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“Attentati a Mosca”, preannuncia l’ambasciata Usa

di Dante Barontini

La guerra ha molti volti, e l’uso dell’intelligence è sempre un aspetto fondamentale di qualsiasi strategia politica e militare. Ma può sempre capitare di fare autogol, ossia di mettere in circolo una informazione che alla lunga rivela un po’ troppo su di te…

Stamattina tutte le agenzie riportano – molto in breve, per carità – che l’Ambasciata statunitense in Russia ha pubblicato un’allerta sul proprio sito web, consigliando ai cittadini americani di evitare i grandi raduni a Mosca, inclusi i concerti, nelle prossime 48 ore a causa di possibili attentati terroristici da parte di estremisti.

Per la precisione: “L’ambasciata sta monitorando notizie secondo cui estremisti hanno piani imminenti per prendere di mira grandi raduni a Mosca, inclusi i concerti, e i cittadini statunitensi dovrebbero essere avvisati di evitare grandi raduni nelle prossime 48 ore”.

Il messaggio è stato confermato e ripreso anche dal ministero degli Esteri britannico.

Bene. In Italia siamo da decenni abituati a un modo di procedere quasi opposto, in cui sono il governo, i “servizi” o la forze di polizia a diffondere allarmi simili.

Ultima in ordine di tempo Giorgia Meloni, che – non sapendo come uscire dall’attenzione pubblica negativa dopo le manganellate su studenti minorenni e a mani alzate – non ha trovato di meglio che rispolverare il vecchio allarmismo complottardo e indeterminato, straparlando di “brutto clima che dipende dal fatto che c’è la necessità di attaccare la sottoscritta e questo governo”. Fino a evocare “scontri” che potrebbero avvenire in occasione del G7 in Italia, tra qualche mese.

Qui da noi, insomma, è il potere stesso che semina allarmi e poi, all’occorrenza, fa seguire anche i fatti (do you remember la “strategia della tensione”?). Ci si aspetterebbe insomma che fosse Putin o qualcuno dei suoi a seminare allarmi di questo genere mentre si vanno ad aprire le urne…

A Mosca, invece, è stata l’ambasciata Usa, non proprio amichevole con il governo locale. Ma la connessione tra chi lancia l’allarme e chi prepara attentati sembra proprio la stessa.

La precisione con cui si identificano infatti i possibili luoghi per attentati stragisti – “grandi raduni, concerti” – in coincidenza con il voto per la Duma (le elezioni politiche, in Russia) fa pensare a informazioni di prima mano. Come quelle a disposizione di chi, certi “estremismi” non meglio identificati è abituato a coltivarli, foraggiarli, incentivarli.

E non è un segreto per nessuno che i servizi statunitensi abbiano sempre messo in piedi gruppi terroristici per combattere i propri nemici di turno (Al Qaeda, l’Isis, ecc) per vederseli poi sfuggire di mano o rivoltarsi contro quando decidevano di mollarli al loro destino.

Gente di questo tipo, insomma, starebbe pianificando attentati a Mosca. E Washington ci tiene a far sapere che, se lo fanno davvero, non sono gli Usa il mandante diretto.

In più c’è l’Ucraina. L’andamento della guerra, per ammissione della Nato e ora anche dello stesso Zelenskij, è pessimo. La carenza di truppe, armi e munizioni, oltre alla corruzione generale e al morale sotto i tacchi, è ormai tale da lasciar prevedere un prossimo collasso del fronte.

E quando le cose vanno male su quel lato lo Sbu – il servizio segreto ucraino, quasi ufficialmente longa manus della Cia statunitense – ha dimostrato di essere in grado di organizzare attentati terroristici in territorio russo (e non solo, vista la distruzione del gasdotto North Stream, nel mar Baltico).

Sullo sfondo c’è pur sempre l’eco della retorica di Zelenskij (“Se perdiamo noi tocca poi all’Europa”), che fa a cazzotti con la consolidata strategia russa (sviluppare al massimo i rapporti economici). E non è peregrino immaginare che l’avvicinarsi di una sconfitta catastrofica possa indurre Kiev a organizzare attentati “sotto falsa bandiera” anche in Europa per “convincere” alleati riluttanti a gettare propri uomini sulla linea del fronte.

Sì: l’ambasciata Usa a Mosca ha fatto decisamente un autogol…

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