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effimera

Le rivolte delle banlieues francesi

di Salvatore Palidda

Una potente continuazione delle grandiose mobilitazioni contro la scellerata riforma delle pensioni imposta dal neofascismo di Macron

Francia9j5Durante le grandiose mobilitazioni contro la scellerata riforma delle pensioni imposta dal neofascismo di Macron, alcuni avevano rimproverato i giovani delle banlieues di non parteciparvi. È vero -ma non del tutto – che il “mondo” dei giovani delle banlieues non è abituato a convergere nelle mobilitazioni sindacali e anche politiche come quelle dei gilets gialli o delle lotte contro il job act francese e altre della sinistra antagonista. Da notare che solo ora le sinistre della NUPES hanno sostenuto quasi unanimemente le attuali rivolte, ma i sindacati non hanno detto nulla. In realtà le banlieues sono da sempre un “mondo a parte”, emarginato da tutti (ricordiamo che lo stesso si può dire di certe zone periferiche di grandi città italiane come Milano, Roma ecc. – vedi libro di Pietro Saitta).

Le rivolte delle banlieues si ripetono sin dal 1979 nel quartiere della Grappinière, à Vaulx-en-Velin, vicino Villeurbanne (nei pressi di Lione) e di fatto hanno memoria delle storiche violenze poliziesche in Francia. Non è casuale: finito il periodo dei “trenta gloriosi” (gli anni della ricostruzione postbellica e del boom economico), la Francia paga il prezzo che la stragrande maggioranza dei lavoratori e della popolazione ha sopportato con costi umani e materiali immani per questo “progresso”. Decine furono le bidonville sparse in tutte la Francia (fra queste quella celebre raccontata da Abdelmalek Sayad, in Una Nanterre algerina) e i quartieri di case popolari quasi sempre dormitori invivibili, luoghi di indigenza, bollati dai criminologi come fucine di devianza minorile e criminalità. La Francia aveva preteso mirare alla prosperità a tutti i costi e pretendeva anche la creazione di dispositivi e strutture per forgiare una posterità che avrebbe dovuto assicurare il ricambio dei genitori manodopera mantenuta a livelli salariali e di qualifica bloccati (i famosi OS-à-vie, cioè operai comuni a vita, soprattutto immigrati nordafricani ma anche in parte autoctoni francesi –de souche).

Ma l’école laïque républicaine, considerata il principale crogiuolo per forgiare i cittadini laboriosi e disciplinati, si era rivelata spesso un luogo di “acculturazione autoritaria” e di discriminazione razzista, nonostante le migliaia di insegnanti veramente di sinistra e vocati all’integrazione sociale di tutti. Basti pensare che la maggioranza dei figli di immigrati italiani del secondo dopoguerra ebbero il più alto tasso di abbandono scolastico già alle elementari, perché i genitori parlavano solo dialetti locali italiani, non erano in grado di aiutarli e allora gli si diceva: “la scuola non fa per te, impara un mestiere e magari poi guadagnerai più di chi si diploma”. I figli dei nordafricani erano in parte meno discriminati perché francofoni, ma lo sciovinismo dominante (a destra ma anche sinistra) finiva per rigettarli ancor di più se di origine algerina.

L’elezione di Mitterrand con l’unione delle sinistre nel 1981 aveva suscitato enormi speranze … di breve durata. Fu lanciato un grande programma di risanamento dei quartieri popolari, fu abolito il blocco delle mobilità socioprofessionale, la pena di morte e qualche altra riforma. Ma, dal 1983 Mitterrand si convertì al neoliberismo ormai in auge in tutto il mondo. Da allora la sinistra francese si converte -come quella italiana- al liberismo. Dopo, tutti i governi dell’ex-sinistra e quelli delle destre massacrano le politiche sociali e a livello locale mirano solo a leccare i centri-città, a speculazioni immobiliari, grandi opere o di facciata. I servizi sociali delle banlieues sono in parte smantellati e in parte diventano dispositivi di controllo e di discriminazione (vedi il libro Il burocrate e il povero). Gli assistenti sociali, come gli insegnanti, effettivamente di sinistra si trovano in una situazione drammatica perché sottoposti a controlli e a fare da ausiliari della polizia, alla “misura” della loro produttività che ovviamente consiste nella quantità di persone radiate dagli assegni di disoccupazione o di povertà ecc. Così le ragioni delle rivolte non fanno che accumularsi sin dal 1983, sommandosi a quelle pre-esistenti sin dal periodo di De Gaulle, Pompidou e soprattutto di Giscard. La Francia continua a pretendere di essere una delle prime potenze economiche e militari del mondo… mentre al suo interno esplodono la nuova povertà, il razzismo e il disastro sanitario-ambientale dovuto al gigantesco sviluppo delle contaminazioni tossiche.

Per imporre “a tutti i costi” (come spesso ha proclamato Macron che si atteggia a nuovo re sole) questo sviluppo liberista, le destre, l’ex-sinistra e poi i governi di Macron puntano su un dispositivo poliziesco il più brutale d’Europa. Per primo fu Sarkozy ad aizzare la polizia e l’opinione pubblica contro i giovani delle banlieues che definì “feccia” da spazzare via con il Karcher. In questo clima di incitamento al razzismo è poi esploso lo stato d’emergenza per il terrorismo. Da allora la Francia è stata dominata da un’accanita crociata contro i musulmani o islamici in genere, comunemente intesi innanzitutto come magrebini e quindi abitanti delle banlieues.

L’ex-socialista ed ex-capo del primo governo del settennato Hollande, Valls alzò la posta sperando di superare Sarkozy, e insieme a intellettuali dell’ex-sinistra creò l’associazione –Printemps Républicain– per aizzare lo sciovinismo razzista (come scriveva anche Sayad, l’universalismo alla francese è sciovinista e razzista). Da parte sua Cazeneve, nuovo pupillo dell’ignobile Hollande, nel 2017 fece votare la legge sul “rifiuto d’obbedire allo stop da parte delle polizie” (réfus d’ottémperer), dispositivo a sua volta manipolabile in nome del diritto alla legittima difesa (delle polizie). Come dice Simon Varaine: “Nella polizia le direttive date dai vertici hanno indicato che non c’è più bisogno di una minaccia immediata contro gli agenti per procedere a far fuoco.

È in nome di queste facoltà che è stato ucciso Nahel a Nanterre il 27 giugno scorso e che, come documenta il Basta!, in questi ultimi due anni sono state uccise 44 persone.

La tendenza a passare alle brutalità e a sparare a vista è comune a tutte le polizie del mondo e in particolare a quelle degli Stati Uniti che hanno il primato di assassinii da parte di sbirri. In Inghilterra e altrove le rivolte giovanili (i riots) si riproducono e in Francia ancora di più come esplicita reazione contro gli abusi, le brutalità e gli omicidi da parte delle forze di polizia che sono proliferati (come anche in Italia dopo il G8 di Genova).

Il comportamento abituale della polizia francese nelle banlieues è sfacciatamente provocatorio, oltraggioso e razzista. Esempio flagrante:

“Un pomeriggio di domenica cinque giovani adulti (di origine nordafricana) sui trenta-trentacinque anni, quasi tutti sposati e con un lavoro più o meno stabile, come abitualmente si ritrovano nella cité (il quartiere marchiato come la parte peggiore della banlieue prima di andare alla partita della squadra locale di calcio. Arriva allora una 106 bianca “banalizzata” con a bordo degli sbirri che li guardano con sospetto e uno sbirro abbassa il vetro della portiera e dice: “Allora, piccoli froci, come va?!”

Questa è una delle modalità correnti con cui gli sbirri si rivolgono persino ad adulti. Peggio è con i più giovani: i casi di violenze persino inaudite sono noti e raccontati in decine di articoli e anche libri (vedi sul web “violences policières en France”: circa 4.090.000 risultati).

Fra questi casi resta terribilmente scioccante quello di Théo:

“Era una serata di partite di calcio. A Drancy, a nord di Parigi, Théo stava bevendo un bicchiere con i suoi amici quando un’auto della polizia irruppe nel suo palazzo, tipico dei dormitori della periferia parigina. Sotto l’effetto dell’alcol, il giovane avrebbe insultato gli agenti di polizia che lo hanno preso e portato in questura. Poco dopo finì in ospedale con una ferita anale di 1,5 cm causata da un manganello telescopico. Il sangue venne trovato sui suoi vestiti e anche nell’auto della polizia. All’estremità del manganello, tracce del suo DNA (da fonte di un media generico … a prova dello sconcerto che hanno suscitato queste “modalità operative” delle polizie).

I casi di brutalità e omicidi razzisti sono altrettanto impressionanti (qui un dossier non di militanti di sinistra).

L’assassinio di Nahel, 17 anni, con un colpo di pistola sulla guancia da parte di un poliziotto a Nanterre ha scatenato 4 giorni di rivolte in tutta la Francia, persino nelle piccole città. Questo omicidio ha suscitato ancora più rabbia perché i social hanno diffuso il video in cui si vede e si sente lo sbirro: qui il video girato dall’amico di Nahel che racconta che erano su un’auto prestata loro e che affiancati dai poliziotti si sono fermati e allora uno dei due poliziotti ha detto: “Spegni il motore che ti sparo in testa”). Sicuramente uno sbirro esaltato, ma anche convinto di poter godere dell’IMPUNITA’ che abitualmente Macron, Darmanin e i vertici della polizia riescono ad assicurare agli operatori delle polizie. Impunità di fatto garantita non solo dalla celebre Ispezione interna (IPGN) che scatta se ci sono denunce da parte di vittime o famigliari di queste, ma raramente gli abusi, le brutalità e persino omicidi sono puniti (così come avviene in Italia dove il censimento dei crimini delle polizie si deve fare solo sulla base di quanto si ritrova nei media). Impunità da anni continuamente reiterata da Macron e il suo ministro della polizia Darmanin nonché l’attuale capa del governo Madame Borne (per loro l’espressione “violenze poliziesche è falsa e inaccettabile”).

Ma la rivolta generalizzata in tutta la Francia sostenuta dalla maggioranza della popolazione di fronte alla flagranza dell’omicidio volontario di Nahel li ha obbligati a dire che in questo caso non sono state rispettate le “regole operative”. Salvo che Macron non ha per nulla smesso di bollare i comportamenti dei giovani come “scene di violenze ingiustificabili contro le istituzioni e la Repubblica”. E il suo ministro degli interni ha promesso: “la Repubblica vincerà” e per questo ha inviato oltre 45 MILA agenti, i blindati e di fatto ha instaurato lo stato d’assedio in tutte le città mentre l’altrettanto losco ministro della giustizia, Moretti, ha dato direttive per incriminare anche i genitori visto che fra gli oltre 1.300arrestati in gran parte minorenni.

Tanti si sono di nuovo chiesti perché i giovani hanno attaccato anche scuole, municipi, servizi sociali, biblioteche comunali. Come scriveva già per rivolte degli anni scorsi Didier Laperronye:

“L’azione di bruciare le scuole è per questi giovani il mezzo per avere l’occasione di un movimento di ribellione sebbene sprovvisto d’ideologia e di regole, ma che mira a provocare una “reazione” da parte delle stesse istituzioni. La rivolta è una sorta di cortocircuito: permette in un istante di oltrepassare gli ostacoli, di diventare un attore riconosciuto, anche in modo negativo, effimero e illusorio e ottenere delle ‘conquiste’ per senza poter controllare e ancor meno negoziare né il riconoscimento né i benefici eventuali”. (NB: alcuni gilets gialli ebbero a dire: “l’unico modo per farci ascoltare è creare casino” oltre a muoversi al di fuori delle modalità concordate con le autorità).

Macron e i suoi adepti non potranno e non vorranno mai capire e riconoscere che queste rivolte sono dovute innanzitutto al fatto che i giovani hanno perfettamente compreso di essere considerati “posterità inopportuna” (espressione che si rifà a Sayad rispetto al modello tradizionale francese), umanità in surplus o a perdere nell’attuale contesto liberista (waste life scriveva Bauman). Constatano che i dominanti nella Francia di oggi li odiano e li vorrebbero eliminare tutti. Se non trovano lavori malpagati e precari, i giovani delle banlieues sono costretti a sopravvivere di piccoli lavoretti al nero oppure costretti a scivolare nello spaccio e nella piccola ricettazione. Allora quale futuro possono offrire loro la scuola, i servizi sociali, il municipio, la biblioteca e i commissariati di polizia? (vedi podcast «Giovani di quartiere: il loro quotidiano raccontato da loro stessi”).

Ancora sabato 1 luglio 45 MILA sbirri sono stati sguinzagliati dappertutto con anche blindati e altri dispositivi in tante città. Ma, palesemente, i poliziotti hanno paura dell’azione dei giovani in rivolta perché è imprevedibile e generalizzata, ancor di più di quella agita dai gilets gialli. E Darmanin reagisce con sfrontatezza estrema dichiarando: Non confondo le poche migliaia di delinquenti con la stragrande maggioranza dei nostri connazionali che vivono nei quartieri popolari”. Ovviamente il partito di Le Pen e il resto delle destre sollecita Macron a instaurare uno stato d’assedio permanente e continua a offrire il pieno sostegno al governo contro la “teppa incivile” delle periferie. Il capitalismo coloniale interno perdura. Darmanin sogna di diventare lui presidente dopo la fine del mandato di Macron prendendo voti al partito della Le Pen e poi con l’appoggio di questo al ballottaggio, tranne che le sinistre della NUPES riescano ad essere unite e passare al ballottaggio (cosa possibile come lo era anche alle ultime elezioni). Il duo Darmanin-Le Pen più il resto della destra è l’approdo dei due mandati di Macron che non ha smesso di spostarsi a destra.

I giovani e la popolazione delle banlieues non possono che chiedersi “Chi ci protegge dalle polizie?”: queste non proteggono gli abitanti ma solo i dominanti, non proteggono da abusi, soprusi, brutalità e omicidi, ma sono garantite dall’impunità che accorda loro il potere proprio perché di fatto è ormai in guerra contro la maggioranza della popolazione. Questo regime liberista sfrenato è di fatto fascismo “democratico”: Macron come il governo della signora Meloni sono eletti solo da una minoranza di aventi diritto al voto. Ma le riforme elettorali e poi le leggi di questa minoranza che passa per maggioranza “democratica”, permettono al dominante di turno di strafare e di pretendere di essere sempre “legittimo”.

In Francia come in tutta l’Europa siamo in una delle congiunture più devastanti dal secondo dopoguerra. La resistenza a questa deriva sarà dura e probabilmente durerà a lungo; ma non c’è sopravvivenza senza RESISTENZA. I giovani delle banlieues francesi mostrano questo!ù

Post scriptum: anche domenica sera Darmanin ha sgunziagliato 45 mila poliziotti e gendarmi nelle principali città francesi, dall’inizio delle rivolte si sono avuti oltre QUATTROMILA ARRESTI.

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