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Il caso del caso Moro parte 6: Misura per Misura

di Davide Carrozza

A ulteriore sostegno dei precedenti articoli sul caso Moro pubblicati da questo blog, ho di recente riascoltato la presentazione del libro di memorie del famigerato “faccendiere” Francesco Pazienza, uno dei più famosi 007 italiani coinvolto più o meno direttamente in quasi tutti gli avvenimenti topici degli anni di piombo. A domanda dal pubblico sul caso Moro, Pazienza risponde: “devo dire francamente che a me del caso Moro non me ne importava niente perché io mi occupavo soprattutto di questioni estere”. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

Per fortuna però non è questo il tema di questo articolo, né tanto meno lo è la recente questione delle intercettazioni di Azzolini nell’ambito dell’inchiesta (sfociata adesso in un processo) sugli eventi della cascina Spiotta, già oggetto di speculazioni dei soliti complottisti. Su questo vi rimando al sempre esaustivo Paolo Persichetti e al suo blog a questo LINK.

Il sesto episodio del “caso del caso Moro” tratta invece di un incredibile punto di contatto fra storia contemporanea e letteratura Inglese del ‘600. Una suggestione interessante per chi come me si occupa della prima per interesse squisitamente personale e della seconda per lavoro. Non poteva sfuggirmi.

Già nel terzo episodio di questa serie Il caso del caso Moro Parte 3: La trattativa dedicato alla trattativa sotto banco, poi opportunamente rivelata per filo e per segno, che l’On. Craxi intraprese per mezzo di vari tramiti per provare a salvare la vita dell’On. Moro.

Fra le altre cose si faceva riferimento a ciò che accadde Sabato 6 Maggio 1978, tre giorni prima del tragico epilogo della vicenda. Nel pomeriggio il guardasigilli Bonifacio chiamò disperato il presidente della Camera Fanfani per riferirgli che non si trovavano nomi di detenuti spendibili per una grazia del Presidente della Repubblica, per qualche strano motivo (ecco i veri misteri…) il nome di Paola Besuschio, profilo perfetto la cui liberazione avrebbe potuto forse cambiare le carte in tavola, era venuto meno. Dall’archivio del Quirinale, facilmente consultabile on line, risulta che nel settennio di Presidenza Leone erano state concesse la bellezza di 7498 grazie a detenuti di ogni tipo e per una varietà ampissima di reati, dall’accattonaggio al duplice omicidio. Non si riuscì quindi a trovarne un settemilaquattrocentonovantanovesimo che potesse servire da scambio con le Br per l’On. Moro. Cose che capitano. Quasi in contemporanea con questa telefonata avvenne un incontro in una camera d’albergo fra Bettino Craxi e l’esponente di autonomia operaia Lanfranco Pace, in contatto con l’ala brigatista contraria all’esecuzione (Morucci-Faranda). Pace confermò a Craxi che la liberazione subitanea anche di un solo detenuto avrebbe potuto cambiare le carte in tavola. Anziché attaccarsi al telefono e chiamare Bonifacio, Leone, Berlinguer e perchè no anche Andreotti per salvare la vita a un padre costituente, Bettino il lungimirante fece a Pace una richiesta alquanto bizzarra: l’assicurazione che Moro fosse ancora vivo attraverso un biglietto autografo con scritto “Misura per Misura”. Tutto ciò che avvenne prima, dal giorno del rapimento, al tragico ritrovamento del corpo in Via Caetani tre giorni dopo, è ampiamente documentato nell’articolo in questione.

Mi sono sempre chiesto, ma perché questo delirio Shakespeariano proprio in quella circostanza? Nel memoriale scritto da Craxi e consegnato alla Commissione Moro Uno il 6 novembre 1980 in occasione della sua audizione, il leader socialista fa riferimento a come lui immaginava si sentisse Moro tre giorni prima di essere ammazzato. Probabilmente come Claudio, personaggio della commedia Misura per Misura di Shakespeare anche lui condannato a morte ingiustamente. Davanti alla commissione quasi interamente DC, in chiaro tono polemico, Craxi fa poi riferimento a una battuta celeberrima di Claudio all’amico Pompeo: ….ma il nuovo governatore riesuma per me tutte le pene scritte nei codici che erano come armature appese al muro per tutto il tempo che 19 zodiaci hanno roteato attorno al globo e mai più indossate. È certamente per farsi un nome.

Devo ammettere che se prendiamo quest’unica battuta di Claudio decontestualizzando il tutto qualche analogia suggestiva fra Claudio e il povero On. Moro si potrebbe anche trovare, senza mai dimenticare che Claudio era accusato di aver messo incinta una donna fuori dal matrimonio mentre l’accusa mossa all’On. Moro era quella di essere lo stratega del regime democristiano (comunicato BR num. 1). A ogni modo, ciò di cui Claudio si lamentava con l’amico Pompeo è che davvero per lui si stesse facendo una ingiusta eccezione e si fossero riesumate leggi vetuste e fuori dal tempo. In effetti anche per Moro, come lo stesso ricorda nelle sue lettere dalla prigionia, si fece una ingiusta eccezione dopo che molte volte lo Stato aveva trattato con terroristi di varia estrazione, per ottenere la liberazione dell’ostaggio e salvargli la vita. I 19 zodiaci roteati attorno al globo sono i 19 anni in cui il vuoto di potere cittadino (ci troviamo nella Vienna del ‘600) aveva permesso al bigotto Angelo, duca in pectore in assenza del Duca Vincentio, di trasformare Vienna a sua immagine e somiglianza. Come spesso accade, i sudditi di Angelo presto si adoperarono per allinearsi alla filosofia moralista del nuovo Duca esattamente come il movimento della fermezza nel ’78 si estese dalla DC al PC fino alla altrettanto suddita stampa di casa nostra che oltre ad aver ampiamente argomentato sulla pazzia del prigioniero Moro, lo accusò addirittura di poco coraggio. Furono anche scomodati i prigionieri della Resistenza, i quali “sottoposti a uno stress psicologico almeno pari, e anche a torture fisiche, seppero fronteggiare in maniera impavida i loro aguzzini” come ricorda Saragat in un articolo sul Giorno dell’1 Aprile dello stesso anno.

L’ ex presidente della Repubblica, che invece di Resistenza se ne intendeva eccome, ricorda nello stesso articolo come il paragone con i prigionieri partigiani fosse tutt’altro che pertinente. “….come se i partigiani prigionieri dei fascisti non fossero stati scambiati con fascisti prigionieri dei partigiani ogni volta che lo si ritenesse possibile e conveniente: come se i partigiani non si dessero attivamente da fare per procurarsi ostaggi tedeschi e repubblichini“. Senza contare poi gli inviti al suicidio alla maniera di Socrate di chi cinicamente sentenziava “sacrificare un uomo o perdere lo stato”. Un po’ come accadde allo stesso Claudio in prossimità della sua esecuzione a cui toccò sentire l’elogio savonaroliano della morte da parte del vecchio Duca di Vienna travestito da frate.

Ma così come la realtà può sempre offrire scenari imprevedibili, lo stesso si potrebbe dire del drammaturgo più geniale che il mondo abbia mai visto, che in quanto a sorprese non era certo da meno. Nella stessa conversazione con Pompeo infatti il condannato Claudio (la cui sentenza di morte non fu mai eseguita, a differenza di quella di Moro) si adopera in una splendida metafora sul potere che sembra essere perfetta proprio per l’On. Craxi: sarà forse che la cosa pubblica un cavallo sul quale chi sta in sella ha le redini in mano, e l’insediato, per far sentire meglio all’animale il suo comando dà di sprone subito. Il potere per Claudio (o si potrebbe meglio dire per Shakespeare) è come un cavallo che una volta saliti in sella non si riesce a trattare docilmente come si dovrebbe e inebriati dall’eccitazione che ogni fantino potrebbe testimoniare, si dà di sprone anzitempo anziché rispettare i tempi dell’animale. Ora, nello stesso articolo già citato, si riporta come il giorno prima della morte di Moro, Craxi e Fanfani in presenza di Martelli si siano incontrati a Palazzo Giustiniani e Fanfani abbia posto una specie di condizione al PSI in cambio di un suo intervento diretto: se la DC si fosse allontanata dalla fermezza intercedendo con il capo dello stato per concedere una grazia, secondo Fanfani sarebbe venuta a cadere l’intesa sul governo della non sfiducia con il PC, Fanfani chiese quindi a Craxi e al PSI di fare da stampella per il governo monocolore Andreotti al posto del PC. La risposta di Craxi fu “non saprei come il mio partito potrebbe prendere una scelta del genere”.

Anche in quest’occasione quindi Craxi non si dimostrò pronto (come due giorni prima durante l’incontro con Pace) a compiere quel piccolo gesto in più che si sarebbe potuto dimostrare determinante, facendo tornare in mente le parole di Pace davanti alla Commissione Stragi anni dopo in cui ammise “quella volta sembrava che Craxi avesse ormai già incassato la sua cambiale“. Craxi quindi non è altro che quel fantino a cui si riferiva il Claudio di Shakespeare che salito sul cavallo ha già dato di sprone, ha già fatto la sua bella cavalcata e non ha più interesse a rischiare politicamente la caduta da cavallo.

L’ ascesa al potere del PSI da quel momento in poi è lì a testimoniarlo. Partendo dal circa 10% delle elezioni del ’76, passando a quel 12% nell’83 e il Congresso del PSI dell’84 che lo incoronò leader assoluto per acclamazione del suo partito e che gli diede la possibilità di guidare il nostro paese da Presidente del Consiglio dall’83 all’87. Direi che la sua cambiale, usando le parole di Pace, la incassò sicuramente.

La storia successiva di Craxi da lì in poi, con il terremoto di manipulite e l’esilio ad Hammamet, dimostrerà ancora meglio l’assunto del Claudio di Shakespeare: il cavallo del potere, una volta saliti in sella, può eccitare il fantino a tal punto da indurlo a speronare: nel caso di Craxi la speronata fu proprio l’intuizione di inserirsi nell’opaco della fermezza e ritagliarsi il ruolo di benefattore nel frattempo rimasto scoperto, salvo poi ritirarsi sul più bello. Dopo il momento adrenalinico, il cavallo del potere cadde rovinosamente lanciando Craxi fino ad Hammamet e fino alla damnatio memoriae, con la scena del lancio delle monetine che tutti noi abbiamo ancora negli occhi. Curioso quindi, ragionando a bocce ferme, come l’opera scelta da Craxi per quel bigliettino che Moro doveva firmare, a una attenta analisi finisce in realtà per raccontarci molto più di Craxi che di Moro stesso.

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Giulio Bonali
Friday, 23 May 2025 09:21
Salvo il complottismo particolarmente penoso dell' attribuzione delle fortune (storicamente alquanto effimere) e delle sfortune politiche di Craxi alla pretesa "pugnalata alle spalle" dell' "amico" Moro per ambizione sfrenata, trovo da un punto di vista strettamente "tecnico proceduralgiuridico" (relativo al -e ben inquadrato nel- sistema statuale capitalistico borghese..., N. d. R) estremamente ben confezionata, con i suoi brillanti riferimenti letterari, questa arringa da avvocato (delle cause perse...) difensore delle BR.
...Peccato che non porti argomento alcuno alla tesi della autonomia decisionale, della "verginità da collusioni con gli apparati repressivi dello stato borghese capitalistico", e del non burattinismo al servizio della reazione delle BR.

Il motivo per il quale si fece un' "eccezione alla regola" sulle concessioni "contrattate" di grazia ai detenuti (a mio parere comunque per lo meno discutibili in generale) é il fatto che in questo caso si sarebbero riconosciute le BR come forza politica (e non meramente terroristica, ovvero criminale "comune"), rafforzandole enormemente.
Dal che non credo proprio che ci si sarebbe potuti e dovuti attendere (e non solo col senno di poi, ma anche allora, se appena si fosse stati dotati di semplice, sobrio realismo e buon senso; per non parlare di preparazione teorica marxista) la vittoria della parodistica "rivoluzione" di Moretti e compari ma invece una schiacciante vittoria su tutta la linea della peggiore reazione biecamente fascista.
Per quelli delle BR che erano in buonafede, come il recentemente scomparso Franceschini (casualmente uno dei pochi di origini familiari comuniste), che infatti fece onesta autocritica: tanto di cappello!), arrampicarsi sugli specchi per celebrare la loro disastrosa presunzione, dannosissima per le lotte per il socialismo, oltre che eticamente condannabile, é anche politicamente dannoso (ulteriormente, se ma ce ne fosse bisogno), sia pure in infima misura, dato il poco o niente che contano.
Invece per quelli in malafede é qualcosa di ovvio e scontato.




perorata dall' avvocato stesso (tesi con la quale non ci azzecca per niente.
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