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micromega

Perché le critiche del prof. Perotti alla “moneta fiscale” sono sbagliate

di Enrico Grazzini

moneta fiscale 510 lGentile prof. Roberto Perotti,

vorrei approfondire la discussione sulla cosiddetta “Moneta Fiscale” che lei ha criticato nel suo scritto “La sirena della moneta fiscale[1] pubblicato sul sito web lavoce.info, e desidero dimostrare che le sue obiezioni e le sue tesi sono fallaci.

Nel suo articolo spiega che

La moneta fiscale è essenzialmente un Certificato di Credito Fiscale (CCF), cioè un titolo emesso dallo stato che può essere usato, alla scadenza, per pagare tasse, multe, ed altre obbligazioni finanziarie verso lo stato, per un valore pari al valore facciale del titolo stesso. Il titolo è trasferibile a terzi”. Lei sostiene che la moneta fiscale è un tentativo di “aggirare il monopolio della produzione di moneta da parte della Bce, senza dover uscire dall’euro”.

Ma a suo parere questo tentativo è inefficace e sbagliato perché la moneta fiscale non sarebbe affatto diversa da un normale titolo di debito pubblico, per esempio da un BOT e quindi, come tale, provocherebbe un incremento di deficit pubblico. Ne deriva logicamente che l'emissione di moneta fiscale produrrebbe uno sforamento dei parametri fissati dall'Unione Europea, e che l'aumento del debito pubblico potrebbe perfino portarci fuori dall'euro. Da qui -secondo lei - il sostanziale fallimento della proposta di Moneta Fiscale.

Io vorrei dimostrarle che le sue tesi sono quasi totalmente sbagliate. Le mostrerò che, contrariamente a quanto lei indica nel suo scritto, grazie all'emissione di Titoli di Sconto Fiscale il governo italiano può fare crescere rapidamente e notevolmente l'economia reale senza fare deficit, anzi diminuendo il rapporto debito pubblico/PIL. Tutto questo rispettando necessariamente le (peraltro rigide, antiquate e restrittive) regole dell'eurozona e della UE.

In particolare lei nel suo scritto analizza in maniera più approfondita la moneta fiscale nella versione che al tempo era la più compiuta e strutturata, contenuta nell’ebook di MicroMega titolato “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro” a cura di Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Enrico Grazzini e Stefano Sylos Labini, con la preziosa prefazione di Luciano Gallino.

Le sue principali obiezioni alla moneta fiscale sono relative a due tesi sostenute dagli autori della proposta: a) “la moneta fiscale non è debito pubblicob) “i ccf sono più sicuri di un bot, perché non sono soggetti al rischio di default. Lei invece conclude che “un bot è come un ccf[2].

In particolare lei afferma:

In questo lavoro mostro che le varie proposte di moneta fiscale sono esattamente equivalenti ad un taglio di tasse di pari ammontare nei loro effetti su potere d’acquisto, reddito e occupazione, ma anche sul debito pubblico”. Secondo lei “L’ossessione – e l’illusione - di aver scoperto uno strumento che è come i BOT ma non è debito pubblico ha una sua motivazione: se fosse vero, consentirebbe di fatto di aggirare le regole del famoso Fiscal Compact, che in teoria imporrebbe all’Italia di ridurre il proprio debito pubblico nel tempo....l’affermazione secondo cui la moneta fiscale non crea alcun problema con il Fiscal Compact e i vari parametri che l’Italia sarebbe tenuta ad osservare ...è comunque falsa....La sostanza è sempre la stessa: un CCF è una passività dello stato perché implica la riduzione di entrate da tasse future”.

Nel dimostrare la fallacia delle sue argomentazioni, faccio alcune premesse: non uso più in maniera generalizzata la dizione “moneta fiscale” perché essa può essere fuorviante. In effetti la cosiddetta moneta fiscale non è stata concepita come una moneta vera e propria, cioè come un mezzo di pagamento garantito dal suo valore fiscale, ma come una “quasi-moneta”, ovvero, nel gergo corrente anglosassone, come un titolo di stato molto liquido e facilmente convertibile in moneta legale, l'euro. Quindi la cosiddetta moneta fiscale deve essere intesa precisamente come un titolo di stato che vale euro.

Inoltre non utilizzo più la dizione Certificati di Credito Fiscale perché è fuorviante e imprecisa. Utilizzo la dizione Titolo di Sconto Fiscale che è più pertinente. Infatti la quasi-moneta fiscale non è altro che un titolo che da diritto non a un credito – cioè a una quantità di moneta – ma solo a uno sconto fiscale NON rimborsabile in euro. La distinzione è importante, come vedremo: infatti a un credito corrisponde un debito (in questo caso dello stato) ma ad uno sconto, o sgravio fiscale, non corrisponde un debito. Comunque, al di là delle questioni terminologiche, nel prosieguo per CCF si intende TSF e viceversa.

Le dimostrerò nel seguito che l'emissione di Titoli di Sconto Fiscale non genera debito pubblico, come i BOT, essenzialmente per due motivi: 1) perché emettendo TSF lo stato “crea quasi-moneta dal nulla” senza chiedere soldi al mercato finanziario, come invece accade per i BOT e i BTP, e senza quindi pagare interessi al mercato; b) perché i TSF vengono assegnati direttamente ai soggetti dell'economia reale – famiglie, imprese, enti pubblici – e aumentano il loro potere di acquisto in euro, e quindi aumentano immediatamente la domanda aggregata – investimenti, consumi, spesa pubblica – e perciò incrementano rapidamente il PIL reale e nominale; e così, a scadenza, i TSF al quarto anno, si “autoripagano” grazie alla crescita dell'economia reale e dei ricavi fiscali, senza provocare deficit.

Al contrario i titoli di stato (BOT, BTP, ecc) vengono emessi ogni anno per coprire il debito pubblico pregresso e per pagare gli interessi sul debito, ma non servono ad alimentare la domanda aggregata (e l'inflazione) e a fare crescere l'economia reale e il PIL. Quindi si può affermare che l'emissione di Titoli di Sconto Fiscale è “produttiva” e migliora il benessere della nazione; mentre i BOT e i BTP emessi per servire il debito pubblico sono improduttivi – sono un peso per l'economia reale - e migliorano il benessere dei creditori, gli operatori finanziari.

Perché controbatto oggi le argomentazioni fallaci del prof. Perotti? Perché la questione della Moneta Fiscale è strettamente legata al dibattito ormai avviato a livello internazionale sulla possibilità (o necessità?) che le Banche Centrali possano – o debbano, secondo alcuni (tra i quali il sottoscritto) – effettuare manovre di Helicopter Money per risolvere la crisi. Finalmente oggi si comincia a discutere diffusamente l'ipotesi che, per superare la “trappola della liquidità”, le BC debbano gettare soldi dall'elicottero, ovvero offrire moneta direttamente agli attori dell'economia reale – individui privati, imprese ed enti pubblici – senza intermediazione bancaria. Ormai la questione dell'HM comincia ad essere sotto i riflettori non solo degli studiosi ma anche delle banche centrali e delle maggiori società finanziarie, come per esempio BlackRock. L'ipotesi di HM è stata ventilata anche da testate autorevoli e di ampia diffusione, come il Financial Times e l'Economist,

E' abbastanza chiaro che la proposta che avanzo sull'emissione di moneta fiscale e di Titoli di Sconto Fiscale è analoga a quella dell'HM. Infatti con l'assegnazione di TSF, come con l'HM, si darebbe direttamente “denaro gratis” ai soggetti dell'economia reale – famiglie, aziende, enti pubblici -. Si può dire che sia con i Titoli di Sconto Fiscale che con l'HM i “soldi piovono dal cielo”. La differenza – che non è assolutamente di poco conto - è che l'HM viene effettuato dalla Banca Centrale mentre l'emissione dei Titoli di Sconto Fiscale è a cura dello Stato.

Prima di controbattere in dettaglio le conclusioni erronee che lei trae sulla moneta fiscale, faccio una considerazione iniziale. A mio parere è estremamente difficile, per non dire impossibile, che nell'eurozona la BCE possa effettuare – anche nel futuro, e anche in presenza di una gravissima crisi - una manovra di Helicopter Money, essenzialmente per motivi politici, per la contrarietà pregiudiziale del governo di Berlino e magari anche di altri governi. Berlino è già contraria al QE, con il risibile pretesto che esso potrebbe alimentare eccessiva inflazione e che aiuta indebitamente gli “stati lazzaroni”, ovvero gli stati troppo indebitati, come l'Italia: figuriamoci se il governo tedesco accetterà mai l'HM, che effettivamente accenderà davvero l'inflazione!

Io credo che purtroppo di fronte al precipitare di una nuova possibile crisi, la BCE sia sostanzialmente impotente. Non a caso la BCE stessa invoca l'avvio di consistenti manovre di espansione fiscale. Da sola non ce la fa a sostenere l'eurozona. Il governo italiano ha allora, a mio parere, il compito, il diritto e il dovere di difendere e sviluppare l'economia nazionale e di fronteggiare la situazione con un HM basato sull'emissione di Titoli di Sconto Fiscale.

In effetti l'emissione da parte del governo di moneta fiscale – o di Titoli di Sconto Fiscale – e la loro assegnazione gratuita a famiglie, imprese e enti pubblici, è un Helicopter Money fatto dallo stato.

Fatta questa premessa, vorrei contro-obiettare alle obiezioni che lei ha sollevato nel suo scritto, e per le quali tra l'altro, nonostante la sua volontà positiva, non mi è stato possibile pubblicare su lavoce.info un mio articolo che illustrava la proposta dei TSF. Tuttavia questa proposta in forme diverse è stata pubblicata da Micromega, da Economia e politica, da Social Europe e Scenari Economici .

Cerco di rispondere alle argomentazioni critiche del suo scritto in relazione al mio progetto sui Titoli di Sconto Fiscale, tralasciando completamente di commentare altre forme di “moneta fiscale” - come i fallimentari minibot - che peraltro io stesso ho respinto in alcuni miei scritti. Le obiezioni che lei fa sulla moneta fiscale sono riportate di seguito in corsivo in questo testo. Tenga sempre presente che nel prosieguo CCF=TSF.

Parto da una premessa: senza liquidità l'economia non riparte ed è sempre soggetta a crisi. La BCE cerca di fare uscire l'eurozona dalla “trappola della liquidità” con interessi zero e Quantitative Easing – ma, anche utilizzando manovre non convenzionali come il QE, può solo gonfiare a dismisura le riserve bancarie (circa 2 triliardi) congelate presso la BCE stessa, e salvare indirettamente gli stati più indebitati comprando titoli di debito pubblico dalle banche commerciali: non può però intervenire direttamente sull'economia reale. Le banche sono infatti attualmente la sola “cinghia di trasmissione” della politica monetaria espansiva della BCE: tuttavia le banche commerciali non danno – e non possono dare - sufficiente credito a una economia già troppo indebitata e sofferente. Il credito erogato dalle banche viene impiegato soprattutto come riserva di liquidità dalle aziende, o viene immesso nella finanza, con il rischio di nuove bolle, ma gli investimenti produttivi sono caduti perché la domanda è debole e perché ci sono aspettative non positive sull'economia.

Investimenti, consumi e spesa pubblica non riprendono. La domanda aggregata è caduta. L'Italia ha un PIL inferiore al 4% dopo più di 10 anni dall'inizio della “grande crisi”. La disoccupazione è al 10%. Occorre uno shock esogeno. Da qui la proposta dell'Helicopter Money. Da qui la proposta alternativa della moneta fiscale nella forma di emissione dei Titoli di Sconto Fiscale.

L'eurozona è nuovamente nel mezzo di una possibile recessione e l' Italia è nel mezzo di una aspra guerra economica e di una profonda crisi politica e istituzionale. Da 25 anni l'Italia presenta un bilancio pubblico in avanzo primario – cioè i cittadini pagano più tasse di quanto lo stato spende per i servizi sociali -. L'austerità italiana dura da 25 anni. Eppure l'avanzo primario di 25 anni non è bastato per diminuire il debito; anzi, nonostante l'avanzo primario, da 25 anni, ogni anno, lo stato, solo per pagare gli interessi sul debito, è costretto a chiedere soldi ai maggiori operatori finanziari, ovvero ai signori della moneta, i veri padroni dell'euro. L'oligarchia finanziaria da 25 anni ricava ogni anno dai 60 agli 80 miliardi di interessi sul debito pubblico italiano. E' chiaro che in questa situazione l'economia nazionale non può crescere. Continua invece a crescere inesorabilmente il debito pubblico; mentre il PIL nazionale, dopo più di dieci anni dall'inizio della crisi, è ancora inferiore al 4-5% di prima della crisi. Un disastro.

Abbiamo già visto che la BCE non è riuscita, nonostante l'espansione monetaria, a risolvere la crisi dell'economia reale: quello che è più grave è che difficilmente verranno effettuate forti manovre fiscali espansive a livello europeo, come sarebbe assolutamente necessario. Allora a livello nazionale, abbiamo bisogno che lo stato italiano intervenga urgentemente per ridare liquidità al sistema emettendo NON una moneta alternativa all’euro ma un titolo di Stato che rimetta in circolazione nell'economia reale l’enorme quantità di denaro congelata nelle riserve del sistema bancario. Bisogna mettere benzina nel motore per farlo ripartire. Poi, una volta che il motore riparte, si può migliorare, aggiustare, correggere, ecc. Ma se il motore non parte non si può fare nulla.

Lo Stato dovrebbe emettere Titoli di Sconto Fiscale,TSF, convertibili in euro che consentirebbero di uscire finalmente dall’austerità che sta impoverendo il Paese, che sta alimentando il peggior populismo xenofobo, abbruttendo la società civile e rovinando la democrazia.

I TSF sono dei titoli che danno diritto ai loro possessori di ridurre i pagamenti dovuti allo stato (fisco, tariffe, contributi, ecc) dopo tre anni dall’emissione, cioè al quarto anno. I TSF verranno distribuiti gratuitamente, e quindi senza aggiungere debito, a famiglie, enti pubblici e imprese. I TSF andrebbero assegnati in maniera aggiuntiva – e non sostitutiva – ai redditi in euro per sostenere la domanda aggregata. Lo stato potrebbe così finalmente alimentare i consumi, gli investimenti e la spesa pubblica.

Le emissioni di TSF potrebbero partire da un livello pari al 2% circa del PIL annuo - circa 30 miliardi di euro (e non 100 o 200 miliardi che, come lei indica giustamente nel suo scritto, sono cifre assurde e pazzesche[3]) - e essere modulate e calibrate nel tempo in modo da assicurare alti livelli di occupazione senza però produrre una inflazione superiore al 3-4%, né scompensi nei saldi commerciali esteri.

La manovra è in linea con i trattati europei poiché ogni stato può emettere i titoli che vuole fin tanto che non aumenta il suo debito pubblico.

Lei giustamente paragona la manovra basata sui TSF ad altre manovre espansive – classicamente il taglio delle tasse, aumento della spesa pubblica -. I TSF produrrebbero secondo lei analoghi effetti di ampliamento del deficit e del debito pubblico, effetti paragonabili a quelli prodotti dai titoli statali di debito (Bot, BTP; ecc). In effetti lei coglie un aspetto: la manovra TSF è espansiva come le altre citate.

Ma lei non coglie le differenze essenziali che distinguono una manovra basata sui TSF dalle altre manovre espansive. Non sembra cogliere le caratteristiche innovative che distinguono l'emissione di TSF da ogni altra manovra fiscale espansiva:

1) Nel suo testo lei non prende minimamente in considerazione un fatto fondamentale. Lo stato emettendo autonomamente i TSF non chiederà nulla al mercato finanziario e ai primary dealer – le grandi banche d’affari che comprano all’ingrosso il nostro debito pubblico - e si affrancherà così dalla loro dominanza; e gli operatori finanziari da parte loro non correranno alcun rischio perché non sborseranno soldi per finanziare i TSF. La differenza con BOT e BTP è tutto meno che secondaria.

2) I TSF vengono emessi autonomamente dal governo e non sono trattati sul mercato primario dei titoli di stato e quindi ovviamente non sono soggetti a interessi e spread.

3) Gli operatori finanziari non sborsano soldi e non corrono rischi: in linea di principio non si vede allora perché dovrebbero reagire all'emissione TSF aumentando lo spread. In effetti essi – ammesso e non concesso che siano agenti pienamente razionali e che il mercato finanziario complessivamente sia razionale e prevedibile - innanzitutto valuteranno se la manovra TSF funzionerà o meno, e se, grazie ai TSF, il PIL aumenterà in misura tale da diminuire il rapporto debito pubblico/PIL. E quindi valuteranno se la manovra TSF diminuisce o aumenta le probabilità (attualmente non così basse, purtroppo) di default italiano. Poi decideranno se premiare o punire la manovra TSF.

4) Dal momento che fin dal primo anno, grazie ai TSF, il PIL aumenterà notevolmente senza incremento di deficit pubblico (perché lo stato non sborsa soldi e non chiede un euro), è probabile che il mercato – al di là delle prime reazioni “emotive” a caldo - risponda positivamente all'emissione di TSF e che lo spread scenda

5) Lei afferma che, esattamente come i BOT anche i TSF aumentano senz'altro il debito pubblico. Sicuramente un BOT (il tipico titolo di debito pubblico) e un CCF sono una passività dello stato......Non c’è alcuna differenza rispetto a un BOT. In effetti tutti e due sono garantiti dal valore fiscale. Ma lei compie un errore importante: come abbiamo visto lo stato con i TSF non prende a prestito nulla dal mercato; al contrario, un po' come le banche centrali, (o anche come le banche commerciali quando concedono prestiti) lo stato con i TSF crea “dal nulla” una quasi-moneta, la emette ex nihilo, e quindi per definizione non fa debito con alcuno.

6) in effetti lei giustamente può controbattere che poi anche i TSF, che costituiscono dei diritti a sgravi fiscali, dovranno essere ripagati dai cittadini e dalle imprese con le tasse future e che quindi La sostanza è sempre la stessa: un CCF è una passività dello stato perché implica la riduzione di entrate da tasse future. Insomma: paga sempre Pantalone, il povero cittadino italiano! Ma qui si impongono due considerazioni che non dovrebbero sfuggire a economisti sottili come lei: c'è un'enorme differenza per uno stato tra essere “debitore” dei contribuenti italiani o essere invece debitore dei primary dealers, degli operatori finanziari. Su questo non mi dilungo perché questa differenza dovrebbe essere chiara a tutti. Inoltre, e soprattutto, se alla maturità dei TSF la moneta messa in circolazione nell'economia reale grazie ai TSF produrrà un aumento del PIL e dei ricavi fiscali tali da coprire il valore dei TSF emessi, allora non si genererà alcuna riduzione di entrate da tasse future, come invece lei afferma. E non aumenterà il debito pubblico.

7) Voglio sottolineare che non c'è nulla di veramente miracoloso o eccezionale, o necessariamente illusorio, nel fatto che i TSF si autoripaghino, generando eventualmente un surplus fiscale. Per esempio, le monete prestate dalle banche, se impiegate bene, si autoripagano con interesse (cioè con profitto delle banche). Tutte le monete, se spese bene, sono un “fertilizzante” per il business e per il PIL. “La mia spesa è il tuo reddito”. In generale se aumenta la spesa aumentano i redditi. I TSF aumentano la liquidità monetaria nell'economia reale e il potere d'acquisto complessivo – tra parentesi, la curva di Laffer che lei cita nel suo scritto c'entra poco o nulla, perché i TSF non sono concepiti per ridurre le tasse ma soprattutto per aumentare la moneta in circolazione -. Quindi i TSF, se riescono a ridare fiato e ossigeno all'economia reale, generano al quarto anno surplus fiscale e non deficit (come vedremo meglio in seguito). Ne deriva che i TSF NON sono come i BOT: questi ultimi sono debito di stato fin dall'inizio e alimentano la rendita finanziaria, i TSF assolutamente no.

8) Lei non distingue tra debito e sconto. La distinzione tra debito e sconto è fondamentale e ha valore sia contabile che, soprattutto, fattuale. I TSF non saranno MAI rimborsabili in euro da parte dello Stato e quindi non danno diritto a un credito in euro e perciò non costituiscono debito di stato (o passività di bilancio pubblico) anche ai sensi della normativa europea. Come vedremo meglio in seguito, per lo stato è molto diverso avere un debito in euro (moneta governata dalla BCE) o invece dover accettare degli sgravi sulle entrate fiscali (governate dallo stato stesso)

9) Lei scrive che “Da un punto di vista puramente formale, è possibile, anche se non certo, che le regole contabili attuali di Eurostat consentano, grazie a una interpretazione capziosa, di non classificare l’emissione di CCF come debito pubblico valido ai fini delle regole europee...tutto questo è comunque irrilevante. La sostanza è sempre la stessa: un CCF è una passività dello stato perché implica la riduzione di entrate da tasse future”.

Io non ho le competenze ragionieristiche e regolamentari necessarie per esaminare sul piano formale la questione delle norme contabili e delle regole di classificazione europee. Ma so, che la Sezione 4.46 del Conceptual Framework of Financial Reporting, quadro che definisce i principi contabili che regolano gli International Financial Reporting Standards (IFRS), stabilisce che “A liability is recognised in the balance sheet when it is probable that an outflow of resources embodying economic benefits will result from the settlement of a present obligation and the amount at which the settlement will take place can be measured reliably”. La regola afferma che si può considerare debito solamente un obbligo che prevede un esborso di risorse producenti probabili effetti economici misurabili in maniera affidabile. Ma nel caso delle Moneta Fiscale non si verificherebbe nessun esborso di euro; e sarebbe difficile quantificare a priori il deficit o il surplus dei ricavi fiscali che deriverebbe dalla manovra complessiva dei TSF. Inoltre, l’Eurostat Guidance Note del 29 agosto 2014 in materia di Treatment of Deferred Tax Assets afferma che “As regards their time of recording, non-payable tax credits are normally recorded at the time they are used to reduce the taxes due.” Quindi gli sconti fiscali devono essere registrati solo quando vengono effettivamente utilizzati, se eventualmente producono deficit. Insomma i TSF sul piano contabile non rappresentano una “passività finanziaria”, cioè un debito perché non esiste alcuna possibilità che il titolare del TSF possa far valere il proprio credito in moneta euro. E semmai i potenziali deficit dei ricavi fiscali legati all'utilizzo degli sconti fiscali dovrebbero essere registrati a posteriori, cioè solo alla maturità dei TSF e non all'emissione. E quindi al massimo inizialmente potrebbero essere inseriti in un bilancio previsionale.

10) Le questioni relative alla contabilità Eurostat sono assai complesse e controverse. Ma quello che sappiamo con certezza è che logicamente anche nella contabilità privata gli sconti non compaiono in bilancio come passività. Un negozio di scarpe che vende calzature a sconto può non avere, e non registrare in bilancio, un solo euro di debito. Chi emette sconti presuppone che essi diano luogo a maggiori ricavi e profitti o comunque che non diano luogo a perdite. Ovviamente se gli sconti sono eccessivi danno però luogo a minori ricavi e profitti, o addirittura a deficit: ma in tutti i casi gli sconti non compaiono mai in bilancio come passività.

11) Ciò che è molto più importante (come anche lei giustamente sottolinea) è l'effetto economico dei TSF e non la loro classificazione contabile. Sul piano fattuale, per quanto riguarda i flussi di cassa, all'emissione lo stato non sborsa soldi e, come indicato sopra, non chiede neppure soldi ai primary dealers e non paga interessi. Quindi la manovra non genera deficit di cassa ma, come vedremo, aumenta fin dall'inizio notevolmente il PIL.

12) Come tutti i titoli di Stato, come i BOT e i BTP, i TSF sono negoziabili sul mercato finanziario e quindi sono subito convertibili in euro.

13) Nel mercato secondario dei titoli di stato vende TSF chi ha bisogno di euro; compra TSF chi vuole sconti fiscali. Il loro valore di mercato sarà analogo a quello di un titolo di stato di breve-medio termine zero-coupon a tre anni. In pratica 100 euro di TSF saranno pari (quasi) a 100 euro di moneta sonante e subito spendibili.

14) Dopo la loro conversione in euro, nell’economia reale circoleranno solo (più) euro e non strane monete parallele (come i minibot) che nessuno accetterebbe volentieri. Gli euro, come noto, sono accettati da tutti molto volentieri. Nel suo scritto potrebbe sembrare che la moneta fiscale venga utilizzata direttamente come mezzo di pagamento al dettaglio. Non è così.

15) I TSF assegnati a famiglie, imprese ed enti pubblici aumentano immediatamente la domanda aggregata attualmente compressa – consumi, investimenti, spesa pubblica -.

16) I TSF non generano deficit fiscale all'emissione: con i TSF inizialmente e per tre anni le tasse si pagheranno come sempre, senza sconti (a differenza per esempio dei minibot). Lo stato non deve pagare interessi. Ma il potere d'acquisto sarà subito aumentato.

17) I TSF potrebbero generare deficit fiscale solo alla maturità, al quarto anno: ma nel frattempo, in tre anni, grazie all'aumento della domanda aggregata, il PIL nominale sarà accresciuto. I TSF faranno crescere immediatamente e rapidamente il PIL (che è l’unica vera maniera sana di ridurre il debito pubblico) nei tre anni prima della loro scadenza, e così alla maturità, al quarto anno, potranno prevedibilmente “autoripagarsi”.

18) Nel suo scritto lei sembra non valutare che la manovra TSF non innesca solo il moltiplicatore keynesiano ma aumenta anche e soprattutto l'inflazione (come tenta disperatamente di fare la BCE senza successo).

19) Al quarto anno, alla maturità dei TSF, grazie all’effetto combinato del moltiplicatore dei redditi e dell’aumento dell'inflazione (dovuto certamente all'aumento della domanda) la forte crescita del PIL nominale con forte probabilità darà luogo a un gettito fiscale tale da compensare pienamente il deficit potenziale legato agli sconti fiscali, e da produrre anche surplus. Basta infatti che l'inflazione aumenti annualmente (in più, per effetto dei TSF) tra il mezzo punto percentuale e l'un per cento del PIL, perché i ricavi fiscali aggiuntivi dopo tre anni crescano in misura tale da coprire il valore iniziale di emissione dei TSF. Quindi è falso ciò che lei afferma: La sostanza è sempre la stessa: un CCF è una passività dello stato perché implica la riduzione di entrate da tasse future.

20) La versione che propongo ha il vantaggio fondamentale che i TSF sarebbero accettati dalla BCE e dalle banche perché verranno prevedibilmente classificati dalle agenzie di rating come investment grade. I TSF sono più sicuri dei BTP per gli investitori.

21) Infatti è chiaro che i TSF potrebbero essere utilizzati per “pagare meno tasse” anche se lo stato italiano fallisse sul suo debito in euro, cioè non disponesse più di euro.

22) E' noto infatti che lo stato italiano ha ceduto la sua sovranità monetaria e che il sovrano dell'euro è la BCE. Tuttavia è altrettanto noto che lo stato italiano – come gli stati dell'eurozona - mantiene sovranità nel campo fiscale.

23) Perciò, anche se lo stato italiano disgraziatamente non disponesse più di euro e non potesse più restituire i debiti in euro – e anche se, come successe in Grecia, la BCE non rifornisse più le banche di moneta legale e di fatto imponesse la chiusura dei bancomat – lo stato italiano sovrano comunque incasserà le tasse e potrà sempre onorare gli sconti fiscali. Al limite, per onorare i suoi impegni, se tutto andasse male, e se per esempio scoppiasse la guerra del Golfo e il prezzo del petrolio quadruplicasse e facesse saltare il bilancio pubblico, lo stato aumenterà la pressione fiscale, in modo da non fallire. Ma in tutti i casi i TSF potranno essere sempre utilizzati come sconto fiscale.

24) I TSF sono quindi più sicuri dei BTP per gli investitori e, come tali, sono certamente investment grade più dei BTP, cioè più dei titoli di debito denominati in euro, che è , ripeto, una sorta di “moneta scarsa” che notoriamente lo stato italiano non governa. Non è verosimile l'equiparazione assoluta che lei fa tra BOT e TSF (o CCF) quando lei afferma che “Quando lo stato fa default su un BOT, essenzialmente dice: “con questo BOT mi ero preso l’impegno di dare al possessore 100 euro a scadenza; mi dispiace, ma te ne do solo 50”. Niente impedisce allo stato di fare lo stesso con un CCF: “con questo CCF mi ero preso l’impegno di riconoscerti uno sconto di 100 euro sulle tasse dovute; mi dispiace, ti riconosco uno sconto solo di 50 euro”. Non c’è assolutamente alcuna differenza tra le due affermazioni”. No la differenza c'è ed è sostanziale. Lo stato è padrone degli introiti fiscali, ma non della moneta europea. Lo stato è sempre in grado di applicare degli sconti sulle entrate fiscali, anche se non disponesse più di euro. E' come se i TSF fossero obbligazioni senior rispetto ai BOT junior. E questo gli investitori lo capiscono e lo apprezzano.

25) E' noto che la BCE accetta come collaterale, cioè come garanzia per i suoi prestiti alle banche, tutti i titoli di stato investment grade.

26) Quindi, dopo l'avvio del sistema TSF, le banche acquisteranno i TSF validi come collaterale presso la BCE, e l'adesione – o la neutralità - del sistema bancario alla manovra costituirebbe la migliore garanzia del suo successo anche presso i mercati finanziari.

Un titolo emesso senza chiedere soldi ai primary dealers, un titolo investment grade, buon collaterale per la Bce, un titolo che aumenta il potere d’acquisto in euro, può diventare la scintilla che fa ripartire l’economia.

Ovviamente una manovra basata sui TSF non è la panacea di tutti i mali, non risolve tutti i problemi dell'economia italiana, ma può farla ripartire. E' come la benzina nel motore. Senza benzina il motore non parte. Ogni manovra per uscire dalla crisi, compresa quella dei TSF, presenta certamente forti elementi di incertezza e di rischio, e può fallire. Nessun dogmatismo, in questo senso, e nessuna crociata per i TSF. L'emissione dei titoli fiscali potrebbe certamente anche fallire: tuttavia sono convinto che potrebbe rivelarsi la manovra meno incerta e la meno rischiosa, e la più efficace e praticabile nella situazione data. L'emissione di TSF potrebbe rivelarsi l'unico HM possibile per mettere benzina nel motore di fronte al congelamento, o alla crisi, dell'economia.

In conclusione: questo progetto di helicopter money nazionale basato sull'emissione di TSF è innovativo ma è forse l’unico fattibile in tempi brevi per risolvere urgentemente la crisi sociale ed economica, senza aspettarsi troppi aiuti e flessibilità dall'Europa. E' compatibile con i trattati e le regole europee perché in campo fiscale ogni stato è autonomo, almeno finché non aumenta il debito pubblico. Il problema caso mai è ideologico: dal momento che i TSF sono una quasi-moneta emessa dallo stato, il settore bancario privato potrebbe opporsi con pretesti formali di fronte all' “invadenza dello stato” nel suo campo core: l'emissione di moneta attraverso la concessione dei crediti. Ma l'opposizione sarebbe puramente ideologica: infatti rimettere in sesto l'economia reale significa rimettere in sesto anche le banche italiane.

Emettere moneta fiscale e ridare liquidità al sistema è una decisione che il governo giallo-rosa, o qualsiasi altro governo, potrebbe prendere autonomamente senza rompere con l'euro e con la UE, e con grande consenso sociale interno. Finalmente lo stato potrebbe aumentare il reddito delle famiglie, aumentare la competitività delle imprese, finanziare gli investimenti pubblici, e rivitalizzare l'economia.

Non solo i TSF rispettano le regole dell’euro, ma lo rafforzano. In effetti l'emissione di Titoli di Sconto Fiscale nei singoli paesi dell'eurozona potrebbe diventare il rimedio principale per affrontare la possibile (e probabile) nuova crisi finanziaria e valutaria che i colossi della finanza, come BlackRock, giustamente temono. L’emissione di questi “buoni fiscali” potrebbe finalmente ridare ossigeno all’economia e fare uscire i Paesi dell’eurozona dalla trappola della liquidità che li soffoca.

Il progetto che avanzo di Moneta Fiscale offre l'enorme vantaggio di potere essere attuato senza rotture dell'euro, mantenendo la moneta unica europea di fronte alle altre valute internazionali, come il dollaro, yen, yuan, pound.

Mi chiedo quali siano le sue valutazioni su quanto sopra ho argomentato. A parte l'austerità – che pratichiamo da 25 anni con avanzi primari di bilancio che comunque non bastano mai per ridurre il debito pubblico, ma che hanno invece ridotto il PIL e procurato tanti soldi e soddisfazioni ai creditori – lei vede altre soluzioni? Lei pensa davvero che finalmente la BCE e la Commissione UE attueranno manovre fiscali espansive e risolveranno i problemi italiani? Che Berlino e Bruxelles capovolgano le politiche controproducenti di austerità perseguite finora e che siano benevoli verso l'Italia? Pensa che continuando ad aumentare gli avanzi primari (+ tasse e - spesa pubblica) usciremo finalmente dalla crisi? Io sono semplicemente convinto di no. Occorre a mio parere cambiare direzione.

La ringrazio molto dell'attenzione e in attesa delle sue risposte alle mie obiezioni, la ringrazio e le porgo i miei più cordiali saluti.


Note
[1] Roberto Perotti, “La sirena della moneta fiscale. Una guida pratica ragionata a moneta fiscale, moneta complementare, moneta parallela, miniBot, Sardex, Tibex, Sibiliex, etc., etc., ad uso di politici, aspiranti governanti, economisti, giornalisti, e qualsiasi individuo semplicemente interessato alla questione”. 12 aprile 2018. Lo studio è basato in gran parte sul capitolo 5 del libro: “Falso! Quanto costano veramente le promesse dei politici”, Feltrinelli, 2018.
[2] Il prof. Perotti non è certamente il solo studioso che si è occupato della proposta di Moneta Fiscale. Forse Perotti è l'unico economista ad averla bocciata totalmente e sonoramente. Per esempio il compianto Luciano Gallino – che pure era membro dell'Accademia Nazionale dei Lincei - ha scritto una preziosissima prefazione all'ebook di Micromega che circa 4-5 anni fa diede il via al dibattito pubblico sulla proposta di emettere strumenti finanziari coperti dal valore fiscale. E ovviamente Gallino era favorevole all'iniziativa.
Anche il prof. Lorenzo Forni, per Prometeia, aveva analizzato la proposta di moneta fiscale con un giudizio finale critico e di perplessità sulla sua efficacia, ma certamente non di rigetto aprioristico. Inoltre Mediobanca ha scritto a suo tempo un report positivo sull'efficacia della moneta fiscale. Ho presentato, insieme ad altri studiosi e colleghi, il progetto ai massimi dirigenti dei partiti e dei sindacati e ha sempre riscosso interesse e attenzione. Vedremo come andrà a finire. Al contrario la Banca d'Italia ha criticato confusamente i diversi progetti di moneta fiscale, mischiandoli tutti assieme. Ma in effetti c'era da aspettarsi che Bankitalia condannasse a priori qualsiasi progetto che in qualche maniera possa anche solo lontanamente interferire (magari migliorandone gli effetti) con la politica monetaria della BCE. Che però non è in grado di mettere in sicurezza l'eurozona di fronte a possibili crisi.
[3] In realtà i 100-200 miliardi rappresentano la stima sulla dimensione del gap di PIL dovuto alla crisi recessiva che ha subito l'Italia in questi ultimi dieci anni.

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AlsOb
Wednesday, 25 September 2019 17:04
Questa querula lettera di contestazione al Perotti da parte del Grazzini è un poco patetica e imbarazzante. L'unica cosa che è degna di nota e apprezzabile è la buona educazione, simpatia e gentilezza del Perotti. Perotti che nella sua "follia" neoclassica" ha una logica. Che è una sorta di fede irremovibile per lui, perciò non ha molto senso andargli a rompere le scatole per la centesima volta ripetendo i soliti mantra che gli sono indifferenti.
Il Grazzini è tanto volenteroso da citare pure BlackRock come autorità a supporto (per altri versi è comico), e indubbiamente Stanley Fisher è un'"autorità" riconosciuta perciò magari la prossima volta può studiarlo meglio invece di scrivere inutili patetiche lettere.

La ferrea argomentazione del Perotti si basa su tre capisaldi non capiti dai suoi contestatori:
1-L'approccio è basato sulls logica del pensiero della evidenza empirica e nel caso specifico assumendo la similitudine con Laffer.
2- La quasi moneta non è moneta legale e è passività (anche la moneta legale è una passività per ragioni contabili).
3- il debito pubblico è risparmio visto dall'altra parte ma in economia aperta anche di stranieri.
Sulla base dei suddetti punti e assumendo che la quadi moneta sia eliminata dalla circolazione a scadenza la sua logica non fa una grinza, vi è del metodo nelle sue affermazioni, che uno potrebbe anche definire in parte strampalate. E per inciso soprattutto penalizzanti per le classi subalterne.
Ma la sua convinzione e fede fondate sulla logica e pensiero dell'evidenza empirica sono inamovibili.
I contestatori già non lo afferrano, fanno confusione sul concetto di passività della quasi moneta e perdono completamente un punto dei tre sono molto fragili e con l'insistere diventano solo noiosi.
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