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linterferenza

L’industria dello spettacolo del falso

di Antonello Boassa

Nessuno creda di potersi difendere tranquillamente dall’industria dello spettacolo del falso.

Sceneggiate terroristiche e golpistiche, video e foto manipolati, depistaggi comunicativi, occultamento informativo, commenti giornalistici e degli opinion makers fuorvianti, testimonianze ingannevoli …

L’industria dello spettacolo del falso estende i suoi tentacoli attanagliando i colti e gli “incolti, gli esperti e gli “inesperti”, i politicizzati e i non “politicizzati”, riuscendo spesso ad ingannare chiunque. Nessuno creda di sapersi difendere con disinvoltura da un’industria completamente controllata dalla grande finanza.

Perché un modello di produzione avviato allo stato attuale verso la sua ultima fase (caratterizzata dall’egemonia della grande finanza), quella più degenerata, possa essere ritenuto credibile da grandi masse, proprio ora che si sta rendendo sempre più feroce con le sue guerre criminali e con la devastazione ambientale, è assolutamente necessaria una spietata guerra mediatica a tutto campo in cui poter sfoderare un incredibile campionario di ipocrisie, di prove false, di menzogne e di occultamenti …

Giorgio Agamben, filosofo di grande prestigio, che aveva saputo smascherare la messinscena del genocidio di Timisoara del 1989 ricostruito come un set cinematografico con cadaveri dissepolti o strappati dai tavoli degli obitori e poi orribilmente sfregiati, quando invece fu bombardato il mercato di Sarajevo nel 1995, tuonò contro i Serbi mentre oggi anche i media più conservatori nutrono seri dubbi sulla paternità di quell’eccidio. Anche Giorgio Agamben era caduto nella trappola mediatica. Giorgio Agamben, che aveva ipotizzato con estrema lucidità che l’empio teatro di Timisoara (l”‘Auschwitz della società dello spettacolo”) allestiva la costruzione di uno spazio ideologico che avrebbe generato le successive mostruose opere di falsificazione.

E come non ricordare i tanti “pacifisti armati”* che si erano bevuti le falsità dell’ex primo ministro libico Ali Zeidan che aveva denunciato che la repressione di Gheddafi aveva già fatto 6.000 morti, falsità superate in grandezza da tal Syed Sanouka “10.000 morti”. Risulterà poi, naturalmente po , che i morti da entrambe le parti, prima dell’intervento delle potenze imperialiste, erano stati non più di trecento. Toccò alla CIA smentire gli opinion makers italici che non c’era stato nessun massacro di civili semplicemente perché Gheddafi aveva dato l’ordine di non sparare sui civili…

Srebenica. Il genocidio di Srebenica. Dobbiamo a un grande saggista americano, Edward Herman* un’analisi finalmente seria su quelle orribili vicende attribuite di primo acchito tutte ai Serbi, mai rimesse in discussione mediaticamente e anche queste bevute di sana pianta da tanta “sinistra” “politicizzata”.

Intervistato da un giornalista di “Voce della Russia”*, Edward Herman ha avuto modo di chiarire il corso di quei tragici event . In sintesi: non c’è stato il massacro, ci sono stati due massacri. Il primo effettuato dalle forze bosniaco-musulmane uscite da Srebenica che distrussero in una zona “sicura”, cioè smilitarizzata, 150 villaggi serbi uccidendo 2383 civili. Il secondo massacro, operato dall’esercito serbo, risultò essere un atto di vendetta contro la strage precedente e non comportò un eccidio di donne e bambini, come strepitò la stampa sia di destra che di sinistra (eccidio che invece avvenne nel primo). Non morirono 8.000 civili ma 2.000 soldati, di cui una gran parte in combattimento. Eventi dolorosi di cui si venne a conoscenza, nella loro complessità, tramite i tribunali e i militari negli anni successivi ma non divulgati (dai media e da chi nelle alte sfere del potere sapeva) perché il falso mediatico era necessario per creare consenso alla prima guerra necessaria alla edificazione del sogno americano di un nuovo ordine mondiale che avrebbe continuato il suo cammino con il prezioso contributo della Unione Europea, in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria.


NOTE
1) le espressioni “pacifisti armati” e “progressisti in divisa” le dobbiamo a Patrick Boylan di Peacelink
2) Edward Herman “la fabbrica del consenso .La politica e i mass media ,2014 scritto con Noam Chomsky ; “Il massacro di Srebenica : prove, contesto, politica”
3) L’intervista è reperibile in “Aurora” , 11/7/2016

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