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quieora

Lenin in Inghilterra, Krahl in Italia1

di Marcello Tarì

Questo articolo mi è stato domandato tempo fa da Meike Gerber, Julian Volz e Emanuel Kapfinger per il volume “Für Hans-Jürgen Krahl. Beiträge zu seinem antiautoritären Marxismus” che esce in questi giorni in Germania per la casa editrice Mandelbaum Verlag in onore e memoria del leader francofortese del SDS scomparso a soli 27 anni nel 1970. Il volume tratta i temi centrali delle sue ricerche come l’analisi di classe, il suo confronto con Adorno, la mediazione di teoria e pratica, la dialettica e quindi la ricezione internazionale e la rilevanza contemporanea dell’approccio antiautoritario di Krahl. L’articolo è una breve rassegna ragionata della ricezione della sua opera in Italia a partire dal 1968 e nella sua versione tedesca è arricchito da una bibliografia e alcune note esplicative per il pubblico tedesco. Hanno partecipato al volume Pauline Corre-Gloanec, Samuel Denner, Andreas George, Meike Gerber, Emanuel Kapfinger, Robin Mohan, Alexander Kluge, Hermann Kocyba, Hans-Jürgen Krahl, Marcello Tarì, Julian Volz e Frieder Otto Wolf

01 2 1024x758La ricezione italiana delle idee di Hans-Jürgen Krahl fu non solo immediata rispetto alla loro formulazione, ma quasi contemporanea a quella della Scuola di Francoforte da parte del grande pubblico. Sebbene infatti alcuni dei lavori di T.W. Adorno fossero stati pubblicati in italiano a partire dalla metà degli anni ’50 – ma Dialettica dell’illuminismo appare in traduzione italiana solamente nel 1966 – fino al ’68 le idee della scuola francofortese non ebbero grande circolazione oltre il ristretto circolo di specialisti e studiosi, soprattutto per via dello stretto controllo del Partito Comunista sul dibattito teorico che al tempo era ancora dominato dallo storicismo nella sua variante specificamente italiana. Quindi, la cosa abbastanza curiosa che accadde è che la conoscenza della Scuola di Francoforte da parte del grande pubblico fu contemporanea a quella della sua critica da sinistra operata dal movimento studentesco tedesco. Non per caso, a parlare per primi di Krahl in Italia furono due giovani ricercatori italiani che si trovavano a studiare la Teoria Critica a Francoforte durante il ’68 e che ovviamente partecipavano alla ribellione in corso, la quale era una rivolta contro la società capitalista ma anche nei confronti dell’ortodossia marxista-leninista e dello storicismo (e il moralismo) italiano.

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sinistra

Multinazionali, poteri forti locali, movimenti alternativi territoriali 

(ovvero come liberarsi dall’abbraccio soffocante delle multinazionali)

di Moreno Biagioni

index9865ruL’influenza delle multinazionali in Toscana

In Toscana, in particolare nell’area Firenze/Pisa, si sta verificando sempre più spesso quanto sia nefasta l’influenza, il potere, la possibilità di incidere sulla vita delle persone che abitano un determinato territorio, da parte delle multinazionali, cioè di questi modernissimi “padroni del vapore” che risultano lontani e inafferabili – in quanto privi di quella “corporeità” che caratterizzava in buona parte le controparti padronali di un tempo -.

Soffermiamoci, a titolo esemplificativo, su alcuni casi.

La vertenza GKN innanzitutto: le sue maestranze hanno come avversaria la finanziaria Mellrose, che ha licenziato con una mail, dalla sua sede inglese, senza alcun confronto preventivo, oltre 400 lavoratori (soltanto una dura lotta, che ha coinvolto l’intera società, non solo fiorentina, e su cui torneremo in seguito, ha impedito i licenziamenti immediati).

La ragione di questo comportamento è che Mellrose ritiene opportuno delocalizzare la produzione in un paese in cui le retribuzioni e i diritti di chi lavora sono minori. E’ necessario quindi opporsi alle delocalizzazioni (e nel contempo, con una visione “internazionalista”, sempre più necessaria, sostenere l’impegno dei lavoratori del paese in cui si vuole delocalizzare per maggiori retribuzioni e diritti).

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machina

La pattumiera della storia

di Sergio Bianchi

A introduzione del corso su Gli autonomi Le storie, le lotte, le teorie (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/gli-autonomi-le-storie-le-lotte-le-teorie), pubblichiamo il Prologo di Sergio Bianchi all’omonimo libro (Vol. I). 

0e99dc 32dd93c79f994faf82648b0933bf1738mv2«Estremisti», «violenti», «provocatori», «mestatori», «prevaricatori», «squadristi», «diciannovisti», «fiancheggiatori», «terroristi». Questi sono solo alcuni degli epiteti coniati nel corso degli anni Settanta da illustri opinionisti, intellettuali, dirigenti di partito e di sindacato per definire gli autonomi, una variegata area di rivoluzionari attivi in quegli anni nel nostro paese.

Il giorno 7 aprile 1979 un’imponente iniziativa giudiziaria accusò decine di dirigenti e militanti autonomi di essere a capo di tutte le organizzazioni armate attive in Italia e il cervello organizzativo di «un progetto di insurrezione armata contro i poteri dello Stato».

Il «teorema Calogero», dimostratosi col tempo del tutto infondato, fece da iniziale supporto ad arresti di massa, detenzioni preventive nei carceri speciali, processi durati anni e condanne a lunghe pene.

Ma gli autonomi erano davvero solo quel coacervo di estremismo irrazionale, violento e disperato così come risulta dalle cronache istituzionali dell’epoca?

Non vi è dubbio che la demonizzazione mediatica e la criminalizzazione giudiziaria ebbero la meglio nel consegnarli alla storia successiva con questo drastico giudizio. Resta però il fatto che a trent’anni da quegli eventi nessuno ha voluto o è riuscito a narrare che cosa è stata realmente l’area dell’autonomia operaia, quali sono state cioè le sue origini, le sue basi teoriche, le sue linee politiche e le sue pratiche conseguenti, le sue differenze dai gruppi extraparlamentari e da quelli che animarono la lotta armata.

I «vincitori», protagonisti residui ed epigoni del sistema dei partiti che governarono allora la cosiddetta Prima repubblica, non hanno ovviamente oggi alcun interesse nel promuovere una revisione di quel giudizio. I «perdenti», quelli non direttamente annientati, hanno nei decenni trascorsi adottato un profilo perlopiù silente, forse per effetto dell’interiorizzazione catastrofica di una sconfitta vissuta non solo sul piano politico ma anche su quello, ben più delicato, dell’esistenza nel suo complesso.

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lacausadellecose

Note di commento al documento di Assemblea militante

di Michele Castaldo

159226Scrivo queste note con qualche difficoltà perché si tratta di discutere di un documento, Per un’opposizione di classe alla gestione autoritaria della pandemia, prodotto dai compagni costituitisi in Assemblea militante, un gruppo di compagni di vecchia data e per lo più di storica conoscenza, nei confronti dei quali c’è stima e affetto per un passato di comune militanza. Perché con qualche difficoltà, perché le questioni sono spinose e nel maneggiarle ci si punge. Tralascio quello che non serve per focalizzare alcuni punti, la cui natura teorica ha immediati risvolti politici, come i compagni correttamente indicano fin dal titolo del testo in questione.

Va innanzitutto detto che lo spirito del documento è tutto improntato a un intervento politico sul problema, dunque a non subire passivamente le iniziative dei vari poteri economici, scientifici, politici, culturali e governativi su una questione storica molto complessa. Dunque la critica – se tale è – deve tener conto dell’intento, che volge verso un’azione contro l’insieme dell’impalcatura di potere che da questa pandemia si è costruita.

Inutile nascondersi dietro un dito, bisogna avere nervi saldi e mantenere un necessario equilibrio per evitare le esagerazioni che renderebbero vano lo sforzo che si vuole profondere.

Scrivono i compagni: « Tutti questi morti, e sono la stragrande maggioranza, non hanno niente a che vedere con la diffusione del virus, ma con la strategia di “contrasto” (per non dire di aggravamento) messa in atto dal governo e dai suoi “esperti” selezionati. Si è trattato di una vera e propria strage di Stato di cui forse nessuno renderà mai conto, realizzata proprio in nome della difesa della salute pubblica ».

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carmilla

La variante cinese

di Nico Maccentelli

MV5BMjY3Njk4MjYtYTBiMC00OWEyLWE1NDItNDM0Y2M1OTJkZjliXkEyXkFqcGdeQXVyNjI5NTk0MzE. V1 768x1024“Uno degli elementi più negativi nel pensiero comunista europeo degli ultimi 30 anni è sicuramente rappresentato da una concezione astratta del “socialismo”. Ridotto a una serie di princìpi totalmente indipendenti dalla realtà storica, validi in modo identico per qualsiasi formazione sociale (europea, asiatica, africana o americana), pressoché impossibili da rispettare concretamente. Una sorta di paradiso originario collocato nel lontano futuro anziché nel passato remoto.”

Inizia così un articolo di Contropiano a firma di Francesco Piccioni su un pezzo di Guido Salerno Aletta, dal titolo: Tra stato e mercato la Cina e l’Occidente neoliberista, attaccando praticamente chi riguardo la Cina di oggi non ripone fiducia nelle “magnifiche sorti” del suo inesistente socialismo.

In realtà l’articolo in questione inizia con un falso storico-temporale che occulta e separa dalla questione cinese odierna un tema fondamentale per tutto il movimento comunista novecentesco e odierno: la lotta contro il revisionismo e ciò che differenzia una sinistra rivoluzionaria da questo. Altrimenti la storiella della “concezione astratta del socialismo” non reggerebbe. E il falso è nella datazione dei 30 anni.

E in realtà non sono 30, bensì 60 anni che questo dibattito divide il movimento comunista, sin dai tempi in cui il maoismo ha rappresentato nello scontro politico con il togliattismo la linea di demarcazione tra una visione rivoluzionaria e una revisionista. E fu proprio la politica rivoluzionaria maoista a fare da incipit a gran parte delle lotte di liberazione antimperialista e alle sinistre rivoluzionarie dalle campagne alle metropoli.

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cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”

Intervista a Rolando Giai-Levra

IMMAGINE TERZO EDITORIALE Giai LevraD. Non si può parlare di comunismo senza parlare di classe operaia: Vorresti dirci qualcosa sulla storia del movimento operaio in Italia, sulle sue lotte e sulle sue conquiste?

Lo sviluppo della lotta fra le classi ha generato una classe formidabile e generosa, quella operaia, che Marx-Engels-Lenin indicavano come la classe che, liberando se stessa dalla schiavitù del lavoro salariato, libererà tutta l’umanità dall’oppressione e dallo sfruttamento capitalistico. È la classe che Gramsci definiva classe dei produttori in grado di produrre una grande ricchezza sociale, più di quanto necessita alla sua riproduzione; quindi, caratterizzata da un alto carattere sociale, di dimensione internazionale e che nel sistema dei rapporti di produzione si trasforma in profitto di cui si appropriano i capitalisti, tramite il loro potere politico borghese. Questa è la condizione materiale in cui si genera e si sviluppa la contraddizione fondamentale di classe e il conflitto tra capitale e lavoro, tra salario e profitto.

In questo processo storico, la classe operaia italiana ha dimostrato di saper affrontare situazioni complesse e difficili, andando oltre i confini della lotta di resistenza (sindacale) contro lo sfruttamento della classe capitalista, ponendo una questione centrale relativa al controllo e alla gestione del lavoro e della produzione in fabbrica. La prima esperienza storica è stata quella del biennio rosso del 1919/1920 in cui gli operai con i propri Consigli di Fabbrica sostenuti dai comunisti dell’“Ordine Nuovo”, passarono all’occupazione delle fabbriche, anche con le armi, per sottrarle al controllo dei capitalisti. Questa esperienza fallì per il boicottaggio del riformismo italiano, in quel momento annidato nel P.S.I. che egemonizzava anche la direzione della CGIL. La seconda esperienza storica è stata quella del grande movimento dei Consigli di Fabbrica nato nei primi anni ‘60 con le lotte degli elettromeccanici e dei tessili, fino a raggiungere un elevato livello politico nel 1969 in grado di controllare l’organizzazione del lavoro e della produzione in fabbrica.

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sinistra

Per un’opposizione di classe alla gestione autoritaria della pandemia

di Assemblea militante

dhl set2Quello che segue è un testo frutto dell’elaborazione collettiva e condivisa di un gruppo di compagni, provenienti da diverse realtà territoriali e da diverse esperienze politiche pregresse, sebbene tutte riconducibili alla sinistra classista. Nel corso di questi mesi siamo stati attivi nelle mobilitazioni contro la gestione autoritaria della pandemia e abbiamo promosso proprie iniziative per estendere e qualificare in senso classista il movimento in corso.

Dallo scambio iniziale di materiali e di esperienze si è creato un circuito di confronto che ha cercato di mettere a fattor comune le pratiche e le riflessioni maturate nel corso di quest’attività. Il testo vuole essere un contributo per estendere ancora di più questo confronto ad altri compagni che in questi mesi hanno maturato un giudizio simile al nostro sulla vicenda della pandemia e un invito a unirsi a noi (nel caso si riconoscano in esso) in questo circuito che abbiamo chiamato Assemblea Militante, per sottolineare che il nostro non vuole essere un consesso di pura discussione ma di impegno attivo e possibilmente coordinato e condiviso.

Siamo convinti che, anche se il movimento dei mesi scorsi vive una fase di difficoltà, esso sia un interessante banco di prova per le caratteristiche con cui si ripresenterà lo scontro tra le classi e la lotta anticapitalistica nel prossimo futuro. Inoltre riteniamo che il movimento stesso non abbia esaurito tutte le sue potenzialità e che nei prossimi mesi, anche per la pervicacia e la manifesta irrazionalità delle misure imposte dal governo, esso sarà costretto a ritornare in campo.

Siamo altresì convinti che la vicenda della pandemia abbia rappresentato uno spartiacque per tanti compagni che hanno dovuto assistere al fallimento delle varie sigle della cosiddetta sinistra antagonista sindacale e politica che nella stragrande maggioranza si sono adeguate alla narrazione dominante sul tema della pandemia diffusa dalle istituzioni e dai mass media, assumendo posizioni politiche di piena subalternità alla suddetta narrazione.

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cumpanis

Il Partito che vogliamo

di Fosco Giannini

Immagine Secondo Editoriale Giannini 1

 

“Nessun modo migliore può esistere di commemorare il quinto anniversario della Internazionale comunista, della grande associazione mondiale di cui ci sentiamo, noi rivoluzionari italiani, più che mai parte attiva e integrante, che quello di fare un esame di coscienza, un esame del pochissimo che abbiamo fatto e dell’immenso lavoro che ancora dobbiamo svolgere, contribuendo così a chiarire la nostra situazione, contribuendo specialmente a dissipare questa oscura e greve nuvolaglia di pessimismo che opprime i militanti più qualificati e responsabili e che rappresenta un grande pericolo, il più grande forse del momento attuale, per le sue conseguenze di passività politica, di torpore intellettuale, di scetticismo verso l’avvenire.

Questo pessimismo è strettamente legato alla situazione generale del nostro paese; la situazione lo spiega, ma non lo giustifica, naturalmente. Che differenza esisterebbe tra noi e il Partito socialista, tra la nostra volontà e la tradizione del Partito socialista, se anche noi sapessimo lavorare e fossimo attivamente ottimisti solo nei periodi di vacche grasse, quando la situazione è propizia, quando le masse lavoratrici si muovono spontaneamente per impulso irresistibile e i partiti proletari possono accomodarsi nella brillante posizione della mosca cocchiera?

Così scriveva Antonio Gramsci all’inizio di un suo articolo (“Contro il pessimismo”) su “L’Ordine Nuovo” del 15 marzo 1924.

Nuvolaglia di pessimismo, passività politica, torpore intellettuale, scetticismo verso l’avvenire: non si addicono perfettamente, queste denunce di Gramsci del ’24, alla condizione politica, esistenziale, psicologica di una parte sicuramente non irrilevante dei comunisti italiani di questa nostra fase, siano essi iscritti ai loro partiti che comunisti senza tessera e organizzazione, cellule comuniste dormienti?

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cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta”

Intervista a Federico Fioranelli

IMMAGINE QUARTO EDITORIALE FIORANELLIAi suoi tempi, l’approccio di Marx all’economia e la sua critica all’economia politica fu senz’altro rivoluzionario. Potresti dirci se reputi che il pensiero economico di Marx sia valido ancor oggi?

Tutte le riflessioni di Karl Marx sono indispensabili per comprendere il funzionamento e le contraddizioni del modo di produzione capitalistico e, quindi, del mondo in cui viviamo.

Vi sono tuttavia alcuni aspetti dell’analisi marxiana che mostrano più di altri in modo chiaro e lampante i loro agganci con il presente.

Il primo è sicuramente quello che spiega l’origine del profitto, cioè lo sfruttamento del lavoratore.

Marx mostra che il modo di produzione capitalistico non è un processo del tipo M D M (dove M indica la merce e D il denaro), in cui la moneta serve solo all’intermediazione nello scambio delle merci, ma un processo del tipo D M D’, in cui si cede denaro per avere altro denaro e lo scopo è conseguire un profitto. Questo profitto si può però realizzare solo perché vi è una merce, la forza lavoro, che è fonte di valore.

Per forza lavoro, Marx intende la porzione del tempo di vita che il lavoratore, in cambio del salario, si trova costretto a vendere al capitalista per un motivo molto semplice: sopravvivere; dato che solo apparentemente il salariato esercita una libera scelta nel momento in cui cede la propria forza lavoro e che lo scambio sul mercato del lavoro, a differenza di tutti gli altri che avvengono all’interno del sistema economico, non è uno scambio tra pari, il capitalista può permettersi di pagare un salario più basso del valore che il lavoratore produce.

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noinonabbiamopatria

Riot, operaio nero e operaio bianco, classe e razzismo

di Noi non abbiamo patria

iamaman 1Nel mese di settembre Calusca City Lights (Archivio Primo Moroni) e radiocane.info hanno realizzato un progetto editoriale presentando una raccolta di testi inediti provenienti dagli Stati Uniti come testimonianze e riflessioni sul movimento di sollevazione che si è dato nel nome di George Floyd del 2020.

La raccolta ha come titolo Riots! George Floyd Rebellion 2020. Fatti, testimonianze e riflessioni edito da Edizioni Colibrì.

Il lavoro è davvero prezioso, perché troppo poco si è riflettuto e troppo spesso male circa gli avvenimenti che dall’omicidio di George Floyd il 25 maggio 2020 hanno infiammato gli Stati Uniti d’America in più di 100 città (nelle maggiori grandi città, nelle aree peri urbane suburbs e fino alle più piccole contee rurali ed exurbs) ed hanno visto il dispiegamento della Guardia Nazionale in più di 30 città, l’uso militare della polizia federale e del DHS, ed una mobilitazione attiva di ampi settori sociali che si sono contro mobilitati a difesa della supremazia bianca, della polizia e delle proprietà private minacciate. I fatti testimoniati e riflettuti proposti da questo lavoro editoriale di raccolta gettano uno squarcio sul “movimento reale che abolisce lo stato di cose presente” che si prospetta per il futuro, che, per quanto ritiene questo blog, esso mette alla prova la teoria rivoluzionaria del passato ereditata dalle varie interpretazioni del “Marx-pensiero” in special modo su razzismo, schiavitù ed il rapporto tra proletariato di colore e bianco.

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cumpanis

L’essenza, per le fondamenta

di Alessandro Testa

Proseguendo la serie di interviste ed approfondimenti apparsi sotto il titolo “L”essenza, per le fondamenta”, pubblichiamo di seguito una breve riflessione del compagno Alessandro Testa su di un tema che ci appare della più grande importanza ed attualità, ovvero l’impatto dei cambiamenti sociali ed economici contemporanei sulla composizione di classe e sulla produzione del valore

IMMAGINE TERZO EDITORIALE TESTASappiamo tutti che una delle basi del comunismo, sin dalle sue origini, é il concetto di “lotta di classe”, un concetto che deriva da tutto un insieme di riflessioni relative alle modalità tipiche della produzione in seno al capitalismo, alla specifica natura della produzione del valore in tale contesto ed infine alle modalità all’organizzazione del lavoro ed ai rapporti sociali ad essa sottesi.

Ci rendiamo senza dubbio conto che una riflessione di tale portata non può essere conclusa – anzi non può probabilmente essere neppure abbozzata – nello spazio necessariamente ristretto di un articolo di rivista, ed auspichiamo perciò che questo spunto possa fungere da stimolo per un dibattito cui invitiamo sin d’ora a prendere parte tutti i compagni che lo desiderino, dato che riteniamo che questo sia un momento ineludibile nell’elaborazione di quell’impalcatura teorica fondamentale per la costruzione di un vero ed efficace partito comunista.

Siamo vieppiù consapevoli del fatto che un’analisi che volesse dirsi veramente scientifica necessiterebbe di una forte ed organica capacità di raccolta e valutazione di dati socioeconomici acquisiti con metodo e criterio. Purtroppo oggi i luoghi di produzione della scienza e della cultura – università, società scientifiche, fondazioni di ricerca eccetera – sono praticamente tutti nelle mani di coloro che hanno sposato senza dubbi e senza ritegno il dogma del pensiero unico liberista, e quindi ci risulta difficile prefigurare una rinascita della ricerca scientifica di stampo marxista in questo settore. Nonostante questo, pur nella consapevolezza della fragilità scientifica e metodologica delle nostre riflessioni, andiamo comunque ad incominciare.

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sollevazione2

Tesi sul cybercapitalismo

di Liberiamo l’Italia

Preceduta dalle conferenze dei Comitati Popolari Territoriali, si è svolta il 13 e 14 novembre 2021 la II. Conferenza nazionale per delegati di Liberiamo l’Italia. Tra i documenti discussi e approvati le Tesi sul cybercapitalismo, approvate all'unanimità

93629813 2091481284330354 2876092414173380608 nIl tornante storico

1. Con il crollo dell’Unione Sovietica l’élite americana (sia neocon che clintoniana) scatenò un’offensiva a tutto campo per trasformare l’indiscussa preminenza degli U.S.A. nei diversi campi — economico, finanziario, militare, scientifico, culturale — in supremazia geopolitica assoluta. L’offensiva si risolse in un fiasco. Invece del nuovo ordine monopolare sorse un disordinato e instabile multilateralismo.

2. La grande recessione economica che colpì l’Occidente, innescata dal disastro finanziario americano del 2006-2008, fu un punto di svolta dalle molteplici conseguenze. Indichiamo le principali: (1) il “capitalismo casinò” — contraddistinto dalla centralità della finanzia predatoria: accumulazione di denaro attraverso denaro saltando la fase della produzione di merci e di valore — dimostrava di essere una mina vagante per il sistema capitalistico mondiale; (2) il modello economico neoliberista, quello che aveva consentito la metastasi della iper-finanziarizzazione, esauriva la sua spinta propulsiva ; (3) la globalizzazione liberoscambista a guida americana giungeva al capolinea sostituita da una “regionalizzazione” delle relazioni economiche mondiali e dalla rinascita di politiche protezionistiche; (4) la Cina, uscita dallo sconquasso come principale motore del ciclo economico mondiale, occupava il ruolo di nuovo alfiere della globalizzazione; (5) una profonda scissione maturava in senso alle élite occidentali: la crisi di egemonia delle frazioni mondialiste alimentava il fenomeno del populismo. Così ci spieghiamo la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti, l’avanzata dirompente di nuove forze politiche “sovraniste” in diversi paesi europei (Italia in primis), la Brexit.

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cumpanis

“L’essenza, per le fondamenta” 

Lotta antimperialista e Internazionale comunista

Alessandro Testa intervista Epiro 1940

Con lo pseudonimo Epiro 1940 ha risposto alle domande di "Cumpanis" un noto docente, saggista ed analista geopolitico ed economico italiano

Immagine primo Editoriale Intervista Demostenes Floros 1020x1024D. In questa fase storica, stiamo assistendo all’esplodere di innumerevoli contraddizioni in seno al capitalismo, contraddizioni di quelle che Lenin definì magistralmente “l’imperialismo, fase suprema del capitalismo”. Dal tuo punto di vista, quali sono i punti salienti della situazione odierna per ciò che concerne la situazione politico-economica?

R. In primo luogo, credo sia importante riportare la definizione di Imperialismo che Vladimir Ilic Uljanov, detto Lenin, diede nel 1916: “stadio monopolistico del capitalismo”.

Ad essa, il padre della rivoluzione bolscevica associò cinque tesi:

I. La concentrazione della produzione e del capitale (il secondo è l’aspetto preponderante) con conseguente formazione dei monopoli;

II. La fusione del capitale bancario col capitale industriale (con tendenziale prevalenza del primo sul secondo) e conseguente creazione di una oligarchia finanziaria;

III. Il prevalere dell’esportazione di capitali su quella delle merci;

IV. La nascita di associazioni monopolistiche transnazionali;

V. La ripartizione della terra tra le più grandi potenze capitalistiche (aspetto militare).

A mio avviso, tutti i “cinque i principali contrassegni” suggeriti al tempo da Lenin mantengono tutt’ora la loro validità, anche se andrebbero profondamente aggiornati in base alla realtà attuale.

Desidero suggerire qualche spunto di riflessione in merito alla centralizzazione della produzione e del capitale in questa fase di ripresa del processo di accumulazione dopo le crisi del 2007-09 e 2020, se non altro per le implicazioni politiche che ne conseguono.

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lantidiplomatico

Appello: Unità per il Partito Comunista in Italia

720x410c50Siamo comuniste e comunisti.

Il possente vento reazionario, conservatore, nichilista che si è levato in questi ultimi decenni in Italia non ha mutato la nostra coscienza politica, non ci ha sospinti nella passività e nell’individualismo.

Non ci siamo arrese, non ci siamo arresi.

I grandi valori della lotta contro la guerra, dell’uguaglianza, della solidarietà, l’orrore dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla donna, tutto ciò che filosoficamente e politicamente è sintetizzabile nella gloriosa parola “comunismo”, segnano e segneranno per il domani la nostra vita, il nostro pensiero, il nostro impegno.

Siamo compagne e compagni italiani.

Non ci siamo mai pentiti della nostra scelta di vita.

Siamo convinti sostenitori della Rivoluzione d’Ottobre, della sua vittoria sul nazifascismo, di tutti i grandi moti rivoluzionari, antimperialisti e anticolonialisti che dall’Ottobre sono scaturiti; il movimento anti-colonialista in Africa e in Asia, la Rivoluzione Cinese, la Rivoluzione Cubana, la lotta per l’indipendenza del popolo coreano, le conquiste sociali e civili in Occidente su spinta del movimento operaio, la vittoria del popolo e del Partito Comunista del Vietnam, il grande e decisivo ruolo del Partito Comunista del Sud Africa nella lotta vincente contro l’apartheid, di ogni grande lotta di liberazione che il movimento comunista mondiale, nel suo insieme, ha condotto e tuttora, con grande energia, conduce su scala planetaria.

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cumpanis

Il ritorno della politica di classe

di Maxi Nieto

Da “El Viejo Topo”, 23 ottobre 2021. “Cumpanis”, nello spirito di collaborazione e scambio reciproco di articoli e saggi con la prestigiosa rivista spagnola “El Viejo Topo”, pubblica questo interessante Prologo di Maxi Nieto al libro di Jesús Rodríguez Rojo Las tareas pendientes de la clase trabajadora (I compiti futuri della classe operaia). A cura di Liliana Calabrese

piano economico e composizione di classeParlare oggi, a braccetto con Marx, di classi sociali, rivendicandone la centralità per l’analisi sociale contemporanea, costituisce una via privilegiata di accesso alla comprensione teorica del modo di produzione capitalistico come vera totalità strutturale – con una propria logica di funzionamento e leggi oggettive del movimento –, e con esso anche alla precisa conoscenza della sua manifestazione attuale, già pienamente globalizzata. E rappresenta quella via privilegiata di discernimento teorico perché, in tempi di regressione sociale globalizzata e di ricomposizione politica delle forze sociali in conflitto, l’analisi di classe ha oggi più che mai l’inestimabile virtù di delimitare con chiarezza e immediatezza i campi di confronto del mondo nel dibattito che attraversa tutte le scienze sociali interessate all’emancipazione umana, schematicamente, e in definitiva, tra marxismo e post-marxismo, rivela direttamente le implicazioni e le potenzialità politiche di ciascuno.

A differenza di quanto accade con gli approcci sociologici all’uso (a cui partecipano anche i molti vari rappresentanti del post-marxismo che egemonizza il pensiero di sinistra degli ultimi quattro decenni), le classi sociali nella ricerca di Marx non forniscono una mera rappresentazione tassonomica delle stratificazione nelle economie in cui dominano i rapporti di produzione capitalistici, una classificazione che coesisterebbe senza poter rivendicare alcuna preminenza teorico-politica con molte altre linee di frattura e di ordinamento sociale.