Il perché di tanto spreco
Di Antonio Turiel
Cari lettori,
c'è un argomento ricorrente nelle ultime discussioni ed ha a che fare con la possibilità di mantenere una società stabile e vivibile diminuendo volontariamente i consumi. Una tale affermazione è innegabilmente certa: dico sempre che è ridicolo parlare di scarsità di energia mentre nel mondo si consumano 85 milioni di barili al giorno di petrolio da 159 litri ciascuno; pensateci, sono più di 156.000 litri al secondo in tutto il pianeta e ciascun litro di questo magico elisir contiene la stessa energia che un uomo sano e forte (circa 100 watt di potenza media) potrebbe produrre lavorando senza sosta per quasi 4 giorni e mezzo (per circa 106 ore).
Insomma, il mostruoso flusso di energia che arriva solo dal petrolio nel pianeta equivale al lavoro quotidiano di 60 miliardi di nerboruti schiavi energetici di quelli da 100 watt per unità: 8 e mezzo per ogni abitante di questo pianeta e questo solo di petrolio (dato che il consumo globale di energia primaria è di 14 Tw di media mondiale, contando tutte le fonti è di 20 schiavi energetici a persona; la media europea arriva a 45 schiavi energetici a testa, mentre negli Stati Uniti la media fa 120). Giudicate Voi, ora, se si può parlare di scarsità di energia con questi numeri, soprattutto tenendo conto di come si spreca l'energia.
Una prima questione di cui tenere conto, commentata di frequente in ambienti picchisti, è il Paradosso di Jevons. Per coloro che non conoscono la storia, William Stanley Jevons, lord inglese che è vissuto a cavallo fra due secoli, ha osservato che, nel 19° secolo, nella misura in cui si introducevano miglioramenti nelle macchine a vapore aumentandone l'efficienza, il consumo di carbone aumentava al posto di diminuire come si sperava accadesse. La ragione è che si produce ciò che in economia è chiamato effetto rimbalzo: se diminuisce il costo di un prodotto (costo in denaro o energia) senza modificare altri fattori, risulta che si stia dando un incentivo a consumare di più questo prodotto, se il suo maggior consumo ci da un vantaggio, cosicché con lo stesso reddito a disposizione possiamo consumare di più; peggio ancora, chi prima non poteva accedere a questo consumo perché aveva un reddito insufficiente, ora potrà farlo. Naturalmente l'effetto rimbalzo non è solito influenzare aree dove non c'è un guadagno reale per il maggior consumo del prodotto (per esempio, non è certo che se sostituiamo le lampadine con altre a maggior efficienza si stia creando di per sé la tendenza a mettere più lampadine; se si compra di più è per altri motivi), però il rimbalzo è presente ed è molto determinante per l'acquisizione di beni di investimento destinati alla produzione di beni e servizi, vale a dire, alla attività economica. Si deve comprendere, pertanto, che il ripetuto richiamo al miglioramento dell'efficienza è controproducente se non è accompagnato da altre misure, perché al posto di stimolare a consumare meno, si stimola a consumare di più. Un esempio: se un'automobile consuma 20 litri per 100 chilometri e la benzina è cara, meno gente comprerà un'automobile, ma se la stessa automobile consumasse 5 litri ogni 100 chilometri, automaticamente una maggior quantità di gente considererà una buona idea comprarsi il veicolo.
La realtà è piena di esempi simili in cui i miglioramenti nell'efficienza in generale (non solo energetica) e non solo degli elettrodomestici, ma dei mezzi di produzione, ha fatto esplodere il consumo di molti prodotti (chi pensava di comprarsi un computer 30 anni fa?). Il problema è che le misure che dovrebbero accompagnare i miglioramenti nell'efficienza dovrebbero essere misure di pianificazione, di razionamento. Il problema del razionamento lo abbiamo già commentato su queste pagine: se si tenta di renderlo compatibile con un'economia di mercato, o anche in sua assenza, si dà origine ad un mercato nero che può destabilizzare il sistema favorendo la crescita di mafie che finiscono per fagocitare lo Stato, nei casi estremi. Eppure sapete già che il governo britannico, che sta prestando più attenzione di altri al problema del Picco del Petrolio, ha considerato la possibilità di introdurre dei protocolli di razionamento dell'energià. Sia come sia, l'efficienza ha senso solo se si limita l'accesso alle materie prime dall'alto e questo si sposa male con la nostra economia di libero mercato. Inoltre, l'aumento di efficienza implica una diminuzione del costo di produzione (costo energetico ed anche costo economico) così il valore del prodotto effettivamente non aumenta. Vale a dire, con una limitazione di accesso alle risorse al migliorare dell'efficienza, si forniscono più beni e servizi ma semplicemente perché il costo unitario (economico e di risorse) degli stessi diminuisce. Essenzialmente, un'economia del genere non cresce. E non crescere, ora lo vedremo, è un veleno per il nostro sistema economico.
Insomma, è un sentiero chiaro e veloce verso la soluzione, per evitare con sicurezza qualsiasi rischio di degrado sociale e di caos. Ma, perché non lo seguiamo? Semplicemente, perché non possiamo. Non è possibile smettere di consumare a questo ritmo ed è necessario consumare a un ritmo crescente. E' una necessità del sistema finanziario. Senza questo consumo crescente una massa, che finirebbe per essere maggioritaria, si troverebbe senza lavoro e senza mezzi di sussistenza e, dato il modello del debito e della proprietà privata che abbiamo, senza una totale sovversione dell'ordine imperante, senza una rivoluzione con cui la gente prende con la forza le proprietà ed il potere, il destino di tutta questa gente è quello di agonizzare e morire. Può sembrare stupido, però di fatto è qualcosa che si è ripetuto nella storia dell'Umanità: Jared Diamond lo commenta nel suo libro “Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere”. Sappiamo che 26 antiche civiltà sono collassate perché non sono riuscite a trovare un modello alternativo per gestire le proprie risorse, in alcuni casi per mancanza di immaginazione per essersi chiuse nel proprio Business As Usual, il proprio BAU; morirono per la diminuzione delle risorse disponibili ma non per mancanza di risorse propriamente dette. Un caso paradigmatico è quello dei Maya dello Yucatàn, che si imbarcarono in una serie di guerre di dominio senza avere risorse sufficienti per sostenerle (fondamentalmente mais, nel loro caso) ed infine collassarono fino a scomparire da quelle terre anche se il territorio era ancora in grado di sostenere una popolazione simile a quella che ha collassato. E' che con la guerra si era consumato tutto il mais e si erano distrutte opere di irrigazione fondamentali per mantenere una buona produttività, di conseguenza i combattenti non sono riusciti ad arrivare al successivo, e più esiguo, raccolto. La nostra situazione è simile a quella dei Maya? Vediamo alcuni esempi illustrativi.
Qual è, quindi, la realtà dello schema che si segue? Quella di provare ad aumentare i consumi, non di ridurli. Vi ricordate? All'inizio di questa crisi si diceva che consumare è patriottico; lo ha detto Gordon Brown, allora primo ministro del Regno Unito. E' che senza aumento dei consumi non c'è crescita economica e senza crescita economica non si possono pagare i debiti. E cosa credete che succederà adesso che stiamo entrando in una nuova onda recessiva? Poiché con più problemi di debiti che non possiamo pagare e, soprattutto, il debito sulle spalle, difficilmente andiamo a pensare di smantellare le attività più o meno redditizie a favore di altre che lo sono molto meno. Sapete quante volte ho sentito che con la crisi che abbiamo non è il momento di investire in energia verde, che lo si farà poi, superata la crisi?
Non si può farne una colpa, è logico, non sono redditizie. Quando si supererà la crisi, dicono, quando finirà questa crisi che non finirà mai. Così è facile capire perché io creda che da questa spirale di degrado economico se ne possa uscire solo con un'esplosione sociale, solo con una rivoluzione. Oppure con il collasso.
Saluti.
Antonio Turiel
Add comment