Dialogo sulla pandemia e sul giusto modo di combatterla
di Guglielmo Donniaquio ed Eros Barone
Gli errori volano come uccelli, ma la verità giace in fondo al pozzo.
Democrito di Abdera
Il dialogo che qui viene riportato si è svolto a Genova, durante un bel pomeriggio di settembre, in un giardino pubblico, dove si sono incontrati per uno scambio di idee tre dotti amici non più giovanissimi, che indicherò con i nomi convenzionali di Tizio, Caio e Mevio, i quali hanno espresso sulla questione della pandemia e sul giusto modo di combatterla posizioni divergenti. È poi opportuno aggiungere quanto segue: Tizio possiede una preparazione specifica sul tema oggetto della discussione, essendo un ricercatore in campo biomedico; Caio insegna filosofia, quindi non è un addetto ai lavori ma, come spesso capita ai filosofi, solo un interessato ai lavori; Mevio, dal canto suo, è un medico di base, ad un tempo pragmatico e dialettico.
Tizio: salve, Caio e Mevio, non ci si vedeva da un bel po’ di tempo! Fa sempre piacere incontrare, nel periodo difficile e tormentoso che stiamo vivendo, i vecchi amici. Vedo però che Caio non indossa la mascherina e, conoscendo la sua assennatezza, ne deduco che la mancanza non è dovuta alla distrazione, ma ad una scelta ben precisa.
Caio: ben trovato, Tizio! Sì, è proprio come tu dici. Sono convinto infatti che della mascherina non vi sia alcun bisogno e che, in generale, la gestione della pandemia da parte dei vari governi italiani sia sempre stata discutibile. All’inizio, scusabile con la sorpresa e l’impreparazione, è divenuta progressivamente, con l’accumularsi di crescenti manchevolezze, sempre meno tollerabile, fino al punto terminale dell’adozione del “green pass”, che ribadisce tutti gli errori fatti prima, li santifica e si avvia ad esiti potenzialmente catastrofici.
Mevio: salute a voi, amici miei e non della ventura! Sento, caro Caio, che sei molto drastico nel valutare l’operato e la linea dei vari governi del nostro paese sul terreno della gestione della pandemia. Pensi che esista una strategia alternativa rispetto a quella che è stata seguita e che tu giudichi tanto severamente?
Caio (con foga): in concreto, credo che con la campagna vaccinale recente si siano creati i presupposti per ottenere il peggiore degli scenari possibili. In primo luogo, con l’uso a tappeto di vaccini ‘imperfetti’ (leaky) stiamo creando condizioni propizie all’imporsi di varianti vaccino-resistenti, sempre più aggressive. Per quanto, trattandosi di processi stocastici, nessuno possa dare certezze, la strategia che abbiamo adottato è per i virus qualcosa di analogo a ciò che si raccomanda di non fare con gli antibiotici per non creare antibiotico-resistenze. In quel caso si raccomanda di non somministrarli a chi non ne ha bisogno e soprattutto, nel caso in cui lo si faccia, di concludere il ciclo antibiotico fino ad aver debellato i bacilli, perché lasciarne una parte attivi creerebbe le condizioni per l’emergere di ceppi resistenti.
Tizio (serafico): ma, caro Caio, che dici? Per sviluppare varianti in immunologia è necessario un organismo infettabile e con una bassa capacità immunitaria, cioè il contrario esatto del vaccinato. Scusami, ma la tua affermazione non sta né in cielo né in terra: non per nulla, come altre fallacie che circolano nella rete, è stata prontamente raccolta da Matteo Salvini. La verità è che tutte le varianti si sono sviluppate in paesi che non avevano ancora un elevato livello di vaccinazione e in organismi immunodepressi.
Mevio: a questo proposito, permettetemi di fare un passo indietro, risalendo alle premesse della situazione attuale e rammentando che alla sola ipotesi di introdurre anche in Italia il ‘green pass’ si è risposto soprattutto con gli slogan. L’idea è stata liquidata come uno scherzo dal sullodato Salvini e definita addirittura “raggelante” da Giorgia Meloni. Dalla parte opposta, non manca neanche chi auspica una soluzione del genere come una sorta di giusta punizione per i reprobi che si sono sottratti al dovere etico di vaccinarsi e propone addirittura di far pagare le cure a chi si ammala “per colpa sua”.
Tizio: beh, Mevio, visto che hai fatto opportunamente un riferimento alle premesse della situazione attuale, ricorderai che, quando la campagna vaccinale stava per partire, ci si era chiesti se lo Stato avrebbe potuto costringere i cittadini alla profilassi. Anche allora, infatti, alcuni si opponevano per principio, sventolando il vessillo della libertà, quasi mai però attribuendo ad essa un significato univoco e intellegibile.
Caio: per me la libertà ha un significato univoco e intellegibile: consiste nel rifiutare un vincolo esterno e coercitivo alla mia autodeterminazione, la quale si esprime nella mia ponderata scelta individuale di accettare o di rifiutare un determinato trattamento sanitario. Aggiungo poi, nello specifico, che con i vaccini attuali (che in effetti non sono neppure propriamente vaccini ma farmaci preventivi) stiamo sistematicamente lasciando passare una parte del virus, come quando non si conclude il ciclo antibiotico. Naturalmente siamo nel campo delle probabilità e non delle certezze: non è certo che si creeranno varianti vaccino-resistenti, tuttavia stiamo facendo il possibile per arrivarci.
Tizio: perdonami, Caio, se mi permetto di ravvisare già nella forma logica del tuo ragionamento un’evidente fallacia: infatti, se riconosci che “a posse ad esse non valet consequentia”, come fai ad essere certo che stiamo facendo il possibile per arrivare a creare varianti vaccino-resistenti? Del resto, questa è una tesi che non sostengono più neppure i ‘novax’ più incalliti: il soggetto del discorso che stiamo portando avanti è un farmaco ed è un vaccino, proprio perché sviluppa immunità, mentre i farmaci non vaccinali non sviluppano una reazione dell’organismo, anzi la inibiscono. Ecco perché, essendo zoppa la premessa, è tutto il ragionamento che dopo non sta in piedi.
Mevio (con pathos e cavando dalla tasca un foglietto con degli appunti): caro Tizio e caro Caio, mi preme sottolineare al vostro cospetto, poiché è parte integrante della mia professionalità, che nella nostra Costituzione la salute non è tutelata solo come diritto fondamentale del singolo, ma altresì come interesse della collettività [legge l’articolo 32]. Questo consente quindi l’imposizione di un trattamento sanitario, se diretto «non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri», come ha stabilito la Corte costituzionale nel 2018. È lecito dunque subordinare alla vaccinazione l’esercizio di professioni che impongono il contatto con molte persone, a maggior ragione quando si tratta di persone fragili. Basti pensare ai medici, agli insegnanti, alle forze dell'ordine.
Alla medesima condizione potrebbe essere sottoposta la partecipazione a eventi o situazioni in cui il contagio rischia di diffondersi con rapidità, come concerti, stadi, discoteche e persino ristoranti o mezzi di trasporto pubblico. Né vi sono particolari difficoltà a estendere simili limitazioni alla frequentazione di scuole o luoghi di culto, qualora si dimostrasse che appunto si tratta di contesti ove il virus circola in modo più veloce. Certo, tutto ciò ad alcune condizioni: 1) che la scienza garantisca, entro i confini in cui può farlo, la sicurezza dei vaccini e la loro indispensabilità per superare la pandemia; 2) che sia promossa una campagna di capillare informazione circa i molti benefici e i lievi rischi che i vaccini comportano; 3) che sia consentito a chiunque intenda vaccinarsi di farlo.
Caio (risentito, alzando il tono della voce): scusatemi, cari e vecchi amici, ma come fate ad accettare, quasi fosse un dovere civico e morale, che per ottenere l’adeguata pressione psicologica si sia orchestrata una campagna di demonizzazione dall’alto di tutti i dubitanti, trattandoli come una sorta di subumani immorali o di cretini confusi, legittimando le più odiose forme di stigmatizzazione e discriminazione?!? Non è difficile pronosticare che questo avvelenamento della vita pubblica avrà conseguenze sociali gravi per molto tempo a venire.
Tizio: su questo si può in parte convenire, sottolineando innanzitutto il ruolo nefasto svolto da larga parte del sistema dei ‘mass media’ e dei ‘social’, ridotti ormai a servili articolazioni di una “dittatura dell’ignoranza” che ha ben poco da invidiare al regime borbonico di Franceschiello, che reclutava la camorra nelle forze dell’ordine, o all’impero di Caligola, che nominò senatore il suo cavallo prediletto.
Mevio: anch’io, caro Caio, credo che su quanto hai deplorato si possa e, anzi, si debba convenire. Soggiungo poi, a bassa voce, che fra i ‘meriti’ del ‘green pass’ va senz’altro annoverato quello di aver posto in risalto la mentalità superstiziosa e medievale che alligna in vasti settori del paese, quantunque ammantata, quando più quando meno, da richiami esoterici a medicine non convenzionali e a pseudo-teorie prive della benché minima base scientifica. Ma il ‘merito’ principale è quello di aver messo a nudo un problema che è veramente cruciale nelle società occidentali. Il rifiuto del vaccino, delle mascherine e del distanziamento sociale, insieme con il rifiuto espresso, nel momento più critico, alla chiusura di esercizi pubblici quali i bar, i ristoranti, le palestre, i cinema, i teatri e le discoteche, così come ai vari divieti che è stato necessario introdurre per tutelare la salute di tutti, costituiscono un’opposizione alle limitazioni in quanto tali e presuppongono: a) una concezione della libertà come libertà assoluta (in altri termini come assenza di limiti); b) una concezione dell’individuo come monade autosufficiente che trova un unico limite: quello determinato dalla propria volontà e capacità di agire. Pertanto, se i presupposti sono questi, ne deriva che niente può limitare la libertà assoluta: questo sarebbe infatti inaccettabile, poiché in tal caso l’individuo si troverebbe a dover fare i conti con le scelte prese da altri (o anche solo assieme ad altri).
Tizio: e invero decenni di ideologia libertaria (vedi il reaganismo, il berlusconismo e il grillismo) hanno determinato, particolarmente in una democrazia fragile come la nostra, una pressoché totale incapacità di comprendere ed elaborare la realtà, talché l’unica risposta, data questa incapacità, è stata, ed è, la negazione stessa della realtà e la correlativa produzione di interpretazioni fantasiose di dati scientifici e di teorie più o meno immaginarie: insomma, si fa di tutto pur di non riconoscere una realtà che obbliga a limitare la libertà di ciascuno per il bene di tutti.
Caio (rinfrancato dal consenso, sia pure parziale e condizionato, di Tizio e di Mevio, riprende il filo della sua argomentazione): la democrazia è stata ormai archiviata, per questo è importante l’opposizione al ‘green pass’. Tornando però al discorso sulla gestione della pandemia, a mio avviso occorre dire che, puntando tutto sui soli vaccini, e lasciando sguarnito il settore delle terapie precoci, abbiamo creato le condizioni ideali per una nuova situazione emergenziale, che diventerebbe inevitabile e drammatica nel momento in cui emergesse una variante capace di sfuggire del tutto ai vaccini disponibili. In un tale contesto, che molti esperti ritengono plausibile, ci ritroveremmo in una situazione fotocopia del marzo 2020, con chiusure forzate e collasso del sistema produttivo.
Tizio: su questo esprimo un netto dissenso, caro Caio. La terapia precoce non esiste in quanto, essendo il Covid-19 una malattia ancora poco conosciuta, non sappiamo in quale momento temporale situare il “precoce”. Inoltre, essendo una malattia che colpisce più organi, non abbiamo una sintomatologia che può indirizzarci in una diagnosi precoce. Da ciò consegue che la sintomatologia può essere molto variegata, a seconda che il SARS-CoV-2 colpisca l’epitelio respiratorio o l’endotelio. In più non conosciamo precisamente le tappe della malattia; sappiamo che si dovrebbero somministrare antinfiammatorio, antivirale cortisonico e antiaggregante, ma ad oggi non siamo in grado di dire quando somministrarli con efficacia. Ragione per cui tutto il ragionamento che tu pensi di sviluppare è privo di senso.
Caio (spiccando le parole): a mio avviso, forse il punto più grave di tutti è che abbiamo giocato alla roulette russa con le generazioni più giovani (e con i nascituri) il cui futuro saremmo tenuti a proteggere, e che invece, nonostante fossero scarsamente esposte alle conseguenze più gravi del virus, abbiamo forzato ad una vaccinazione in cui esiti a medio e lungo termine sono ignoti.
Tizio (replicando con energia): perdonami, Caio, se ti dico che in questo tuo discorso, che nasce da un’esigenza astrattamente morale ma è privo di un contenuto verificabile, mancano i significati dei termini. Noi sappiamo perfettamente i possibili esiti a medio termine della somministrazione del vaccino, ma non conosciamo quelli a lungo termine perché si tratta di un vaccino nuovo. Del resto, non conosciamo neppure gli esiti dell’infezione virale a lungo termine. Sappiamo però che dopo poche ore il vaccino svanisce e dopo la prima immunizzazione la proteina ‘spike’ viene eliminata dal nostro sistema immunitario. Da ciò consegue che la famosa reazione a lungo termine della famigerata proteina ‘spike’ non esiste nei vaccinati, nel mentre a medio termine gli effetti del vaccino sono praticamente nulli.
Caio (‘ab irato’): ma come fate a negare i danni ìnsiti in questa situazione? Si profila infatti come altamente probabile una situazione in cui, di fronte agli scricchiolii di questa strategia demenziale, invece di cambiarla, si rincarerà semplicemente la dose, in una corsa a rimpiattino tra varianti e nuove somministrazioni vaccinali (laddove con somministrazioni reiterate le incognite precedenti si moltiplicano esponenzialmente). L’intera operazione si presenta perciò come un azzardo con in gioco la salute pubblica, la convivenza civile e il funzionamento dello stato. Un capolavoro.
Tizio (in modo pacato): quello che tu paventi e a cui cerchi di conferire la veste di un ragionamento deduttivo non ha basi nella realtà: i risultati della vaccinazione si stanno vedendo sulla riduzione dei vaccinati in terapia intensiva. Basti pensare che in quella di San Martino [il principale ospedale di Genova] non ci sono ingressi di persone vaccinate; non a caso quella che sta dilagando è l’ epidemia dei soggetti ‘novax’.
Caio (di nuovo all’attacco): ci tengo a ribadire che era possibile una strategia diversa, che però è stata scartata: si poteva utilizzare il vaccino in maniera circoscritta, raccomandandolo e incentivandolo per le fasce che per età e/o malattie pregresse risultano più soggette ad ospedalizzazione (e morte). Parliamo di circa un terzo della popolazione totale, tra over 60 e affetti da patologie croniche inferiori ai 60. Sulla base dei dati in nostro possesso relativi alle precedenti ondate potevamo aspettarci che in questo modo si sarebbe coperto il 98,5% dei soggetti che in precedenza avevano contribuito alle ospedalizzazioni.
Mevio (basandosi sulla propria competenza di medico di base, interrompe Caio): la tua, caro amico, è una valutazione che non tiene conto del fatto che oggi i ricoverati sono di una fascia inferiore ai 60 anni e purtroppo anche i morti. Comunque vaccinare solo una parte della popolazione apre la strada alle varianti, poiché più il virus circola tra i non vaccinati e più si hanno possibilità di varianti, per non parlare della ghettizzazione dei vecchi che a questo punto potevano essere benissimo lasciati al loro destino di “esseri improduttivi” e l’epidemia si sarebbe risolta da sé, come diceva il buon Giovanni Toti [presidente filo-leghista della giunta regionale ligure]. La prova di quanto sto dicendo è costituita dal fatto che la variante Delta che ci sta flagellando non nasce dai vaccinati del nostro paese, ma nasce in India da una popolazione scarsamente vaccinata.
Caio (un po’ seccato): Perdinci, lasciami finire il ragionamento! Al tempo stesso, sia per coprire il rimanente 1,5%, sia per ridurre l’impatto di quella percentuale di vaccinati che – come ora sappiamo – il virus colpisce egualmente, si dovevano incrementare gli interventi di terapia precoce, le cui conoscenze sono maturate nel primo anno di pandemia, e che avrebbero limitato drasticamente ospedalizzazioni e decessi.
Tizio (con un tono sardonico): il tuo ragionamento non solo zoppica ma crolla, in quanto contiene due imbarazzanti inesattezze: la prima che i vaccinati vengano colpiti come i non vaccinati, laddove abbiamo oggi i dati che ci indicano una riduzione di contagio del 75% nei vaccinati rispetto ai non vaccinati, riduzione del 95% dei ricoveri e del 97% in terapia intensiva. La seconda ripropone la terapia precoce, che ad oggi non esiste. Perciò la deduzione finale, che tu pensi di ricavare da premesse inesistenti, non regge.
Caio (riprende il discorso, affrontando il problema specifico della gestione della pandemia): dalla comparsa del virus si è cercato innanzitutto di intervenire come si poteva, con i farmaci e i protocolli a disposizione. Ovviamente in prima battuta i risultati non potevano che essere scadenti. Però quella dell’intervento terapeutico è di gran lunga l’area in cui giocoforza nel mondo si è fatta più ‘sperimentazione sul campo’, certamente molto più di quanto sia avvenuto per la ricerca sui vaccini, che è un tipo di indagine accessibile solo a pochi grandi gruppi di ricerca – pubblica o privata. Ora, prima di ogni altra cosa vi chiedo: quanto vi sembra plausibile che in poco più di un anno si siano trovati più di 20 vaccini (ad oggi approvati),ma non si sia trovata nessuna terapia utile?
Tizio: la risposta a questa domanda retorica è molto semplice: la proteina ‘spike’ la conosciamo e la studiamo dal 2002, a partire dalla famosa epidemia SARS, e sappiamo da allora che è una struttura glicoproteica presente come protuberanza all'esterno delpericapside, il doppio strato lipidico che costituisce l'involucro di alcunivirus.Tali protuberanze si legano ad alcuni recettori della cellula ospite e sono essenziali sia per la specificità dell'ospite sia per l'infettività virale.Il riconoscimento di tali strutture da parte del Sistema Immunitarioè in grado di indurre una risposta Immune Neutralizzante. Ciò nondimeno, della malattia, dei suoi tempi e della tempistica terapeutica non sappiamo ancora nulla.
Caio: Bene, proseguiamo. Volendo concedere un briciolo di buona fede a tutti quelli che si sbracciano a dire che non ci sono terapie, si può immaginare che questa gente semplicemente non sappia cos’è una terapia. Terapia non significa quasi mai “cura risolutiva”, “pillola magica”, martello definitivo ammazza malattie. In verità la stragrande maggioranza delle terapie, specificamente nel caso di affezioni virali, serve a contenere i sintomi, ad evitare processi degenerativi, lasciando poi all’organismo il compito di liberarsi del virus. Bisogna sempre ricordare che qualunque guarigione avviene esclusivamentese l’organismo ripristina il proprio equilibrio: i medicinali servono ad aiutare questo processo, mai a sostituirlo. Sennonché, in concreto molti medici, anche in Italia,hanno adottato con successo farmaci ‘riconvertiti’ – cioè approvati precedentemente per altri usi, di cui si è constatata l’efficacia. Specificamente è stato osservato sin dalle primissime fasi della pandemia che nel caso del Covid latempestività dell’intervento giocava un ruolo fondamentale.Una volta che il malato entrava in fase critica, con sviluppo di una polmonite interstiziale, le possibilità di finire in terapia intensiva e di morire crescevano verticalmente. Ma molto si poteva e si può fare per evitare che si giunga a questo stadio. In questo senso credo che a bocce ferme sarà necessario istituire una vero e proprio processo alle responsabilità di chi in un anno e mezzo non ha approntato nessun sistema decente di intervento domiciliare nelle fasi iniziali della malattia, mantenendo un protocollo assurdo di “tachipirina e vigile attesa”, che ha concorso senza dubbio all’enorme numero di decessi in Italia (tra i numeri più alti al mondo in rapporto alla popolazione; superata in Occidente da una manciata di paesi: Slovacchia, Repubblica Ceca, Bulgaria e Ungheria).
Mevio (interviene schierandosi esplicitamente sulle posizioni di Tizio): scusami tanto, Caio, ma qui ti contraddici da solo! Tachipirina e vigile attesa servono proprio a garantire ciò che tu hai or ora affermato. La tachipirina riduce la febbre da virus salvando energia biologica da attivare per altri scopi, come ripristinare l’equilibrio dell’organismo in attesa dell’intervento delle funzioni immunitarie. Quando parlo di energia biologica, parlo di ATP [adenosina trifosfato] che è alla base del nostro metabolismo. Quanto alle responsabilità dei medici per l’enorme numero di decessi durante le fasi della pandemia, mi limito a ricordarti quanti medici sono morti con i pazienti nel tentativo di salvarli….
Caio (quasi infuriato): la verità è che, pur di spacciare vaccini, sono stati deliberatamente ignorati farmaci come ivermectina,budesonide, Exo-Cd24, anticorpi monoclonali, ma anche semplicemente alcuni antiinfiammatori non steroidei, ecc., chehanno già dietro estese prove sul campo ed una letteratura scientifica.
Tizio (rivolgendosi a Caio e a Mevio con un tono insieme didattico e sarcastico): qui siamo arrivati al colmo della disinformazione! Ivermectina: viene utilizzato contro infestazioni da pidocchi del capo,scabbia (infestazione da acari),oncocercosi (infestazioni da verme), strongiloidosi (parassitosi da verme) efilariosi linfatica (parassitosi da verme); è un antimalarico, tutto tranne che un antivirale. Budesonide: è un cortisonico già presente nella terapia anti-Covid. Exo-Cd24: questa terapia è davvero stupenda. Si tratta di un farmaco sperimentale di recentissima invenzione, che addirittura riproduce gli Esosomi (uno dei grandi misteri della biologia, vescicole di membrana plasmatica che al loro interno possono portare parti di dna, rna, atp, che molto probabilmente sono messaggeri iperspecifici di comunicazione cellulare). Questo farmaco che, secondo Caio, si potrebbe utilizzare contro il virus, è stato inventato in Israele, ma non abbiamo nessun dato sugli effetti immediati, medi e a lungo termine. C’è da piegarsi in due dalle risate. Riguardo agli anticorpi monoclonali non trovo un modo adeguato di esprimermi… Posso solo dire che quelli sintetici e non da siero iperimmune sono realizzabili solo in ospedale con costi iperbolici (il farmaco ha un costo mostruoso e in più è indispensabile l’ospedalizzazione, anche se in ‘day hospital’). Questi farmaci saranno il futuro per certi aspetti della medicina, ma a costi, per l’appunto iperbolici. Il siero iperimmune purtroppo funzionerebbe, anche se solo in ospedale, e noi dobbiamo evitare l’eccesso di ospedalizzazione. In più immunizza temporaneamente su una variante di virus ridotta, quindi non ci protegge sulla quantità dei virus e neppure nel tempo. Inoltre, non è da escludere l’altissimo rischio di ‘shock’ anafilattico.
Mevio (si rivolge a Tizio e a Caio, sospendendo la discussione e invitando a godersi il venticello rinfrescante che spira tra gli alberi del giardino pubblico e tempera la calura insolita di questo ultimo scorcio dell’estate): cari amici disserenti e divergenti, forse è il caso, per ora, di por fine a questa disputa. Due ragioni vi sono per farlo: la prima è che, come ebbe a dire delle eresie un padre della Chiesa, non vi è bisogno di bere tutta l’acqua del mare per accertarsi che essa è salata; la seconda è che questo bel pomeriggio settembrino va goduto tra buoni amici, senza guastarci troppo il sangue.
Tizio: sono d’accordo, caro Mevio.
Caio: sono d’accordo anch’io, ma non disarmo e ho già in serbo alcuni articoli da inviare a “Sinistra in Rete”…
Quanto ai paragoni zoologici, mi tengo volentieri il cavallo. L'animale-guida di quelli come lei, esperti nel mentire, falsificare e fare la voce grossa come extrema ratio, l'ha già individuato Orwell più di settant'anni fa, ne "La fattoria degli animali".