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sinistra

Impero

di Salvatore Bravo

51lGMeaLFEL. SX346 BO1204203200 In Impero di Toni Negri vi è l’analisi della condizione presente del capitalismo assoluto; la “rete capitale” è un’invisibile gabbia d’acciaio, il suddito vive la sussunzione formale e materiale, in media, senza percepirne l’onnipresenza. La rete del capitale produce ininterrottamente merci, astrae materie prime, ma il potere è creatura prometeica e demiurgica, nello stesso tempo produce, con lo stesso ritmo, merci e coscienze. Il potere è biopotere che predetermina la vita, la gabbia d’acciaio è il trascendentale, il potere censura linguaggi, stabilisce gerarchie, attraverso le sue maglie filtra un modo di essere e di esserci prestabilito, il tempo presente con i suoi stili di vita è così eternizzato. La guerra è il mezzo attraverso cui l’impero risolve le contraddizioni, essa diviene la condizione quotidiana in cui ogni contradizione ed alterità è assimilata al male “reductio ad Hitlerum” è la legge che prepara l’eliminazione/assimilazione in nome delle libertà, dei diritti civili. Si combatte il male in nome del bene, dei diritti umani, pertanto i bombardamenti umanitari sono necessari perché il bene trionfi, la crisi è la normalità dell’impero, una tattica di governo per rafforzare l’impero, per tenere in tensione i sudditi, per farli sentire, senza capire, che abitano nella parte giusta, che sono l’impero del bene in perenne lotta contro il male1 :

C’è qualcosa di inquietante in questa rinnovata attenzione per il concetto per il concetto di justum bellum che la modernità o meglio, la moderna secolarizzazione ha ostinatamente cercato di sradicare dalla tradizione medioevale. Il concetto tradizionale di guerra giusta comporta la banalizzazione della guerra e la sua valorizzazione come strumento etico: due assunti risolutamente respinti dal pensiero politico moderno e dalla comunità degli stati-nazione. Queste tradizionali caratteristiche sono invece riapparse nel nostro mondo postmoderno: da un lato, la guerra viene ridotta ad un intervento di polizia internazionale e, dall’altro, viene sacralizzato il nuovo tipo di potere che può legittimamente esercitare funzioni etiche mediante la guerra. (…) La guerra è divenuta un atto che si giustifica da sé.

In particolare, vi sono due elementi che si intrecciano in questo concetto di guerra giusta: innanzitutto la legittimazione dell’apparato militare in cui è fondato eticamente; quindi, l’efficacia dell’azione militare per ottenere l’ordine e la pace desiderati. La sintesi tra questi due elementi costituisce un fattore chiave della costituzione di una nuova tradizione imperiale. Anche oggi il nemico, così come la guerra stessa, viene banalizzato ( ridotto ad un oggetto di una routine repressiva da parte della polizia) e assolutizzato ( il Nemico costituisce una minaccia assoluta nei confronti dell’ordine etico)”.

 

Impero senza imperialismo

L’impero non ha centro, non ha confini, è globale, avvolgente, in esso il potere non è sostanza posta in un luogo, identificabile con soggetti ben delineati, ma è un agire, una forza che penetra in modo capillare ovunque, abbatte ogni resistenza, per ridurre tutto ad un piano liscio, tutto scorre, le contraddizioni sono abbattute con la guerra giusta, mentre le soggettività si trovane tra le spire delle forze che le plasmano, dando ai soggetti un ruolo attivo e passivo: i sudditi sono gli esecutori, gli instancabili esecutori degli ordini vissuti come naturali, nel contempo sono passivi, non decidono, semplicemente sono l’effetto della causa efficiente la quale è liquida, carsica, sempre più simile all’uno di Plotino agisce per cieca necessità, crea ed essa stessa è parte del circolo della creazione e della distruzione2 :

In breve, il cambiamento di paradigma è definito, almeno inizialmente, dal riconoscimento che il potere che solo un potere costituito, sovradeterminato e relativamente autonomo nei confronti degli stati nazione, è in grado di agire come centro del nuovo ordine mondiale esercitando su di esso una regolazione efficace e, se necessario, la coercizione (…).La capacità di dare vita ad un sistema viene in effetti presupposta dal processo reale della sua costituzione. Soprattutto, sia il processo di costituzione, sia gli attori che in esso agiscono, sono attratti in anticipo verso il vortice centrale definito positivamente. Questa attrazione diviene irresistibile non solo a causa della capacità di esercitare forza da parte del centro, bensì in nome del potere formale, che risiede anch’esso nel centro, di inquadrare e sistematizzare la totalità”.

L’impero è altro rispetto all’imperialismo, in quanto quest’ultimo ha confini determinati, ha un volto, i soggetti del potere sono identificabili.

 

Libertà macchinica

Il potere conquista e si perpetua attraverso le vite che crea, mediante le identità a cui dà un’anima monetaria, mentre elimina dalla storia il positivo, tutto può avvenire, tutto è possibile, anche annientare popoli, etnie, culture in nome dell’umanità, purché non vi siano alternative. Il potere, l’Impero senza imperialismo, è una macchina che si distribuisce nello spazio per conquistare le menti. Le libertà sono nella forma dell’accumulo smisurato, il denaro infinito è l’ipostasi realizzata della macchina finanziaria. Denaro astratto dalla vita che reca nella sua illimitatezza i crimini celati dalla necessità dell’economia, il denaro come le merci devono rimuovere ogni dialettica, ogni processo che spieghi la formazione, la loro presenza, le disuguaglianze. Il dato è così religiosamente assolutizzato, dogmaticamente accettato3 :

Il complesso apparato che seleziona gli investimenti e che dirige le manovre finanziarie e monetarie determina la nuova geografia del mercato mondiale e, di fatto, la nuova strutturazione biopolitica del mondo. La più compiuta immagine di questo mondo ci è offerta da una prospettiva monetaria. Da questa visuale possiamo osservare un orizzonte di valori e una macchina distributiva, un meccanismo di accumulazione, mezzi di circolazione, un potere ed un linguaggio. Non vi è nessuna <<nuda vita>>, nessun punto di vista esterno al mondo impregnato dal denaro; nulla sfugge al denaro. La produzione e la riproduzione sono vestite di abiti monetari. Di fatto, sulla scena globale, tutte le figure biopolitiche indossano costumi monetari: <<Accumulate, accumulate! Questa è la Legge e questo dicono i profeti>>. I grandi poteri finanziari e industriali non producono solo merci, ma anche soggettività”.

 

Soggettività senza consapevolezza

La soggettività che il biopotere forma è silenziosa, le sue parole, i gesti, i comportamenti appartengono al potere che agisce per renderla a sua immagine e somiglianza. Divinità atea usa per realizzare i suoi fini il canale comunicativo e mediatico, le parole dell’impero formano pensieri, orientano la percezione, l’attraversano per guidare lo sguardo, l’immaginario del soggetto è il pensiero dell’impero4 :

In altre parole, l’immaginario che viene guidato e canalizzato all’interno della macchina comunicativa. Ciò che le moderne teorie del potere erano costrette a considerare trascendente, e cioè esterno alle relazioni produttive e sociali, oggi si formano all’interno, nell’immanenza di queste relazioni. La mediazione è stata assorbita nella macchina produttiva. La sintesi politica del sociale è fissata nello spazio della comunicazione. Questa è la ragione per cui le industrie della comunicazione hanno assunto una così grande importanza. Esse non solo organizzano la produzione su una nuova scala e impongono una nuova struttura adeguata allo spazio globale; esse, soprattutto, crea delle soggettività, le mette in relazione e le ordina”.

 

Le moltitudini

Il potere globale, l’afflusso delle informazioni, l’informatica come sistema fondante dell’impero, secondo Antonio Negri sono la condizione per il ribaltamento, il general intellect, la produzione cognitiva circola, l’impero non può controllare la rete, per cui le contraddizioni possono fessurare la globalizzazione e rovesciare il gioco dell’impero. Al posto dell’impero, Antonio Negri, pone le moltitudini che agiscono per singolarizzarsi. Il linguaggio di Negri è qui simile al linguaggio dell’impero. Il capitalismo assoluto fa continuamente appello alle soggettività, ai desideri illimitati, al singolare liberato da vincoli e limiti ontologici. Le moltitudini, come nei soggetti irretiti dal capitalismo assoluto, non hanno universale, non riconoscono una comune natura, particolare ed universale sono scissi. Le moltitudini, l’insieme di soggetti portatori di istanze personali e non, si riconoscono nella gioia della globalizzazione liberata dai territori, dalla nazione, dalle tradizioni, sono esseri astratti che circolano globalmente in nome del meticciato, della contaminazione, anzi la singolarità vive l’esperienza dell’illimitato, il soggetto come una macchina (Deleuze) vive e produce in modo macchinico la libertà dionisiaca del produrre5 :

Nel momento in cui la potenza umana appare come una dinamica cooperante collettiva, la preistoria capitalistica giunge al termine quando la cooperazione sociale non è più un prodotto, ma un presupposto, quando la nuda vita si eleva alla dignità della potenza produttiva e diviene la ricchezza del virtuale. Le potenze scientifiche, affettive, linguistiche della moltitudine trasformano con estrema aggressività le condizioni della produzione sociale. La moltitudine si riappropria delle forze produttive con una metamorfosi radicale, come in una scena demiurgica. E’ una revisione completa della produzione della soggettività cooperante, una contaminazione e un meticciato con le macchine, di cui si era riappropriata, reinventandole completamente, la moltitudine. Si tratta, cioè, di un esodo che non è declinabile in termini esclusivamente spaziali, ma anche meccanici, nel senso ce il soggetto si trasfonde in una macchina (nella quale ritrova la cooperazione che lo ha costituito e moltiplicato)”.

 

Posse

L’attività del soggetto liberato nella globalizzazione è un posse, potere di creare, produrre senza limiti e confini. Il comunismo di Antonio Negri si ammanta dell’illimitato, dell’assenza del limite (katècon), mentre il comunismo marxiano discerne i bisogni autentici dagli inautentici, l’autore più citato nel Capitale è Aristotele, ed inoltre la tesi di laurea di Marx fa di Epicuro un esempio di libertà, perché pone e dà la misura (metron) ai piaceri. La singolarità che compone la moltitudine rischia di essere la versione comunista dell’economicismo finanziario. Libertà per Marx è la consapevolezza del limite, conoscenza di sé per poter scegliere con consapevolezza l’autentico. Le singolarità di Antonio Negri rischiano di ripiegarsi su di sé, in quanto riconoscono quale unica legge la macchinica produzione dei desideri, non condividendo l’universale, delegittimano ogni senso della comunità, solidarietà, il processo di riconoscimento ed autoriconoscimento è nei fatti annichilito: la singolarità viene dal nulla e si disfa nel nulla dei desideri6 :

Da questa prospettiva, intendiamo parlare di posse e non di <<res publica>> poiché l’attività delle singolarità che lo compongono va al di là di qualsiasi oggetto (res) ed è irriducibile ad un inquadramento costituzionale. Al contrario, le singolarità sono dei produttori”.

La produzione macchinica dei desideri occulta il problema ecologico: il pianeta non ha sufficienti risorse per sostenere l’impatto delle moltitudini desideranti.

 

Telos

L’essere umano come macchina desiderante è un telos pericoloso in sé, ma ancor più pericoloso in un momento storico in cui il soggetto umano è esposto pericolosamente ad una mutazione antropologica che lo vorrebbe soggetto razionale, calcolante dall’intelligenza e dal sentire sempre più simile ad un algoritmo: un’intelligenza finanziaria e produttiva. La resistenza antropologica dovrebbe portarci a distinguere la macchina dalla persona, per ridonare all’essere umano la sua concretezza dialettica, il suo radicamento creativo mediato dalla consapevolezza della soggettività che riconosce l’universale. La moltitudine rischia di essere la folla anonima, tanto simile alla folla gaudente della globalizzazione, che si compatta e si disperde secondo desideri e circostanze7 :

Nel passaggio dalla lotta intorno al linguaggio alla costruzione di un nuovo sistema di macchine, il telos acquista dunque una maggiore consistenza. Questo secondo aspetto del telos fa sì che ciò che è stato costruito linguisticamente divenga una durevole progressione corporea del desiderio nella libertà. L’ibridazione tra uomo e macchina non è più un processo che accade esclusivamente ai margini della società: è un episodio fondamentale che è al centro della costituzione della moltitudine e dei suoi poteri”.

L’esodo dal capitalismo assoluto può essere peggiore dello stesso capitalismo, inseguire il modello capitalistico nelle sue forme estreme rischia di essere coerente con la storia delle sinistra degli ultimi decenni incapaci di rompere con il sistema, di riformarlo per proporre linguaggi ed alternative sostanzialmente nichilistiche i cui paradigmi sono di ordine economico e funzionali al consumo illimitato. Le moltitudini senza guida, senza modelli nell’ottica di Negri dovranno costruire autonomamente il nuovo modello. Nella storia umana non vi è mai stata rivoluzione o riforma senza un modello, c’è a chiedersi come sia possibile nell’estrema complessità del mondo globale, per le moltitudini, si badi che il termine moltitudine sostituisce la parola popolo, nel loro prospettivismo soggettivistico costruire un modello alternativo, senza mediazione concettuale, in assenza di pensatori, di una classe dirigente in relazione osmotica con la base8 :

Il solo evento che stiamo aspettando è la costruzione, o meglio, l’insorgenza di una potente organizzazione. La catena genetica è formata e dispiegata nell’ontologia, la sua infrastruttura viene costruita e rinnovata senza pause dalla nuova produttività cooperativa: aspettiamo allora soltanto la maturazione politica del posse. Non abbiamo nessun modello da proporre per questo evento. Sarà solo la moltitudine, con le sue sperimentazioni pratiche, a offrire i modelli e a determinare quando e dove il possibile diventa reale”.

La prassi senza politica è come la talpa (forze della storia) hegeliana senza la civetta (consapevolezza) attività cieca, azione senza razionalità oggettività. Ancora una volta si accetta come dogma il potere liquido, il farsi e riconfigurarsi di disegni politici senza ideologie, senza teoretica in una visione che vorrebbe essere emancipativa, ma risulta demofobica, si fiancheggia la deterritorializzazione a favore della globalizzazione, dell’evanescenza antropologica.


Note
1 Michael Hardt / Antonio Negri, Impero, Bur Milano, 2003 pag. 29
2 Ibidem pag. 31
3 Ibidem pag. 46
4 Ibidem pag. 47
5 Ibidem pp. 340 341
6 Ibidem pag. 377
7 Ibidem pag.374
8 Ibidem pp. 379 380

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