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ist onoratodamen

La guerra imperialista permanente infuria in ogni angolo del mondo e si configura ormai come una vera e propria guerra mondiale

di Giorgio Paolucci

La narrazione corrente tende a rappresentare tutte le guerre in corso come ognuna a sé stante e ognuna figlia di specifici contenziosi (religiosi, territoriali, etnici ecc. ecc.) in realtà, poiché la posta in palio è il sistema dei pagamenti internazionali, ognuna di esse si configura in tutto e per tutto come uno dei tanti capitoli della più generale, e ormai mondiale, guerra imperialista permanente

guerra986La guerra che verrà non è la prima.
Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
C’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente, Faceva la fame.
Fra i vincitori Faceva la fame la povera gente,
egualmente.
Bertolt Brecht

Ovunque c’è anche una sola traccia di petrolio, di gas o di qualche altra materia prima strategica infuria la guerra.

Anche il conflitto fra Israele e Hamas - il cui ultimo round si è appena concluso - seppure sullo sfondo di un’annosa e irrisolta questione territoriale, si è ulteriormente acuito da quando sono stati scoperti importanti giacimenti di gas nei fondali di Gaza Marine.[1] Si sarebbe, dunque, tentati di concludere che non c’è nulla di nuovo in questa ultima ondata di conflitti che, estendendosi dall’Ucraina, all’Iraq; dalla Striscia di Gaza alla Libia e, di fatto, all’intera Africa, non risparmia ormai nessun continente e vede coinvolte tutte le maggiori potenze imperialistiche. Ma non è così o, quanto meno, lo è solo in parte, nel senso che alle cause di sempre se ne sono aggiunte almeno altre due specifiche di questa fase della crisi strutturale in cui da qualche decennio si dimena il modo di produzione capitalistico: il fallimento delle politiche monetarie attuate dalle maggiori banche centrali, in funzione anticiclica e l’ormai conclamata tendenza alla depressione permanente.[2]

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ilpungolorosso

Gerusalemme: una Pasqua di provocazioni sioniste e di sangue – nel silenzio generale

di Il Pungolo Rosso

al aqsa israeli forces aim baton 15apr2022 afp edit 768x512 1Nelle scorse settimane Gerusalemme, e la moschea di al-Aqsa in particolare, sono state il luogo di una catena di provocazioni anti-palestinesi e anti-islamiche da parte delle autorità dello stato di Israele e delle organizzazioni dei coloni. [E ancora ieri, venerdì 29 aprile, nuovi scontri sulla spianata delle moschee con 42 feriti tra i palestinesi, secondo la Mezzaluna rossa.]

Sono prove di forza che schiacceranno per sempre le masse palestinesi e le indurranno alla resa? Assolutamente no. Come scriviamo nelle conclusioni: è da settantaquattro anni, dalla Nakba (1948), che i Palestinesi resistono. Invitti. Questa è la prova storica che la politica colonialista e razzista di Israele, fondata sulle espropriazioni senza fine, sulle discriminazioni da apartheid (che colpiscono anche una parte della stessa popolazione ebraica immigrata dal Corno d’Africa), su una repressione sistematica e spietata dotata delle tecnologie di avanguardia, non è in grado di piegare la resistenza palestinese che, come l’araba fenice, rinasce periodicamente dalle proprie ceneri. (Red.)

 

Una settimana di raid

Quella che è andata in scena presso la moschea di al-Aqsa nei giorni scorsi è stata la ripetizione di un medesimo tragico copione, che non è certo una novità nel quadro della persecuzione palestinese in Israele e nei Territori Occupati, ma ne rappresenta uno dei picchi più drammatici degli ultimi tempi.

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pressenza

Il giorno dopo: sbirciando nella sfera di cristallo

di Angelo Baracca

scivola guerra mondialePoiché il mio ragionamento sarà piuttosto articolato antepongo una breve sintesi degli argomenti.

1. Nulla sarà come prima: eventi recenti come la pandemia e la guerra in Ucraina hanno cambiato il mondo, mentre la crisi climatica ambientale aggravata da decenni dalle attività umane lo modifica in modi imprevedibili. 2. Sullo stato della crisi climatica tutti si affidano ai rapporti dell’Ipcc, senza considerare che è un organismo intergovernativo, cioè finanziato dai governi: il mio parere è che lo stato del clima abbia già superato delle soglie irreversibili. 3. La guerra in Ucraina ha innescato cambiamenti geopolitici radicali: si profila nel mondo una gravissima crisi alimentare; la transizione green comporta un ingente aumento della necessità di minerali strategici, per il possesso dei quali è prevedibile un aumento dei conflitti; gli Usa cercano in tutti modi il conflitto con la Russia, la guerra rischia di generalizzarsi, mentre l‘Europa subirà le conseguenze più gravi, e la NATO cerca di espandersi verso l’Asia-Pacifico in funzione anti Russia e Cina; sullo sfondo vi è una lotta senza esclusione di colpi per l’egemonia del dollaro; la recente votazione all’Onu per la condanna della Russia ha evidenziato – al di là dei numeri – una dissociazione di sostanza dei paesi del Sud dalle persistenti politiche degli Usa e dei paesi ex-coloniali, configurando un riposizionamento geopolitico che sembra desinato a radicalizzarsi. Si apre un mondo nuovo, nel quale dominano le incognite.

* * * *

Nulla sarà come prima

La storia della società umana è cambiata sia attraverso trasformazioni graduali, sia con eventi repentini che ne hanno mutato il corso in modo radicale e definitivo. La frequenza, rapidità e profondità dei cambiamenti sono andate aumentando man mano che la società è divenuta più complessa e interconnessa.

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lantidiplomatico

La conflittualità valutaria e l’enigma del gas valutato in rubli

di Francesco Schettino

720x410c50mnuidcfvL'attualità più stringente ci induce a pensare che la questione valutaria sia di nuovo al centro dell'attenzione. Non è un caso che essa venga adoperata come arma all’interno di un conflitto esplicito e che sembri essere la reazione più forte e più evidente che il governo russo ha messo in piedi per contrastare le sanzioni che nel frattempo continuano a mutare forma e divenire sempre più coercitive nei confronti della Russia e del popolo russo. Se ne è parlato tanto però sembra opportuno specificare alcuni elementi innanzitutto semplificando all'osso la questione. È pertanto importante tornare un po’ indietro e cercare di delineare dal punto di vista concettuale che cosa è una valuta internazionale e perché appunto il governo russo abbia pensato di attuare una mossa del genere per agire da contrappeso alle sanzioni internazionali.

Innanzitutto, è importante districarci da quel nodo teorico perlopiù inventato dal mainstream - in altri termini la scuola liberale, conosciuta in dottrina come neoclassica o marginalista - per cui la moneta non possa influenzare le variabili reali come disoccupazione e reddito (il famoso “velo”). A livello capitalistico la moneta è una merce a tutti gli effetti disponendo di tutte le caratteristiche degli altri beni prodotti capitalisticamente e cioè di un valore d’uso, un valore di scambio. Solo le banche centrali hanno l’autorità per emetterle e dunque si può dire che esista un monopolio nella sua produzione.

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laboratorio

La guerra e il declino del re dollaro

di Domenico Moro

Guerra valutaria II 1L’effetto boomerang delle sanzioni sul ruolo egemonico del dollaro

La guerra è sempre più “senza limiti”, contemplando un’ampia gamma di misure e mezzi non letali ma comunque devastanti per gli stati e le popolazioni che ne sono oggetto. Tra i diversi tipi di guerra non letale c’è la guerra economica e finanziaria, che si declina anche come guerra valutaria, utilizzando le valute e gli scambi tra queste come strumento per piegare il nemico.

Gli Usa da tempo utilizzano il dollaro, che è la moneta di riserva e di scambio internazionale, come strumento di guerra e di pressione sui propri avversari. Quest’uso è particolarmente evidente nel conflitto tra l’Ucraina, sostenuta dagli Usa, e la Russia. Gli Usa hanno fatto in modo di espellere la Russia dal circuito Swift, che è un servizio di messaggeria necessario agli scambi internazionali di merci. In più, hanno bloccato le riserve in dollari detenute dalla Banca centrale russa e sottoposto la Russia a uno spettro di sanzioni che si allarga sempre di più e che coinvolge banche, singoli capitalisti, imprese, spazi aerei, viaggi. Tutto questo mira a colpire il rublo, svalutandolo e alimentando l’inflazione e portando la Russia al default del debito. Recentemente l’agenzia di rating Standard & Poor ha declassato il debito estero russo a causa di un “default selettivo”, perché Mosca ha pagato in rubli un bond denominato in dollari. Soprattutto, la Russia è minacciata dal blocco delle importazioni delle sue materie prime energetiche, da parte dell’Ue, che ne è il principale acquirente mondiale.

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lavoroesalute

Desaparecidos

Alba Vastano intervista Enrico Calamai

Intervista al Console Enrico Calamai “ lo Schindler di Buenos Aires”. A cura di Alba Vastano per il mensile Lavoro e Salute

immagine 3ilfDue anni di stillicidio di informazione terroristica. Il virus dell’infodemia corre pressante almeno da un biennio sul filo delle nostre vite. Molto prepotente da inizio pandemia, fino ad oggi con la guerra in corso in Ucraina. I fili della paura che avviluppa la nostra esistenza li gestiscono strumentalmente i soliti pochi noti, i signori del potere e della guerra.

La vittima è la verità sulle dinamiche storiche, economiche e geopolitiche che l’hanno provocata, ma la verità non è la sola vittima. A pagare lo scotto peggiore della guerra sono migliaia di persone costrette a fuggire dalla normalità della loro vita. Ad abbandonare tutto il loro mondo, a nascondersi nei bunker, a patire la fame. Spesso anche a morire sul ciglio di una strada, mentre fuggono dalle loro case distrutte dai bombardamenti.

Loro sono lì e noi qui a vedere dai monitor questo esodo forzato e la strage degli innocenti come fosse un film, come un dramma avulso dalla nostra realtà. Possiamo provare rabbia, pena, odio verso un leader o l’altro, ma noi siamo gli estranei della guerra, finché noi non diventiamo loro, accogliendo realmente le loro sofferenze e ribellandoci a tanta crudeltà, rifiutando la guerra e la sua possibile escalation voluta dalle potenze imperialiste. La guerra è stupida e crudele. Vuol dire che ci sono uomini stupidi e crudeli che detengono enormi poteri e soggiogano i loro popoli, rendendoli inermi. Le guerre più cruente hanno sempre avuto origine da forme di governo a matrice fascista, con un dittatore al comando. La storia ne è piena.

Basterebbe ricordare quanto accadde nella metà degli anni ‘70 in America latina. In Uruguay, Cile e Argentina si avvicendarono forme di dittature violentissime e molte furono le vittime. In Argentina, nel periodo dei generali, sparirono molte persone e di loro non se ne seppe più nulla. Solo alcune riuscirono a salvarsi e a fuggire, grazie anche all’intervento del console italiano in Argentina, Enrico Calamai.

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tempofertile

Politica estera basata sui valori o sull’autodeterminazione

Note sulla svolta di Biden

di Alessandro Visalli

risoluzione onuUn anno fa la nuova amministrazione democratica americana ha convocato un ambizioso evento, invitando ben 110 nazioni del mondo[1], dal nome “Summit for democracy[2]. Lo slogan era “la democrazia non accade per caso. Dobbiamo difenderla, lottare per essa, rafforzarla, rinnovarla”. A questo evento, cui ne seguiranno altri e che rappresenta il nucleo di una nuova dottrina internazionale più interventista, come scrivono in modo esemplare ‘adatta al movimento’ in corso, l’amministrazione ha invitato paesi asiatici come il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan, ma anche l’India e le Filippine, e non Singapore. In cambio era invitato il cosiddetto “Presidente ad interim” del Venezuela Juan Guaidó, ma anche i leader, o attivisti eminenti, dell’opposizione di Hong Kong, Birmania, Egitto, Bielorussia. Un notevole e sovradimensionato spazio è stato affidato, infine, ai paesi europei nordici che si affacciano sulla Russia: la Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia, Danimarca.

La crisi Ucraina ha prodotto qualche smagliatura su questo schema “noi/loro”. In questi giorni, ad esempio, il governo di Singapore si è mosso verso la coalizione occidentale[3], se pure con qualche dichiarazione rispettosa verso la Cina, mentre l’India si sta chiaramente avvicinando alla Russia[4] e persino alla Cina. D’altra parte, storici alleati Usa come la Thailandia e le Filippine da tempo si stanno avvicinando alla Cina, e, recentemente le Isole Salomone (fronteggianti l’Australia) hanno dichiarato di voler stipulare un accordo di cooperazione militare con il gigante asiatico (ricavandone le minacce del vicino anglosassone). Inoltre, il Pakistan, che fino ad anni recenti era stato alleato degli Stati Uniti, si sta muovendo con decisione verso la Russia e partnership più pronunciate con la Cina (ma è stato fermato, al momento da una severa crisi di governo con probabili nuove elezioni).

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marxismoggi

Per Washington, la guerra non finisce mai

di Diana Johnstone*

TASS 48177581 1Continua ancora e ancora. La “guerra per farla finita con tutte le guerre” del 1914-1918 portò alla guerra del 1939-1945, detta Seconda Guerra Mondiale. Questa non è ancora finita, principalmente perché per Washington, è stata una Guerra Buona, è la guerra che ha reso possibile il Secolo Americano : perchè no, ora ad un Millennio Americano ?

Il conflitto in Ucraina può essere la scintilla di quello che già adesso si comincia a chiamare la Terza Guerra Mondiale.

Non si tratta di una guerra nuova. È la stessa guerra che abbiamo già visto, un’estensione della Seconda Guerra Mondiale, che non fu la stessa per tutti coloro che ne presero parte.

La guerra russa e la guerra americana furono molto, molto differenti.

 

La Seconda Guerra Mondiale della Russia

Per i russi, la guerra fu un’esperienza di gigantesche sofferenze, lutti e distruzioni. L’invasione nazista dell’Unione Sovietica fu spietata in modo estremo, spinta da un’ideologia razzista di spregio per gli slavi e di odio nei confronti dei “bolscevichi ebrei”. Si stimano in 27 milioni le vittime russe di quel conflitto, due terzi delle quali civili. Nonostante soverchianti perdite e patimenti, l’Armata Rossa riuscì a rovesciare la direzione di marcia della marea nazista che aveva ormai soggiogato gran parte dell’Europa.

La gigantesca lotta per spingere gli invasori tedeschi fuori dalle loro terre è conosciuta dai russi come la Grande Guerra Patriottica ed ha alimentato un orgoglio nazionale che ha aiutato il popolo a consolarsi delle terribili vicende che era stato costretto ad attraversare. Nonostante l’orgoglio per la vittoria, gli orrori della guerra ispirarono al paese un sincero desiderio di pace.

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militant

La guerra nella guerra

di Militant

RESSISTENZA 2048x1152Il precipitare della situazione ucraina dopo l’invasione da parte della Russia dello scorso 24 febbraio ha scompaginato gli equilibri internazionali determinando una ridefinizione dei campi a livello internazionale e, di riflesso, anche alle nostre latitudini. Senza entrare nel merito di una questione complessa, che andrebbe trattata in termini generali nelle sedi opportune e che potremmo sintetizzare come la certificazione dell’irreversibile emersione di un mondo multipolare in sostituzione di quello a guida del “poliziotto americano”, appare sempre più difficile eludere una serie di questioni che, almeno tra chi non si è accorto il mese scorso che alle porte d’Europa si stava per determinare una situazione esplosiva provocata dalla strutturale crisi in cui l’imperialismo è precipitato, dovrebbero essere sciolte.

Diciamo un’ovvietà – guardando al mondo dei compagni – se ricordiamo che questo conflitto ha radici profonde e non è di certo imputabile a quella che la narrazione personalistica delle più grandi testate giornalistiche (per altro con interessi diretti nel riarmo dell’Europa come notavamo sui social in questi giorni) imputano alla follia di un pazzo – ovviamente Putin – o ai deliri imperial-sciovinisti di una ex-potenza mondiale declassata a potenza regionale come la Russia. Quella che oggi è guerra dispiegata nel cuore d’Europa è infatti stata per otto anni un massacro a bassa intensità per le popolazioni russofone del Donbass e della zona orientale dell’Ucraina. Un massacro che ha prodotto all’incirca 14.000 morti frutto di un martellamento incessante da parte di quella che oggi viene ribattezzata in blocco come la “resistenza” ucraina.

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lacausadellecose

Ancora su Guerra e Internazionalismo proletario

di Michele Castaldo

imgSenza girare troppo intorno alle questioni: è possibile affermare che se è vero che nell’establishment delle potenze occidentali regna la confusione, non molto diversamente stanno le cose nella sinistra in generale e nell’estremismo di sinistra in particolare. Anzi dobbiamo prendere atto che si estende il pantano dell’equilibrismo, nel senso di essere equidistanti sulla natura dello scontro in atto che si riflette in Ucraina. Un equilibrismo che maschera un opportunismo di fondo e cerco di spiegare perché esaminando la posizione di un gruppo politico, quello della TIR, sigla che sta per Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria, che pubblica sul proprio sito una lunga presa di posizione sulla guerra in Ucraina. Non per quel che conta numericamente questo gruppo (o tanti altri simili), ma per focalizzare al meglio i problemi che abbiamo di fronte e attrezzarci a una impostazione corretta su aspetti teorici e politici in una fase calda come quella attuale. Altrimenti detto: alcune sbavature, indipendentemente dalle intenzioni di chi le esprime, finiscono per accodarsi a pessime compagnie. Si tratta di un lavoro meticoloso, dunque esaminiamo il loro scritto riportando correttamente le posizioni per evitare fraintendimenti.

Innanzitutto c’è una prima questione di metodo: per qualsiasi azione o atto vanno esaminate sempre le cause che li hanno determinati. Se non si opera in questo modo si rischia di rimanere prigionieri, empiricamente, degli effetti dell’ultimo episodio accaduto e preso in esame. Posta perciò correttamente la questione dal punto di vista metodologico si può capire correttamente l’ordine dei problemi che andiamo a trattare.

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mateblog

Gli Stati Uniti sono disposti a distruggere il mondo, pur di non perdere il primato. L'Europa rifletta sulle ragioni della pace e anche sui propri interessi

di Stefano G. Azzarà

Screenshot12Idealismo imperiale

7 3 2022

La mobilitazione ideologica totale alla quale siamo sollecitati da ogni lato da parte della democrazia liberale, attraverso la strategia dell indignazione e il ricatto che fa leva sui sentimenti morali, agisce su chi mantiene una posizione critica come una provocazione continua e una continua offesa alla verità.

È il totalitarismo dei valori e degli ideali, che sanno essere tremendi quando diventano strumento di una parte e alimentano la guerra, chiamando oggi ciascuno a contribuire attivamente per come può alla guerra stessa.

In tal modo, chi più è idealista, chi più parla in nome del bene assoluto e astratto, chi pensa di poter rimuovere la realtà e la storia, più in effetti desidera la catastrofe e la promuove.

È facile in questa condizione, quando ogni fibra del nostro corpo si oppone alla manipolazione, reagire auspicando un rapido Armageddon, o cercare una soluzione nel culto della forza.

Bisogna però riflettere, non cedere a questa tentazione nichilista, rimanere razionali e umani.

 

Dall'antifascismo classico all'"antifascistismo" imperiale americano

7 3 2022

Come già con la guerra alla Jugoslavia e poi alla Libia e alla Siria, la cosa più dolorosa è vedere come l'antifascismo, monopolizzato dal Dipartimento di Stato americano e dai suoi apparati egemonici, venga facilmente deturpato e deformato in ideologia della guerra che aizza le masse.

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ilpungolorosso

L’Europa va alla guerra: dalla “green economy” al business della morte

di Tendenza internazionalista rivoluzionaria

militarismL’aggressione russa all’Ucraina, qualunque sia il suo esito sul campo, ha dato l’impulso a un terremoto riarmista in Europa, con epicentro in Germania, che sconvolgerà l’assetto del continente e mondiale molto più di quanto possa fare l’avanzata dei carri armati russi su Kiev.

La Germania del socialdemocratico Scholz, mentre si toglie la foglia di fico del divieto di esportare armi in teatri di guerra (è già il quarto esportatore mondiale di armi), abbandona anche la linea adottata per 50 anni del Wandel durch Handel, il cambiamento mediante il commercio, per riprendere la strada militarista già tragicamente perseguita nel suo passato. Infatti, oltre ad inviare grandi quantità di armi al governo dell’Ucraina, e ad adottare le pesanti sanzioni finanziarie contro la Russia, il governo di Bonn ha annunciato che la Germania aumenterà la propria presenza militare all’Est: truppe in Lituania, ricognizioni aeree in Romania, costituzione di unità NATO in Slovacchia, rafforzamento del pattugliamento navale nel Baltico, Mare del Nord, Mediterraneo, difesa dello spazio aereo dei membri orientali della NATO con missili antiaerei. Infine, tra gli scroscianti applausi tanto dei deputati della maggioranza quanto dei deputati democristiani al Bundestag, Scholz ha annunciato che il governo si dota di un fondo speciale di 100 miliardi per il riarmo, portando la spesa militare oltre il 2% del PIL. Ciò significa un balzo enorme, di almeno il 50% in più, degli investimenti in armamenti. Serviranno tra l’altro per “costruire la nuova generazione di aerei da combattimento e carri armati qui in Europa insieme ai partner europei, e in particolare la Francia”, oltre agli eurodroni e a un nuovo aereo con capacità nucleare che succederà al Tornado.

Riarmo europeo a guida tedesca? Dalla “green economy” al business della morte. In Borsa le azioni di Fincantieri e Leonardo, i campioni del complesso militare industriale italiano, sono immediatamente balzate in alto del 20% e del 15%; e l’italiana Oto Melara del gruppo Leonardo si è prontamente candidata a partecipare alla costruzione del carro armato europeo insieme a tedeschi e francesi.

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sbilanciamoci

L’economia russa post-sovietica

di Vincenzo Comito

I tentativi di Gobaciov, i contraccolpi sull’economia russa della fine dell’Urss, la nascita degli oligarchi, l’arrivo di Putin e le due fasi della sua politica economica. Per capire le interdipendenze e i possibili esiti della sanzioni

russia 4620664 1280Con le note che seguono cerchiamo di fotografare solo molto schematicamente alcuni aspetti dei grandi mutamenti dell’economia russa nel periodo che va dagli ultimi anni dell’Unione Sovietica sino ai nostri giorni, sottolineando come la realtà dei fatti sia certamente più complessa di quanto si possa rappresentare in scarne note.

 

Antefatto

Nel 1988 è capitato a chi scrive, per le bizzarrie del caso, di partecipare, insieme ad una cinquantina di economisti dell’Est e dell’Ovest (c’era nel gruppo anche un ben noto studioso italiano), ad un progetto “segreto” di riforma dell’economia sovietica. Il progetto era sponsorizzato da Gorbaciov e dal suo primo ministro Ivanov da una parte, dalla fondazione “Open society” di George Soros dall’altra. Le riunioni del gruppo si sono svolte a suo tempo tra Mosca e Londra. 

Durante lo svolgimento dei lavori, fummo colpiti dal fatto che il sistema economico di allora era in grado di offrire alla popolazione i prodotti ed i servizi di base – certo con differenziazioni tra città e campagna e tra le varie aree del paese – e, sul piano del lavoro, la sostanziale piena occupazione, ma poco di più. I privilegi delle classi dirigenti, che pure esistevano, erano ridotti se pensiamo alla situazione delle società occidentali di allora e di oggi e l’indice di Gini, che misura i livelli di diseguaglianza economica nei vari paesi, era allora tra i più bassi del pianeta. Incidentalmente, a parere di chi scrive, alcune delle conquiste del periodo andrebbero perlomeno ristudiate. 

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nicomaccentelli

La guerra imperialista è la realtà del capitalismo

di Nico Maccentelli

02d8012e1db1554c5c16460f67368f3a XLUna realtà sempre possibile, che la deterrenza nucleare del secondo dopoguerra aveva mitigato verso crisi geopolitiche locali, guerre per procura e conflitti limitati. Ma che oggi nasce da due tendenze contrapposte insite nel modo di produzione capitalistico e delle sue formazioni economico-sociali, nei suoi capitalismi (come La Grassa definisce il sistema mondo): la tendenza a imporre un sistema mondo unipolare da parte degli USA e del suo blocco di potenze imperialiste alleate e vassalle… e la crescita di un multipolarismo che è già nei fatti, d parte di neopotenze capitaliste come la Cina, la Russia, l’India e altri attori minori ma con uno sviluppo economico e sociale molto veloce.

Questa contraddizione nasce poi dalle crisi economiche che ciclicamente investono l’intero modo di produzione capitalistico con sovrapproduzione di capitali, quindi la valorizzazione del capitale stesso nella caduta tendenziale del saggio di profitto. Un andamento che ormai ha una sua ciclicità strutturale e che si manifesta con l’ipertrofia finanziaria e l’esplosione di bolle speculative sempre più devastanti.

E’ in questo quadro che si innesca il conflitto ucraino, determinato essenzialmente dall’espansionismo della NATO a est (disattendendo gli accordi fatti nel dopo URSS: non un pollice di allargamento), che pone sotto minaccia nucleare diretta la Russia, potenza ricostituita con un forte dispositivo tecnologico militare.

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ist onoratodamen

Sull’invasione russa (e americana?) dell’Ucraina

di Istituto Onorato Damen

ap22063587790912 ucraina kievL’imperialismo contemporaneo è la più criminale forma di racket che ci sia mai stata nella storia del capitalismo e questa guerra lo conferma. Per fermare la guerra occorre un nuovo partito comunista e internazionalista.

Nel nostro tempo ogni guerra, anche se camuffata da guerra di religione o di liberazione nazionale, da guerra “umanitaria” per la difesa dei diritti umani e per il rispetto del diritto internazionale, e così via, è sempre un momento di quella guerra imperialista permanente che da decenni imperversa per il mondo intero, seminando morte, fame e distruzione.

Lo è stata quella appena conclusa in Afghanistan, lo sono quelle in corso in Medio Oriente, quelle in Africa e in Asia, e lo è anche quest’ultima appena iniziata con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Putin dice che è stato costretto a farlo per difendere la popolazione russofona del Donbass dal “genocidio” perpetrato dall’esercito di Kiev.

In realtà, come George Bush fece al tempo dell’invasione americana dell’Afghanistan, anche Putin potrebbe dire ai suoi sodali: «Non commettiamo errori. Questo è per il petrolio. È sempre per il petrolio»[1]. E – aggiungiamo noi – per il gas e per la moneta con cui questi si scambiano.

«Oggi – scriveva già nel 2014 Marco D’Eramo – la Russia di Putin e “l’Occidente” [ossia, gli Usa – n.d.r.] condividono un’identica visione basata sulla ricerca di profitto e di potere: in tutto tranne su un punto, e cioè a chi debbano andare profitto e potere.»[2]

 

Condivisione e Conflitto

È pertanto uno scenario di condivisione e conflitto, da cui discende un tale groviglio di interessi che non è sempre facile distinguere dove finisce la condivisione e dove inizia il conflitto.