Print Friendly, PDF & Email

aldogiannuli

Berlusconi: le opzioni del Cavaliere

di Aldo Giannuli

I sondaggi elettorali, ormai concordemente, assegnano valori ad una cifra a Forza Italia, che sarebbe, pertanto, il quarto o quinto partito italiano. Letta (quello intelligente, Gianni) ha avvisato l’ex Cavaliere: se le amministrative confermeranno queste quotazioni, è la fine di Forza Italia, ai tempi del PdL, nel 2009, il partito berlusconiano aveva superao il 40%, poi, in un turbine di scissioni, scandali, sconfitte, nuove scissioni, ha perso quasi 4 elettori su 5. Ora è solo l’ombra di sé stesso. D’altra parte, Fi viveva di riflesso del carisma del suo capo, finito il quale, il partito si rivela per quel che è sempre stato: una congrega di affaristi, politicanti, faccendieri, amici degli amici e via di questo passo che, quando l’ombra del capo non garantiva più le facili vittorie di un tempo, hanno cercato altre nicchie in cui accasarsi: chi con il Pd, via Monti, chi con un qualche partitino personale pronto a confluire di qui o di là, chi con la Lega o Fratelli d’Italia.

Berlusconi è stato logorato dalle troppe vicende giudiziarie (terminate con la declaratoria di ineleggibilità, almeno per ora), dalle figuracce internazionali, dal ridicolo delle vicende d’alcova in cui ha fatto la figura del vecchietto bavoso che corre ancora dietro alle donne, ma non si ricorda più perché. Ma, soprattutto dall’inclemenza del tempo: a fine settembre saranno 80, tondi tondi. Non proprio una età da candidato Presidente del Consiglio (non ricordi precedenti di Capo del Governo ottantenni, il più vecchio è stato Fanfani che ne aveva 79).

Berlusconi è convinto d’essere immortale e che la Corte Europea gli darà ragione sulla questione dell’ineleggibilità, ma sono solo convinzioni sue, anche se tornasse candidabile a 82 anni (tanti ne avrà nel 2018) e dopo tutto quello che c’è stato, è impresentabile, in tutti i sensi. E Forza Italia è solo un cadavere. Allora che si fa? Silvio ha davanti a sé un limitatissimo numero di opzioni.

In primo luogo, restare nel suo isolamento, sperando in una ripresa di Forza Italia per ricompattare il centro destra sotto la sua guida e cercare la rivincita nel 2018, magari grazie ad una sentenza favorevole della Corte Europea sulla rieleggibilità. Fallimento assicurato.

Seconda soluzione: accettare di aggregarsi ad un centro destra a trazione leghista, acconciandosi in posizione subalterna. Con ogni probabilità la coalizione perderebbe lo stesso, perché la Lega non piace all’elettorato centrista ed a quello meridionale. Inoltre chiedere una cosa del genere a Silvio sarebbe come chiedergli il voto di castità: non se ne parla nemmeno.

Terza soluzione, intermedia, nella formula vagheggiata da alcuni, dell’ “Ulivo di destra”: il Presidente del Consiglio espresso dalla seconda forza della coalizione, perché la prima –i Ds del tempo di Prodi, la Lega oggi- non risulta sufficientemente affidabile per l’elettorato moderato. Avrebbe solo l’effetto di sommare gli effetti negativi della prima soluzione (l’improponibilità del logoratissimo ex Cavaliere) con quelli della seconda (la leadership leghista invisa a sud e moderati). Altro fallimento.

La quarta soluzione passa per una rottura con la Lega: tornare al Nazareno. E’ la soluzione auspicata da una parte della corte di Silvio di cui si è fatto megafono “Il Foglio” alcuni giorni fa. Il ragionamento è questo: il Cavaliere, al tempo del Nazareno, era favorevole al compattamento al centro di Fi e Pd renziano, che, emarginando e disperdendo tutte le opposizioni, impossibilitate a coalizzarsi fra loro) avrebbe assicurato la permanenza al governo del blocco di centro per un’era geologica. In nome di questa alleanza si sono fatte le riforme della legge elettorale e della Costituzione. Poi Renzi ha tradito il patto con l’elezione di Mattarella. Però, adesso si può ricucire con reciproco vantaggio: Berlusconi rientrerebbe nel grande gioco della stanza dei bottoni, si libererebbe di quel molesto ricattatore del Matteo con la felpa e di quella shampista del Tufello e si vendicherebbe dei vari Alfano, Verdini, Quagliariello ecc che lo hanno tradito e avrebbe un anno e mezzo di fiato per riorganizzarsi prima delle politiche;  Renzi, dal canto suo, guadagnerebbe, con i 40 senatori berlusconiani, una stabile maggioranza senza bisogno di fare il funambolo fra Verdini ed i 5 stelle o Sel, poi acquisirebbe un contributo importante per vincere il referendum di ottobre, e potrebbe anche liberarsi di quelle noiosissime zanzare della “sinistra” del suo partito.

In questo ragionamento è abbastanza chiaro quel che ci guadagnerebbe Berlusconi (posto che sia possibile fidarsi del Matteo-senza-felpa che è un mancatore di parola da Guinness)  ma non è affatto chiaro perché dovrebbe starci Renzi: i 40 voti al Senato? Intanto non è affatto sicuro che tutti seguirebbero l’uomo di Arcore nella sua centoquindicesima giravolta, ma, soprattutto, se dovesse vincere il Referendum, Renzi non avrebbe alcun interesse a far durare la legislatura e non andare al voto già dopo pochi mesi. In secondo luogo: l’appoggio berlusconiano al referendum sarebbe probabilmente ben poca cosa. Oggi Fi è accreditata di un 7-9%, ma non è affatto sicuro che tutti i dirigenti (e penso ad esempio a Brunetta e Toti) seguirebbero questa strada e meno che mai è certo che l’elettorato seguirebbe docilmente l’indicazione di Silvio. Ipotizzando che un terzo si sfilerebbe, questo significa che l’apporto di Fi si ridurrebbe ad uno scarso 5-6% che , però, potrebbe essere contrappesato da una parte di elettorato incerto (sinistra Pd, centristi alfaniani ecc.) che così sarebbe spinto a votare No alla riforma. Insomma, alla fine, l’apporto si aggirerebbe fra il + 1 ed il  -1%. Comunque poca roba ed a caro prezzo. Bersani e quelli della ”sinistra” hanno ingoiato Alfano, poi Verdini ora dovrebbero ingoiare direttamente il Cavaliere e non nella maggioranza governativa ma, in prospettiva, nelle stesse liste del Partito della Nazione o (se si ritoccasse la legge elettorale) nella coalizione elettorale. D’accordo, sono degli invertebrati smidollati, ma dovrebbe essere troppo persino per loro. E, per di più, l’elettorato che gli resta, potrebbe abbandonarli in massa.  E non è affatto detto che, sbarcati dalle liste i bersaniani, poi sia un affare imbarcare i berlusconiani. Peraltro, i poteri forti che già fanno fatica a digerire l’attuale leadership per quel certo aroma di P2 che gli alita intorno, potrebbero non gradire l’arrivo del fratello Silvio, piduista effettivo Doc.

Direi che al Cavaliere resta solo una scelta possibile: ritirarsi nell’ombra, favorire tacitamente (ma con denaro e televisioni) una aggregazione di centro destra “Pulito” (nel senso di non a guida leghista) fra i vari Marchini, Tosi, Parisi, Fitto, Alfano, Casini, Quagliariello ecc, facendo da suggeritore in ombra. Sarebbe la cosa più saggia, ma l’ex Cavaliere è troppo Narciso per essere saggio.

Add comment

Submit