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Perché l’imperialismo USA è di gran lunga il nemico principale

di Domenico Losurdo

Riceviamo dal compagno Domenico Losurdo. Lo ringraziamo per l'attenzione rivolta al nostro sito

Sulla pretesa della repubblica nordamericana di collocarsi sulle orme dell’Impero romano, conviene dare la parola a uno dei più autorevoli strateghi statunitensi:

«Nella supremazia globale dell’America è possibile scorgere in qualche modo le tracce degli antichi imperi [e in particolare di “quello romano”], benché la loro estensione fosse senz’altro più ridotta. Quegli imperi fondavano il loro potere su un ordine gerarchico costituito da vassalli, protettorati e colonie, e coloro che non vi appartenevano erano considerati barbari. Per quanto anacronistica possa sembrare, questa terminologia ben si addice ad alcuni Stati che attualmente gravitano nell’orbita americana» (Brzezinski 1998, pp. 19-20).

In conformità all’«ordine gerarchico» qui precisato, per quanto riguarda il presente, in questo mio libro si parla di Impero (e imperialismo) solo in relazione agli USA. Gli alleati europei o asiatici possono ben essere protagonisti di guerre coloniali infami, ma possono far ciò solo a condizione di non sfidare il Grande Fratello; essi esibiscono sì la loro presunta superiorità morale rispetto ai «barbari» collocati all’esterno dell’Impero, se non dei «vassalli», degli alleati subalterni degli Stati Uniti: ospitano le loro basi militari, correndo così il rischio di essere coinvolti in guerre decise sovranamente da Washington, e sono esposti alla sorveglianza e al controllo del Grande Fratello.

Devono persino subire la sua giurisdizione: le banche europee possono essere costrette a pagare penali pesantissime per non aver rispettato a sufficienza le leggi statunitensi che impongono l’embargo contro questo o quel paese!

Del brano di Brzezinski ho evidenziato con il corsivo le parole che richiamano l’attenzione sull’estensione senza precedenti del nuovo Impero. Ci ritorna in mente la profezia di Jefferson, che invocava per il paese da poco fondato la conquista dell’Impero più grande e più possente «dalla Creazione ad oggi». Ecco, la profezia si è realizzata, un ciclo si è chiuso. Ai giorni nostri gode di straordinario successo negli USA uno storico britannico (o di origine britannica) che è impegnato esplicitamente nella celebrazione dell’«Impero americano» e che chiama gli inquilini della Casa Bianca a superare le residue esitazioni politiche e interdizioni linguistiche: «Non ci sono imperialisti più sicuri di sé dei Padri Fondatori» (Ferguson 2005, pp. 33-34).

Ora lo storico appena citato può ben celebrare, guardando a Washington, l’«Impero liberale» (Ferguson 2005, p. 2), ma è chiaro che Impero e libertà e soprattutto Impero e democrazia non sono termini tra loro conciliabili. Per quanto riguarda i Padri Fondatori il loro imperialismo si è manifestato principalmente nell’espropriazione, deportazione e decimazione dei nativi, nonché nella schiavizzazione dei neri e nel tentativo di costringere alla resa o di condannare alla morte per inedia gli schiavi neri di Santo Domingo-Haiti che avevano avuto il torto di ribellarsi e di rovesciare l’autocrazia bianca. Per venire ai giorni nostri, il tentativo di assoggettare all’Impero Afghanistan e Irak ha condotto ad Abu Ghraib e ad altre terribili luoghi di detenzione, che in molti analisti hanno evocato il ricordo dell’universo concentrazionario del Novecento.

Semmai, dalla vicenda qui descritta risulta confermata la tesi di Marx ed Engels, secondo cui non è libero un popolo che ne opprime un altro. Chiaro è il percorso che dalle guerre imperiali in Medio Oriente e in Asia centrale conduce alla «kill list», che viene settimanalmente varata a Washington e che, se anche prende di mira soprattutto i «barbari», talvolta non risparmia neppure i cittadini statunitensi, essi stessi privati della «rule of law» e persino condannati a morte senza processo. E il panottico ideato dal Pentagono e dalla Casa Bianca, al fine di controllare le comunicazioni telefoniche e digitali in ogni angolo del mondo, promuovendo all’occorrenza operazioni di «regime change» nei paesi considerati indocili all’Impero, finisce col privare gli stessi cittadini statunitensi del diritto alla privacy. Infine, è da un pezzo che risuona negli USA la denuncia per cui la politica imperiale di fatto seguita ha condotto all’avvento di una «Presidenza imperiale» (Schlesinger jr. 1973b), che in modo sovrano mette la nazione dinanzi al fatto compiuto della guerra o dell’avventura bellica. Ed è anche in questo senso che il Presidente statunitense tende a configurarsi, dal punto di vista di Kant, come un «monarca assoluto».

 

6. «Il potere assoluto corrompe in modo assoluto»

L’aspirante Impero planetario di cui ci stiamo occupando mira a conseguire (e a mantenere) una superiorità militare così schiacciante da non avere termini di confronto nella storia alle nostre spalle. Diamo la parola allo storico statunitense Paul Kennedy:

«L’esercito britannico era molto più piccolo degli eserciti europei, e perfino la Marina reale non superava per dimensioni le due Marine combinate delle potenze che occupavano il secondo e il terzo posto – in questo momento, tutte le altre Marine del mondo messe insieme non potrebbero minimamente intaccare la supremazia militare americana» (in Hirsh 2002, p. 71).

Non si tratta solo della Marina:

«Gli Stati Uniti dispongono di una superiorità senza precedenti nella dimensione militare, riassunta nel vantaggio incolmabile di cui godono nei comparti di punta del bombardamento strategico, degli aerei stealth, delle telecomunicazioni, dei sensori e delle munizioni con guida di precisione, oltre che nelle dimensioni del bilancio della difesa (che è quasi pari a quello di tutte le altre potenze messe insieme) e delle spese nella ricerca e sviluppo nel settore militare (che sono quattro volte superiori alla somma di quelle di Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia). Grazie a questa superiorità, gli Stati Uniti dominano in modo incontrastato tutti e tre gli spazi comuni (mare, aria, spazio) dai quali dipende la capacità di proiezione della potenza e, quindi, il possibile esercizio di un’egemonia mondiale» (Colombo 2010, p. 25).

Occorre andare ancora oltre: la Full spectrumdominance cui esplicitamente aspirano gli Stati Uniti implica il pieno controllo delle cinque dimensioni dello spettro di battaglia (terra, mare, aria, spazio extra-atmosferico e cyberspazio).

Questa smisurata superiorità militare è talvolta orgogliosamente proclamata e minacciosamente esibita da strateghi e politici statunitensi:

«L’ampiezza e la penetrazione della potenza mondiale americana costituiscono oggi un fenomeno unico» nella storia; abbiamo a che fare con «un esercito tecnologicamente ineguagliabile, l’unico in grado di controllare l’intero pianeta» (Brzezinski 1998, pp. 33 e 35).

Se, oltre al fattore strettamente militare, prendiamo in considerazione quello politico-diplomatico, ancora più schiacciante si rivela la superiorità degli Stati Uniti: il Giappone è «essenzialmente un loro protettorato». Soprattutto:

«La brutale realtà è che l’Europa occidentale, come pure quella centrale in misura sempre maggiore, continua sostanzialmente a essere un protettorato americano, con alleati che ricordano vagamente vassalli e tributari di un tempo» (Brzezinski 1998, pp. 40 e 84).

È un giudizio ribadito anche di recente: l’Europa «continua a essere un partner geopolitico subalterno agli USA nell’ambito dell’Occidente semi-unificato» (Brzezinski 2012, p. 22).

Peraltro, non si tratta solo di armi e alleanze militari. Grazie alla loro superiorità tecnologica, gli USA sono in grado di trasformare l’«intero pianeta» in uno sconfinato panottico che sottopone gli stessi alleati all’occhio vigile di Washington. E non è tutto. Vediamo quello che avviene a livello finanziario:

«Anche la rete internazionale di agenzie tecniche, soprattutto finanziarie, può essere ormai considerata parte integrante del sistema americano. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale, pur rappresentando interessi “globali”, sono in realtà pesantemente influenzati dagli Stati Uniti» (Brzezinski 1998, pp. 40-41).

Ciò consente di condizionare fortemente i lavori dell’ONU e del suo Consiglio di Sicurezza, i lavori degli organismi che possono decidere della pace e della guerra. Per effetto combinato di questi molteplici fattori, il 3 luglio 2013, nella speranza poi rivelatasi infondata di catturare Edward Snowden (colpevole di aver rivelato alcuni aspetti del panottico statunitense), gli USA e i loro alleati non esitavano a dirottare e sequestrare l’aereo del presidente boliviano Evo Morales: almeno in Occidente, la clamorosa violazione della legalità internazionale non suscitava né proteste né indignazioni. Infine, occorre non perdere di vista la larghissima influenza esercitata sull’apparato multimediale internazionale, un apparato che, come subito vedremo, consente di controllare la produzione non solo delle idee ma anche delle emozioni.

È vero, la crisi economica sta provocando difficoltà anche al Pentagono, costretto a ridurre il suo bilancio, che continua a essere mastodontico e senza termini di confronto. Sennonché, piuttosto che attenuare, questa circostanza può accrescere le preoccupazioni sulle sorti della pace. Si direbbe che Washington voglia ribadire e consolidare la sua egemonia mondiale prima che sia troppo tardi: ecco allora il pivot, lo spostamento dell’apparato militare in Asia con la mira puntata in direzione della Cina, i febbrili preparativi per lo sviluppo e l’installazione di un sistema anti-missilistico, chiamato a garantire agli USA il quasi-monopolio dell’arma nucleare e dunque la possibilità di un «primo colpo» risolutivo.

(ripreso da Domenico Losurdo, La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra, Carocci, Roma)

Comments

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osvaldo baruffini
Wednesday, 16 March 2016 00:20
il sig. Losurdo può anche avere ragione su tutto quanto asserisce, quello che non capisco, per quanto ci concerne come cittadini italiani, è lo stato di assoluto asservimento ad una classe politica che ci sommerge di tasse infinite e che non propone alcuna soluzione da questa situazione. il cittadino comune è ridotto al ruolo di suddito di fronte ad un orribile stato che si tutela con una legislazione solo formalmente democratica, che sostanzialmente garantisce privilegi e prebende a legulei e a funzioni democratiche fantasmatiche che di fatto si trasformano in predoni, e su questo credo che il sistema americano non sia il protagonista che manovra l' asservimento ai nostri predatori, di questo passo saremo destinati solo a sopravvivere fino a che la classe degli imbroglioni e dei ciarlatani che ci rappresentano e sono l'ampia maggioranza ci consentiranno di restare come pezzenti
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