Ucraina, l’agonia del regime
di Fabrizio Casari
Marzo 2021. In un controllo casuale spuntano duecento chili di banconote. Due quintali di bigliettoni fascettati, mica due buste della spesa. C’erano dentro 28,8 milioni di dollari e 1,3 milioni di euro. Destinazione Ungheria, viaggio di sola andata. Era solo l’antipasto, la portata principale doveva ancora arrivare. Erano passate solo 4 settimane dall’inizio dell’operazione Militare Speciale russa in Ucraina e già la tribù di Zelensky cominciava a mettere al sicuro parte dei finanziamenti europei e statunitensi stanziati per far sì che gli ucraini, carne da cannone per l’ennesima tappa di ampliamento verso Est della NATO, obbligassero la Russia ad una guerra lunga, costosa, difficile da vincere.
L’inchiesta di oggi, quasi 4 anni dopo, è ancor più devastante. C’è un suo uomo chiave: Timur Mindich, ideatore dello schema di tangenti, del valore di 86 milioni di euro, con il pagamento del 10-15% su ogni contratto energetico. Nella sua casa sono stati scoperti water e bidet d’oro massiccio, credenze di cucina straripanti di sacchetti di banconote da 200 euro.
Mindich è intimo amico di Vladimir Zelensky. Amico di assoluta fiducia, tanto che è comproprietario tuttora della casa di produzione Kvartal 95, che fino al 2019, quando l’allora comico Zelensky vinse le elezioni, ne produceva gli show. Soprattutto, è stato Mindich a presentare a Zelensky il miliardario Kolomoyskyi, principale finanziatore della sua campagna elettorale nel 2019.
Lo scandalo si aggiunge ai report del Pentagono sulla corruzione ucraina, dove si stima in al 30% del totale dell’armamento leggero (fucili mitragliatori, pistole, granate etc) il flusso di armi che mancano all’appello. E’ ovvio ipotizzare che siano finite alle organizzazioni criminali caucasiche e all’Isis, che in Africa conta sulla presenza in vesti di consiglieri militari di militari ucraini, spediti da Washington a contrastare la Wagner in Libia e a sottoporre la Nigeria a pressioni terroristiche, dopo che nel Gennaio 2025 è entrata nei BRICS.
C’era chi, sin da prima che il conflitto con Mosca esplodesse, aveva ricordato che l’Ucraina, sin dall’era Timoshenko ma a maggior ragione dopo il colpo di stato del 2014, era considerato universalmente uno dei paesi più corrotti del mondo. Lo dicevano le OnG statunitensi come Transparency International e la stessa Unione Europea, che a Kiev aveva anche rivolto sanzioni e avvertimenti sulla difficoltà di adesione alla UE se non avesse messo in ordine la casa, piena di corruzione, leggi discriminatorie, violazioni costituzionali e ruberie diffuse, soprattutto tra i membri dell’establishment.
La UE sembra però voler continuare a riempire le tasche della cricca Zelensky con iniezioni di miliardi di Euro, fomentando così uno scambio virtuoso per cui Bruxelles guadagna tempo e Kiev guadagna soldi. Obiettivo? Far durare una guerra che è persa militarmente e politicamente.
Il contesto militare
Del resto, a fronte di un esborso che ha ormai raggiunto i 504 miliardi di Euro in 45 mesi (366 milioni di Euro al giorno), alla fornitura dei migliori sistemi d’arma a disposizione della NATO e ad una copertura politico-mediatico come mai prima d’ora dalla nascita del patto Atlantico, la realtà sul terreno non lascia spazio a dubbi. L’esercito ucraino, inizialmente forte di 800.000 uomini e considerato tra i primi 20 eserciti a livello mondiale, non esiste più. Chiede agli occidentali di entrare direttamente in guerra, mentre proprio gli ucraini non vogliono parteciparvi: il ritmo delle diserzioni (circa 2500 al mese) è inarrestabile e l’esclusione dei candidati alla leva grazie a mazzette versate a politici e militari ha formato un altro serbatoio di corruzione non indifferente. I sette milioni di “rifugiati” in Europa non ci pensano nemmeno a tornare per difendere la patria, al punto che il Cancelliere Merz ha ordinato a Zelensky di prendere provvedimenti perché Berlino non ha intenzione di mantenere a vita gli ucraini rifugiatisi in Germania.
La situazione sul terreno obbliga ad una accelerazione dei piani per far fronte ad un quadro che vede la fine approssimarsi. Gli europei, principali sconfitti di questa guerra, vedono il pesantissimo ridimensionamento della UE e delle sue ambizioni globali, ma insistono nel finanziare Kiev sperando di ritardare l’ammissione della sconfitta. Perchè è chiaro che l’intero gruppo dirigente UE, che ha sostenuto l’Ucraina ed ha aperto una fase di guerra aperta contro la Russia, lo ha fatto contro il volere degli europei e procurando danni incalcolabili all’economia e al ruolo internazionale dell’Europa. E’ quindi altrettanto chiaro che il loro futuro politico è bruciato e che le dimissioni in blocco della Commissione Europea sarà il prezzo inevitabile da pagare. L’importante, per il deep state USA, è che la loro uscita di scena avvenga dopo la promulgazione dell’economia di guerra che consenta la riconversione a fini bellici dell’economia UE, in modo che gli ordinativi per il complesso militar industriale USA proseguano e che la Germania possa procedere con le ambizioni neo-egemoniche a tinte nazistoidi.
Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno ottenuto quello che volevano in Ucraina: la rottura dell’asse commerciale tra Russia e UE e la fine dell’Eurasia come progetto globale. Ma anche per loro il prezzo pagato è alto: la sconfitta militare patita si aggiunge a quella in Afghanistan e questo conferma quanto disse Macron all’epoca della fuga USA da Kabul, quando affermò: “La NATO è cerebralmente morta”. Il potere di deterrenza atlantico resta certamente forte ma non al punto da spaventare due giganti militari come Mosca e Pechino. In Ucraina si è dimostrato che l’annunciata superiorità militare strategica della NATO sia in parte sopravalutazione propagandistica, perché alla prova dei fatti la verità sul campo di battaglia è che l’esercito russo oltre a quello ucraino ha sconfitto i 31 paesi NATO.
La Russia ha mostrato di disporre di sistemi d’arma migliori e molto più economici, dal mezzo blindato fino alla balistica strategica e, soprattutto, ha tracciato una linea rossa invalicabile e dimostrato l’intenzione di passare dalle parole ai fatti se necessario. Ad ogni invio di mezzi NATO - aerei, terrestri e balistici forniti da statunitensi, francesi, inglesi e italiani - si ripeteva che questi avrebbero cambiato il corso della guerra, ma non hanno spostato nemmeno una virgola, dimostrando semmai l’efficacia combattente della Russia che li ha regolarmente distrutti, così come ha evidenziato che la capacità produttiva bellica occidentale - secondo lo stesso Rutte - risulta un decimo di quella russa.
La sconfitta brucia anche perché investe le capacità di lettura militare NATO dei teatri di crisi. Gli Usa e l’Inghilterra si preparavano da tempo a questa guerra per procura. Nell’estate del 2021 la NATO svolse un’imponente esercitazione militare in Ucraina, denominata Sea Breeze, alla quale parteciparono 120.000 soldati di 32 nazioni, Ucraina compresa. Ebbene, quello schieramento, vittorioso nelle esercitazioni, è uscito sconfitto nella guerra vera. Mosca ha vinto conducendo una guerra di attrito e posizionamento, con una avanzata lenta ma inesorabile, non essendoci mai stata nei piani del Cremlino una guerra di distruzione.
La situazione sul terreno ad oggi è che ormai con praticamente tutto il Donbass in mano russa, c’è solo una immensa steppa e due piccole città a separare le truppe russe da Kiev. Ciò significa che l’operazione militare speciale, che aveva nella liberazione della provincia di Donetsk e Lugansk, nella difesa della Crimea e della sua base militare sul Mar Nero i suoi obiettivi territoriali, si è conclusa positivamente ottenendo il controllo di una porzione di territorio enormemente più grande di quanto previsto nel Febbraio del 2022.
Che a Putin non interessi affatto prendere Kiev è noto. La Russia continua a cercare una soluzione politica che comprenda una nuova architettura della sicurezza europea, che tenga dunque conto delle esigenze russe. Al primo posto c’è il ripristino dei Trattati sui missili a medio e lungo raggio e la fine dell’ampliamento verso Est dell’Alleanza Atlantica, che ha come strategia l’infierire una sconfitta strategica della Russia per disintegrarla in 3 blocchi indipendenti tra loro (area occidentale, area della Siberia e area orientale) ininfluenti sulla scacchiera strategica. Mosca vuole una distanza di sicurezza delle basi NATO dai suoi confini e riportare l’Ucraina al rispetto della sua Costituzione che la vuole neutrale, indipendente e denuclearizzata.
Anche la denazificazione dell’Ucraina, già ottenuta sul campo, dovrà trovare piena applicazione nel contesto politico post-guerra attraverso la defenestrazione di tutto il corrotto gruppo dirigente politico, amministrativo e militare che dal 2014 in poi ha svenduto l’Ucraina ai sogni di egemonia globale atlantisti. Dopo gli ottomani, i napoleonici e il Terzo Reich, anche la NATO ha sognato di poter sconfiggere militarmente la Russia. Svegliandosi poi e scoprendo di aver fatto esattamente la fine dei precessori.







































Comments
Spero vivamente di sbagliarmi ...