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lacausadellecose

Le difficoltà del sindacalismo alternativo in questa fase

di Michele Castaldo

italpizza sap polizia modena sicobasCi sono stati nei giorni scorsi dei fatti gravissimi da parte delle istituzioni dello Stato democratico, cioè della polizia e della magistratura contro il SI Cobas, un piccolo sindacato nel quale sono confluite le necessità di lavoratori della Logistica, a maggioranza immigrati di colore, per difendersi contro le infami condizioni di lavoro. Stabilite le debite distanze con la democrazia repubblicana e le sue leggi, che vengono utilizzate a fisarmonica, cioè secondo le circostanze e le convenienze della pressione del dio capitale, guardiamo al di qua della linea di confine, cioè fra quanti in un modo o in un altro si richiamano alla difesa delle necessità del proletariato e alle sue difficoltà in un momento molto complicato per gli oppressi e sfruttati in ogni angolo del pianeta per una crisi capitalistica senza precedenti nella storia moderna. Lo dobbiamo fare senza spocchia, senza presunzione, senza una stupida difesa di bottega, ovvero senza fanciullesco estremismo, cercando di relazionarci correttamente ai fatti piuttosto che predeterminare la nostra opinione sui fatti per volgerli a nostro favore.

Il 22 marzo prossimo – salvo sorprese dell’ultima ora sempre possibile – ci sarà uno sciopero generale indetto dalle organizzazioni storiche del proletariato italiano Cgil, Cisl, Uil contro Amazon su una piattaforma ovviamente non rivoluzionaria e molto interlocutoria, è inutile nascondercelo.

Come si dovrebbe comportare un piccolo sindacato come il SI Cobas che negli ultimi anni si è esposto oltremodo nel settore della Logistica ed ha costruito le sue “fortune” in termini di credibilità con costi altissimi in termini di repressione dei propri quadri, dirigenti e militanti?

È la questione delle questioni ed è talmente complicata che presenta rischi comunque si risponda. Chi la dovesse affrontare con la faciloneria farebbe pagare un prezzo altissimo a quei militanti che si sono spesi in questi anni, oltre ai lavoratori tesserati o meno che guardano a questa sigla sindacale con un certo interesse. Analizziamo perciò con fredda lucidità le due possibili risposte che non riguardano solo il momento contingente, no, investono la prospettiva dei lavoratori – e non solo della Logistica – per i prossimi anni.

Diciamo innanzitutto che da un punto di vista oggettivo il SI Cobas non è atterrato col paracadute chissà da quale strano pianeta, ma è espressione di una insofferenza reale di determinati settori della Logistica, e non solo, che non è solo rivendicativa, ma ha anche caratteri istintivamente ribelli. Dunque un estremismo proletario vero che si configura con il SI Cobas. Allo stesso modo dobbiamo dire e riconoscere che questo settore non è maggioritario, e che quello maggioritario non è tenuto a freno dai sindacati maggiormente rappresentativi, ma è vero il contrario, e cioè che i sindacati maggiormente rappresentativi esprimono il senso di responsabilità della maggioranza del proletariato o, se si preferisce, l’opportunismo, il che uguale fa.

Ora, diciamoci la verità: è più facile e più comodo sostenere che le organizzazioni maggiormente rappresentative sono istituzionalizzate, sono concertative, sono opportuniste, sono integrate nel sistema, reggono il sacco al padrone ladro e assassino e via di questo passo, piuttosto che affermare che il proletariato – a stragrande maggioranza – è parte integrante del processo di accumulazione del capitale e come tale guarda ad esso come i girasoli guardano il sole. Ma non tutto ciò che ci appare più facile è più produttivo e la storia poi presenta il conto e i nodi vengono al pettine e sbrogliarli dopo è molto più complicato. Veniamo al dunque.

Il giorno 22 marzo, come ci comportiamo rispetto all’indizione dello sciopero generale indetto da Cgil, Cisl, Uil? Innanzitutto: 1) è positivo oppure no che sia stato indetto? 2) ci auguriamo che sia veramente partecipato, dunque che riesca oppure no? 3) È giusto parteciparvi e con quale motivazione? 4) È giusto non parteciparvi, e con quale motivazione?

Indipendentemente dal chi le pone, queste domande si pongono nei fatti e non si possono in alcun modo evitare o aggirare. Sono nodi che richiamano in causa molteplici aspetti sia teorici che politici, con – ripeto – ripercussioni sul futuro dei nostri rapporti con l’insieme del proletariato.

Proviamo perciò a rispondere a ognuna di quelle domande e a esplicitarne i risvolti fra i lavoratori sia iscritti al SI Cobas che agli altri sindacati o anche a quelli non iscritti.

Partiamo dalla prima domanda:

1. È positivo oppure no che Cgil, Cisl e Uil abbiano finalmente indetto uno sciopero generale dei lavoratori Amazon? Se diciamo sì ci dobbiamo augurare che riesca; se diciamo no, scendiamo al livello più basso della coscienza proletaria del settore che addirittura non ritiene di partecipare. Se viceversa auspichiamo una sua riuscita dovremmo spenderci a tale scopo e questo vorrebbe dire mettere in discussione una certa impostazione che abbiamo seguito nel corso degli anni. Dunque prima seria complicazione.

2. Quale sarebbe l’atteggiamento dei lavoratori iscritti a Cgil, Cisl, Uil nel caso decidessimo di non partecipare? Di critica durissima, come dire: avete detto per anni che i nostri sindacati sono consociativi e ora che decidono per uno sciopero generale della nostra categoria vi tirate fuori? Seconda complicazione più difficile da contrastare.

3. Passiamo al nostro interno, cioè fra gli iscritti e simpatizzanti del SI Cobas, nel caso che si decida di aderire allo sciopero del 22 marzo indetto da Cgil, Cisl Uil. Cosa direbbero i proletari dallo spirito ribelle ed estremista nei confronti di tale decisione? La prima obiezione sarebbe: ce li siamo sempre trovati contro, li avete definiti in mille modi come lontani dalle necessità dei lavoratori ed ora ci chiedete di scioperare e di partecipare, magari, alle loro manifestazioni? Inutile nasconderci dietro il dito: seguirebbero ovviamente sbandamento, indecisione, rischio di spaccature ecc.

4. La domanda d’obbligo è: che percentuale di proletari ci seguirebbe in una simile scelta? E ancora: ci rafforzerebbe o ci indebolirebbe?

Attenzione bene però: dagli Usa arriva un segnale nient’affatto da sottovalutare, Biden ha affermato nei suoi commenti che il governo federale ha avuto un ruolo nell'aiutare a promuovere la sindacalizzazione negli Stati Uniti. « Dovreste tutti ricordare che il National Labor Relations Act non ha solo affermato che i sindacati possono esistere, ma ha detto che dovremmo incoraggiare i sindacati », ha ripetuto ancora Biden. L’attuale presidente degli Usa ha anche compiuto un passo per denunciare alcune delle tattiche di distruzione dei sindacati che le aziende, inclusa Amazon, usano regolarmente per distruggere i sindacati. «Non dovrebbero esserci intimidazioni, coercizioni, minacce, propaganda anti-sindacale. Nessun supervisore dovrebbe confrontarsi con i dipendenti sulle loro preferenze sindacali ». Ora, l’indicazione dell’amministrazione Biden è di sindacalizzare i lavoratori in Amazon, ovviamente con le organizzazioni maggiormente rappresentative, cioè l’Afl-Cio. Visto che l’America è la stella polare dell’Occidente, dovremmo aspettarci un certo atteggiamento simile anche in Europa e perciò anche in Italia, ovvero la necessità politica di affrontare la crisi economica aggravata dalla pandemia del Covid-19 in modo corporativo, cioè in un afflato di padroni e operai o borghesia e proletariato in un nazionalismo occidentalista contro il comune nemico asiatico. Una idea palesemente in contraddizione con le necessità capitalistiche di Amazon. Ma tant’è. E allora? Come la mettiamo? Sfidiamo come nucleo di lavoratori ribelli ed estremisti della Logistica, organizzati in un piccolo sindacato, Amazon e i sindacati istituzionali? Con quale prospettiva?

 

Piedi a terra e cerchiamo di ragionare

Chi scrive queste note è stato più volte minacciato con la pistola da personaggi della camorra nel napoletano, i cui mandanti erano aziende legate al Pci, minacce coperte dalla Cgil. Non solo, ma fu messo in carcere dopo un summit tra i vertici della Montedison, dei partiti politici dell’arco costituzionale e dei sindacati maggiormente rappresentativi con certi personaggi della Cgil molto poco raccomandabili, al cospetto dei quali gli attuali dirigenti ci fanno la figura dei pivelli. Non solo, ma a Roma, mentre ero dipendente della Romamultiservizi (Coop, Pds, Pd, Cgil, Cisl, Uil e cosi via) in via Veneto, mentre era in carica un ministro di Rifondazione comunista, fui indicato alla polizia, con un gesto malizioso del capo, dalla funzionaria della Cgil sotto il Ministero del Lavoro come istigatore del malcontento operaio; fui preso, maltrattato, portato nella camionetta e minacciato con espressioni molto pesanti dal funzionario per il mio comportamento estremistico. Avevo semplicemente invitato i lavoratori a occupare una parte della carreggiata piuttosto che stare sul marciapiedi.

Perché questa nota per così dire autobiografica? Perché chi scrive cerca di operare una separazione necessaria tra l’azione istintiva, che mi porterebbe a suggerire una netta contrapposizione con le organizzazioni maggiormente rappresentative, mentre il comunista, in me presente, si deve spogliare dell’istinto e dello spirito di rivalsa individuale, e cercare di agire secondo il criterio di quello che è più giusto fare per lo sviluppo della prospettiva anticapitalistica, in ogni momento, sapendo che il soggetto predeterminato non sono i comunisti ma i proletari e se questi non sono spinti all’azione dal capitale contro il capitale è inutile sognare bandiere rosse e internazionalismo dei militanti.

 

Che fare il 22 marzo?

Giusto per non essere astratto ed evitare di passare per chi si rende solo fautore di cosa non fare, cerco di entrare nel merito senza nascondermi fra le righe.

a. Bisogna partecipare allo sciopero del 22 marzo del 2021 indetto da Cgil, Cisl, Uil, contro Amazon senza la minima esitazione;

b. Bisogna adoperarsi perché riesca e al meglio contribuendo attivamente lì dove siamo presenti sia come organizzazione sindacale che come singoli militanti;

c. Dobbiamo combattere al nostro interno, in modo particolare nei confronti di chi è restio e critico a parteciparvi, con lo spirito di evitare fughe settarie e isolazioniste. Si tratta di una battaglia politica affinché prevalga lo spirito di fronte unico.

d. Ribattere alla critica – che potrebbe esserci rivolta – del fatto che siamo stati abbandonati al nostro destino da Cgil-Cisl-Uil, mantenendo ferma la necessità della critica e nel contempo la necessità dell’unità nella lotta con gli altri lavoratori. Il criterio che deve guidarci è: stiamo in piazza coi lavoratori quando si mobilitano e nulla ci impedisce di organizzarci diversamente dagli altri lavoratori.

Cerchiamo allora di essere molto chiari sul punto chiave: gli altri lavoratori che non hanno lo stesso nostro livello di coscienza non sono nostri nemici, saranno meno “coraggiosi”, si adagiano più facilmente alla legge del minimo sforzo, hanno magari un retroterra familiare meno disagiato degli immigrati, sentono maggiormente il ricatto dell’azienda, sono oberati e perciò piegati da maggiori problemi familiari, saranno pure più opportunismi nell’animo, ecc. ma non sono nostri nemici e chi li rappresenta – ecco il vero punto qualificante – cioè le organizzazioni sindacali istituzionalizzate e maggiormente rappresentative, pur nella loro logica concertativa, ha la piena consapevolezza dei propri rappresentati e – magari – utilizza tale consapevolezza per fini propri di carrierismo, di mance sottobanco, di potere clientelare e di gestione del sottobosco del capitalismo statalista ecc., ovvero di un insieme di rapporti e di relazioni che fanno parte dell’insieme della struttura che regola la vita sociale del capitalismo. Pensare che i lavoratori da loro rappresentati, o anche quelli non iscritti a nessun sindacato, certe cose non le sanno, non le intuiscano, non le capiscano, è sbagliato. Al tempo stesso pensare che spiegando i maneggi e l’opportunismo dei funzionari delle organizzazioni storiche del movimento operaio stimoliamo alla lotta i lavoratori, sbagliamo, perché per tutt’altre ragioni il restante dei proletari non tesserati col Si Cobas scende in piazza. Non illudiamo, perciò, noi stessi e i nostri scritti.

In questa sede vorrei solo ricordare che la lotta dei minatori inglesi del 1983/4/5, pur coesa nella sua unità totale come categoria, fu sconfitta, perché lasciata sola dalle altre categorie del proletariato. La stessa cosa la possiamo dire dei ferrovieri francesi o degli operai polacchi negli stessi anni ’80 del secolo passato. Chi in quegli anni pensava che la sconfitta era dovuta alle direzioni opportuniste delle lotte si è dovuto ricredere.

In parole povere cerchiamo di utilizzare la giornata del 22 marzo 2021 come occasione per riprendere una riflessione più generale e rafforzare non il nostro settarismo, ma per ampliare l’orizzonte e riuscire a guardare gli altri lavoratori e le altre lavoratrici con lo spirito diverso di come guardiamo le organizzazioni sindacali che li rappresentano, sapendo che abbiamo un cammino comune da percorrere sempre più duro, in una fase molto difficile e complicata, e non possiamo perciò affrontarlo con la supponenza politica e sindacale di chi crede di essere più in avanti e di essere perciò emulato e seguito nel suo cammino. Pagheremmo un prezzo molto caro.

 

Infine un accorato appello

Vorrei rivolgere una calorosa raccomandazione su un terreno spinosissimo come la questione femminile e il femminicidio, che tratterò in altra sede. Proprio perché come comunisti non siamo immuni dal subire le contraddizioni delle relazioni sociali del mondo capitalistico, siamo costretti a doverci fare i conti. Dovremmo dare per certo che le istituzioni democratiche dello Stato, tutte le istituzioni, non agevolano in alcun modo la soluzione dei problemi come quello dei femminicidi proprio perché l’oppressione della donna è tutta interna alle dinamiche relazionali dei meccanismi capitalistici.

Che senso ha, per esempio, darsi « appuntamento mercoledì 23 settembre 2020 alle ore 10 presso il Tribunale di Bologna, in via Farini 1, » se non per chiedere la mano pesante dello Stato nei confronti di chi si è reso responsabile di un ulteriore femminicidio? A chi giova una simile impostazione? Staremmo all’avanguardia o siamo una ulteriore retroguardia del femminismo piccolo borghese che chiede protezione alla polizia e alla magistratura per essere protette come donne?

Comments

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Nicolai Caiazza
Saturday, 27 March 2021 21:57
Nella attuale situazione di stagnazione di qualsiasi opposizione alla politica capitalista, e` fonte di compiacimento e soddisfazione constatare che ci sono forze che si attivano per portare avanti rivendicazioni fondamentali. Non solo ma riescono a controbbattere le attivita` repressive del governo. Oggi si apprende che sono stati liberati Arafat e Carlo e che anche le minacce di ritirare il permesso di soggiorno sono rientrate. Cioe` i lavoratori hanno vinto questa fase della lotta. I sindacati confederali da tempo non promuovono le lotte ma intervengono per controllarle. La diffidenza del SiCobas e` certamente fondata.
Altra questione e` pero`, allorquando i confederati promuovono uno sciopero, bisognerebbe trovare un modo per unificare la lotta alla base, unire i lavoratori. Questo non e` stato fatto. Ma e` una situazione comprensibile tenendo conto le dimensioni dell'una e dell'altra organizzazione sindacale. Il fatto importante e` che ci Sia lotta e si combatta la sottomissione. Poi i fatti indicheranno la migliore via da intraprendere.
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romke
Thursday, 18 March 2021 23:03
vale sempre la regola che dove ci sono lavoratori in agitazione contro il padrone li si deve sostenere, indipendentemente dalle tessere, opinioni ecc che hanno in testa. e vale sempre la regola che le contraddizioni si sviluppano per il loro interno: non possono che essere i lavoratori stessi, sulla base dell'esperienza pratica di difesa dei propri interessi, a disfarsi al momento giusto dei sindacalisti e sindacati venduti. in quel senso l'invito di michele ad aderire allo sciopero è corretto (vedi punto d). ma tutto l'articolo è zoppo perchè si limita alla questione del superamento del settarismo tra e verso i lavoratori. non dice quali sono gli obiettivi della giornata di cui discutere tra scioperanti lasciando così spazio ai confederali che mirano ad una trattativa nazionale, lontana e poi imposta ai lavoratori, così come interessa anche alla direzione di amazon. oggi la possibilità di sviluppo di una efficace lotta difensiva di operai e altri lavoratori ha come presupposto la neutralizzazione del controllo asfissiante dei sindacalisti e sindacati venduti; discutere del modo in cui i lavoratori possono prendere la trattativa nelle loro mani sicuramente rafforza i delegati onesti e facilita l'iniziativa sindacale unitaria -tra lavoratori- . fate attenzione: i lavoratori delle varie cooperative sparse nel paese, quelli della logistica in genere, riders compresi, ma anche operai delle fabbriche, guarderanno con interesse a questo sciopero.
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Michele Castaldo
Thursday, 18 March 2021 15:37
La questione delle questioni
La questione sindacale non è una tra le questioni, ma è la QUESTIONE, ovvero rappresenta il modo di relazionarsi del proletariato nei confronti dell'accumulazione capitalistica, di conseguenza i Comunisti (la C maiuscola non è posta a caso) devono tener conto dello stato reale della "classe" e non pensare che è la classe che deve adeguarsi ai propri ideali.
Purtroppo tutta l'impostazione dell'ideale comunista, nella stragrande maggioranza dei suoi rappresentanti, è viziata dallo spirito del soggettivismo che si dimena nella volontà di convincere il proletariato a muoversi secondo i propri principi.
Ora, in una fase di crescita dell'accumulazione capitalistica il proletariato - in specie in Occidente - si è comportato come una classe che aveva la consapevolezza di poter chiedere al capitale, con la lotta ovviamente, ed ha ottenuto.
In una fase dove entra in crisi il modo di produzione capitalistico, come quella attuale, il proletariato - che ha i piedi per terra - si ritrae e comincia a guardare al capitale, al capitalista e al capitalismo come i girasoli guardano il sole, mentre i comunisti - del vecchio ciclo e della fase precedente - si sbandano, si frantumano, si disgregano e si lanciano in proposte politiche e sindacali usandole come leve per sollevare il mondo senza capire che il nemico del Capitale è il Capitale stesso che morso dalla crisi è obbligato a prendere misure contro il proletariato e lo costringe - in un primo momento a rintanarsi, ma poi - messo alle strette - a reagire. Questo è - in modo particolare in Occidente - il momento in cui il proletariato si rintana disorientato, e bisogna avere la pazienza e non fare voli pindarici sulla sua autonomia, la sua coscienza e la sua indipendenza di classe. Pertanto si cerca di stare con i suoi passi minimi che riesce a fare nella sua maggioranza come classe piuttosto che fughe d'avanguardie - di settori minoritari - come avanguardia. Per i compagni che si rifanno all'azione - eroica - del 1962 a p.za Statuto a Torino, bene, proprio quell'azione è la dimostrazione più netta della tesi che cerco di esporre: un capitalismo in crescita, un capitalista che vuole castigare il giovane proletariato e contrapporlo alla generazione precedente, una parte del sindacato che sposa la linea di una parte di quella generazione e la rivolta - ripeto eroica - dei giovani proletari del sud Italia che pretendono di essere trattati alla pari degli altri lavoratori. In quell'occasione sbagliarono i comunisti come Sergio Garavini nel non comprendere che il 1962 anticipava il 1968/9.
Con la crisi il comunismo sorto durante gli anni della crescita non poteva NON ANDARE IN CRISI ed è cominciata la diaspora.
La ripresa - di una posizione rivoluzionaria - avverrà su basi completamente diverse, i cui connotati ancora non si intravedono. Ecco perché certe posizioni, teorico-politiche-sindacali, che pensano di stare già nel nuovo ciclo di lotte proletarie in realtà guardano il mondo operaio e proletario con gli occhi ideali della fase precedente.
Michele Castaldo
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Paolo Selmi
Thursday, 18 March 2021 08:36
Caro Michele,
complimenti per la tua analisi e per le tue conclusioni, mi trovano d'accordo su tutta la linea. Nel lontano 2017 scrissi di getto queste considerazioni, di fronte a un volantino dei CUB Malpensa che ci era capitato sulle scrivanie (noi lavoriamo a 5 km dall'aeroporto) per avvisarci di non mandare camion a ritirare quel giorno:
https://www.resistenze.org/sito/te/pr/la/prlahc09-018954.htm
(tra parentesi per chi volesse documentarsi su quanto accade da queste parti, i siti vecchio e nuovo sono questi
http://www.archiviocubmalpensa.it/
http://www.cublinatemalpensa.it/)
Da allora le cose sono solo peggiorate. DHL, Amazon, TNT-Fedex hanno preso altri pezzi di Parco del Ticino per costruire capannoni e "creare posti di lavoro" naturalmente sottopagati, precari, esternalizzati, su turni 24/7. I magazzini di Malpensa sono perennemente sotto organico, due settimane fa un cargo è stato svuotato e allibrato in magazzino doganale in TRE giorni, il triplo di quanto impiega per venire da Pechino. Gli incidenti sul lavoro non mancano, anche mortali.
I corrieri li conosco praticamente tutti: c'è chi andrebbe anche oltre la semplice protesta, c'è chi si fa i fatti suoi, c'è chi i picchetti invece li sfonderebbe. Lo stesso posso dire dei mulettisti che conosco. Tra l'altro, siamo tutti parte di uno stesso mondo, ma in realtà ci hanno già ben bene diviso sin dal CCNL: io vivo praticamente in simbiosi coi trasportatori e coi magazzinieri, dipendo totalmente da loro così come loro dipendono da me, FACCIAMO LO STESSO MESTIERE, ogni tanto capita anche di intercambiarci, ovvero io esco a dare una mano a scaricare e loro entrano a stampare un bollettino, ma io ho il CCNL del commercio e loro quello dei Trasporti e Logistica. Cambia tutto. Ma già dal CCNL siamo divisi.
Ecco, in questo mondo frammentato alla base, tutti puntano il dito contro tutti "per pararsi il culo" di fronte a un disservizio piuttosto che fare squadra e dire anche solo, per esempio, "mi mandi un buono di ritiro alle 6 di sera, lo cerco di mettere in nota per domani ma è possibile anche che non riusciamo a farlo e parte su un volo non di domenica ma di mercoledì". Ci hanno ridotto peggio dei polli in batteria, ognuno a compartimenti stagni, ognuno chiamato a muovere merci (e sempre di più) sbattendosene degli effetti di ciò che la sua azione produce, se mette in croce qualcuno oppure no: "morte tua, vita mia" e tutti contro tutti.
Deregolamentazione totale. Domenica a pranzo è entrato nel mio cortile in retro un ducato bianco (fatto più unico che raro già in tempo di pace e in tempo di guerra come questo dove non si vede un cane in giro oggetto di cinema collettivo per tutta la via), è rimasto lì un po', dalle finestre si è cominciati a passare ai portoni, dal ducato accerchiato alla fine è uscito un ragazzo con un pacchetto che si era perso coi civici, visto che qui il comune che ha appiccicato le nuove numerazioni ha lasciato anche le vecchie cementate sui muri... lo ha infilato di corsa in una cassetta ed è scappato via): consegne anche la domenica... deregolamentazione totale!
Per questo, con tutti i limiti che evidenzi, saluto questo sciopero e spero che riesca.
Un caro saluto.
Paolo
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Gian Marco Martignoni
Wednesday, 17 March 2021 21:37
Apprezzo molto il comunista Michele Castaldo e le sue indicazioni sullo sciopero indetto dalle tre confederazioni. Come si dice a Napoli, tutto il resto è chiacchera.
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Paolo iafrate
Wednesday, 17 March 2021 20:59
Senza entrare nel merito si ringrazia castaldo che pone la questione sindacale al centro della attenzione. Tema mai affrontato compiutamente che rimane latente e scomodo. Come fastidiosa e rimandata è un'analisi sul sindacalismo di base dell'ultimo ventennio con le varie sigle spesso in opposizione che non provano nemmeno a immaginare una unione d'intenti. Le battaglie meritorie e incisive, e ce ne sono tante, rimangono sempre sul "pezzo" senza una evoluzione anche politica che caratterizzi la singola lotta come patrimonio di tutti.
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Alessio
Wednesday, 17 March 2021 12:56
Amazon Bessmer, Amazonians United Chicagoland, Bay Area, New York, Amazon Passo Corese e Amazon Castel San Giovanni Piacenza. Sindacalizzazione dall'alto e difficoltà ad andare oltre la "delega", tentativi di autorganizzazione negli Stati Uniti, ed iniziative simile da parte delle lavoratrici italiane di Castel San Giovanni. Episodi tutti importanti, fecondi, anche quando sono minoritari. Sembrano distanti tra loro o contrapposti. Ma non è così. Per esempio vi invito a leggere l'intervista di uno degli attivisti di Amazonians United Chicagoland apparsa su Rampant e tradotta in italiano da noi non abbiamo patria. Il lavoratore e compagno nota i limiti di Bessmer ma manda un segnale ben preciso a quegli stessi lavoratori dell'Alabama. Putroppo da noi registriamo che la tendenza immediata e più diffusa (che è figlia della stessa difficoltà generale) che dietro lo sciopero del 22 marzo in Amazon (che sarà di fatto minoritario rispetto all'inter filiera) "c'è puzza di bruciato!". Con queste premesse non si aiuta ad uscire dalle difficoltà. Pazienza.
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