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Elezioni europee. Non ricadere, ancora una volta, nella trappola dell’elettoralismo

a cura della segreteria nazionale MpRC

european parliament strasbourg hemicycle diliff.jpgLa confusione politica di aggregati elettorali estemporanei e l’arroccamento identitario sono le due opposte sfaccettature di una sinistra frammentata e in grave difficoltà, che perde contatto con i luoghi del conflitto di classe e investe le sue energie in un elettoralismo che diventa un circolo vizioso di insuccessi e perdita di credibilità.

Si avvicina la data delle elezioni europee, il passaggio è importante perché l’Unione europea (Ue), da molti anni in qua, ha un ruolo sempre più preponderante e sempre più impositivo su buona parte delle politiche nazionali.

Intendiamoci, non è vero che gli Stati nazionali non possono più avere voce in capitolo; abbiamo visto che, su alcuni passaggi, Stati con un minore peso sul piano economico e di popolazione hanno bloccato decisioni importanti e non ne hanno avuto conseguenze poi così gravi.

Certamente l’Ue ha tutto il potere che appare perché le classi dominanti e i loro rappresentanti politici accettano, o meglio condividono, le scelte che, sui vari terreni, economico, sociale, militare ecc. la Commissione (cioè il “governo” della Ue) e la Bce assumono, anche se a volte queste scelte favoriscono di più alcuni Stati rispetto ad altri – ovviamente si parla di Francia e Germania –, ma complessivamente le scelte che assume l’Ue tutelano e garantiscono le classi dominanti di tutti i paesi europei a danno dei lavoratori e dei ceti popolari (e anche dei ceti medi).

Riguardo allo spazio di autonomia che gli Stati possono avere, se vogliono, nell’Ue citiamo un esempio significativo: il governo Sanchez ha fatto delle leggi sul mercato del lavoro che vanno in senso opposto alla liberalizzazione selvaggia che, su questo tema, l’Ue ha promosso praticamente da sempre, a cominciare dalla Bolkestein.

Nessuno ha potuto impedirglielo, le conseguenze sul mercato del lavoro sono state positive per i lavoratori e la crescita economica della Spagna è stata tra le più alte in Europa, a dimostrazione che le misure attuate dall’Ue non servono a far sviluppare l’economia ma a dare vantaggi e garantire i profitti e i redditi dei ceti più ricchi.

Ma l’involuzione reazionaria e classista dell’Ue non si è sviluppata solo sui terreni economico e sociale, è degenerata anche su quello militare. Oggi la sua adesione e il suo servilismo alla Nato sono totali, come pure il suo sostegno alle guerre imperialiste promosse in primo luogo dagli Usa.

Alcune forze che si richiamano a un’identità comunista non hanno fatto i conti con questa involuzione dell’Ue e sono ancora legate a impostazioni che risalgono agli anni ’70 del ’900 nei quali si ipotizzava un ruolo autonomo dell’Ue dagli Stati Uniti e la possibilità di costruire “un’altra Europa”.

Anche i paesi socialisti, in quegli anni, incoraggiavano una prospettiva di questo tipo, la Cina, l’Unione Sovietica, la stessa Cuba, ma la situazione era profondamente diversa da quella attuale.

Allora, per prima cosa, l’Ue non si immedesimava, se non in parte, con la Nato, a cominciare dalla Francia che solo nel 2009 rientrò nel Comando Militare Integrato, superando le storiche rivalità golliste con gli americani durante la guerra fredda e le contraddizioni con gli Usa in occasione della guerra in Iraq del 2003, o la Germania che assunse anch’essa una posizione critica e di non condivisione delle guerre Usa in Iraq, per finire con la stessa Italia sulla questione palestinese.

Ma oggi la situazione è completamente cambiata, con l’estensione della Nato a paesi europei che non ne facevano parte, con l’inasprimento dell’oltranzismo militarista sia sulla questione del riarmo sia riguardo all’allargamento della Nato addirittura al di fuori dei confini europei, oltre che con l’arruolamento totale dei membri dell’Alleanza nella guerra contro la Russia.

Questa situazione deriva da un nuovo fattore che sta emergendo sulla scena internazionale, che scardina, sempre di più, il sistema di dominio imperialistico che si era rilanciato e riconsolidato dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Si tratta dell’enorme sviluppo sui piani economico, sociale, tecnologico e scientifico della Repubblica Popolare Cinese, che con agli altri quattro grandi paesi che hanno dato vita ai Brics, Brasile, Russia, India, Sudafrica, sta raccogliendo un’area sempre più vasta di nazioni del mondo che, indipendentemente dal loro regime politico e sociale, non ne possono più del secolare dominio delle potenze imperialiste, dominio che li condanna a un eterno ruolo di semicolonie e di sottosviluppo.

La reazione degli Usa e dei paesi del secondo livello della gerarchia imperialista (Gran Bretagna, Francia, Germania ecc.) è l’unica che essi sono in grado di dare, cioè quella militare, oggi contro la Russia e domani, come già apertamente hanno dichiarato, contro la Cina, questo perché la competizione economica, tecnologica e politica l’hanno già persa.

Le contraddizioni tra i paesi capitalisti continuano a esistere, infatti gli Usa hanno approfittato della situazione sommariamente descritta sopra per assestare un colpo ai paesi europei tramite le sanzioni contro la Russia che, invece, hanno pesantemente danneggiato questi ultimi, in particolare la Germania, anche attraverso la distruzione dei gasdotti Nordstream1 e 2.

Questa nuova situazione modifica profondamente l’approccio che i comunisti devono avere sull’Unione Europea, rispetto a quello degli anni ’70 del ’900; per esempio, un esercito europeo, oggi, non sarebbe un fattore di autonomia dagli Stati Uniti, ma sarebbe un supporto alla politica imperialista capitanata dagli Usa e condivisa dai paesi della Nato.

Lo stesso vale per l’Ue e per la Bce, cioè per l’euro, che sono la punta di lancia delle politiche reazionarie e classiste sul piano sociale ed economico, ma anche sulla questione della democrazia (vedere l’azione demolitoria, per quanto indiretta, della Ue in relazione alla nostra Costituzione, per esempio sul ruolo dello Stato in economia, con la spinta da essa impressa alle privatizzazioni e la quasi proibizione dei sostegni pubblici all’economia, o anche sull’obbligo alla parità di bilancio).

Quindi la possibilità di “un’altra Europa” non solo non è più in campo, neppure in una prospettiva di lungo periodo, ma l’Ue sarebbe un forte fattore di impedimento per qualsiasi singolo paese che cercasse di attuare una politica di reale cambiamento sul piano sociale ed economico, anche se avesse un forte consenso sul piano interno. L’esperienza del referendum greco è stato un chiaro esempio in questo senso, e in quel caso si trattava solo del tentativo di mitigare il massacro sociale imposto dall’Ue, figuriamoci se si fosse trattato di un processo di reale cambiamento sociale.

Non solo un’altra Ue non è possibile, ma le politiche che ha praticato, da vari decenni, sono state politiche che, come si suol dire, hanno avuto figli e figliastri, favorendo uno sviluppo ineguale tra i paesi che la compongono, sempre a vantaggio delle nazioni più forti, in primis Francia e Germania.

Quindi tutti i comunisti dovrebbero concordare su una posizione che si pone in totale contrasto con l’Ue, per un’uscita del nostro paese da essa, in nome di una politica sociale ed economica completamente alternativa oltre che di pace.

Tra l’altro una posizione non chiara dei comunisti e della sinistra di classe, non solo in Italia, su questa questione, ha contribuito a consegnare il malcontento di vari settori sociali, colpiti dalle politiche dell’Ue, nelle mani della destra, anche di quella più estrema, che non esita a strumentalizzare la critica all’Unione Europea per ottenere consenso, salvo poi, come attesta il governo Meloni, una volta arrivati, appunto, al governo, diventare i servi più proni di ogni scelta di Bruxelles.

I comunisti e la sinistra di classe dovrebbero, quindi, in occasione delle elezioni europee, ma non solo, unirsi, sulla base di un programma fortemente in contrasto con l’Ue e con la Nato, e presentarsi mettendo in campo una posizione realmente alternativa; anche questa volta, invece, si dividono tra le false alternative dell’ammucchiata elettorale e della presentazione di testimonianza (“io esisto”): entrambe queste scelte sono fallimentari e improduttive.

La prima scelta si presenta, questa volta, come la “lista di Santoro”, in precedenza si era presentata come “L’altra Europa con Tsipras”: quest’ultima era più caratterizzata su una critica alle politiche economiche e sociali dell’Ue, mise assieme varie “personalità” e forze politiche dal Prc a Sel, dai Verdi alla lista Pirata ecc., ottenendo per un soffio (4,03%) il superamento del quorum del 4%, eleggendo 3 parlamentari europei.

Ma già nelle attribuzioni degli eletti scoppiarono forti scontri nella lista e circa un anno dopo Barbara Spinelli, una dei 3 parlamentari, uscì dal gruppo dichiarandosi indipendente. Inoltre, la tragicomica vicenda del referendum indetto da Tsipras e vinto con il 60% dei voti ma poi contraddetto dalla sua accettazione dei diktat dell’Ue e dal conseguente massacro sociale, diedero un forte colpo alla credibilità della lista a lui ispirata.

Nelle successive elezioni europee del 2019 non fu più ripresentata.

Queste aggregazioni elettorali che nascono appena prima del voto, certamente ampie ma, conseguentemente, anche molto eterogenee, non hanno mai dato buoni risultati a cominciare dalla tristemente famosa “Sinistra Arcobaleno” che, prima del voto, veniva data al 12% e poi non superò lo sbarramento, prendendo il 3%. Altre liste simili furono ripetutamente presentate in elezioni regionali o politiche, ma sempre con risultati inferiori alla somma dei componenti e, comunque, deludenti.

Ma la “lista Santoro”, a nostro parere, presenta ulteriori problematicità.

È quasi totalmente centrata sul tema della pace, che è una questione estremamente importante in questo momento, sia per la guerra in Ucraina che in Palestina, ma anche per le altre guerre “dimenticate” in corso nel mondo, o in procinto di essere scatenate, viste le dichiarazioni aggressive, in particolare dell’imperialismo Usa, che si ritiene in diritto di dettare le sue condizioni, il suo punto di vista e soprattutto i suoi interessi economici, a tutto il resto del mondo.

Ma per fare una battaglia reale contro la guerra è necessario con chiarezza individuarne e denunciarne le cause. Per esempio, quasi nessuno ha posto la questione di come mai nel 1999 la Nato aggredisce e bombarda la Serbia, bombardando non solo le città ma anche la sede della televisione, ammazzando i giornalisti, e l’ambasciata cinese, per costringere quel paese ad accettare l’indipendenza del Kosovo che era parte integrante dello Stato Serbo da secoli, sulla base di un referendum auto-organizzato. Oggi fa la guerra alla Russia perché “l’integrità dello stato Ucraino è sacra” ed i referendum in Crimea, Donestk e Luhansk non possono essere validi, e nello stesso momento è pronta a fare la guerra alla Cina per difendere il “diritto” di Taiwan di separarsi da essa, pur essendo sempre stata, da millenni, parte della Cina.

Per inciso, se oggi i russi applicassero all’Ucraina lo stesso criterio che la Nato applicò alla Serbia, bombardando l’ambasciata cinese perché, dichiararono, essa aiutava con informazioni la Serbia, i russi dovrebbero bombardare le sedi delle rappresentanze diplomatiche dei paesi Nato a Kiev, e cosa succederebbe in questo caso?

Anche questo dimostra come Usa e Nato utilizzano i “sacri principi”, della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale, dei “crimini e dei criminali di guerra” ecc. a proprio uso e consumo, infatti Milošević fu processato e condannato dal “tribunale dell’Aia” e morì in quel carcere in circostanze poco chiare e mai chiarite, ma non ci fu nessun clamore mediatico in Occidente, diversamente da quanto si vede oggi per Navalny.

Ma, tornando alla “Lista Santoro”, non si può certo pretendere che una lista ampia assuma indirizzi così chiari di denuncia dell’imperialismo; neppure, però, si può pensare che ci si possa accontentare, nella situazione in cui ci troviamo, di un discorso troppo generico o superficiale, che si limita a caldeggiare soluzioni diplomatiche, certamente auspicabili ma, di per sé, poco chiare sui contenuti; tanto meno ci si può accontentare di una cacofonia di voci che si indirizzano in direzioni diverse: cosa, infatti, può accomunare, nel merito, Sansonetti, Ignazio Marino, Fassina, Moni Ovadia, De Magistris, Bonelli, Acerbo ecc., finora non è chiaro, e neppure facile da intravedere.

Non vogliamo essere maligni, ma le esperienze pregresse ci inducono a pensare che si tratti dell’ennesima ammucchiata di soggetti politici e “personalità”, con ruolo preponderante di queste ultime, che fino a poco tempo prima non avevano molto in comune e ancora meno di condiviso sul terreno dell’azione politica, che all’avvicinarsi della scadenza elettorale si aggregano precipitosamente per superare il quorum ed “eleggere qualcuno”, e ognuno, in questo ultimo caso, ovviamente, pensa a se stesso.

Situazione che, come avvenne con “L’altra Europa”, appare destinata a scatenare contraddizioni e scontri interni già prima del voto, nella composizione delle liste, e delle “posizioni” in esse, e poi, soprattutto, se mai si superasse il quorum, il giorno dopo, tra gli eletti nel Parlamento Europeo, dove, tra l’altro, non si dovrà decidere e pronunciarsi solo sul tema della guerra e della pace, ma anche su tante altre importantissime questioni sociali, economiche e politiche; sulla base di quali posizioni comuni?

Come abbiamo visto, per esempio, con “L’altra Europa”, le conseguenze di una disgregazione successiva all’eventuale elezione di un gruppo di parlamentari o il migrare degli eletti verso altri lidi o, infine, l’assumere da parte di alcuni di loro posizioni che non si accordano con quelle degli elettori che li hanno votati, portano a una profonda delusione degli elettori non solo rispetto a questi personaggi che sono stati eletti, ma, soprattutto, rispetto a quei soggetti politici che venivano ritenuti comunisti, o di sinistra, che giustamente vengono individuati come i responsabili di questi disastri.

Non è solo per questo, ma sicuramente anche per questo, che partiti o soggetti politici che in passato hanno goduto di un ragguardevole consenso di massa, sia sul piano elettorale che degli iscritti, sono oggi ridotti ai minimi termini e in preda a un declino che appare difficilmente reversibile.

Eppure la lezione non è stata imparata e si continua a perseverare su di una strada che non ha sbocchi.

Ma, purtroppo, in campo non c’è solo la logica elettoralistica della “ammucchiata” pur di superare il quorum. Un’altra parte di forze comuniste o di sinistra di classe propone un altro aspetto dell’elettoralismo, quello di testimonianza, cioè fare “l’impossibile” per presentare il proprio simbolo sulla scheda elettorale, appagandosi, al di là del risultato, del fatto, attraverso la presenza sulla scheda, di affermare “io esisto”, come se miracolosamente a furia di presentare il simbolo alle elezioni gli elettori tornassero a frotte a votare per loro.

I militanti possono anche provare soddisfazione vedendo il simbolo del loro partito sulla scheda elettorale, ma i lavoratori, i ceti popolari, che non sono di per sé politicizzati non ragionano in quel modo, se il partito prende lo 0,…% pensano “questi non esistono più, non contano più nulla”, e quello che alcuni militanti interpretano come “io esisto”, all’esterno viene percepito come l’esatto contrario.

Se poi questa situazione si ripete più volte, per diversi passaggi elettorali, e sempre con gli stessi risultati minimali, quelli che dovrebbero essere i referenti sociali, più che gli elettori, si convincono proprio, come mi è più volte capitato di sentire, anche da molti compagni, che, in questo momento, non militano in nessun partito, che: “ormai non esiste più niente in Italia”, per quanto riguarda i comunisti e la sinistra di classe.

A questo punto qualcuno potrebbe obiettare: ma voi che cosa proponete? Siete forse astensionisti e sottovalutate l’importanza delle elezioni o di quella che Lenin definiva la “tribuna” delle istituzioni?

Assolutamente no! Ma, premesso che non è a partire dal terreno elettorale che si può modificare questa situazione, come l’esperienza ci ha ripetutamente dimostrato da molti anni in qua, bensì da un lungo e paziente lavoro di ricostruzione del radicamento sociale, tornando nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei quartieri e confrontandosi con i lavoratori, i giovani, i pensionati ecc. e ricostruendo in essi la coscienza della necessità di un cambiamento sociale e la consapevolezza che solo attraverso le lotte e il conflitto sociale è possibile migliorare le pessime condizioni in cui oggi si trovano, premesso questo, si può ragionare se qualcosa si può fare anche sul terreno del confronto elettorale.

Non accontentarsi del proprio simbolo e di una semplice testimonianza, ma costruire una proposta fortemente alternativa e di classe.

Nessuno dei soggetti comunisti è, oggi, in grado di fare questo da solo, per cui si dovrebbe attivare un percorso che, partendo da un programma e da contenuti condivisi, metta assieme le forze che è possibile aggregare, ma questo percorso, come abbiamo già detto non può essere credibile se costruito a ridosso delle elezioni e se si concretizza semplicemente in una lista; quindi, per questo passaggio elettorale è fuori tempo massimo, ma potrebbe partire sul terreno politico e sociale, attraverso iniziative contro l’Ue e le guerre.

Sviluppare una campagna politica, anche in occasione del passaggio elettorale, che non sarebbe finalizzata alla ricerca del voto o al sostegno di un candidato, ma a denunciare le politiche sociali ed economiche dell’Ue e le sue tendenze guerrafondaie, potrebbe rendere più credibili e differenti da quelli degli altri i nostri contenuti e le nostre proposte, e preparerebbe il terreno, anche, per una eventuale futura presentazione elettorale.

Visti i risultati conseguiti dalle forze comuniste e della sinistra di classe, nelle varie tipologie di elezioni, avvenute da diversi anni in qua, non presentare la lista un giro non può fare danni maggiori di quanti ne hanno fatto l’esiguità dei risulti ottenuti finora.

C’è ancora un punto importante da chiarire. L’aggregazione che sarebbe bene costruire non deve essere l’ennesima scorciatoia verso un “unico soggetto” politico, come è stato tentato di fare più volte, normalmente dopo le elezioni in cui si presentava una lista, cosa che, sempre, è miseramente fallita in brevissimo tempo, e non poteva essere altrimenti. Dovrebbe invece essere un’alleanza, un fronte, tra forze comuniste e della sinistra di classe che, come abbiamo già detto deve fondarsi sulla presenza di un punto di vista comune e su obiettivi condivisi riguardo alla realtà italiana di oggi, all’Ue, alle guerre e alle questioni sociali.

Non è impossibile tra forze comuniste e della sinistra di classe, che pure hanno tra loro differenze non immediatamente superabili, costruire tali elementi di condivisione e contribuire, assieme, a mettere in campo un’azione politica che sia più ampia e incisiva di quanto ognuno dei soggetti isolatamente possa realizzare.

Noi del Movimento per la Rinascita Comunista siamo disponibili ad aprire il confronto.

Comments

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Sergio
Friday, 22 March 2024 09:56
La lista Santoro un senso ce l'ha: in una situazione di dittatura mediatica come quella italiana l'uso di personaggi televisivi per ottenere visibilità è una scelta realista. Ovviamente non può avere particolari ricadute politiche, tantomeno in Europa, ma può far emergere quella contrarietà al bellicismo che è diffusa trasversalmente. La ricostruzione di un movimento di sinistra invece richiede anni, non i pochi mesi che ci separano da queste elezioni.
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Paolo
Friday, 22 March 2024 09:31
Il dissenso nei confronti dell'appoggio all'Ucraina nella guerra USA per procura ha un consenso vastissimo in Italia che DEVE trovare una sponda elettorale DI SINISTRA! e un apparentamento con la SINISTRA EUROPEA!
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Cosimo Tamiano
Thursday, 21 March 2024 12:36
Ma come si fa ancora a sostenere un movimento confusionario come i 5Stelle? Per altro neppure di sinistra, come loro stessi si vantano di essere... Ma cosa stanno realizzando tutti quei compagni che hanno dato il voto ai 5Stelle? Si è persa la bussola... A sinistra è vero c'è la babele, ma un comunista che vota 5 Stelle non lo comprendo e non lo giustifico.
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Paolo Di Marco
Thursday, 21 March 2024 13:26
Edaje! Il voto non è una professione di fede: da quando c'è i comunisti l'hanno sempre usato come strumento, è una parte della Tattica. In Italia da qualche decennio in poi è diventato come la Santa Messa: solo i fedeli; ma un pò di intelligenza politica mai?
Arriva la guerra e tu stai a casa a far nulla perchè quelli fuori non sono abbastanza puri?
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PAOLO
Thursday, 21 March 2024 12:04
Importante è al momento partecipare alla formazione europea di un fronte alternativo al centrodestra e alle sue politiche. Occorre contribuire al prevalere delle forze rappresentate nel Parlamento Europeo contrarie al sostegno della guerra Ucraina, al suo governo nazista, all'espansione della NATO (Sarah Wagenknecht).
Anche in Italia è necessaria una testimonianza "effettiva" in tal senso e necessita la partecipazione programmatica di tutte le rappresentanze della sinistra che si riconoscano nella necessità di contrastare la deriva di destra in corso prima che si verifichi il peggio.
Occorre dare visibilità e possibilità di espressione all'elettorato di sinistra che non si riconosce con "l'astensione" o "il favore" all'appoggio della guerra.
Se non si da all'elettorato possibilità di esprimere la propria contrarietà l'astensionismo elettorale non potrà che dilagare.
Si è già in grave ritardo.
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Mara
Thursday, 21 March 2024 09:17
Riguardo alla lista Santoro e alla lista M5S non mi convince chi parla di pace e nel contempo continua a considerare invasione da parte dei russi quella del 24 febbraio 2022 che al contrario può essere considerata liberazione da un regime sostenuto da formazioni naziste che dopo aver effettuato un colpo di stato aveva bombardato quelle regioni la cui popolazione non aveva accettato tale colpo di stato.
Del resto anche in Italia abbiamo considerato con ragione liberazione e non invasione lo sbarco degli americani in Sicilia nel luglio 1943 quando ancora l'Italia era alleata della Germania.
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Mara
Thursday, 21 March 2024 08:40
Condivido in toto l'articolo. Meglio non presentarsi alle elezioni europee che presentarsi senza un programma e obiettivi comune cosa che li condannerebbe all'insuccesso e alla ulteriore disgregazione della sinistra anche se si riuscisse a superare lo sbarramento elettorale. Inoltre qualora si riuscisse non influirebbe nemmeno sulle decisioni prese dalla Commissione europee ne mi risulta potrebbero presentare proposte di legge poiché il Parlamento europeo sarebbe privo di questa funzione Quindi a che servirebbe?
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Paolo Di Marco
Wednesday, 20 March 2024 23:42
C'è un solo punto cruciale: questa Europa ci sta portando verso la guerra, una guerra totale; un qualsiasi pur flebile tentativo di opporsi si avrebbe solo sostenendo forze contrarie alla guerra; e in questo momento l'unica forza che ha votato contro le armi all'Ucraina sono i 5stelle;
per quanto poco li ami e per quanto la loro non sia un'opposizione totale (v. Yemen) è un passo obbligato; e vista la posta anche uno strascichio è meglio del nulla
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