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conness precarie

La dieta delle tutele crescenti

Centinaia di persone da un paio di giorni si stanno sgolando e scannando per cercare di spiegare al meglio la riforma del contratto di lavoro a tempo indeterminato e la questione delle tutele crescenti (anche dette a «sfruttamento decrescente» nei salotti della Firenze bene). Ognuno dice la sua, ma nessuno, in fondo, riesce a essere chiaro su cosa sia questo cambiamento tanto atteso. In parte ciò è dovuto al fatto che abbiamo sul tavolo una riforma più simile a un posacenere vuoto in attesa delle sigarette che Poletti custodisce gelosamente, i suoi decreti attuativi, da cui, come dice lo stesso, potremo poi tirare le dovute conseguenze. Poiché nessuno è capace di spiegare con efficacia questa riforma e noi non intendiamo aspettare le sigarette di Poletti, ci assumiamo l’onere di far capire di che morte moriremo, perché ad ogni modo un quadro è stato definito.

Alcune metafore sono pericolose, ma altre sanno andare dritte al nocciolo di una questione, ne abbiamo scelta perciò una che sembra fare al caso nostro.

Immaginiamoci una madre e una figlia sedute allo stesso tavolo; entrambe devono mangiare dopo una dura giornata di lavoro. Un terzo soggetto, che poniamo essere il padre, serve la cena facendo le porzioni: alla madre vengono dati 250 gr di pasta subito, alla figlia si danno 20 gr ogni 30 minuti, poi, dopo 90 minuti, se si è comportata bene, le vengono dati altri 35 grammi. Così nel giro di 10 ore arriva a mangiare anche lei la stessa quantità della madre.

Ora, la donna adulta ha tutta la pasta e subito perché per lei è sempre stato così; la figlia, al contrario, essendo giovane può, anzi deve, abituarsi diversamente e i 250 gr se li deve guadagnare con il tempo e questo perché il suo pasto è a quantità crescente (ma d’altra parte anche alla madre toccherà lo stesso regime alimentare se cambierà lavoro); infine il presunto padre che, nella nostra metafora è il datore di lavoro, avrà la discrezionalità di stabilire se la figlia ha o meno mangiato come voleva lui i primi 20 gr e starà a lui decidere se garantirle le porzioni successive, tanto nessuno potrà contestagli proprio nulla se la figlia morirà di fame o sarà costretta ad andare a cercar cibo da altre parti. Inoltre il padre non sarà costretto a rinutrirla nel caso fosse stata ingiusta la motivazione del digiuno imposto (insomma l’art. 18 in versione gastronomica).

Ecco, in sintesi, cos’è la riforma proposta dai nostri masterchef Poletti e Renzi, degni allievi del caro Ichino, fervido sostenitore dei diritti a cottimo, ma che, a differenza dei suoi successori, prevedeva uno spuntino universale per tutti nel caso fosse stato negato in toto il pasto. Per un attimo si è persino ridestata dalla catalessi un’altra nota dietologa, Susanna Camusso. Con alcuni decenni di ritardo ha denunciato l’attacco ai diritti dei lavoratori, minacciando per l’ennesima volta tra la noia di molti e l’ilarità di pochi uno sciopero generale. Il capocuoco le ha subito risposto che questa ristrutturazione rappresenta una grande conquista per il mercato del lavoro e, soprattutto, che era da anni attesa dagli italiani i quali, evidentemente a dieta, vogliono mangiare meno secondo i nostri governanti e vogliono farsi dire come farlo e quando.

La grande riforma che aspettavamo è, quindi, quella secondo cui dobbiamo metterci 10 volte tanto ad avere quello che fino a qualche anno fa potevi ancora sperare di avere subito e tutto ciò ovviamente senza alcuna tutela dalle indigestioni (con relativi conati) che riguardano i datori di lavoro e ancor prima il mercato. Insomma aspettavamo da un sacco di tempo di dimagrire? La risposta è sì.

Dai, povero datore, non è detto che vi sia pasta a sufficienza anche per te (che ne ingerisci 10 kg a volta), quindi prendine da noi: ecco svelato perché poi ci tocca mangiarne 20 gr ogni 30 minuti, così la regaliamo inconsapevolmente a te. Con questa riforma noi, i giovani su cui sembra si giochi il destino del nostro paese, mangiamo poco e niente e per di più regaliamo parte del nostro cibo a quello che ce l’ha negato.

Grazie agli chef della politica d’ora in poi potremmo accedere a un contratto che di fatto ci istituzionalizza come dei veri e propri pirla, degli apparenti inappetenti che regalano ciò che servirebbe a loro stessi.

Questa è la nuova dieta mediterranea, se ci saranno contrarietà poco importa, fa bene alla salute.

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