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Il gasodotto "South stream" non s'ha da fare! Yes mister

Tito Pulsinelli

Per gli Stati Uniti è più importante il petrolio che il coinvolgimento nella sua fallimentare invasione dell'Afganistan: i soldati italiani inviati ed immolati con la foglia di fico della NATO, sono strategicamente inferiori all'autonomia dell'ENI. Per loro, è inaccettabile che il governo di Roma si muova verso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, e che l'ENI collabori con Gazprom. "Il gasodotto South streem non s'ha da fare" dice Washington.

Ok, è comprensibile, difendono i loro specifici interessi nazionali (in fase calante). A loro non conviene una linea che ci collegherebbe direttamente con i giacimenti russi. Ed hanno già lanciato l'anatema anche riguardo le forniture dalla Libia e dall'Iran. Per fortuna l'ENI ha firmato un accordo con il Venezuela, dove investe 19 miliardi di dollari, ed ha già esplorato un gigantesco giacimento che si appresta a trivellare.

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Le guerre di aggressione terroristiche e il fallimento del pacifismo istituzionale

Danilo Zolo

In un mondo sconvolto da guerre di aggressione sempre più cruente e devastanti, e nel quale la vendetta del terrorismo internazionale fa strage quotidiana di vittime innocenti, occuparsi della pena di morte rischia di apparire un ozioso passatempo filosofico. La vita umana è ferocemente violata sia dalle armi di distruzione di massa, sia dalla logica sanguinaria del "terrorismo globale", in particolare nelle sue forme suicide, efficacissime e sempre più diffuse (1). L'uccisione di persone innocenti sembra accettata e normalizzata: si pensi al cinismo degli "effetti collaterali" inaugurato nel 1999 dalla NATO nella guerra di aggressione contro la Repubblica Federale Jugoslava. Il disprezzo della vita è nei fatti e lo è, ancor più, nella indiscutibile legittimità che le grandi potenze occidentali accordano allo spargimento del sangue di persone che ritengono nemiche. Mai come oggi il potere delle grandi potenze è stato legibus solutus.

Oggi l'industria della morte è più che mai fiorente mentre il pacifismo sembra sempre più l'illusione di poche anime candide. Persino l'attuale pontefice romano se ne scorda, mentre non dimentica di riverire i potenti del mondo, abbiano o meno le mani insanguinate.

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Violenza, democrazia, diritto internazionale

Danilo Zolo

1. Quale democrazia?

Prima di iniziare questo mio breve intervento sul rapporto fra uso della forza, regimi democratici e diritto internazionale desidero precisare che vorrei fare riferimento a una nozione di democrazia un po' rigorosa, che non si riduca ad una formula retorica o addirittura, come accade spesso nella comunicazione politica occidentale, platealmente propagandistica. Proporrei di lasciare da parte i modelli 'classici' di democrazia - quello partecipativo e quello rappresentativo -, perché troppo esigenti e ormai non realizzabili entro società differenziate e complesse. Potremmo attestarci, in via stipulativa, su una nozione post-classica di democrazia (schumpeteriana, pluralista, minimale), secondo cui un governo democratico è contraddistinto da un grado accettabile di responsiveness e di accountability. Un regime è democratico se le autorità politiche 'rispondono' alle aspettative dei cittadini rispettandone e promuovendone i diritti fondamentali, e se sono 'responsabili': se cioè devono rendere conto delle loro decisioni di fronte ad un elettorato capace di valutazioni sufficientemente autonome e competenti.

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In guerra con la Cina? I pericoli di una conflagrazione globale

L'ASCESA E IL DECLINO DEI POTERI ECONOMICI: IL CONFLITTO CINA-USA SI INASPRISCE

James Petras

Introduzione

I conflitti sempre più intensi tra Stati Uniti e Cina condurranno inevitabilmente ad una conflagrazione globale? Se cerchiamo una risposta nel passato recente, questa sembra essere un clamoroso sì. Le guerre più rovinose del XX secolo sono state il risultato di bracci di ferro tra potenze imperieliste affermate e nascenti. Le esperienze e politiche delle prime fungono da linea guida per le seconde.

Lo sfruttamento coloniale dell'India da parte dell'Inghilterra, dei suoi affari, dei suoi tesori, delle materie prime e del lavoro sono servite da modello per la guerra tedesca e per il suo tentativo di conquista della Russia [1]. L'ostilità tra Churchill e Hitler aveva tanto a che fare con le loro comuni mire imperialistiche quanto ne aveva con le loro contrastanti idee politiche. Inoltre, il saccheggio coloniale perpetrato da Europa e Stati Uniti nel sudest asiatico e nelle città della costa cinese sono state uno spunto per l'iniziativa del Giappone volta allo sfruttamento di Manciuria, Corea e Cina continentale.

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Il terrorista, un terrorizzato

intervista di Francesca Borri a Danilo Zolo

La giustificazione ufficiale è la tutela dei diritti umani e la diffusione della democrazia: ma dall'Iraq a Gaza, non sono che guerre di aggressione, in nome di un progetto imperialistico di egemonia globale. Danilo Zolo sostiene che è necessaria un'indagine sulle radici e sulle ragioni del terrorismo islamico "perché l'Occidente può combattere l'integralismo altrui solo cominciando dal proprio"

Si dice terrorismo, e si dice Undici Settembre. E invece il discrimine, lei sostiene, non è il 2001, ma il 1989.

DZ. La mia tesi è che il discrimine è stato segnato dalla fine dell'impero sovietico, dallo scioglimento del Patto di Varsavia, dal rapido declino del bipolarismo nei rapporti internazionali e dall'emergere degli Stati Uniti d'America come la sola potenza politico-militare in grado di affermare la propria egemonia a livello globale. I documenti pubblicati dalla Casa Bianca e dal Pentagono nei primi anni novanta sono una prova lampante della consapevolezza che gli Stati Uniti hanno della propria assoluta supremazia. Essi sanno di essere la sola potenza in grado di dar vita a un new world order e di garantire, in collaborazione con l'Europa e il Giappone, una global security. La guerra di aggressione scatenata dal presidente George Bush senior contro l'Iraq nel 1991 è stata l'inizio sanguinario del "Nuovo ordine mondiale". Ed è stata, nello stesso tempo, la causa del costante incremento del terrorismo suicida, come ha provato Robert Pape nella sua accuratissima analisi Dying to Win. L'attacco terroristico dell'Undici Settembre è stato, da ogni punto di vista, una replica terroristica al terrorismo di una guerra che aveva fatto strage di centinaia di migliaia di persone innocenti con l'uso di armi di distruzione di massa quasi nucleari, come le cluster bombs, le daisy-cutter e i famigerati fuel-air explosives.

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G8, G20, G...ira gira è sempre quella zuppa

di Felice Capretta

Ben lontano da Toronto, si è concluso il G8.

A circa 200 km dalla città canadese, in tutta sicurezza, si è infatti compiuto l'ennesimo incontro del tutto inutile fra gli "8 grandi (aggiungere qui la parola che si preferisce)" del pianeta.

Visto che erano in 8, si poteva fare un bel torneo di scopa d'assi, con coppa di ottone al vincitore finale e bicchieri di rosso per tutti. E spuma per gli astemi.

Che magari costava meno, tipo qualche migliaio di euro.

Invece hanno speso un miliardo di dollari solo di organizzazione e sicurezza.

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L’”inverosimile” attacco prossimo venturo

di Giulietto Chiesa

Israele è pronta ad attaccare l’Iran. Una crisi annunciata della quale Washington, contrariamente a quanto vorrebbe far credere, non è affatto all’oscuro. Anche la Russia e la Cina, a sorpresa, sembrano dare il via libera all’attacco in fede a inediti e non meglio precisati “scambi di favori”. Accettando un rischio di proporzioni non ancora prevedibili.

C’è da chiedersi: perché lo fanno?

Se siamo a 5 minuti, a 5 giorni, a 5 mesi, non possiamo saperlo. Ma che siamo a 5 anni possiamo escluderlo. Da dove? Dal momento in cui Israele attaccherà militarmente l’Iran e darà avvio a una crisi militare di così vaste proporzioni da modificare per una lunga fase i già precari equilibri mondiali restanti.

Questa crisi – annunciatissima ma che quasi nessuno vuole vedere – si aggiungerà, aggravandole drammaticamente, a tutte le altre crisi già in atto. Israele vi si accinge, incoraggiata da potenti circoli internazionali che sono interessati a un grande incendio: l’unico nel quale potranno essere bruciati tutti i libri contabili degli organizzatori della fine di un’epoca intera della storia umana.

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L'escalation

Perchè Israele è diventata un pericolo per l''umanità (e per se stessa)

di Sergio Cararo

La tempesta è in arrivo e della quiete non c'è alcuna avvisaglia. E’ questa l’impressione che molti osservatori stanno ricavando dalla situazione in Medio Oriente alla luce dell'azione di vero e proprio terrorismo di stato compita dalle forze speciali e dalla marina militare israeliana contro la flottiglia pacifista diretta a Gaza. Il pesante bilancio di morti e feriti tra gli attivisti internazionali provenienti da diversi paesi - ed in particolare dalla Turchia - privano le autorità di Tel Aviv di qualsiasi giustificazione, anche tra tra i governi che pure hanno brillato per la loro complicità con i crimini di guerra accumulati da Israele in questi decenni.

Molti sono i fattori che indicavano come le contraddizioni che si erano andate accumulando in uno dei principali teatri di crisi mondiali, abbiano tutte le potenzialità per creare “un incidente della storia” capace di inviare a tutto campo la sua onda lunga destabilizzante. La irrisolta questione palestinese appare oggi solo parzialmente responsabile ma fortemente ipotecata da questo scenario regionale.

Volendo schematizzare i problemi incancrenitisi nell’area possiamo indicare i seguenti:

1) Le difficoltà dell’amministrazione USA di Obama nell’esercitare ancora la propria egemonia sui processi politici nella regione. L’oltranzismo di Israele ha infatti depotenziato ogni ambizione della nuova amministrazione della Casa Bianca mentre l’effetto del discorso di Obama a Il Cairo si è già dissolto senza produrre alcun recupero di credibilità ideologica da parte degli USA nel mondo arabo e islamico;

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Da Israele una minaccia di portata storica

Giulietto Chiesa

Il sangue dei pacifisti di Freedom Flotilla ci invia un messaggio tragico, che dobbiamo capire in tutta la sua portata storica.
Questo aggettivo non deve essere considerato retorico.
Il 31 maggio 2010 Israele ha dimostrato al mondo di essere divenuto il pericolo principale per la pace e la sicurezza del mondo.

Guidato da un gruppo più che di criminali, di completi irresponsabili, questo paese dimostra di essere pronto a qualunque eccesso, a qualunque follia, in nome di un fondamentalismo religioso, aggressivo, in spregio a ogni norma e alla stessa idea del diritto.

Adesso possiamo (anzi dobbiamo) immaginare cosa cova nei centri del potere di un tale stato e a cosa sono pronti: a trascinare nel disastro il mondo intero in nome della presunzione che la loro verità religiosa (quella della "terra promessa") debba essere imposta a tutti, costi quel che costi.

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Europa, crisi o fine?

Etienne Balibar

In poche settimane, abbiamo assistito alla rivelazione da parte del primo ministro Papandreu del debito «reale» della Grecia, manipolato dal suo predecessore con l'aiuto di Goldmann Sachs; all'annuncio della possibilità che il suo Paese non ce la faccia a pagare i nuovi interessi sul debito, brutalmente moltiplicati; all'imposizione alla Grecia di un piano di austerità selvaggio, come contropartita del prestito europeo. Poi l'«abbassamento del voto» della Spagna e del Portogallo, la minaccia dell'implosione dell'euro, la creazione di un fondo di aiuto europeo di 750 miliardi (su richiesta, in particolare, degli Stati uniti). Infine, la decisione della Bce, in contraddizione con il suo statuto, di acquisire delle obbligazioni statali, e l'adozione di politiche di rigore in una decina di paesi. Ce n'est qu'un début, non è che l'inizio, poiché questi nuovi episodi di una crisi apertasi due anni fa con il crollo dei crediti immobiliari statunitensi ne prefigurano altri. Dimostrano che il rischio di crac persiste o addirittura aumenta, alimbce, piigsentato da una massa enorme di titoli «spazzatura», accumulata nel corso del decennio precedente grazie ai consumi a credito, alla trasformazione dei titoli dubbiosi e dei credit default swaps in prodotti finanziari, oggetto di speculazione a breve. Il tormentone dei crediti dubbiosi continua, e gli stati sono in affanno. La speculazione investe ormai le monete e il debito pubblico. L'euro rappresenta oggi l'anello debole di questa catena, e trascina l'Europa. Le conseguenze saranno devastanti.

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Gli Stati Uniti colpiscono al cuore l'energia mondiale del futuro

di Finian Cunnigham

La perforazione prevista per questo mese del giacimento gassifero di South Pars in Iran da parte della Compagnia Nazionale del Petrolio della Cina (CNPC) potrebbe essere un preannuncio o una spiegazione di piú ampi sviluppi geopolitici.

Prima di tutto, il progetto di 5 miliardi di dollari – firmato lo scorso anno dopo anni di pressione da parte dei giganti occidentali dell’energia Total e Shell secondo le ratifiche tracciate dagli Stati Uniti – svela la principale rete futura mondiale per il rifornimento e la domanda dell’energia.

I critici hanno a lungo sospettato che la vera ragione degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali coinvolti militarmente in Iraq ed in Afghanistan sia quella di controllare il corridoio centro asiatico dell’energia. Fino ad oggi, sembra che la chiave sia stato principalmete il petrolio. Per esempio, ci sono state rivendicazioni secondo le quali un progetto di una conduttura di petrolio, che andrebbe dal Mar Caspio via Afghanistan e Pakistan fino al Mar dell’Arabia, sarebbe la principale leva dietro la quale si nasconde la apparentemente futile campagna militare degli Stati Uniti in questi Paesi.

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Attenzione che qui cambia geopolitica!*

di Giorgio Gattei

Interrompo l’indagine sul «fenomeno cinese» per segnalare un decisivo mutamento di strategia geopolitica da parte degli Stati Uniti. Ho già raccontato (vedi gli Avvisi nn. 37-39) come la geopolitica occidentale, elaborata soprattutto da Mackinder e Spykman, si basi sulla supposizione (fondata o meno non importa, essendo sufficiente che ne siano convinte le diplomazie) che c’è nel mondo un’area geografica particolare (il “cuore della terra” o Heartland) il cui controllo consente il dominio del mondo. Questo luogo strategico è posizionato nelle steppe euro-asiatiche e quindi interessa la Russia e la Cina interna. Tuttavia, per esercitare il dominio sul mondo, occorre che l’Heartland arrivi ad affacciarsi sui mari caldi e quindi trabocchi sulle zone rivierasche che lo circondano (le “terre di contorno” o Rimlands) rappresentate nell’ordine dall’Europa, dal Medio Oriente, dalle penisole indiana e indocinese e dalla Cina costiera.

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infoaut

Obama, un anno dopo l'insediamento

di Raffaele Sciortino

Alla fine del suo discorso sullo stato dell’Unione Obama, in un passaggio non privo di sincerità, ha dovuto riconoscere che a un anno dal suo insediamento presidenziale le sorti del paese ruotano sì ancora intorno al change ma che la sua realizzazione è divenuta problematica: “So che molti americani non sono più così sicuri del fatto che possiamo cambiare - o comunque che io posso farcela”. Dal discorso in effetti non emerge nessun cambiamento significativo realizzato. Non sul sistema sanitario e sulle emissioni di gas serra - la “minaccia” di misure punitive nei confronti del mercato si è dileguata, tira il fiato Forbes - non sulla finanza, non in politica estera e su Guantanamo, per stare ai temi principali in agenda: “the devastation remains”. Soprattutto la battaglia sulla sanità - ancora in corso ma oramai senza possibilità di un esito effettivamente avanzato, anche per le posizioni ultramoderate dello stesso partito democratico - ha inferto un serissimo colpo al programma obamiano, sia nello specifico sia per i risvolti politici complessivi.

Ora Obama cerca di rilanciare la sua agenda (anche se della green economy è rimasta la ripresa del nucleare e delle trivellazioni lungo le coste!). Ma lo smalto del presidente si è logorato: l’unico risultato effettivo che può rivendicare è quello di aver evitato il precipitare della crisi economica ma a costo di aver dovuto salvare “le stesse banche che hanno contribuito a causare questa crisi” riprendendo pari pari il programma di salvataggio dell’amministrazione Bush! Ciò non ha comunque impedito l’esplodere della disoccupazione e, se pure la crisi economica non dovesse esitare in un double dip (doppia recessione), non impedirà che quanto ci aspetta è semmai “una ripresa per le statistiche, e una recessione per le persone”, come ha riconosciuto il consigliere economico Larry Summers (La Stampa, 31 gennaio).

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Il risiko e il rischio

di Joseph Halevi

L'America che Obama ha ereditato da Bush può arrogarsi il diritto di decidere sui diritti umani nel mondo? No, l'attuale situazione in Iraq ed Afghanistan segnate a vita dalle storie di Abu Ghraib e Bagram e dalle innumerevoli vittime civili della guerra, la questione vergognosa e irrisolta di Guantanamo, alla fine l'approvazione del golpe in Honduras e la persistente accettazione della cancellazione da parte di Israele dei diritti civili, politici e nazionali dei palestinesi, testimoniano del fatto che nei confronti dei diritti umani nel mondo gli Usa non sono un paese kasher. Inoltre come metodo di pressione politica - come accade ora per il Tibet con la decisione di Obama di ricevere il Dalai Lama tre giorni dopo l'invio di 6,6 miliardi di dollari di armi a Taiwan - questa linea non può funzionare nei confronti della Cina. Come invece funzionava alla grande nei confronti dell'Urss la cui dipendenza alimentare dagli Usa era diventata endemica dopo le grandi crisi granarie del 1961-63. Il punto è che il capitalismo Usa necessita della Cina.

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La 'falsa' pandemia

di Fiona Macrae

Le case farmaceutiche hanno approfittato della paura per l'influenza suina, afferma il presidente della sanità europeo

L'epidemia di influenza suina era una "falsa pandemia" spinta dalle compagnie del farmaco che hanno fatto in modo di guadagnare miliardi di sterline approfittando di un allarme su scala mondiale, ha affermato uno dei maggiori esperti di salute.

Wolfgang Wodarg, presidente della commissione Sanità del Consiglio d'Europa, ha accusato i produttori di farmaci e vaccini antinfluenzali di aver manipolato le decisioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità affinché si proclamasse lo stato di pandemia.