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lafionda

Il ruolo del settore pubblico nella lotta della Cina contro il COVID-19

di Thomas Fazi

chinaCovid scaledA prescindere dalle opinioni che uno abbia sulla Cina, l’efficacia mostrata dal gigante asiatico nel risolvere prontamente la crisi sanitaria causata dal COVID-19, e nel minimizzarne l’impatto economico, soprattutto a confronto con le esperienze dei paesi occidentali, è universalmente riconosciuta (o quasi). Ma a cosa è da imputare questo successo? Secondo l’economista Francesco Macheda dell’università Bifrost, in Islanda, autore di un recente paper sull’argomento, le ragioni sono da rintracciarsi soprattutto nelle caratteristiche strutturali del modello di sviluppo cinese, e più specificatamente nell’estensione del settore pubblico dell’economia cinese e nel ruolo fondamentale delle imprese a conduzione statale (state-owned enterprises, SOE), nonché nella forte presenza pubblica all’interno del settore bancario oltre che industriale. La tesi di Macheda è che la massiccia presenza dello Stato nell’economia «abbia dotato il governo del paese delle risorse necessarie a ridurre sensibilmente i tempi di risoluzione della crisi sanitaria, riattivare prontamente la filiera produttiva domestica, e massimizzare l’efficacia degli stimoli fiscali e monetari tendentia stabilizzare l’output».

Nonostante la crescente rilevanza delle imprese private nel paese, infatti, le imprese a conduzione statale continuano a giocare un ruolo fondamentale nello sviluppo industriale cinese. Macheda ricorda come nel 2017 le imprese pubbliche detenessero il 48.1 percento dello stock di capitale impiegato nell’industria – in particolare in settore strategici “pesanti” quale quello estrattivo ed energetico, siderurgico, metallurgico e meccanico, ma anche in settori ad alto valore aggiunto quali quello automobilistico e informatico –, nonché il 90 per cento degli asset in mano alle 500 maggiori imprese operanti all’interno dei confini nazionali. A titolo di confronto, nei paesi europei più avanzati la quota “pubblica” sul totale dello stock di capitale risulta essere dalle due alle tre volte inferiore rispetto a quella della Cina.

«Il protagonismo delle imprese statali – scrive Macheda – è intimamente connesso alla strategia di sviluppo tipica dei paesi socialisti e ancora oggi perseguita dal governo cinese, centrata sul mantenimento della piena occupazione e il contemporaneo sostegno alle industrie siderurgiche, metallurgiche e meccaniche». In tal senso, «la ridondanza di manodopera impiegata dalle SOE serve obiettivi di ordine politico» ancor prima che economico, primo fra tutti il mantenimento della stabilità sociale, anche a costo di una riduzione della reddittività. Solo raramente, infatti, le SOE perseguono obiettivi volti alla massimizzazione dei profitti.

Questo, però, «non ha costituito un limite alla sovra-espansione della capacità produttiva delle SOE». Questo è dovuto al secondo pilastro del modello di sviluppo cinese, ovverosia il saldo controllo pubblico sul settore bancario, che a sua volta ha una rapporto privilegiato con il sistema delle SOE. Le maggiori banche commerciali del paese sono regolate congiuntamente dalla banca centrale (Banca Popolare Cinese, BPC) e dalla Commissione di regolamentazione bancaria e assicurativa cinese. Queste istituzioni, a loro volta, dipendono direttamente dal Consiglio di Stato, ossia il potere esecutivo. Inoltre, le maggiori quattro banche pubbliche del paese rispondono direttamente dal governo, e nel loro insieme detengono il 43.2 percento degli asset bancari. Includendo anche le altre banche commerciali, sottolinea Macheda, «il governo controlla, direttamente o indirettamente, oltre il 75 per cento degli asset bancari della Cina. […] [Questa] posizione di fatto monopolistica ha consentito al governo di imporre un alto grado di “repressione” all’interno del settore finanziario».

Attraverso il controllo diretto e indiretto sul sistema bancario, infatti, il governo cinese è in grado non solo di tenere giù i tassi d’interesse sui depositi e sui prestiti, ma soprattutto può intervenire sulle decisioni relative all’allocazione delle risorse finanziarie, che, nota Macheda, «solitamente non avvengono in base a criteri legati alle performance delle unità produttive. Piuttosto, esse rispondono a considerazioni di tipo prettamente strategico, che tendono a supportare lo sviluppo dell’industria pesante dominata dalle SOE, indipendentemente dalla loro profittabilità». Questa triade “sistema politico-sistema bancario-SOE industriali” è quello che ha permesso alla Cina di sostenere il tasso di investimento, occupazionale e del PIL in seguito alla crisi finanziaria del 2007-9, e che più recentemente gli ha permesso di ridurre l’impatto sanitario ed economico della pandemia.

Nella prima fase della pandemia (gennaio-metà febbraio 2020), la chiusura totale o parziale degli impianti nella provincia dell’Hubei ha colpito duramente il settore chiave dell’economia cinese, vale a dire quello manifatturiero, causando uno shock negativo sia sul lato dell’offerta che della domanda, e un enorme (per gli standard cinesi) declino dell’output pari al -6.8 per cento. In questa prima fase, scrive Macheda, «la rilevanza di un settore dell’economia al riparo dalle forze competitive ha limitato il condizionamento esercitato dagli operatori di mercato sulla sfera governativa, dotando quest’ultima della capacità istituzionale di implementare prontamente stringenti misure di lockdown. […] L’ipotesi suggerita è che il maggior peso occupato negli assetti proprietari dell’industria domestica fornisca ai decisori politici cinesi la capacità di resistere alle pressioni esercitate dai gruppi d’interesse, dotando loro di una certa indipendenza rispetto alle esigenze di massimizzazione di profitto proveniente dal sistema delle imprese. Detto diversamente, la rilevanza della sfera pubblica all’interno dell’economia segnala un diverso peso dell’influenza delle organizzazioni imprenditoriali sulla sfera politica cinese, rispetto a quanto avviene nel mondo capitalisticamente avanzato. […] In maniera adiacente, la “strutturale sovraccapacità produttiva” ha consentito alle imprese pubbliche di fornire beni e servizi durante il contesto emergenziale. […] In virtù della loro capacità produttiva, le SOE hanno contribuito al veloce epilogo della fase emergenziale, non solo sviluppando tecnologie che hanno ridotto i tempi di diagnosi e cura, ma anche aumentando la produzione di materiale protettivo ed edificando infrastrutture di emergenza in tempi estremamente contenuti. […] Nel complesso, ciò ha ridotto i tempi di risoluzione della crisi sanitaria, decelerando la caduta di reddito e scongiurando pericolose spirali inflattive».

L’azione delle SOE, soprattutto in termini di calmierazione dei prezzi, ha inoltre permesso di allievare i costi prettamente sociali insiti alla prima fase dell’emergenza. Ad esempio, la State Grid Corporation of China ha garantito la fornitura gratuita di energia alle famiglie nella città di Wuhan, aumentando inoltre l’offerta di stazioni gratuite di ricarica energetica. Altre imprese di proprietà pubblica come China Grain Reserves Group, COFCO Group e China Resources Group hanno incrementato la produzione di derrate alimentari, garantendone al contempo i servizi di trasporto e distribuzione, e rafforzando la supervisione sui venditori al dettaglio per prevenire fenomeni speculativi sul costo degli alimenti e dei beni di prima necessità.

Nella seconda fase della crisi, tutt’ora in corso – caratterizzata dall’allentamento del lockdown in Cina ma dalla contestuale espansione della pandemia a livello globale, che ha impattato pesantemente sulle esportazioni cinesi –, il governo cinese ha invece fatto ricorso ad una serie di interventi fiscali e monetari con l’obiettivo di sostenere la domanda interna e in particolare di riavviare il prima possibile la filiera industriale cinese e di salvaguardarne il funzionamento. L’approccio adottato dalla banca centrale cinese si è discostata marcatamente da quello delle altre principali banche centrali, come la BCE: laddove queste ultime hanno inondato i mercati di liquidità attraverso corposi piani di acquisto di titoli e si sono perlopiù limitate a offrire garanzie pubbliche di vario tipo alle banche, puntando sulla dubbia capacità del sistema bancario di agire da “cinghia di trasmissione” nei confronti del sistema delle imprese private (come dimostra il caso dell’Italia), «la politica monetaria in Cina si è preoccupata di assicurare che la liquidità immessa sul mercato fosse effettivamente utilizzata per garantire la sopravvivenza delle attività delle PMI». Le tre maggiori banche pubbliche sono state spinte dalla Banca Popolare Cinese ad accrescere l’offerta di credito a favore delle PMI «non meno del 30 percento [rispetto al primo trimestre 2019]». Al contempo, le banche statali sono state autorizzate ad innalzare a 350 miliardi di yuan (50 miliardi di euro) la quota di credito da elargire alle imprese di piccole e medie dimensioni.

Scrive Macheda; «All’interno di questa cornice regolatoria orientata ad alleviare le pressioni sul flusso di cassa delle PMI, la PBC ha fornito gli istituti di credito circa 800 miliardi di yuan (116 miliardi di euro) a tassi d’interesse calmierati. Mentre 300 miliardi sono fluiti verso le imprese coinvolte nella lotta contro il coronavirus, 500 miliardi saranno progressivamente utilizzati per finanziare la riapertura degli impianti, la ripresa produttiva e il pagamento di debiti arretrati delle PMI. All’inizio di aprile 2020, il governo ha dato mandato alla PBC di accrescere le operazioni di rifinanziamento di altri 1.000 miliardi per espandere l’offerta di credito per le banche di piccole e medie dimensioni nel corso dell’anno. […] L’azione congiunta di CBIRC, PBC e banche pubbliche ha consentito di trasmettere efficacemente gli stimoli monetari all’economia reale. Nei primi tre mesi del 2020, il sistema bancario ha dirottato 7.25 trilioni di yuan verso il settore reale dell’economia (+12.7 percento su base annua). Ciò costituisce oltre il 65 percento del totale del “finanziamento totale all’economia reale”, con quest’ultimo cresciuto di 2.486 miliardi di yuan rispetto l’anno precedente».

Va sottolineato che «i maggiori beneficiari della espansione creditizia sono state le istituzioni pubbliche e le imprese, le quali hanno ricevuto l’85.1 percento dei prestiti concessi dalle istituzioni finanziarie».

L’azione anticiclica intrapresa dal governo cinese a partire dalla fine di marzo 2020, che ha il duplice obiettivo di sostenere tanto il PIL quanto i livelli occupazionali, è stata inoltre imperniata attorno a un vasto programma di investimenti infrastrutturali – finanziato prevalentemente dall’emissione di obbligazioni da parte dei governi locali per un ammontare pari a 3.750 miliardi di yuan (1.600 in più rispetto al 2019) – sia in aree tradizionali sia in quelle più moderne.

In definitiva, sostiene Macheda, «la crisi dovuta all’eruzione del COVID-19 mostra come l’efficienza allocativa del settore privato si possa tramutare velocemente in macro-inefficienza a livello sociale». Di fronte a una pandemia, infatti, non è possibile affidarsi ai meccanismi di mercato per soddisfare l’aumento della domanda da parte del settore pubblico di materiale e attrezzature medico-sanitarie (ventilatori, mascherine ecc.), finanche l’edificazione di nuove strutture ospedaliere: non solo non c’è alcuna garanzia che gli agenti privati considerino i rendimenti attesi sufficienti a giustificare l’investimento, né tantomeno che l’incremento dell’offerta soddisfi i bisogni di cura della popolazione, ma «lo spazio temporale che intercorre tra la sua pianificazione, realizzazione, fino all’attivazione della capacità produttiva potrebbe rivelarsi talmente esteso da rendere pressoché inutile l’espansione della capacità produttiva. Si potrebbe arrivare alla situazione paradossale di terminare la costruzione di strutture specializzate per la cura di polmoniti virali solo dopo che l’epidemia sia debellata. Per queste ragioni, come sottolinea giustamente Dani Rodrik, “non vi è nulla come una pandemia che possa mostrare l’inadeguatezza dei mercati di fronte a problemi di azione collettiva, e al contempo evidenziare l’importanza della capacità dello Stato di fronteggiare le crisi e proteggere la popolazione”».

«È proprio nelle fasi di crisi come quella odierna in cui l’“inefficienza” del settore pubblico si traduce in macro-efficienza sociale», scrive infatti Macheda. «Non a caso, uno dei paesi più efficaci nel minimizzare le perdite sia in termini di vite umane sia in termini economici – e che pare destinato ad evitare una recessione – è la Cina, laddove il settore statale occupa i centri nevralgici della vita economica. In virtù del suo potere di fatto monopolistico sul settore bancario, il governo è stato ed è tuttora in grado di reprimere le rendite finanziarie e al tempo stesso incanalare risorse a vantaggio dei settori ritenuti strategici. Ciò vale soprattutto per le SOE industriali, le quali, nonostante la scarsa efficienza e profittabilità hanno contribuito ad elevare i livelli occupazionali al di sopra di quelli compatibili alla loro “sopravvivenza” in un sistema di puro mercato. […] Sebbene da un punto di vista prettamente capitalistico ciò non può che essere considerato “irrazionale” (e inefficiente), da un punto di vista sociale la massimizzazione dell’utilizzo delle risorse produttive (lavoratori e capitale) non può che essere considerato “razionale” (ed efficiente). È questa caratteristica strutturale che ha reso l’economia cinese meglio equipaggiata a fronteggiare la crisi attuale – perché è proprio nei momenti critici dove emerge chiaramente la necessità di massimizzare l’output a dispetto dei rendimenti garantiti dall’investimento o della capacità di remunerare i risparmiatori in maniera “adeguata”».

Comments

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Mario M
Thursday, 03 September 2020 07:11
Considero il copia incolla deleterio per la discussione, ma questa volta faccio un'eccezione e mi avvalgo del testo di Andrea Cecchi, https://andreacecchi.substack.com/p/sh-de-xinshng :

"Avevo avuto il presentimento, come un sospetto che da subito, già dai primi giorni di emergenza pandemica (tra l’altro mai dichiarata per iscritto dall’OMS sul suo sito ufficiale alla voce “statements”) la Cina stesse giocando una sorta di tiro mancino al resto del mondo. Unendo i pezzi del puzzle, alla luce anche di quanto ho scritto nelle mie newsletter IL VIRUS GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO https://andreacecchi.substack.com/p/il-virus-giusto-al-momento-giusto e È TUTTO COLLEGATO https://andreacecchi.substack.com/p/-tutto-collegato, c’è la possibilità che le esercitazioni dell’ EVENT 201 dell’ottobre 2019 fossero servite per preparare il palcoscenico, come prove generali, per una messa in scena globale che doveva servire a congelare l’economia e salvare le banche occidentali, ripeto, le banche occidentali, dalla catastrofe di fallimenti a catena determinata dalle Margin Call sui REPO, così come aveva messo in guardia la Banca Regolamenti Internazionali, lanciando l’allarme il mese prima, a settembre 2019."
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Mario M
Tuesday, 01 September 2020 21:48
Claudio: "Inoltre, per qual motivo l’Italia, e gli altri paesi, si sono dimostrati così impreparati, nonostante l’esempio che ci veniva dalla Cina?"

Impreparati!? Preparatissimi direi, a raccogliere il testimone della falsa pandemia, grazie alle anime nere, al pensiero malvagio di solerti servitori dell'OMS; che presumo siano Walter Ricciardi e Ranieri Guerra. E Conte-Dracula, che pure era partito bene, ha subito come una metamorfosi, al pari di Grillo.
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Paolo Selmi
Tuesday, 01 September 2020 15:55
Caro Claudio,

come diceva la mia povera nonna, tutto l'Estremo Oriente ci bagna il naso, in questo senso: Cina, Taiwan, le due Coree, Giappone.

Sono molto più disciplinati, per un retaggio comune confuciano, fondato da millenni (in Cina, un po' meno in Giappone, siamo intorno ai 13/14 secoli) sul legame fra autocontrollo morale e psicologico individuale, votato a un forte senso del collettivo, da un lato, e il rispetto assoluto dei doveri del regnante verso i suoi sudditi dall'altro, pena la perdita, parziale o totale, di legittimazione.

Briatore non avrebbe avuto vita facile, ma neanche il primo sbanfone da bar sport, così come ministri della Pubblica Istruzione che dal 23 febbraio si riducono a oggi per fornire linee guida che ciascun Istituto sta ancora dibattendo (nella scuola di mia figlia decidono domani... commissione ristretta, poi ci saranno ancora BEN 12 giorni per comunicare a noi umile plebe di che morte morire...), così come ministri della Sanità che non hanno mosso un dito per fermare lo scempio sulla Sanità pubblica in atto (ivi incluso, per esempio, l'accorpamento di un'ospedale, pardon, di una "azienda ospedaliera" in una città da ottantamila anime con un'altra "azienda" in una città da sessantamila, DIMEZZANDO i posti letto), e via discorrendo...

Poi hanno altri difetti, certamente, e non è un bello sport fare a "meglio questa mentalità" o "meglio quella mentalità"... ma lì SE passa una direttiva, ovvero se il gruppo la sostiene, poi CIASCUNO deve fare la sua parte. Il controllo e autocontrollo sociale in Estremo Oriente è qualcosa scomparso dal nostro radar da molti secoli, se si eccettuano residui clanistici in alcune realtà nazionali ed europee dove la modernizzazione capitalistica è intervenuta superficialmente, a livello ideologico, ma non ha intaccato rapporti di forza e legami consolidati, consentendo a questi ultimi di adattarsi e svilupparsi conseguentemente, creando risultati analoghi dal punto di vista dei numeri, ma diversi dal punto di vista di ciò che soggiace, a tali numeri. Un po' come in Estremo Oriente.

Un caro saluto e grazie per avermi fatto venire in mente alcuni collegamenti che erano scomparsi dal mio, di radar, da un po' di tempo, da quando non insegno più italiano agli stranieri e cinese agli italiani e mi toccava spiegare, a entrambi, l'oggetto strano che avevano davanti a loro.

Paolo
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claudio
Tuesday, 01 September 2020 13:01
Non saprei dire se l’articolo del signor Thomas Fazi e lo studio dell’economista Francesco Macheda rispondano al vero, una cosa però mi sembra di poterla affermare, e cioè che la Cina ha dimostrato di essere assi più preparata degli stati europei e soprattutto americani ad affrontare il covid-2, in quanto in quel paese sono nate tutte le maggiori infezioni che hanno colpito il mondo negli ultimi cinquant’anni.
Inoltre, per qual motivo l’Italia, e gli altri paesi, si sono dimostrati così impreparati, nonostante l’esempio che ci veniva dalla Cina? Prima di tutto perché scioccamente ipotizzavano che il virus restasse isolato in quel paese, nonostante che quelli precedenti abbiano spaziato in lungo ed in largo il pianeta. Poi perché avevano dei piani anti-pandemici vecchi di decenni, ed anche quelli sono rimasti inapplicati. Infine perché nel mondo occidentale si è applicato il concetto dei profitti ai capitalisti privati e le perdite al bilancio pubblico, che in gran parte grava su forza-lavoro dipendente e pensionati. La privatizzazione delle industrie a partecipazione statale, delle infrastrutture e del sistema sanitario, non sono stati fatti a quell’unico scopo? E gli autori di detta operazione strategica neoliberista, e cioè i sigg. Carlo Azeglio Ciampi, Mario Draghi e Romano Prodi, sono stati poi lautamente premiati da chi governa il sistema economico/finanziario europeo e mondiale.
Il primo, Carlo Azeglio Ciampi, è governatore della Banca d'Italia fino al 1993, presidente del Consiglio dei ministri (1993-1994), ministro del Tesoro e del Bilancio e della Programmazione Economica (1996-1997), quindi ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica (1998-1999), in fine Presidente della repubblica italiana.
Mario Draghi dal 1991 al 2001 è Direttore Generale del Ministero del tesoro, dopo un breve passaggio in nella banca d’investimenti americana Goldman Sachs, nel 2005 viene nominato Governatore della Banca d'Italia, quindi presidente della BCE.
Romano Prodi è stato presidente dell'IRI dal 1982 al 1989 e dal 1993 al 1994, poi presidente del consiglio dei ministri del governo, presidente della Commissione europea dal 1999 al 2004, quindi responsabile Onu per l’Africa.
Qui in occidente, signor Fazi, è così, si usa premiare i fedeli sostenitori del sistema capital/imperialistico, e in Cina, dove si frutta ancor più il lavoro salariato per accrescere i profitti del sistema, com’è, così, o un po’ peggio?
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Paolo Selmi
Tuesday, 01 September 2020 08:35
Caro Thomas,
aggiungo qualche ulteriore elemento di riflessione, e qui mi fermo.

Il titolo è emblematico: il settore pubblico oggetto della tua riflessione non si muove, generalmente, contro il Covid-19, ma contro l'impatto negativo del Covid-19 in economia. E questa "parte per il tutto", concedimelo, è una costante che ricorre costantemente in tutto il tuo lavoro.

La "scarsa" disoccupazione che ricorre nelle statistiche ufficiali cinesi nel tuo lavoro diventa "piena occupazione". Quella poteva esistere cinquant'anni fa, con la politica della ciotola di riso di ferro (铁饭碗), ma già con le "riforme" di Deng si sceglieva un'altra strada.

E le statistiche ufficiali ammettono un tasso di disoccupazione oscillante tra il 5 e il 6 percento.
https://www.statista.com/statistics/1109881/surveyed-monthly-unemployment-rate-in-china/

La realtà dei fatti è ben diversa. Le statistiche parlano di disoccupazione nella fascia urbana, fino al 2018 escludendo totalmente i contadini immigrati (la maggior parte della forza lavoro ai livelli più bassi di inquadramento, se così si può dire per occupazioni perlopiù in nero), dal 2018 includendoli ma a livello di "inchiesta", tramite interviste porta a porta. Thomas, prova andare in Via Paolo Sarpi a Milano a fare un'intervista porta a porta... e avrai lo stesso effetto.

D'altronde, un immigrato senza permesso di soggiorno, ovvero con residenza irregolare, non registrata (in Cina si chiama "passaporto" 户口, seguendo la nomenclatura sovietica pasport), è semplicemente invisibile.

In Cina ci sono 290 milioni di invisibili, tornati in campagna prima del Covid-19 per le festività del Capodanno cinese... e li rimasti.

Le nazionalizzate o partecipate a maggioranza di capitale statale (SOE secondo la dicitura anglofona), occupano il 20 percento della forza lavoro, per un totale pubblico che arriva, secondo alcuni calcoli, ancora al 40 percento. Oltre il 60 percento oggi dipende da un padrone né più né meno di quanto lo dipenda io che ora, anzi, scappo al timbro.

Ciao
Paolo
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AlsOb
Monday, 31 August 2020 23:26
La maggiore ingenuità di questo autore è il volontarismo e la disinvoltura con cui usa categorie per le sue rappresentazioni del capitalismo. Anche se la rappresentazione in generale può essere condivisa.
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Mario M
Monday, 31 August 2020 22:12
Temo che Thomas Fazi pecchi di ingenuità quando afferma: "l’efficacia mostrata dal gigante asiatico nel risolvere prontamente la crisi sanitaria causata dal COVID-19"

Direi piuttosto l'efficacia con cui i magnati e il potere politico cinese hanno utilizzato le tradizionali malattie stagionali, sbarazzandosi con escamotage sanitari le proteste a Hong Kong e a Wuhan:

https://principia-scientific.com/what-are-the-chinese-hiding-in-wuhan/

E così anche Macron con i gilet gialli; in Italia Conte annaspava e dopo era sulla cresta dell'onda; in america i democratici, complici Fauci e Bill Gates, hanno cercato di mettere all'angolo Trump, ma forse hanno fallito. E Putin da buon giocatore di scacchi con il suo "vaccino" ha attuato la mossa del cavallo, ma non so se ha vinto la partita.
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