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sinistra

Angelo Calemme, La Questione meridionale dall’Unità d’Italia alla disintegrazione europea

Recensione di Ciro Schember

sito Come avvenne lUnità dItalia spolpando il Sud con cattiveria.jpgIn cambio della riforma del premierato e, in subordine, di quella della riduzione dei poteri del Parlamento e del Presidente della Repubblica, in altre parole, in cambio dell’approvazione del Ddl Casellati, Roma pensa di dare il via libera al Senato per il Regionalismo differenziato ovvero per la realizzazione ulteriore del progetto leghista della “secessione senza secessione”, precisamente della legale separazione socio-economica del Mezzogiorno italiano senza rinunciare all’Unità (politica) del Paese: il 16 gennaio si discuterà, quindi, non solo della riforma per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ma, anche e soprattutto, della definitiva separazione fiscale di regioni centro-settentrionali come Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, con ciò aggravando ancor di più lo scambio ineguale (subcoloniale) tra Centro-Nord e Sud. A conferma di questa tesi giunge la nota dell’Ufficio parlamentare di Bilancio relativa ai tagli previsti al Fondo perequativo infrastrutturale per gli anni 2024, 2025 e 2026, la quale informa che il Mezzogiorno sin da quest’anno perde 281,1 milioni di euro, 264,2 milioni l’anno prossimo e 300 tra due anni.

Per chi non ne fosse a conoscenza, il Fondo perequativo infrastrutturale è lo strumento costituzionale (introdotto dalla L. Cost. 3/2001, che ha sostituito l’Art. 119 della Cost.) che, all’interno del quadro normativo previsto dal Federalismo fiscale prima e del Regionalismo asimmetrico poi, deve compensare eventuali squilibri (asimmetrie?) fra le entrate tributarie delle regioni italiane e consentire agli enti preposti di erogare i servizi di loro competenza a livelli omogenei su tutto il territorio nazionale.

Lo scopo dichiarato della riforma costituzionale voluta da Calderoli era quello di eliminare qualsiasi riferimento alla Questione meridionale nella Costituzione del 1948 e sostituire il principio di eguaglianza con quello di perequazione. Queste modifiche costituzionali furono motivate dalla volontà politica di introdurre nell’ordinamento del nostro Paese l’applicazione della logica europea della concorrenza rafforzata anche tra gli enti pubblici, favorendo sostanzialmente un sistema di sviluppo asimmetrico, non egualitario, tra regioni. Per far accettare questa riforma costituzionale alle classi dominanti del Sud, Calderoli prometteva una formale garanzia perequativa per tutte le regioni, che avrebbero continuato a ricevere fondi dallo Stato centrale a prescindere dalla capacità di ricavare risorse fiscali dai loro territori. Tutto questo è stato messo in discussione dalla nota suddetta e con esso anche il fondo, costituzionalmente previsto, della perequazione infrastrutturale. Per i prossimi tre anni, le regioni sottosviluppate del Meridione d’Italia, grazie al vincolo esterno del Patto di stabilità o del Pareggio di Bilancio e a quello interno del regionalismo differenziato, non vedranno riconosciuti più diritti fondamentali come quelli alla salute e a un’istruzione pubblica di qualità: 845,3 milioni di euro, su 4,6 miliardi stanziati dal 2022 al 2033, verranno dirottati dal Mezzogiorno in favore delle regioni italiane più ricche, con buona pace dei diritti inalienabili.

Come dimostra l’intera storia unitaria, lo Stato centrale non è nuovo a questi strumenti e a queste misure giuridiche antidemocratiche, a favore di un modello di sviluppo economico nazionale di tipo selvaggio o ineguale. La novità è che il sistema italiano per il sottosviluppo indotto del Sud funzionale allo sviluppo del Nord diventa, da un tacito accordo politico tra classi sociali nazionali dominanti, un dispositivo giuridico-politico costituzionalmente previsto.

L’Unità d’Italia non è mai stata così fittizia come da quest’anno, purtroppo a riconoscere questa verità, ormai tanto socio-economicamente reale quanto giuridicamente formale, sono ancora in pochi. Tra questi ultimi c’è Angelo Calemme, autore di un nuovo libro, edito da Guida Editori, intitolato “La Questione meridionale dall’Unità d’Italia alla disintegrazione europea. Contributo alla teoria del socialismo di mercato”.

Come recita la prima parte del titolo del volume di Calemme, in questa nuova fatica il suo autore analizza criticamente più di 150 anni di dati e interpretazioni delle più disparate tradizioni storiografiche, italiane e straniere, riguardanti il divario di sviluppo tra le diverse regioni italiane dal 1861 al 2022.

Come si legge nella Premessa e nell’Introduzione, il volume è il risultato di una riflessione di carattere sistematico lunga quasi dieci anni, condotta dialetticamente durante gli anni dell’attivismo prima e della militanza politica poi, per associazioni culturali e politiche delle sinistre, in città come Napoli, Aversa, Pisa, Alba e Torino.

Il libro è strutturato in tre sezioni, L’Italia meridionale prima e dopo l’Unità (I), Questioni europee (II), Separazione e rivoluzione (III). Con i metodi e gli strumenti concettuali marxiani, Calemme traccia nel capitolo primo della prima sezione una Storia critica della tecnologia meridionale, dalla seconda metà del Settecento fino agli anni Settanta del Novecento; mentre nel secondo capitolo abbozza una Critica dell’economia politica del Mezzogiorno. In altre parole, il marxista napoletano ricostruisce la storia dei capitalismi, delle industrializzazioni e delle de-industrializzazioni italiane in età moderna e contemporanea. Nella seconda sezione si analizza la storia dei capitalismi nazionali nel contesto dell’Unione europea (ineguale o asimmetrica); i vincoli interni ed esterni che hanno ridisegnato la lotta di classe nell’Italia delle Comunità europee; le asimmetrie di sviluppo tra la Germania e l’Italia, tra la Toscopadana e il Mezzogiorno; i trend storici della macroeconomia del Sud all’interno del contesto dell’Unione europea; il sottosviluppo della produzione, della finanza, del credito meridionali; le misure economiche deflattive e i flussi migratori in Italia e nell’Unione europea. Nella sezione terza si abbozza invece una genealogia essenziale del socialismo di mercato a partire da pensatori come Franz Fanon, Pierre Jalée, Andre Gunder Frank, Samir Amin e, ovviamente, il gramsciano calabrese Nicola Zitara, padre teorico del produttivismo socialista di mercato. Nel loro insieme le tre parti del volume riescono, con un crescendo appassionato di tesi e dati a supporto delle prime, a convincere il lettore che più di un secolo e mezzo di studi portano a riconoscere l’ingiustizia dell’attuale modello di sviluppo capitalistico italiano ed europeo, di tipo selvaggio e parassitario, che riscrive i rapporti di produzione e di proprietà a tutto svantaggio dei popoli con interessi storici mediterranei.

Ricapitolando, e provando a entrare più nel merito della riflessione di Calemme, “con l’Unità d’Italia il Mezzogiorno divenne una Questione, in quanto allo sviluppo capitalistico e industriale del Centro-Nord, ben presto, fece seguito l’impoverimento e l’illanguidimento del Sud”. Tra i più diversi dispositivi e strumenti che, a partire dall’unificazione italiana, contribuirono a instaurare in Italia un modello di sviluppo sub-coloniale ai danni del Mezzogiorno, ricordiamo: “1) la scomparsa delle istituzioni pubbliche e private di riferimento che nel Meridione, fino al 1861, avevano avviato, sostenuto e protetto, in quasi un secolo e mezzo di storia, quei processi di accumulazione, originaria e capitalistica, per il primo sviluppo industriale e di mercato del Mezzogiorno italiano; 2) il drenaggio delle monete circolanti degli stati preunitari nei forzieri della Banca Nazionale degli Stati Sardi; 3) tra il 1866 e il 1867, l’alienazione del patrimonio ecclesiastico e demaniale dell’ex Regno delle Due Sicilie a vantaggio delle aristocrazie terriere e delle borghesie d’accatto [della rendita parassitaria] meridionali, le quali in questa operazione ottennero non solo l’incameramento di nuove terre da sfruttare, ma anche il completo assoggettamento della media e piccola proprietà, da questo momento in poi completamente soggiogate da un’impari battaglia dei prezzi; 4) la repentina unificazione dei sistemi fiscali degli ex stati italiani con quello piemontese, che indusse un brutale e iniquo stravolgimento dei precedenti rapporti di produzione peninsulari, a totale svantaggio del Meridione. Il nuovo assetto fiscale che imponeva la conversione monetaria dei canoni d’affitto dei fondi (in precedenza percepiti soprattutto in natura), spinse i grandi proprietari terrieri a rifarsi delle perdite fiscali con l’aumento dei canoni di affitto, costringendo i contadini, quando non del tutto proletarizzati dai debiti, a destinare completamente i loro prodotti al mercato. Le esperienze mercantili degli agrari e dei contadini mutarono inoltre in maniera del tutto deleteria gli orientamenti produttivi tradizionali, creando una nuova specializzazione delle colture. L’olivo, gli agrumi e le viti si sostituirono, ad esempio, al gelso, alla canapa, ai grani; queste nuove scelte produttive quando non posero ancor di più in crisi le basi della sopravvissuta manifattura di epoca borbonica, favorirono solo i grandi proprietari, i quali demandarono al conduttore delle terre le colture più rischiose, da cui questi ultimi percepivano solo un pagamento in natura, corrispondente a metà del raccolto. Ulivi e agrumeti, le colture più redditizie, erano invece di fatto gestite in prima persona dai grandi proprietari, i quali, affittando solo il nudo terreno, estromettevano il conduttore dal prodotto delle piante. I contratti erano fissati in base alla produttività e spostavano quindi i costi di produzione solo sui lavoratori; 5) il fenomeno dello sperpero, in pochi mesi dopo l’Unità, delle enormi riserve di capitale che in epoca borbonica vennero accumulate dallo Stato e dalle borghesie attive per finanziare il processo di proto-industrializzazione italiana. Con l’annessione, queste ingenti riserve di capitale furono truffaldinamente deviate dai governi storici verso l’acquisto dei titoli del debito pubblico del giovane Regno d’Italia e nella compravendita dei beni demaniali ed ecclesiastici appartenenti all’ex Regno delle Due Sicilie; 6) la concorrenza sleale delle merci centro-settentrionali a danno di quelle meridionali; 7) lo scambio ineguale tra mercati regionali e con l’estero, e la conseguente distruzione delle industrie meridionali; 8) la sottrazione del risparmio meridionale dalle sue terre attraverso un nuovo e punitivo assetto finanziario e di credito, imposto dalle politiche di accumulazione selvaggia della Banca Nazionale degli Stati Sardi, divenuta poi Banca Nazionale del Regno d’Italia, per conto dei toscopadani “facitori di surplus”; 9) una volta private di un proprio sovrano, espropriate degli strumenti finanziari, industriali, commerciali e assicurativi regnicoli, la disintegrazione economica e l’esclusione politica delle forze produttive meridionali dallo sviluppo del nuovo mercato nazionale; 10) sulla base del sistematico indebitamento sia della rendita sia dei lavoratori, la generale ridefinizione dei rapporti di produzione meridionali all’interno del mercato italiano inaugurò un regime economico subcoloniale che funzionalizzava il sottosviluppo indotto del Sud allo sviluppo capitalistico e industriale del Centro-Nord” (Calemme 2023, pp. 144-147).

A partire dal primo processo di industrializzazione del Centro-Nord, per tutta la durata del regime fascista e durante la grande industrializzazione della Toscopadana nel secondo dopoguerra, il subcolonialismo che il Centro-Nord ha inferto al Mezzogiorno si rafforza e si cronicizza sempre più. Con la fine del ciclo economico espansivo del secondo dopoguerra e con la fine dell’equilibrio bipolare, il modello dello sviluppo ineguale italiano, secondo Calemme, conosce una nuova fase, ovvero quella della istituzionalizzazione del sottosviluppo funzionale meridionale attraverso le riforme costituzionali del Federalismo fiscale e del Regionalismo differenziato, favorito dal vincolo esterno di ciò che Davide Tarizzo, in un articolo di Sinistrainrete.it del 24 marzo del 2015, aveva definito il Teorema di Maastricht.

Nella sinossi del volume di Calemme leggiamo: “Analogamente, con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, al processo di integrazione socio-economica e di unificazione finanziaria e giuridica europea ha corrisposto non solo la deindustrializzazione dell’Italia centro-settentrionale, rendendola una nuova Questione, ma anche l’aggravamento ulteriore del divario di sviluppo tra il Centro-Nord e il Sud del Paese. Quali sono le ragioni e le soluzioni alle suddette Questioni [settentrionale e meridionale], questo libro illustra in maniera efficace. Con e oltre Marx, l’autore indica, infine, la strada verso un meridionalismo socialista di mercato”. Oltre le proposte teoriche di importanti filosofi politici contemporanei, come Luciano Vasapollo e Vladimiro Giacché, Calemme ci illustra allora un’alternativa che si sforza di aderire completamente agli attuali rapporti di forza nazionali e internazionali, verso un nuovo socialismo scientifico, italiano e mediterraneo, suscettibile di ripensare criticamente il marxismo gramsciano a partire dalle condizioni materiali di sottosviluppo del Mezzogiorno italiano europeo.

Come scrive Marx ne Il capitale: “Il sistema protezionistico è stato un mezzo artificiale per fabbricare fabbricanti, per espropriare lavoratori indipendenti, per capitalizzare i mezzi nazionali di produzione e di sussistenza, per abbreviare con la forza il trapasso dal modo di produzione antico a quello moderno” (Marx, 2011, p. 831). Nell’attualità, secondo Calemme, sulla scia di un gramscismo zitariano, occorre smascherare tale logica di sviluppo ineguale, insito nel Regionalismo differenziato, e rovesciarla marxistamente, riconoscendo nuovamente al Sud il diritto allo sviluppo socio-economico e civile.

Contro qualsiasi forma di sviluppo asimmetrico, la proposta teorica di Calemme per il Meridione si fonda allora non su un capitalismo monopolistico di Stato oppure su un sovietico collettivismo e burocraticismo di mercato, ma su un produttivismo di matrice socialista, fondato sull’assenza della proprietà privata del lavoro altrui, sulla negazione dell’espropriazione del lavoro sia da parte del capitale sia da parte dello Stato, senza rinunciare ai diritti individuali e al libero mercato, entrambi funzionali alla costruzione di una moderna società di mercato, indipendente e tecnologicamente avanzata.

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Francesco
Thursday, 11 January 2024 10:58
Parlare di Autonomia Regionale Differenziata, progetto carissimo alla lega, è necessario.
Non credo che questo progetto degenerativo avrà uno stop. Anzi.
E a proposito della teoria astrusa finale, una domanda : dov'è l'esercito, chi sarebbero i generali?
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Angelo
Wednesday, 28 February 2024 20:11
Dov'è l'esercito, chi sarebbero i generali? Prima di giungere all'autocoscienza politica occorre una conoscenza, dunque, una coscienza, storica e sociale. Per ora, ho tentato di dare un modesto contributo per la costruzione di quest'ultima. A prendere le armi con cognizione di causa ci penserà chi verrà dopo di noi.
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renato
Thursday, 11 January 2024 10:33
"Contro qualsiasi forma di sviluppo asimmetrico, la proposta teorica di Calemme per il Meridione si fonda allora non su un capitalismo monopolistico di Stato oppure su un sovietico collettivismo e burocraticismo di mercato, ma su un produttivismo di matrice socialista, fondato sull’assenza della proprietà privata del lavoro altrui, sulla negazione dell’espropriazione del lavoro sia da parte del capitale sia da parte dello Stato, senza rinunciare ai diritti individuali e al libero mercato, entrambi funzionali alla costruzione di una moderna società di mercato, indipendente e tecnologicamente avanzata." Questa chiosa finale , non lho proprio capita , piu' la rileggo e piu' mi chiedo come possa avvenire una tale quadratura del cerchio. Comunque leggeremo questo lavoro, altrimenti c'è da rimanere allibiti senza risposta.
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Angelo
Thursday, 11 January 2024 20:43
Se una recensione spiegasse un libro intero, non realizzerebbe il suo scopo; il compito di una recensione è quello di parlare bene o male di un'opera entro i limiti del possibile e, magari, promuoverne la lettura. La chiosa finale è sintatticamente perfetta e svolge la sua funzione: è un muro tra il lettore e lo scrittore, suscita la curiosità, l'interesse, il desiderio della lettura. Ringrazio ancora Ciro Schember e Sinistrainrete.it per il loro lavoro.
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Enza Sirianni
Thursday, 11 January 2024 08:07
Un disastro di cui la gente non sa niente e su cui si tiene volutamente una cortina fumogena. Ci troveremo a una metasecessione per vigore di legge e con il riconoscimento formale della natura violenta e predatoria dello stato italiano. Quel che sarà, verrà scontato duramente dalle popolazioni del sud, desertificato demograficamente ( 2,5 milioni di meridionali hanno lasciato il mezzogiorno dal 2002 al 2021, quasi tutti in trasferimento al nord per lavoro e studio) e di risorse.
Intanto i governatori balbettano, la patriota cristiana, connivente con i suoi compari leghisti, svia su ciò che vellica la pancia degli italiani, Mattarella parla d'altro a capodanno, senza disturbare nessuno.
Una secessione de facto che stanno trasformando, con apporto del Pd, in de iure.
Si provi ad andare ad un Pronto Soccorso di un ospedale di provincia del sud : ma quale terzo mondo! Eh sì che il SSN è stato spogliato a favore dei privati, ma nel meridione non gli hanno lasciato neanche occhi per piangere . E le vittime? Rassegnate, arrese, a testa bassa e occhi vacui, con qualche inconcludente e rabbiosa reazione contro il personale sanitario nel fuoco della trincea.
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