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Notizie sull'operazione speciale condotta dall'esercito russo in Ucraina
In molti hanno notato che il “99%” è un topos pubblicitario dei prodotti antibatterici, i quali dichiarano appunto di poter eliminare il 99% dei batteri. Per la verità ci sono anche antibatterici più bravi dell’Iron Dome e dell’Arrow israeliani, infatti riescono a eliminare addirittura il 99,99% dei batteri. Magari è sufficiente quello 0, 01 a fregarti, ma bisogna sapersi accontentare. Mentre lo spot pubblicitario reclamizzava trionfalmente i successi del sistema di difesa israeliano e l’abbattimento del 99% dei missili e droni iraniani,...
Constatiamo che gran parte della sinistra stia guardando alla risposta militare dell’Iran nei confronti delle provocazioni armate di Israele secondo le valutazioni di Alessandro Orsini, che definisce il bombardamento dello Stato ebraico con centinaia di droni e missili come una colossale messinscena, suffragando questa deduzione con il fatto che la ritorsione della Repubblica Islamica all’azione terroristica di Israele a Damasco fosse stata preannunciata e comunicata. Solo che il famoso studioso di geopolitica non comprende la sostanza delle...
Gli euroausterici vaneggiano a reti unificate in merito al “buco da 200 miliardi nei conti pubblici” che sarebbe stato prodotto dal Superbonus. Naturalmente una prima risposta ovvia a questa affermazione è che sono stati emessi 200 miliardi di crediti fiscali, a fronte dei quali è stata però conseguita una crescita di PIL e di gettito. Parlare di “200 miliardi di buco” tiene conto di un elemento (i crediti emessi) ignorando l’altro (la crescita di gettito). Ma in realtà l’errore dell’affermazione è ancora più basilare. Immaginiamo che...
La nostra epoca non è certo contrassegnata dalla fine delle ideologie, dopo che, sbaragliata la concorrenza, la grande narrativa del pensiero unico gode di ottima salute; c'è invece da esitare sull'inconsistenza della tesi di Fukuyama della fine della storia giacché quella del mondo occidentale sembra aver trovato nel capitalismo un ancoraggio talmente saldo da impedire il benché minimo sommovimento capace di metterne in crisi gli ingranaggi. Anzi, il non funzionamento dell'attuale versione ultraliberista del capitale favorisce il rilancio...
Mentre Israele informa il mondo che risponderà all’attacco iraniano, anche se sembra in maniera tale da evitare la grande guerra (cosa tutta da vedere dal momento che l’Iran ha detto che, nel caso, risponderà), proponiamo l’analisi di Peter Akopov pubblicata su Ria Novosti che ci appare alquanto lucida, anche se forse un po’ troppo deterministica. C’è un imponderabile, dato anche dalla follia di cui hanno dato dimostrazione negli ultimi tempi i falchi Usa e israeliani, che andrebbe comunque tenuto presente. “Situazione sorprendente – scrive...
Lo scorso 16 marzo, il colonnello Amadou Abdramane, portavoce della giunta militare nigerina che nel luglio del 2023 aveva deposto il presidente Mohamed Bazoum, ha annunciato la revoca immediata dell’accordo che autorizzava lo stazionamento di personale statunitense sia civile che militare nel Paese. Conformemente all’intesa, siglata nel 2012, gli Stati Uniti avevano schierato nelle basi 101 (contigua all’aeroporto di Niamey) e 201 (situata nel centro del Paese e soggetta a una recente opera di ristrutturazione costata al Pentagono circa 100...
Atteniamoci ai fatti. La ritorsione iraniana per l’attacco israeliano all’ambasciata di Damasco è stata calibrata ed equilibrata. L’Iran non voleva la guerra con Israele (non la guerra aperta, e non ora), diversamente dal governo di Tel Aviv, che nel prosieguo della guerra – nella sua possibile espansione – vede l’unica chance di sfuggire al redde rationem interno, e magari persino un’opportunità di espandersi ancora. Pertanto Teheran si è mossa con calma, appellandosi al diritto internazionale (art.51 delle Nazioni Unite), e avendo cura di...
Si usa dire che stiamo precipitando verso una guerra mondiale “a pezzi”. Possiamo anche aggiungere che stiamo scivolando verso una “economia di guerra”? Alcuni prodromi, in effetti, si intravedono. Due caratteristiche sono tipiche di un’economia che tende verso la guerra: l’aumento del deficit pubblico per finanziare il riarmo e la spinta inflazionistica a danno dei salari. La mobilitazione delle finanze pubbliche per il rilancio della spesa militare è già in corso. I dati World Bank indicano che nell’ultimo decennio l’Unione europea ha...
Nel luglio 1934, H. G. Wells si recò a Mosca per intervistare Stalin. Il colloquio tra lo scrittore inglese e il leader bolscevico durò circa tre ore, alla presenza di un interprete, e il 27 ottobre successivo ne fu pubblicata la trascrizione integrale sul settimanale britannico The New Statesman and Nation. Il periodico aveva cominciato le pubblicazioni sotto questo nome tre anni prima, a seguito della fusione di due riviste appartenenti all’area della sinistra socialista e liberale inglese: The New Statesman, che era stata fondata nel 1913...
L’attacco iraniano sul territorio di Israele è stato un evento di portata storica e potenzialmente in grado di cambiare gli equilibri mediorientali nonostante le autorità dello stato ebraico e i governi occidentali stiano facendo di tutto per minimizzarne conseguenze e implicazioni. I danni materiali provocati da missili e droni della Repubblica Islamica sembrano essere stati trascurabili, anche se tutti ancora da verificare in maniera indipendente, ma il successo dell’operazione è senza dubbio da ricercare altrove. La premessa necessaria a...
Israele ha utilizzato i Territori occupati come la migliore vetrina del potenziale offensivo e di controllo dei sistemi d’arma e d’intelligence sviluppati dalle sue aziende di settore. È la tesi di Laboratorio Palestina, ultimo lavoro di Antony Loewenstein nel quale emerge il sostegno israeliano ad alcuni dei regimi più spietati degli ultimi settant’anni, e si denuncia come, paradossalmente, proprio questa capacità bellica e di controllo sono fattori determinanti nel ruolo centrale guadagnato dal Paese nella governance globale tanto da...
Dall’ipocrisia alla follia: disamina del suprematismo occidentale in Ucraina con la narrazione aggredito-aggressore imposta dalla maggioranza dei mezzi di comunicazione occidentali, quindi, senza affatto avere alcuna partecipazione ideale al putinismo, proverò a dimostrare, attraverso le dinamiche stesse della guerra, perché l’imperialismo occidentale è destinato a perderla e, prima questa sconfitta viene riconosciuta, minori saranno i danni per l’umanità. Il tratto fondamentale della strategia Nato in Ucraina è quello di utilizzare la...
Ieri è giunta l'attesa risposta iraniana al bombardamento israeliano del consolato iraniano di Damasco, che aveva ucciso tra gli altri il generale Haj Zahedi. L'Iran ha effettuato un attacco simultaneo con droni e missili in modo da saturare la poderosa difesa antiaerea israeliana. Missili hanno colpito due basi militari israeliane (monte Hermon e Novatim). Oggi l'autorità iraniana rivendica quei due obiettivi come primari, ma è abbastanza ovvio come questa rivendicazione abbia semplicemente la funzione di far coincidere gli obiettivi...
Per capire cosa succede a Gaza è necessario guardare cosa accade in Ucraina. Per quanto i politici italiani “autorevoli” ripetano i loro “atti di fede”, e ugualmente gli altri leader “nani” europei e i giornalisti a loro legati (ed entrambi proni esecutori dei loro padroni yankee), le loro dichiarazioni stizzite e altisonanti sono solo il riflesso della vittoria strategica del governo russo nel confronto con la NATO. Ancora non c’è la vittoria palese sul campo della Russia, ma quella strategica è già stata ottenuta, perché da più di venti...
B. Stiegler, filosofa politica francese, conduce in questa ricerca una genealogia del neoliberismo americano, sincronico all’ordoliberismo tedesco e quello poi più idealista di Hayek, versione americana meno conosciuto ma forse anche più influente. L’eroe negativo della storia è il mitico Walter Lippmann. Solo un “giornalista” come alcuni lo ritennero, in realtà politologo pieno e poi politico dietro le quinte, stratega di pratiche e pensiero, inventore di una versione americana della propaganda più sofisticata, delle pubbliche relazioni,...
Qual’è il rimedio delle classi dirigenti, politiche ed economiche (nel capitalismo liberista, tutt’uno) quando la crisi gli morde i calcagni? Il fugone nel fascismo, in qualsiasi nuova forma ritenuta adatta ai tempi. Oggi si presenta in veste psicomanipolatoria-tecnologica, ma senza mai rinunciare alla violenza fisica, a seconda dei casi pestaggi o mattanze. Ecco cosa hanno in comune i massacri dei nostri fratelli in lotta a Gaza e in Cisgiordania e le teste spaccate dai gendarmi agli studenti delle università italiane – vera eccellenza del...
Nell’analizzare gli ultimi sviluppi del conflitto mediorientale sono molti i rischi, o le tentazioni, che possono portare fuori bersaglio. Anche l’analisi di classe mostra qualche limite, se si fa attenzione al concreto della struttura sociale israeliana – quanto meno – dove ai “cittadini a pieno titolo dello Stato ebraico” (la definizione è stata assunta nella “legge fondamentale”, para-costituzionale) sono riservati tutta una serie di diritti e privilegi, anche in termini di posizioni lavorative, mentre il “lavoro bruto” o lo sfruttamento...
Il mondo intero è di nuovo con il fiato sospeso, per il terrore di una grande guerra che infiammi il Medio Oriente. L’attacco di ritorsione lanciato dall’Iran, nella lunga notte tra sabato e domenica, ha lasciato senza sonno Israele. Per cinque ore oltre 300 munizioni sono state scagliate contro il territorio israeliano. La rappresaglia per l’attacco dell’1 aprile a Damasco è arrivata dopo quasi due settimane, ampiamente annunciata, lenta ma imponente. Secondo le stime ufficiali riportate dal New York Times, l’Iran ha utilizzato 185 droni...
Molti neuroscienziati notano come il nostro cervello-mente si sia lungamente evoluto, quindi formato, alle prese con problemi vicini (fame, sete, sicurezza), immediati (giorno per giorno, ogni giorno) relativamente semplici (amico/nemico, sesso, utile/inutile), in gruppi piccoli tendenzialmente egalitari, relativamente isolati tra loro, in cui ognuno conosceva ogni altro. Oggi ci troviamo associati in gruppi enormi, di una certa densità territoriale che si estende ormai alla dimensione planetaria, in cui i più ci sono sconosciuti, dentro...
Nonostante sia palese che la guerra ucraina è persa, l’Occidente resta aggrappato ai dogmi neocon, incapace non solo di trovare, ma anche solo di pensare una exit strategy da una guerra disastrosa per Kiev e per l’Europa, che il conflitto sta degradando sia a livello economico che politico. Quest’ultimo aspetto inquieta e interpella sia perché denota un asservimento della Politica europea ai circoli neocon, dipendenza mai registrata in tale misura in precedenza, sia perché evidenzia il degrado delle dinamiche democratiche, dal momento che...
Le parole dovrebbero essere annoverate nell’elenco delle droghe pesanti, e purtroppo a chiunque può capitare di farsi ogni tanto una “pera” eccessiva. Il quotidiano neocon “il Foglio” si è approfittato del “trip” di uno dei padri costituenti, Umberto Terracini, per fargli fare una figuraccia postuma mettendo in evidenza alcune sue frasi poco felici in sostegno di Israele. Dopo averci ammonito sul fatto che anche Terracini considerava l’antisionismo una forma di antisemitismo, ci viene proposta una citazione nella quale il vecchio comunista...
Da questa parte del "mondo democratico occidentale", molti di noi si dibattono tra rabbia e la sensazione drammatica di impotenza nell'assistere allo sterminio in diretta di un intero popolo. A volte questo senso di frustrazione si trasforma in disagio somatizzato, in depressione (parlo per me e per gli amici e compagni con cui mi confronto ogni giorno). In altri casi, invece, rischia di generare reazioni di autoconservazione fatalista, ricerca del deus ex machina, rimozione. Eppure qualcosa si muove. Qualcosa possiamo fare. Una piccola...
1. Seguendo un copione creato a tavolino per ingannare la mente di chi si abbevera ai telegiornali della sera, gli Stati Uniti continuano a tirare il guinzaglio legato al collo del cagnolino d’oltremanica. Quel cagnolino era un tempo l’Impero britannico’, oggi solo un maggiordomo che esegue gli ordini dell’Impero Atlantico: tenere Julian Assange in prigione fino alla morte. Per la più grande democrazia al mondo – da esportare, se del caso, a suon di bombe e che ormai solo i politici europei (e italiani) credono sia tale – il rischio più...
Qualcuno parla di rischio di terza guerra mondiale davanti alla rappresaglia dell’Iran verso Israele, ma cari miei, una terza guerra mondiale sarebbe solo nucleare. Perciò, definitivamente distruttiva dell’umanità. Avete presente l’anime e il manga “Ken il Guerriero”? Lì, almeno, le armi nucleari sono state relativamente innocue: hanno distrutto il mondo, ma non hanno lasciato radiazioni. Ma nella realtà, una guerra di tale portata, ridurrebbe il mondo a una landa desolata radioattiva, invivibile. E per quanto noi siamo governati dai...
Il Governo è in difficoltà, è debole. Questo è il precipitato politico di un ragionamento che prende le mosse dalla scelta del Governo di approvare un Documento di economia e finanza (DEF) privo delle principali informazioni sulle tendenze della finanza pubblica e dei conseguenti effetti macroeconomici. Il DEF è il principale strumento di programmazione economica del Governo, serve a definire il quadro della finanza pubblica per l’anno in corso e per il successivo triennio. In pratica, con il DEF il Governo è chiamato a mettere nero su bianco...
Dopo l’oblio dell’attacco al Crocus da parte dei media d’Occidente, preoccupati solo di discolpare l’Ucraina dalle evidenti responsabilità, come peraltro accaduto varie volte in passato – a parte eccezioni che confermano la regola – per altre azioni oscure di Kiev, anche l’attacco di droni alla centrale atomica di Zaporizhzhia è passato sottotraccia, come qualcosa di marginale. L’attacco alla centrale di Zaporizhzhia e i topos delle guerre infinite E ciò nonostante la gravità dell’accaduto: se l’attacco fosse riuscito al 100% poteva creare...
Il senso di colpa domina incontrastato nella multiforme platea dei sentimenti umani. Senso di colpa per non essere abbastanza, per non aver superato l’esame, per non aver performato quanto desideravamo, per aver disatteso le aspettative, per non aver concluso un lavoro, per aver trascurato passioni e interessi, per aver manifestato rabbia, tristezza e paura, per gli errori commessi, per le azioni compiute, per una parola fuori posto, per non esserci stata, per aver mangiato, per aver risposto nervosamente, per quella carezza non data, quei...
Immancabili, come ogni anno, i dati Istat sull’andamento demografico del paese registrano un deciso segno meno”. Che non è grave soltanto in sé, ma soprattutto perché conferma una tendenza di lunghissimo periodo. Dal 1964 a oggi sono stati pochissimi gli anni in cui le nuove nascite sono state più numerose dell’anno precedente, ma anche a uno sguardo disattento balza agli occhi che la dimensione delle diminuzioni è sempre alta, mente i “rimbalzi” sono sempre appena percettibili. Il risultato finale, al 2023, non lascia dubbi: i nuovi nati...
‘Essere democratici è una fatica immane. Allora perché continuiamo a esserlo quando possiamo prendere una scorciatoia più rapida e sicura?’. Così Michela Murgia, la scrittrice sarda recentemente scomparsa, nel suo pamphlet del 2018 dal titolo provocatorio: ‘Istruzioni per diventare fascisti’. Con una originale sapienza dialettica, com’era suo stile di comunicazione in ogni dibattito pubblico e nel relazionare sulle grandi ingiustizie e ineguaglianze che affliggono le società odierne, Michela Murgia, nel suo saggio, ci invita a sottoporci a...
I due anni della pestilenza da Covid-19 si sono rivelati una grande imprevedibile opportunità per testare il livello di ubbidienza che, si può ottenere applicando un regime disciplinare come lo è stato l’obbligo di vaccinarsi, appunto. La narrativa secondo la quale il barbaro no-vax e chi lo sostiene rappresentano il Male, e quindi vanno denigrati, censurati, emarginati, criminalizzati ha funzionato. Pertanto, lo stesso identico canone è stato applicato su una nuova dicotomia buono-cattivo nella politica internazionale. Stesso manicheismo,...
L’avesse compiuto, per dire, il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, un gesto come quello del suo omologo britannico David Cameron, recatosi in “visita di lavoro” da Donald Trump in USA, intrattenendosi – magari – in Germania, con Sahra Wagenknecht, per di più alla vigilia delle elezioni, il coro liberal avrebbe subitamente gridato alle «interferenze russe nei processi democratici dei paesi liberi». Ma fatto tra “alleati”, per di più di estrazione anglosassone, la cosa rientra nella normalità e, trattandosi della “democratica Ucraina...
Un’analisi di cosa succede e di cosa si prospetta in Medioriente, a partire dal genocidio in atto a Gaza, dalla rivolta generale palestinese, dallo scontro tra Stato Sionista e Asse della Resistenza in Libano, Siria, Iraq, Yemen, all’indomani dell’attacco israeliano all’ambasciata iraniana a Damasco. Una panoramica che parte dalla ritirata della FOI (Forza di Offesa Israeliana) dalla metà sud di Gaza, dopo sei mesi di offensiva del presunto “esercito più potente del Medioriente” che non è riuscito a controllare la Striscia, annientare Hamas e...
In vista della settimana di mobilitazione dei lavoratori all’interno dell’accademia italiana, proponiamo qui un resoconto delle linee d’intervento del movimento negli ultimi mesi, mettendo al centro i punti politici principali che stanno caratterizzando le proteste dei lavoratori e delle lavoratrici dell’università di concerto con i movimenti studenteschi. Si tratta di una riflessione che vuole essere un punto di partenza che ci porti allo sciopero del 9 aprile di tutto il mondo universitario, una data che deve essere un punto di partenza per...
Trent’anni dopo il genocidio in Ruanda, innescato dall’abbattimento dell’aereo privato su cui viaggiavano il presidente del Paese e il suo omologo del Burundi, e spacciato per l’esplosione di un conflitto etnico tra Hutu e Tutsi, si continua a discutere sulle cause del massacro di quasi un milione di persone. Dopo tre decenni, si evidenziano implicazioni che gettano una luce meno semplificata su quegli eventi drammatici: a cominciare dal ruolo delle grandi potenze che cercavano di accaparrarsi le enormi risorse strategiche nella regione dei...
È certamente corretto sostenere che le motivazioni che stanno spingendo Washington a mettere sotto assedio Pechino sono di natura economica. Paradossalmente questa tesi è stata infatti espressa indirettamente dalla stessa Segretario al Tesoro Yellen, in una intervista della settimana scorsa che non ha avuto la risonanza che avrebbe meritato nonostante anticipasse i temi che la stessa Yellen sta trattando con l'élite politica cinese nel suo viaggio diplomatico in corso in questi giorni. Di importanza capitale per comprendere la situazione a...
Pubblichiamo un estratto della prefazione del libro “Ucraina, Europa, mondo. Guerra e lotta per l’egemonia mondiale” di Giorgio Monestarolo (Asterios, Trieste, pp.106, euro 13). L’autore è ricercatore presso il Laboratorio di Storia delle Alpi dell’Università della Svizzera italiana e docente di Storia e Filosofia al liceo Vittorio Alfieri di Torino. La prefazione è del generale Fabio Mini, che tra le altre cose è stato generale di Corpo d’Armata, Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione...
Volete uscire dal dominio neoliberista, volete allentare la morsa della gabbia d’acciaio capitalista, volete invertire l’allungamento in corso da decenni della scala sociale di cui tra l’altro vi è vietato l’uso per provare a scalarla. Avete idee di mondo migliore, più giusto, qualsiasi sia la vostra idea di “giusto”. Tutto ciò è politico. Ma la vostra società non è ordinata dal politico, è ordinata dall’economico. È l’economico il regolamento del gioco sociale, è lui a dettare scala di valori, premi, punizioni, mentalità e cultura comune. E...
Nelle Conferenze di La Paz, nel 1995, il teologo e filosofo argentino, tra i pionieri della Teologia della Liberazione e in esilio dalla sua patria durante il regime fascista sviluppa la sua attentissima lettura di Marx dal punto di vista rivendicato dell’esternità e del lavoro ‘vivo’; ovvero della persona effettiva, reale, completa. Questo, declinato nelle sue diverse forme, marginali e ‘poveri’, stati subalterni e periferici, è il tema centrale della filosofia e della prassi politico-culturale ed etica di Dussel. Proviamo, dunque, a...
Come ha potuto succedere? Che mostruosità! Tutte quelle armi che circolano! Ma in che tempi viviamo! Colpa dei genitori….Colpa della scuola…. Sono le esclamazioni dei manigoldi ipocriti che tendono a ottunderci il cervello mentre cerchiamo di farci capaci dell’enormità di un bambino di dodici anni che entra in classe con una pistola e spara e uccide suoi compagni. Si assembrano sugli schermi e nelle paginate psicologi, sociologi, esperti di ogni risma da un euro all’etto a disquisire sul fattaccio. E tutti, indistintamente, a mancare...
L’apparente moderazione dell’Iran di fronte all’aggressione israeliana non dovrebbe essere confusa con la debolezza. Teheran esercita costantemente pressioni su Tel Aviv attraverso i propri metodi, preparando attentamente il terreno per il disfacimento di Israele. «La leggenda narra che una rana posta in una pentola poco profonda piena d’acqua riscaldata su un fornello rimarrà felicemente nella pentola d’acqua mentre la temperatura continua a salire, e non salterà fuori anche se l’acqua raggiunge lentamente il punto di ebollizione e uccide la...
Per chi voglia provare a comprendere qualcosa del caos italiano, cioè della solo apparentemente inconciliabile orgia di conformismo e anarchia che ci sovrasta e ci attraversa e ci appartiene con grande evidenza negli ultimi tempi – quella frana stucchevole che qualcuno prova a stringere al collare troppo stretto di formule (a propria volta molto furbe e molto povere) quali “declino” o “perdita di competitività” – un tentativo di messa a fuoco può consistere nel guardare all’oggi attraverso quattro vecchie opere d’ingegno che dell’Italia fecero la propria ragion d’essere.
Come quando, dall’oculista, la sovrapposizione di varie lenti (nessuna esclusa) porta a decrittare la successione di lettere che prima ci apparivano indistinte, osservare la scena italiana attraverso la lastra del Gattopardo, a propria volta piantata davanti a quella dei Viceré, dei Promessi sposi, e dietro questa quella che tutte le precede (il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani di Leopardi) dà finalmente a ciò che sembrava piatto e impenetrabile un’idea di tridimensionalità. A essere poco chiaro non è infatti ciò che accade in scena – le maschere di Grillo, Minetti, Berlusconi, Bossi, Polverini, D’Alema e così via sono di un’autoevidenza che lascia senza appigli – ma la possibilità stessa che un simile spettacolo non solo sia rappresentabile, ma trovi pure un pubblico pagante. Alla scena appartengono infatti anche comprimari e spettatori. Come dice il cantautore: “nessuno si senta escluso”.
In Italia meno che mai. Com’è possibile allora per esempio che mentre la lingua ufficiale del Paese prova allo specchio vaghi accenti protestanti riempiendosi la bocca di parole quali “rigore” e “sobrietà”, allo stesso tempo – non fuori dalla scena, attenzione, ma su palcoscenici sufficientemente esposti da risultare ignoti fino quando qualcuno scopre esattamente ciò che si sarebbe aspettato di trovare – si usino i soldi pubblici per allestire festini ai limiti dell’irrapresentabile per eccesso d’iperrealismo (l’affaire Polverini-Fiorito) i quali riuscirebbero nell’impresa di disgustare allo stesso modo Renato Guttuso e Albert Speer? E quale segreto moto dell’animo spinge le presunte vittime (o meglio: le sempre autoproclamatesi tali), alternativamente: a) a disprezzare con violenza ciò che fino all’altro ieri si era magari condito di rispetto, quando i motivi di biasimo erano lampanti, seppure “in sonno”, sin da allora; b) a sentirsi ferocemente più soddisfatti che feriti dalla conferma del proprio precedente biasimo; c) a invocare, in entrambi i casi, l’intervento di un terzo sempre diverso da se stesso per rimettere a posto le cose?
L’aspetto più curioso è proprio questo. Quando in Italia esplode uno scandalo (quello della Regione Lazio è solo il più recente e qui valga giusto come paradigma), i proletari e gli esclusi da qualsivoglia spartizione chiedono giustizia ai propri rappresentanti, urlando la propria impotenza. L’opposizione chiede giustizia alla maggioranza, rivendicando la propria impotenza. La maggioranza chiama in causa un sempre fantomatico Sistema, lamentando la propria impotenza (“governare gli italiani non è difficile, è inutile”, Giolitti o Mussolini a seconda della vulgata), e poi si appella all’arbitrato del Preside(nte) della Repubblica. Il Presidente è quasi impotente per via istituzionale, ma la richiesta di una sua presa di posizione chiama spesso per chissà quale affinità quella del papa, il quale, infatti, spesso interviene per mezzo dei propri cardinali (attenzione! a propria volta spesso il papa è ovviamente et infallibilmente impotente davanti alle macchinazioni dei cardinali), che a loro volta (talmente parte in causa la Chiesa in via sostanziale negli affari italiane da potersi permettere di non esserlo in via formale) non possono consumarsi in altro che in una reprimenda.
Insomma, nessuno in Italia è mai parte in causa. Al limite, siamo tutti parte lesa. Eppure, quei proletari erano andati in visibilio quando il loro leader del momento riempiva l’ampolla con le acque sacre del dio Po (adesso il dio si chiama internet). Quelle casalinghe e quegli aspiranti manager col diploma di geometra acquistato per corrispondenza l’avevano difesa a spada tratta, la pagliacciata del “contratto con gli italiani” in diretta nazionale. Quel ceto medio riflessivo, a furia di riflettere, si era dimenticato di chiedere conto ai propri segretari della mancata risoluzione del conflitto di interessi mentre erano al governo per ben due volte (per tacere della Bicamerale). Perché insomma in Italia, il Presidente del consiglio ostenta le stesse mani legate che all’ultimo disoccupato sembrano un motivo sufficiente per il vitalizio che non otterrà mai? Da dove viene, questo oceanico delirio d’impotenza?
Per provare a rispondere, dobbiamo trasferirci per un attimo nel Seicento manzoniano, e cioè un “momento” appena successivo all’Ottocento di Leopardi. I promessi sposi, se non ci fosse il superiore cielo della Provvidenza, sarebbe tutto schiacciato (come in effetti è) sotto quello dell’occupazione spagnola. Se c’è un concetto che nel capolavoro manzoniano è umiliato in modo così onnicomprensivo da poter alternativamente vestire i panni sia del vizio che della virtù è quello di autodeterminazione. Autodeterminati non sono Renzo e Lucia, che infatti non possono sposarsi. Non è libero delle proprie azioni don Abbondio, e figuriamoci (“il povero curato non c’entra; fanno i loro pasticci tra loro, e poi... se la cosa dipendesse da me...”). Non lo sono i bravi rispetto a don Rodrigo, e quest’ultimo è talmente un poveraccio nella categoria dei prepotenti – così rozzo, superstizioso, grossolano – che si limita ad amministrare un potere i cui limiti gli sono fisiologici. Non lo è fra’ Cristoforo, la cui azione più risolutiva, nel finale, si limita allo sciogliere il voto di castità di Lucia. Meno che mai capace di autodeterminazione è poi il popolo nel suo unico momento di (finto) protagonismo: la rivolta milanese causata dai rincari del pane è la quintessenza della rabbia cieca e autodistruttiva. Insomma, del populismo.
La peste, quella sì, è invece risolutiva. E l’autodeterminazione della peste (se così si può dire) è a propria volta interessante per due motivi. Da una parte non è mai ozioso ricordare che l’epidemia, nei Promessi sposi, la portano i Lanzichenecchi, cioè i mercenari tedeschi che combattevano nella guerra di successione del Ducato di Mantova: la soluzione, insomma, arriva dall’esterno. Se volessimo risalire ancora indietro nei secoli, potremmo per esempio dire che la peste è una forma (un’orrenda forma, l’ennesima incarnazione mai del tutto risolutiva) del veltro-Montefeltro di cui Dante parla nel I Canto dell’Inferno. E viene poi addirittura dall’Esterno, la peste manzoniana, se è uno dei nomi con cui la Provvidenza può occasionalmente travestirsi. Se infine (per non lasciare all’Italia come unica possibilità l’intervento divino) volessimo imbarcarci nell’arduo ma forse non del tutto sterile tentativo di secolarizzare la Provvidenza stessa, ricorderemo che l’ultima redazione dei Promessi sposi si conclude nel 1842, a meno di vent’anni dall’Unità d’Italia. Esiste insomma una speranza al di qua del cielo: viaggia sul motore della Storia, è praticamente dietro l’angolo.
Quando tuttavia Federico De Roberto pubblica I Viceré – romanzo che, per fedeltà d’affresco, è forse secondo solo ai Promessi sposi, e ci sarebbe da discuterne – è ormai il 1894. Dall’Unità d’Italia sono passati trent’anni, e ai più avvertiti è chiaro che il Risorgimento non ha avuto e non sta avendo chissà che effetti palingenetici. L’intento di De Roberto era quello di raccontare, proprio a cavallo del passaggio dai borboni all’Unità, la “storia d’una gran famiglia (siciliana, gli Uzeda sono di Catania) la quale deve essere composta di quattordici o quindici tipi, tra maschi e femmine, uno più forte e stravagante dell’altro. Il primo titolo era Vecchia razza: ciò dimostri l’intenzione ultima, che dovrebbe essere il decadimento fisico e morale d’una stirpe esausta”.
La stirpe esausta che invece De Roberto finisce per raccontare attraverso gli Uzeda, è quella degli italiani tutti. Mai, in un romanzo, la lotta fratricida, la cupidigia, la dissolutezza morale, il trasformismo erano stati raccontati con tanta ferocia (una ferocia che ad esempio non ha Il Gattopardo) e mancanza di prospettive. De Roberto, a differenza di Manzoni, non ha davanti neanche il fantasma benigno dell’evento storico che al contrario si è appena consumato – e anche in fondo se l’avesse, gli basterebbe forse frugare negli intestini di una qualunque famiglia agiata della sua terra per capire come gli italiani covino in sé, da qualche secolo, un tale seme degenerativo che solo un fatto storico così potente da assumere le sembianze dell’evento metafisico sarebbe in grado di estirpare (un’epidemia? una rivoluzione? e in modo ancora più rivoluzionario: la collettiva presa di coscienza di essere un popolo con delle responsabilità e quindi, finalmente, con delle possibilità di cambiamento?)
Ecco allora che al posto del tentennante don Abbondio c’è il dissoluto padre Blasco: sboccato, donnaiolo, sempre impegnato ad accumulare ricchezze e a seminare zizzania tra i parenti. Ecco il trasformismo impetuoso di Consalvo e quello comico e mediocre di don Gaspare (da sinistra a destra e da destra a sinistra a seconda di come soffia il vento parlamentare). Ecco i raggiri sull’eredità orditi a danno dei fratelli per tutto il romanzo da don Giacomo. Ecco infine il millantatore che vive a scrocco (il Cavalier Eugenio), la zitellona implacabile (donna Fernanda), l’amante del lusso e delle belle donne (don Raimondo). E, tutti loro, devastati da una sete di potere talmente arida e insulsa (uguale per intensità ma contraria per essenza a quella di Faust e Macbeth) da risucchiarli nel proprio stesso gorgo senza altri danni se non soprattutto quelli inferti a se stessi.
Quando esce Il Gattopardo siamo alla fine degli anni cinquanta del Novecento. Con alle spalle l’Italia quasi un secolo di storia (nonché un’opera come quella di De Roberto) dire che “tutto cambi perché tutto resti com’è” sembrerebbe la scoperta dell’acqua calda. Se non fosse che Il Gattopardo (così stilisticamente più elegante, ma così meno vasto, potente, mobile e ricco de I Viceré) ha il merito di mettere ancora meglio a fuoco – con il nitore dell’allegoria, o forse del correlativo oggettivo – qualcosa che nell’opera di De Roberto si ottiene solo dalla somma delle parti. E cioè il fatto che l’Italia (o meglio: gli italiani) sono un gioco a somma zero. L’immagine in questione è offerta dal principe di Salina che osserva il cosmo con il telescopio (il telescopio azimutale Merz, il telescopio equatoriale di Lerebours & Secretan, il telescopio altazimutale di Worthington che furono di Giulio Fabrizio Tomasi, il bisnonno di Giuseppe Tomasi di Lampedusa a cui il protagonista del Gattopardo è ispirato). Si potrebbe dire, come sembrerebbe suggerire il romanzo, che don Fabrizio Salina osservi il cosmo per trovare una pace e soprattutto una perfezione di cui la sua terra e il suo tempo così mediocre sembrano essere l’assoluta smentita. Ma a scavare più a fondo, quelle costellazioni – così fredde, lontane, perfette, immutabili – sono anche una tremenda conferma della “vanità del tutto” di cui l’Italia sembra a propria volta la più evidente incarnazione terrena.
Essere il popolo sostanzialmente più filosofico di tutto il mondo civilizzato (coloro che, senza nemmeno doversi prendere il disturbo di teorizzarlo nei libri, vivono come se tutto fosse vano) è uno dei fuochi che ancora ardono nel Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani che Leopardi scrisse nel 1824. I francesi lo teorizzano con i loro grandi filosofi, scrive Leopardi, ma gli italiani sono di fatto (fuori dalla pagina, si potrebbe dire) più cinici dei francesi senza bisogno delle speculazioni che la Francia regalò al Settecento d’Europa. Questo è possibile perché all’ipertrofia di un carattere nazionale non corrisponde né una nazione né un’idea di società. Gli italiani, scrive Leopardi, non sentono il bisogno di controllarsi tra di loro (se non con le armi dello scherno e della delazione); gli è sconosciuto cioè quell’“onore” personale che è tale solo se te lo riconoscono anche gli altri – a patto, quindi, che ogni singolo ispiri le proprie azioni alla virtù condivisa. Ma una virtù condivisa e sanzionata socialmente, in Italia non esiste. Tramontata l’età del mito, morto Dio e il timor di Dio (e ancora, per estremizzare il concetto: non c’è bisogno delle illuminazioni di Nietzsche in Engadina, poiché in Italia si fa sostanzialmente a meno di Dio sin dal Seicento), soltanto il vincolo sociale – ontologicamente fittizio, ma fondamentale – o al limite solo la paura di un biasimo che trovi concorde il corpus civico può ispirare le nostre azioni a qualcosa di costruttivo. Ma gli italiani “sono continuamente occupati a deridersi in faccia gli uni e gli altri” con una violenza, una ferocia e soprattutto una nulla stima di sé che lascerebbe al tappeto il rappresentante di qualunque altro popolo d’Europa ma non noi. Al contrario, per gli italiani una simile inclinazione rischia di cronicizzarsi così tanto da diventare un asse portante. Questo, nel 1824.
Per verificare quanto Tomasi di Lampedusa non fosse nel torto, basti pensare a quanto il borbonico “facite ammuìna” si reincarni stagionalmente a ogni nuovo dibattito pubblico nelle penne dei “professionisti dell’opinione e dell’antiopinione”. Ma per capire quanto De Roberto, e ancora più Leopardi avessero reso così bene l’attitudine autodistruttiva che paradossalmente ci tiene in piedi (ma a quale prezzo?) basta invece farsi un giro su internet. La Rete (non solo in Italia, ma noi siamo campioni della specialità) sta diventando nelle sue forme più degenerative un ricettacolo di delazioni, insulti e rivendicazioni a basso costo (cioè senza quasi mai poterselo permettere) che sembrano la più attuale ricrudescenza di quel “deridersi in faccia gli uni e gli altri” di cui scriveva Leopardi. La sostanziale mancanza – dentro e ovviamente fuori dal mondo virtuale – di serie sanzioni sociali (e uno sberleffo non lo è) per i propri piccoli o grandi atti di vandalismo, bullismo, irresponsabilità o leggerezza, fa sì che questi si moltiplichino senza sosta, con la novità che, come si diceva all’inizio, ci sentiamo tutti dalla parte della ragione e, contemporaneamente, parte lesa.
Potrei fermarmi qui, e abbandonare il quadro alla sua sconfortante evidenza. Eppure, se devo interrogare l’ottimismo della volontà, credo di trovare in fondo al pozzo un paradossale motivo di speranza nella necessità di considerare ogni singolo italiano responsabile, e il popolo italiano invece parte lesa. Questa parte lesa, dovremmo insomma immaginarla all’occasione come staccata dalle nostre persone. È in nome di questa parte lesa – in disaccordo, spesso anzi in vero conflitto con ogni singolo – che è sensato ingaggiare una lotta. Il che significa oggi lottare anche contro se stessi.
Che il popolo italiano muova a pietà se non a commozione, è difficile smentirlo. Quando mai è finito, infatti, il Seicento di Manzoni? Quando mai, cioè, il nostro popolo ha vissuto un genuino e nobile momento di protagonismo e autodeterminazione in grado di infondergli fiducia? Non è accaduto nella seconda metà del XVI secolo (abbiamo avuto una Controriforma senza il balsamo di una Riforma – ricordo un passaggio molto bello di Aldo Busi sulla Bibbia di Diodati, che avrebbe regalato agli italiani una lingua finalmente affrancata dall’artificiosa padronalità curiale se non fosse stata messa al bando). Non è accaduto con il Risorgimento (dove al massimo il protagonismo tocca un’élite di massa) e solo in piccola parte con la Resistenza. Per venire a eventi più recenti, basti pensare all’entusiasmo con cui i singoli italiani (umiliando per l’ennesima volta il popolo di cui fanno parte) hanno reagito a Tangentopoli all’inizio degli anni novanta, invocando il cambiamento ma poi delegando ogni cosa all’uomo della provvidenza (allora i giudici, più tardi Berlusconi, e adesso cosa?)
È questo sentirsi insomma sempre fuori dai giochi, sempre impotenti in prima persona, sempre alienati da un nobile protagonismo, cioè da una seria e reale responsabilità – in attesa perenne del veltro, della peste, dell’uomo della provvidenza, di un altro che si pigli la responsabilità che non vogliamo assumerci per la parte che ci compete, pretendendone però poi l’impossibile guadagno – è questo, credo, uno dei peggiori difetti di noi individui italiani.
Si tratta di una colpa dalla quale, se può essere sollevata l’idea di un popolo, non dev’esserlo, invece, ogni singolo – per il quale, nel proprio foro interiore, dovrebbe sempre pesare l’onere della prova. Ognuno dovrebbe sentirsi chiamato a scardinare (a distruggere in se stesso, dunque a trascendersi in un’ottica civile) ciò che lo rende alieno alla comunità senza la quale il suo profilo identitario pure andrebbe a disgregarsi. È attraverso la cruna di un simile paradosso che abbiamo oggi il dovere di passare.
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008
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