Roman Rosdolsky, «un bolscevico dell'anno 1920»
di Circolo internazionalista «coalizione operaia» - Prospettiva Marxista
Nota editoriale a Roman Rosdolsky, Studi sulla tattica rivoluzionaria, Movimento Reale, Roma, 2025
In un quadro storico in cui il proletariato mondiale si ritrova pressoché privo di proprie, autonome organizzazioni di classe; privo di significative avanguardie politiche capaci di custodire e trasmettere l’esperienza delle guerre del capitale e la coscienza della loro radice sociale, si fa minacciosamente sempre più vicino il vortice di una vasta conflagrazione imperialistica nel quale masse enormi di proletari verranno trascinate dalle proprie borghesie come carne da cannone, come manodopera da sfruttare ancora più intensamente nello sforzo bellico, come “danni collaterali” nelle gigantesche operazioni di distruzione rese possibili dal livello di sviluppo delle forze produttive del capitalismo.
Le tensioni della spartizione mondiale tra potenze e blocchi dell’imperialismo stanno ribollendo con sempre maggiore virulenza, mentre prendono sempre più forma i meccanismi ideologici con cui rendere i proletari di tutto il mondo funzionali a questo scontro di interessi a essi estranei e ostili. Le narrazioni della guerra dell’imperialismo come scontro tra “democrazie” e “autocrazie”, come difesa del “diritto” e delle “nazioni oppresse”, come passaggio obbligato per l’affermazione di un “bene” variamente declinato ma sempre rigorosamente di matrice borghese, circolano indisturbate, infettando milioni e milioni di proletari.
In una fase in cui il susseguirsi e l’acutizzarsi di crisi belliche lungo le linee di faglia dell’assetto imperialistico globale trovano, nelle società che sono state la culla dello sviluppo capitalistico, una capacità di comprensione delle loro dinamiche reali regredita a livelli persino inferiori a quelli degli albori del movimento operaio e socialista; in cui “letture” che vedono nella guerra un’irrazionale perturbazione “politica”, quando non addirittura una deviazione personalistica dal razionale corso dell’“economia” – naturale apportatore di stabilità e di capacità negoziale –, sono moneta falsa ma sciaguratamente corrente, urge una ripresa – in un ambito giocoforza minoritario ma che si ponga nella prospettiva di cogliere i reali spazi di intervento negli sviluppi storici in cui è immerso – della verità marxista secondo cui la guerra degli eserciti, delle artiglierie e degli aerei da combattimento, dei droni e dei missili, è esito e prodotto, è parte integrante e consequenziale della conflittualità costante, intrinseca del modo di produzione capitalistico, dei suoi rapporti sociali.
È e diventerà sempre di più una questione vitale: alle distorsioni ideologiche, alle feroci mitologie con cui la borghesia presenta e ammanta l’imperativo della subordinazione proletaria alla guerra imperialistica, la classe dominata dovrà saper rispondere con la propria teoria della guerra, con la propria elaborazione dell’azione politica nella guerra, con la propria guerra di emancipazione. Urge, quindi, tornare a riappropriarsi di coerenti riflessioni marxiste come quella di Roman Rosdolsky.
È in questo senso che abbiamo ritenuto doveroso mettere a disposizione dei militanti rivoluzionari due studi nei quali il marxista ucraino illustra con grande acutezza la distinzione tra l’aspirazione alla “pace” del proletariato e quella delle classi dominanti, ricordandoci, sulla scorta dell’insegnamento di Lenin, che, finché permane il dominio borghese, l’unica “pace” realmente concretizzantesi è quella invocata da chi è sconfitto o in difficoltà nello scontro imperialista oppure quella imposta da chi in quello scontro prevale al prezzo di immani distruzioni e montagne di cadaveri proletari.
La pubblicazione che presentiamo vede per la prima volta riuniti in italiano, dopo una prima edizione (postuma) del 1973 in lingua tedesca, i due soli capitoli completati di un’opera incompiuta sulla pace di Brest-Litovsk e sulle cause del mancato allargamento della Rivoluzione d’Ottobre in Europa, in particolare in Germania e in Austria.
Nell’esposizione di Rosdolsky, gli eventi che accompagnarono le trattative di Brest-Litovsk, rappresentano una linea di faglia storica attorno alla quale si raccolgono questioni teoriche di fondamentale importanza per il movimento operaio rivoluzionario.
Nel primo capitolo, La politica opportunista della Seconda Internazionale – La politica di pace dei bolscevichi prima della rivoluzione del novembre 1917 – finora inedito in italiano – viene presentata e discussa l’analisi di Lenin delle forze motrici e del carattere della Prima guerra mondiale, nonché il concetto di tattica rivoluzionaria che ne deriva, prendendo in esame anche le posizioni di altri rappresentanti dell’ala sinistra della Seconda Internazionale, come Trotsky e Rosa Luxemburg.
Nel secondo capitolo, La situazione rivoluzionaria in Austria nel 1918 e la politica dei socialdemocratici – Lo sciopero del gennaio 1918 in Austria, Rosdolsky ricostruisce la congiuntura politica austriaca alla fine della Prima guerra mondiale, al momento dei negoziati di pace di Brest-Litovsk, e rivela, attingendo ad un ricco materiale documentario, la stretta collaborazione tra corona, governo e socialdemocrazia nel sabotare una situazione oggettivamente rivoluzionaria.
Alla pubblicazione degli Studi sulla tattica rivoluzionaria di Rosdolsky abbiamo ritenuto utile annettere una ricerca documentaria dello stesso autore sui tentativi della socialdemocrazia austriaca di strumentalizzare alcuni rappresentanti della socialdemocrazia serba nell’interesse dell’Austria durante il primo conflitto mondiale e un suo saggio sulla concezione marxista del rapporto tra proletariato e concetto di patria, a partire dall’elaborazione del Manifesto del 1847. Entrambi i testi in appendice sono stati tradotti per la prima volta in italiano.
Stimolati da alcune considerazioni di Rosdolsky, e dall’attuale inasprirsi delle tensioni imperialistiche, abbiamo inoltre elaborato nella postfazione a questo volume uno studio specifico sull’origine, la natura e lo sviluppo della tattica del disfattismo rivoluzionario in Lenin.
Benché i due Studi sulla tattica rivoluzionaria siano stati concepiti dall’autore come capitoli di un unico testo e possiedano dunque un indiscutibile legame organico, negli ultimi cinquanta anni in Italia è stato tradotto e pubblicato esclusivamente il secondo (in R. Rosdolsky, Socialdemocrazia e tattica rivoluzionaria. La «terza via» dell’austromarxismo, Celuc Libri, Milano, 1979). È lecito domandarsi se tra le motivazioni di questa omissione non abbiano avuto un ruolo scelte di natura politica legate alla presenza nel primo saggio di un confronto tra le analisi di Trotsky, Luxemburg e Lenin innegabilmente favorevole a quest’ultimo, nonostante Rosdolsky provenisse da un milieu trotskista e non lesinasse critiche serie e articolate anche all’elaborazione del massimo dirigente bolscevico.
Paul Mattick, che con il marxista ucraino intrattenne una fitta corrispondenza nel comune esilio statunitense, ebbe a definire Rosdolsky «un bolscevico dell’anno 1920» di genere non dogmatico. È un giudizio significativo, soprattutto perché proveniente da chi ha fatto dell’antibolscevismo la propria bandiera politica e intellettuale.
Indubbiamente Rosdolsky seppe recepire l’ammonimento di Friedrich Engels a non trattare la teoria «in maniera dottrinaria e dogmatica, come qualche cosa che deve essere imparata a memoria, ma che è anche senz’altro sufficiente per tutte le necessità», a non considerarla un «credo» ma piuttosto una «guida per l’azione»[1] – formula in seguito ripresa anche da Lenin[2]. Pur continuando a rappresentare una guida per l’azione delle classi reazionarie, i dogmi hanno infatti cessato di svolgere questa funzione per le classi rivoluzionarie da quando l’ultima di esse, il moderno proletariato, ha storicamente appreso a rappresentare sé stessa e ad intendere le proprie istanze di classe scientificamente, al di fuori e contro il quadro ideologico e concettuale delle classi dominanti.
Rosdolsky ritenne sempre che la rigorosa applicazione del metodo della dialettica materialistica dovesse avvalersi esclusivamente di coerenti coordinate teoriche e della capacità di sottoporre le proprie conclusioni al banco di prova della dinamica processuale della realtà, emancipandosi da qualsiasi culto reverenziale nei confronti dei maggiori interpreti del marxismo e persino nei confronti dei suoi stessi iniziatori. Ragione ritenuta forse sufficiente, per una certa “ortodossia” trotskista, per scegliere di non pubblicizzare un testo nel quale l’analisi del “Vecchio” fondatore della Quarta Internazionale viene in una certa misura ponderatamente ridimensionata.
Ad ogni modo, se nelle intenzioni dello studioso antileninista tedesco quello indirizzato a Rosdolsky voleva essere con ogni probabilità soltanto un mezzo complimento, dal nostro punto di vista rappresenta invece un pieno attestato di integrità marxista, come lo sarebbe per chiunque respinga l’identificazione borghese tra il bolscevismo e la sua contraffazione stalinista (una contraffazione di cui lo stesso Mattick fu indirettamente vittima ideologica e inconsapevole vettore) e per chiunque consideri quello “di genere non dogmatico” sviluppatosi fino ai primi anni Venti – senza sottrarlo alla necessaria critica marxista – il solo autentico bolscevismo.
Circolo internazionalista «coalizione operaia» Prospettiva Marxista
NOTE
[1] F. Engels, Lettera a F. A. Sorge, 29 novembre 1886, F. Engels, Lettere, aprile 1883 – dicembre 1887, Lotta comunista, Milano, 2009, p. 415.
[2] Lenin, Lettere sulla tattica, aprile 1917, Opere, Lotta comunista, Milano, 2002, vol. 24, p. 36.