L’assassinio di Charlie Kirk: sgomento e caos di fronte al declino
di ALGAMICA*
L’assassinio di Charlie Kirk sopraggiunge in un momento di estrema tensione per la tenuta unitaria degli Stati Uniti d’America. Ricordiamo che Charlie Kirk è l’espressione di un movimento giovanile di massa organizzato, Turning Point USA, che confluendo nel MAGA costituisce l’ala giovanile del movimento della nuova destra liberista nazionalista. Conta più di 200 mila iscritti e attivisti. Fondata dallo stesso Kirk quando aveva 18 anni nel 2013, ha ricevuto negli anni cospicui finanziamenti milionari da diverse lobby economiche in particolare da quelle ebraiche americane. In sostanza non un personaggio qualsiasi, o un agitatore qualsiasi della nuova destra conservatrice americana. Bensì un leader politico a tutto tondo che incarna le necessità di compositi strati sociali della gioventù bianca, che sulla base delle quali fondano la loro azione, programma e organizzazione militante di massa. Viceversa, era il 14 giugno quando Melissa Hortman, parlamentare democratica per lo Stato del Minnesota, veniva assassinata insieme al marito e al cane da Vance Luther Boelter, un evangelico cristiano e antiabortista, che si era introdotto in casa fingendosi un poliziotto. In comune c’è l’avanzare della dialettica politica come politica della violenza, dunque l’assassinio per un movente politico, ma la scossa indotta dai due fatti è decisamente differente. L’assassinio di Kirk è un shock dirompente. La vittima è un vero pezzo da novanta nel panorama della politica nazionale americana, ma anche di quella occidentale, che accade in uno scenario altamente critico, nel quale e in particolare agli occhi dell’America bianca la coesione della nazione appare vicina ad andare in frantumi.
La Greatest Los Angeles fino a fine luglio è rimasta sotto controllo militare degli US marines e di migliaia di soldati della Guardia Nazionale, inviati per sedare le rivolte spontanee contro i rastrellamenti degli immigrati “irregolari” e a protezione delle operazioni di rastrellamento che proseguono al ritmo di 3000 al giorno in tutta la nazione.
Le strade di Washington D.C. (District Columbia) sono pattugliate da migliaia di soldati della Guardia Nazionale per ordine del Presidente, aprendo un fronte di scontro politico con il Sindaco Muriel Bowser del District Columbia. Non è certamente la prima volta che viene schierata la Guardia Nazionale per le strade di Washington DC (basti pensare alle settimane caldissime della George Floyd rebellion del 2020). Ma quello che crea sconscerto e preoccupazione in gran parte dei cittadini di Washington DC e allo stesso sindaco è che la maggior parte dei soldati impiegati a pattugliare le strade è arruolata nei ranghi della Guardia Nazionale di altri Stati. In sostanza si percepisce una certa diffidenza di una parte dei cittadini e dello stesso Sindaco nel subire una operazione di polizia operata da forze militari non residenti. Uno stato di eccezione che l’Amministrazione Trump intende estendere ad altre città (Memphis e Chicago). La conseguenza è l’aumento vertiginoso delle tensioni tra Governo Federale, Governatori e Sindaci riguardo l’autonomia costituzionalmente garantita agli Stati sul comando della Guardia Nazionale e in materia di polizia del territorio. Il contesto generale vede anche l’emergere di diffusi malumori che attraversano il popolo del MAGA e le correnti del movimento politico, sconcerti e dubbi determinati dalla sensazione che la chimera del fare l’America nuovamente grande si allontana e che il rischio di essere trascinati in una nuova guerra infinita nel Medio Oriente è parte del problema. Una preoccupazione che ha iniziato a serpeggiare proprio tra gli strati giovanili del movimento politico, che proprio Charlie Kirk ha intercettato e se ne è fatto portavoce. Negli ultimi mesi il paladino dei giovani della nuova destra, oltre a martellare la sua campagna d’odio contro tutti coloro che remano contro l’America bianca, ha iniziato a porre nel dibattito politico pubblico domande molto scomode: se gli interessi degli Stati Uniti corrispondano esattamente con quelli di Israele, se per esempio il bombardamento del Qatar è nell’interesse americano, se i media nazionali dicano sempre la verità quando si parla dello Stato ebraico, fino a dichiarare che secondo lui il 7 ottobre 2023 possa essere stato “un lavoro fatto dall’interno”.
Alla notizia del suo assassinio la percezione generale è che non ci ha a che fare con la ricorrente tragedia di singolo che “spara nel mucchio” per un movente imprecisato. Come sosteneva Kirk, il suo omicidio non rientra affatto nel cesto di quel costo necessario a fronte della difesa dell’inviolabile diritto di ogni cittadino di possedere un arma, che il II Emendamento della Costituzione garantisce. Pochi giorni prima, il 27 agosto, un caso “tollerabile” era accaduto nella Chiesa Cattolica dell’Annunciazione di Minneapolis, dove un giovane di 23 anni, Robin Westman (su cui molto si è speculato, perchè un giovane transgender e, si vocifera, forse anche ebreo), ha aperto il fuoco uccidendo due bambini e ferendone 17, mosso da una insensata affascinazione dai massacri di bambini. Nell’ultimo caso si è certi, viceversa, che si abbia a che fare con un omicidio mosso da un movente politico. Lo sostiene la destra del MAGA e in particolare lo sostengono le correnti interne critiche nei confronti della politica estera USA che non corrisponderebbe alle aspettative di resuscitare il white american dream delle sue classi produttrici. « In questo paese siamo in guerra e occorre avere una determinazione ferrea » dichiara Steve Bannon dai microfoni del suo podcast e in apparizioni pubbliche su varie reti televisive nazionali.
Mentre la reazione dell’altra parte della società americana, quella non trumpiana e quella democratica liberale, quando non esprime pubblica soddisfazione circa la morte di Kirk, reagisce per nulla empatica nei confronti della sorte di un leader di una campagna politica e di veleno razzista contro gli immigrati, gli islamici, le persone afroamericane e latinos, maschilista verso le donne e discriminatoria nei confronti di omosessuali e transgender sostenendo: “è morto per la mano assassina degli ideali che egli stesso sosteneva”. La diapositiva è quella di reazioni popolari divergenti e contrapposte, che vanno a comporre una miscela esplosiva all’interno della società americana sull’orlo di una crisi di nervi.
Ma ecco lì il colpo di scena, che all’immediato è un vero shock per la pancia profonda del MAGA da mesi invelenita contro gli immigrati e contro i musulmani. Con il nodo in gola il governatore dello Utah Spencer Cox si presenta alla TV nazionale dando la notizia che l’assassino è stato catturato: « ho pregato per 33 ore che fosse una persona di un altro stato o di un altro paese, invece è uno di noi ». Uno sgomento impregnato dal razzismo del suprematismo bianco. Il presunto assassino non è un afroamericano, non è un arabo, non è un latino, non è un immigrato e non è un attivista di sinistra universitario americano. L’assassino è un giovane bianco, ha frequentato solo per pochi mesi l’Università Statale dello Utah per poi abbandonarla. La famiglia è cristiana di fede mormona, repubblicana e trumpiana della prima ora. L’assassino ha frequentato solo per pochi mesi i campus universitari per poi abbandonare la carriera universitaria. Le foto di famiglia che i media propongono ritraggono il presunto assassino insieme al padre, alla madre e ai fratelli mentre sorridenti sfoggiano pistole, fucili e dotazioni di armi pesanti. Abbandonati gli studi universitari, Tyler Robinson si era iscritto a una scuola tecnica professionale come elettricista di impianti. Il quadretto è quello di una gioventù lontanissima dal coinvolgimento con gli ambienti “liberal” o di estrema sinistra che animano i campus universitari americani soprattutto negli ultimissimi anni. In sostanza il profilo dell’assassino sconcerta e crea sfiducia nel ventre molle del MAGA già attraversato da dubbi e malumori.
Non passano che poche ore, che l’indomani sulle TV nazionali è sempre il Governatore Cox a riportare con grande sollievo le prime risultanze delle indagini. E’ emerso che Tyler Robinson era da un po’ di tempo impegnato in una “relazione sentimentale con il coinquilino, nato biologicamente uomo e che stava affrontando la transizione chirurgica a donna”, quindi un transgender donna. La madre avrebbe confermato agli agenti e al procuratore che il figlio recentemente si era avvicinato a posizioni politiche liberal “pro gay” e “pro transgender”. Il governatore dello Utah aggiunge anche che le prove decisive della colpevolezza del giovane siano state fornite volontariamente proprio dalla sua fidanzata coinquilina, che ha contattato la FBI e ha fornito i messaggi ricevuti da Tyler Robinson immediatamente dopo la sparatoria. I messaggi, di cui verrà fornita dal FBI la trascrizione, provano l’ammissione del reato, nonché della premeditazione secondo il movente che «non era più negoziabile l’odio che Kirk diffondeva». Il Governatore Cox, FBI, Procuratore e media nazionali insistono molto su questi due aspetti della vicenda: la relazione sentimentale con una transgender e sul ruolo fondamentale che essa ha avuto nel consegnare Tyler nelle mani della giustizia. Da una lato c’è la necessità di rassicurare la pancia della destra liberista e nazionalista alle prese con l’inquietudine di un american dream svanito e impossibile da raggiungere: in fin dei conti l’assassino non è “uno di noi”, non un giovane cresciuto nel brodo di coltura dell’America suprematista trumpiana e al culto dell’uso delle armi. Ma al tempo stesso viene presentata al pubblico americano una fidanzata transgender che all’amor carnale antepone quello per la giustizia, col chiaro intento mediatico di voler stemperare l’anelito di vendetta politica che monta nel popolo colpito per l’assassinio di un suo portavoce.
Il quadro che emerge, tra vari colpi di scena, prove circostanziali e le interpretazioni grottesche di Spencer Cox, però non convince tutti e non per questioni di verità oggettive o verità false. Steve Bannon dichiara «non me la bevo, i messaggi trascritti sembrano artefatti, Tyler non ha agito da solo e bisogna trovare le prove di un suo collegamento con un piano politico più ampio». Molti influencer con milioni di seguiti, sia di sinistra che di destra, dubitano altrettanto circa la autenticità dei messaggi trascritti dal FBI. Bannon e in molti stentano a credere all’immediata decisione dei familiari di denunciare il proprio figlio. Così come non si spiega le azioni della fidanzata transgender. Il povero Bannon immagina l’America bianca un monolite dal nocciolo solido, benché in difficoltà, che trova forza nella sacralità della famiglia. Non riesce a comprendere che se “siamo alla guerra” o ai primi rintocchi di una nuova guerra civile, la disgregazione degli USA e il suo declino fanno in frantumi proprio il sacro focolare della famiglia americana, bianca e cristiana. E non c’è prova, vera o falsa che sia, che possa fermare lo scricchiolio dell’intera architrave.
Il mutismo di Tyler Robinson davanti alla Corte ci dice proprio questo: un giovane di 22 anni, freddo e impassibile si rende conto di essere stato venduto alla polizia dai suoi genitori e tradito alla schiena dalla fidanzata. Sprovvisto dalla comprensione e sostegno degli affetti dei suoi cari, è lasciato sprovvisto di una difesa legale e in balia di un avvocato d’ufficio nominato dal tribunale.
Tra le varie teorie che continuano a rimbalzare non sono escluse quelle per cui a tessere le fila della “congiura” possano esserci dei mandanti anche non di sinistra. Tra questi ci sono i settori dell’ultra destra (quali i Groypers di Nico Fuentes – parte di quei settori dell’ultra destra che parteciparono all’assalto al Capitol Hill). Si arriva finanche ad avanzare in seno al “popolo” che dietro l’assassinio di Kirk vi sia il Mossad e la lunga mano di Israele, che proprio per le recenti esternazioni di Kirk e la preoccupante perdita di appeal proprio tra le fila dei giovani di destra abbia deciso di mettere a tacere una delle inaspettate voci critiche che emergono dal ventre del popolo MAGA. Tant’è che Netanyahu il 18 settembre, in un video annuncio dal suo studio, è costretto a rivolgersi al popolo americano: «Joseph Goebbels, il Ministro della propaganda nazista, ha detto che più grande è la bugia, più velocemente si diffonderà. Qualcuno ha inventato una bugia mostruosa e colossale secondo cui Israele avrebbe avuto qualcosa a che fare con l’orribile omicidio di Charlie Kirk». Infatti, Non è proprio la nazione ebraica a fondarsi su una delle più grandi clamorose bugie della storia moderna?
Intorno al caso si condensano tutti gli elementi di una società in crescente scomposizione che non risparmia neppure il MAGA. Quando una intera società si trova costretta a fare i conti con gli effetti di una crisi profonda e col declino di una nazione, di cui non può comprenderne le cause, non può fare altro che affidarsi alle teorie cospirazioniste che gettano ulteriore benzina sul fuoco. Ci interessa poco indagare tutta la verità sul singolo fatto, piuttosto vogliamo rappresentare il dato delle tendenze centrifughe che spingono l’America verso un punto di rottura e di frantumazione.
Per gli apologeti del liberismo occidentalista quanto sta accadendo negli USA crea sgomento e l’ideologia di cui si sono fatti vanto di aver inventato ora è una bussola impazzita che non sa più indicare i quattro punti cardinali.
Sgomento stupito di fronte al declino
Un episodio tragico, uno dei “tanti”, e sempre più frequenti, come l’uccisione di Charlie Kirk da parte di Tyler Robinson, un ragazzo di 22 anni, in “relazione sentimentale con una transgender” e “omosessuale” (anche i giornali della peggior destra americana si guardano bene di usare il termine gay), che profondamente turbato dalla campagna d’odio del trumpismo politico e sociale che si va sempre più diffondendo negli Usa, decide di sparare e di uccidere uno dei massimi esponenti di quella campagna? Sì, ma un episodio che segue di alcuni mesi, nel dicembre dello scorso anno, quello dell’uccisione di Brian Thompson Ceo della divisione assicurativa di United Healthcare, da parte di Luigi Mangione. E questo semina sgomento in un paese democratico e liberale abituato più alla repressione contro neri e latinos, come gli omicidi alla Geroge Floyd, o episodi di “follia” individuale in scuole o luoghi pubblici, ovvero dello sparare nel mucchio, contro un nemico invisibile perché impersonale.
Gli ultimi due casi, di Luigi Mangione e Tyler Robinson rappresentano un allarme, cioè una rottura rispetto a quello che era ritenuto – in modo improprio – una normalità, ovvero la circolazione delle armi e il suo uso “episodico” e, perciò, “tollerabile” da un sistema “sano”, “democratico”, “equilibrato”, dall’ascensore sociale che premiava i migliori, insomma un grande paese stabile.
Ora Luigi Mangione uccide per aver individuato in un Ceo delle assicurazioni un responsabile dei soprusi delle assicurazioni contro la povera gente, e Tyler Robinson, di una famiglia mormone, di estrema destra, sembra abbia ammesso di aver ucciso Charlie Kirk perché diffonde troppo odio nei confronti dei “diversi”, ovvero delle comunità transgender. Tra l’altro – annotiamo che il giudice Gregory Carro, proprio in questi giorni, ha fatto cadere le imputazioni di omicidio di primo e di secondo grado, nei confronti di Luigi Mangione, per atto di terrorismo perché «secondo il giudice è chiara l’ostilità dell’imputato per le assicurazioni sanitarie, ma non ci sono prove sufficienti che intendesse “terrorizzare la popolazione e gli impiegati delle assicurazioni o influenzare la politica del governo”» leggiamo da Corriere della sera.
A differenza di Pier Paolo Pasolini che negli anni ’70 del secolo passato condannava gli studenti che protestavano e si scontravano con i poliziotti che «sono figli di poveri contadini», noi pensiamo che nella società del moderno modo di produzione capitalistico, le persone finiscono per essere assegnate a svolgere ruoli del tutto impersonali, e che pertanto un giovane nel momento in cui si arruola in polizia o nell’esercito, smette di essere un figlio di e divenire quello che il ruolo gli assegna di fare. Dunque un figlio di contadini o di operai è posto al servizio di uno Stato della nazione e deve difendere i valori che quello Stato e quella nazione professa. Pertanto può anche succedere che in una manifestazione di contadini la polizia carichi questi e fra i poliziotti ci siano loro figli.
Ciò vale tanto per chi entra in polizia o si arruola nell’esercito, quanto per chi viene impiegato nelle Poste, in Ferrovia, nelle fabbriche di armi, nell’aviazione civile o militare e così via.
Sicché un Charlie Kirk non era «un uomo di 31 anni, padre di due figli» che viene ucciso da una mente “folle” di un omosessuale di una famiglia mormone di estrema destra, come tenta di far passare Walter Veltroni, sempre più democratico e liberista, dalle pagine del sempre “acuto” Corriere della sera al servizio di sua maestà establishment. No, Gharlie Kirk rivestiva un ruolo ed è stato ucciso per il ruolo che rivestiva e per la sua azione razzista che era chiamato a svolgere. Ovvero una campagna d’odio dei bianchi contro i neri, gli immigrati, i musulmani, e le minoranze e contro tutti coloro che con il loro stile di vita non fanno sviluppare le famiglie bianche americane, dunque i gay e i transgender. Di questo è necessario discutere. Per giustificare e/o assolvere un assassino? Non di questo ci interessa discutere, proprio perché non riconosciamo nel diritto individuale e nella responsabilità individuale i valori universali, che il liberismo professa, mentre cerchiamo, invece, di leggere nelle relazioni sociali le cause dei mali moderni che affliggono la società. Dunque si tratta di uno spartiacque fondamentale cui facciamo appello.
Entriamo più nel merito del problema ricordando che il moderno trumpismo liberista, su un certo versante, come quello dei diritti degli omosessuali, non nasce oggi, ma che già nel 1997 ci fu una marcia dei Promise kippers, di un milione di persone per le strade di Washington «Una maggioranza silenziosa per servire Dio e la moglie», una manifestazione che già allora il Corriere della sera, preoccupato lanciava l’allarme: «Un’enorme differenza rispetto a trent’anni fa, quando i suoi eroi si chiamavano Martin Luther King e John Kennedy».
Da allora sono passati circa trent’anni, il mondo non è rimasto fermo, e il liberismo democratico opponendosi a quel tipo di mobilitazione ha favorito una campagna sui diritti individuali per certe minoranze, come gli omosessuali contro cui oggi si scatena la canea trumpiana. Un problema presente solo negli Usa? No, basta guardare in casa nostra e sentir parlare i Vannacci e i Salvini.
Anche qui, però cerchiamo di stare ai fatti e di capire le cause che li muovono.
Se si professano i due principi basilari del liberismo come il diritto individuale e la responsabilità individuale, un omosessuale sente di poter ambire al diritto di matrimonio fra omosessuali e alla genitorialità con tutti i mezzi che la scienza e il diritto moderni mettono a disposizione. E pazienza se ci capita una povera disgraziata che è costretta a porre il proprio utero in affitto per soddisfare un “diritto”. Ovvero un diritto di uno contro il martirio di una. Siamo sempre all’essenza del liberismo, se no che liberismo sarebbe?
Si dice che dietro tal diritto ci sarebbe un gesto d’amore. Certo, oggi la parola amore, un sostantivo molto complicato da capire, viene strausata al punto che anche fra coppie non ci si chiama più per nome, ma col monosillabo amò, dunque amore in una società in decomposizione vuol dir tutto e niente.
Lasciamo perdere perciò quel che vien detto in apparenza e cerchiamo di capire cosa si nasconde veramente dietro la volontà di avere un figlio proprio, perché è questo il vero problema, non solo per coppie di omosessuali o lesbiche, benintesi, ma anche per quelle naturali. Il segreto si nasconde dietro quell’aggettivo proprio, che sta per diritto di proprietà, dunque un gesto d’amore, sì, ma verso sé stessi, ovvero il riprodurre la proprietà e il diritto di proprietà perpetuo. Una vera e propria aberrazione della umana specie che rinnega il rapporto comune per elevare a individualità la comunità umana nel suo insieme e il suo rapporto con le altre specie della natura.
Se così non fosse basterebbe chiedere in adozione un bambino, questo sì che potrebbe costituire un gesto d’amore, ma non sarebbe proprio, del proprio dna, del proprio sangue e via proprietando.
Ora negli Usa che cosa sta realmente succedendo? Che si scontrano due visioni del liberismo, una cosiddetta più democratica, contro cui sta facendo la guerra un’altra, sempre liberista, ma più reazionaria e conservatrice. Quale la causa? Ecco la domanda alla quale gli intellettuali e storici liberisti non sanno o non vogliono rispondere.
L’ex “comunista” Walter Veltroni in un editoriale del Corriere della sera di domenica 14 settembre, si domanda «Cosa ci sta succedendo? Cosa sta stravolgendo le opinioni pubbliche occidentali tanto da far smarrire i valori fondamentali che con tanta fatica» ci vuole molta fantasia perché il lettore riesca a immaginare un Veltroni che fatica «e tanto sangue abbiamo conquistato? Siamo irriconoscibili». A Veltroni andrebbe solo ricordato che la fatica e tanto sangue fu degli africani, degli indiani e dei coscritti forzati dalle colonie mandati a morire durante la seconda guerra mondiale per conquistare il dominio sul mondo moderno. Ma non è il caso, non lo convinceremmo mai. Cerchiamo allora di cogliere il “meglio” del veltronismo, ovvero del liberismo democratico che lancia l’appello: «bisogna spegnare il fuoco delle parole, perché la loro radicalizzazione estrema, sport contemporaneo più praticato, alla fine degenera in violenza e gli Usa rischiano» attenzione bene «problema drammatico per il pensiero già indebolito, di precipitare in quella “Civil war”» realisticamente vaticinata in un recente film.» per aggiungere «Il conflitto aspro è una cosa, persino salutare per la democrazia. La violenza è il suo contrario. Non esiste la critica delle armi. È uno spaventoso ossimoro ». L’allusione ai gruppi armati degli anni ’70 in Italia è provocatoriamente e vergognosamente evidente. La storia è fatta di tempi, e mai un tempo successivo si riproduce allo stesso modo di prima. Fatevene una ragione cari signori. A Napoli si direbbe: «è n’ata cosa».
Più accorto dell’ex “comunista” Veltroni, Ernesto Galli della Loggia, che a giusta ragione, nell’editoriale di martedì 16 settembre, a proposito di quanto sta succedendo a seguito dell’uccisione di Charlie Kirk dice «In realtà è la stessa grande storia di quel Paese che in qualche modo si ritorce contro se stessa». E noi, da testardi deterministi domandiamo: si, ma perché oggi? È a questa domanda che i liberisti dovrebbero rispondere e che si nascondono dietro fumisterie incomprensibili perché impauriti.
Poveri miserabili, vien da dire, che giustificano il genocidio da parte dello Stato sionista di Israele contro i palestinesi ponendolo sullo stesso piano della necessità storica della distruzione di Dresda nel 1945, per poi elemosinare riconoscenza ex post, fino al punto da scrivere in conclusione del suo editoriale citato: «Senza gli Stati Uniti, oggi a Pechino siederebbe un proconsole nipponico, le terre da Vladivostok agli Urali costituirebbero una grande riserva di mano d’opera schiavistica per l’Impero hitleriano esteso dal Dniepr all’Atlantico, e l’islamo-fascismo dominerebbe la Mezzaluna Fertile».
Se uno storico del livello di un cotanto Ernesto Galli della Loggia è costretto a ricorrere alla ragione dei se, per rifare la storia, vuol dire che di argomenti veri ne ha pochi. E ne ha pochi a tal punto che non è in grado di rispondere alle sue stesse osservazioni: «Pezzo per pezzo, insomma, l’idea americana è andata perdendo la propria essenza vivente. L’idea americana è diventata un involucro vuoto». E noi testardamente continuiamo a domandare: si, d’accordo, ma perché, quali sono le cause?
Da gangster criminale del diritto individuale libero ha costituito lo Stato di diritto, sì, ma dei più forti contro i più deboli, anzi sfruttando da parte dei più forti i più deboli. Ovvero una garanzia di “uguaglianza” fra disuguali, che ha rappresentato una mistificazione storica, filosofica, politica e culturale che ha retto fino a un certo punto, ovvero finché il modo di produzione capitalistico ha integrato sui valori dello scambio ormai l’intero globo. E gli occidentali alla fine si sono ritrovati ad aver fatto la figura degli apprendisti stregoni, hanno evocato demoni che oggi gli presentano il conto, come quelle economie asiatiche – e occhio all’Africa! – che sono diventati straordinari concorrenti mandando in crisi il colosso democratico liberista al punto da non potersi più consentire un ascensore sociale al proprio interno, una classe operaia aristocratizzata e una integrazione di immigrati. È questa la semplice realtà che è sotto gli occhi di tutti.
È questo che sta disgregando la grande America e la sta disgregando al punto che una parte, quella bianca, decide che è finito il tempo dei diritti per tutti, del liberismo inclusivo, compresi immigrati e colorati vari, omosessuali, gender e cosi via. Non c’è più posto per tutti come prima. Un’America che non si era costruita su un piano «ideologico» come vogliono lasciare intendere i liberisti, ma su basi materiali, di rapine messe poi a disposizione dell’accumulazione capitalistica. Venendo meno i capisaldi dell’accumulazione di valore viene meno la ragione «ideologica».
Ora i liberisti avvertono il disastro incombente e non sanno che fare, e perfino uno “storico” del livello di un Ernesto Galli della Loggia paventa la possibilità che gli Usa possano finire come l’Urss. Povero signore che da “grande storico” diviene un borghesuccio piccolo piccolo atterrito dalla catastrofe incombente che scrive: «E infatti sotto i nostri occhi lo Stato e le sue istituzioni minacciano di dissolversi nel caos feroce dei partiti, delle fazioni e delle culture contrapposte che non riescono a riconoscersi più in nulla capace di tenerli realmente insieme ». Povero diavolo, che pena mi fai cantava Riccardo Cocciante. Ma come, ci chiediamo: liberi e democratici divengono feroci? Come mai, perché? Ma è tempo perso, perché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Ma a un liberista incallito e feroce da giustificare il genocidio a Gaza, come Ernesto Galli della Loggia, gli va in soccorso un altro ex “comunista”, un uomo delle istituzioni come Luciano Violante che si domanda in modo retorico « la politica serve a riunificare una comunità o a spaccarla »? Come se la politica la si prendesse da uno scaffale per usarla nel miglior modo possibile piuttosto che essere il derivato dei rapporti sociali dell’andamento del modo di produzione capitalistico.
E un Roberto Gressi, sempre dalle pagine del Corriere della sera, dice allarmato «Si respira lì, nel faro della libertà che tutti abbiamo imparato ad amare, un’aria di contrapposizione pericolosa, che sarebbe un errore imitare ». Povero malcapitato Gressi, è allarmato che un clima del genere possa essere imitato in Italia e cerca di mettere in guardia i contendenti.
Ci casca pure il matematico Odifreddi che scambia il soggetto per l’oggetto e nel tentativo di esprimere un pensiero controcorrente dice una fesseria da uomo della strada affermando che «Sparare a Martin Luther King e sparare a un rappresentante Maga non è la stessa cosa» supponendo uno stesso soggetto che può sparare indifferentemente a uno o l’altro, piuttosto che analizzare le cause che producono due diversi sparatori.
Tiriamo una breve conclusione rispetto allo scenario di cosiddetti analisti che sgomenti non sanno che dire e, peggio ancora, che fare, riferendo del pensiero conclusivo di uno strapagato Ernesto Galli della Loggia: «Se è consentito un paragone ardito e da prendere con beneficio d’inventario viene da pensare che così come la progressiva inagibilità storica del comunismo ha voluto dire la fine dello Stato sovietico, cresciuto con esso e grazie a esso, altrettanto, pur con le ovvie differenze, possa accadere, in futuro a quello americano. Ma se così fosse, allora l’augurio migliore che per quel giorno noi, spettatori lontani ma in realtà vicinissimi, potremmo farci sarebbe io credo uno solo: quello di non esserci ».
Attenzione bene, perché chi è abituato a ragionare meccanicisticamente non riesce a distinguere i momenti diversi della storia e si scoraggia melanconicamente all’infausto fato.
L’implosione dell’Urss fu causata dalla impossibilità di tenere in piedi, in modo centralizzato, un gruppo di paesi all’interno di un mercato bloccato mentre ai confini premeva prepotente la forza dell’accumulazione occidentale, che fungeva da sfida e da stimolo. Inutile nascondercelo. Ma sono passati 35 anni da quel 1989 e molta acqua è passata sotto i ponti, e l’Occidente proprio perché si è mondializzato lo scambio è stato costretto a tentare di accerchiare la Federazione russa per mettere le mani sulle sue ricchezze delle materie prime. Oggi gli Usa sono avviati a una guerra civile che non ha niente in comune con la disgregazione della ex Urss proprio perché i margini di accumulazione si sono ristretti per l’accresciuta concorrenza di mezzi di produzione e merci. Dunque non è una «ideologia» in crisi, ma una crisi dell’accumulazione che determina la crisi dell’« ideologia» , ovvero di una tenuta unitaria di un paese, ritenuto un tempo, “libero” e forte e “faro” della democrazia. Non solo, ma che la crisi degli Usa trascinerà inevitabilmente nel baratro l’insieme dell’Occidente. E che ciò sia vero è dimostrato, mo ci vuole, dalla ferocia che sta dimostrando in Medio Oriente attraverso lo Stato sionista di Israele, cane da guardia contro i palestinesi, che sta facendo il lavoro sporco per l’insieme della comunità occidentale in crisi irreversibile.
* Alessio Galluppi, Michele Castaldo