questo intendiamo quelle che non aggiungono informazioni nuove- nel senso tecnico del termine) sia negli uffici sia nel campo digitale (sul web) ma anche nella produzione (quella già robotizzata). Ed è solo l’inizio, perché, a cascata, sta mostrando -per chi ha ancora occhi per vedere- quanto del lavoro e delle attività quotidiane siano superflue, necessarie in certe fasi alla riproduzione del capitale ma del tutto eliminabili e soprattutto estranee all’uomo.
E potrebbe anche essere, a suo modo, un conto alla rovescia.









































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