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comidad

L’auto-colonialismo deflazionista dell'Italietta

di comidad

Un po’ di sano realismo dovrebbe metterci in guardia quando ci viene attribuita troppa importanza, dato che, come è noto, del nostro parere non gliene frega niente a nessuno. Tutta questa attenzione dei media e dei sondaggisti circa l’opinione degli Italiani sull’invio di armi all’Ucraina, quindi sa molto di espediente per veicolare altri messaggi. Come ci è stato spiegato dal segretario della NATO Stoltenberg, la guerra sarà “lunga”. Lunga quanto? Probabilmente finché gli farà comodo farci credere che una guerra in corso ci sia. Se qualcuno obietta all’invio di armi, dicendo che così si allunga la guerra, a Stoltenberg gli va bene, perché è proprio alla guerra lunga che dobbiamo credere fideisticamente. Mentre risulta irrealistica la prospettiva di una prosecuzione della mitica “resistenza ucraina” (ammesso che ancora ci sia), si fa invece sempre più concreta l’eventualità di uno scontro nucleare con la Russia, dato che la UE e la NATO procedono in base ad un automatismo irresponsabile.

Poco attendibili appaiono anche i bollettini di guerra che ci vengono propinati a proposito delle perdite sul campo, a livelli da prima guerra mondiale. In realtà nella prima guerra mondiale si trattava di soldati di leva, a cui gli alti comandi non davano alcuna considerazione, dato che erano facilmente sostituibili. Altra cosa è quando bisogna mandare all’attacco soldati professionali, il cui addestramento rappresenta un costo pesante e perciò non sono agevolmente rimpiazzabili. Non è neppure facile indurre i soldati ad attaccare quando le condizioni siano sfavorevoli, e infatti durante la prima guerra mondiale si ricorreva massicciamente alla fucilazione non solo dei disertori ma anche degli “sbandati”, che spesso erano solo quelli che erano rimasti vivi dopo un attacco fallito. L’anno scorso in parlamento si è pensato anche di riabilitare le vittime di tante fucilazioni sommarie, perché, quando si tratta di crimini di più di cento anni fa, si può anche essere equanimi.

Il politicamente corretto non è poi così severo, consente persino di fare gli “antimilitaristi”, magari di sognare un mondo senza guerre, nel quale i soldi per le armi vengano utilizzati per distribuire miliardi di dosi di vaccino ai poveri del mondo, che, si sa, non aspettano altro. Non ci si è accorti infatti che anche la pandemia, le campagne vaccinali e i passaporti sanitari rientravano nella militarizzazione della società e dell’economia, usando allo scopo uno pseudonimo della guerra, cioè l’emergenza. Proclamando l’emergenza bellica, il governo Draghi ha ricondotto il concetto di emergenza alla sua matrice originaria.

La guerra in Ucraina “sarà lunga” perché così si crea l’emergenza infinita che farà digerire il razionamento energetico dando la colpa a Putin. Il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli, ha dichiarato che il razionamento del gas è l’unico modo per “distruggere la domanda” di gas ed abbassare i prezzi. Tabarelli ha chiaramente candidato l’Italia a svolgere il ruolo di colonia deflazionistica in Europa, deindustrializzando il nostro Paese in modo da diminuire drasticamente la domanda ed il prezzo del gas e di tutte le altre materie prime. Ma vale la pena di distruggere il sistema industriale pur di bloccare l’inflazione? Sì, se si considera che l’inflazione favorirebbe i debitori e danneggerebbe i creditori, cioè le multinazionali finanziarie, ovvero la lobby più importante di tutte.

La dichiarazione e l’esplicita citazione delle parole di Mario Monti del 2011, non sono sfuggite ai commentatori più attenti: vi sono stati anche rilanci sui social che hanno messo in evidenza il senso deflazionistico di quelle parole. A differenza di dieci anni fa, oggi si è fatta strada la consapevolezza che la deflazione non è uno sfortunato effetto collaterale del “risanamento dei conti” ma un obbiettivo in sé.

La mitica “stagflazione” si rivela ancora una volta un ossimoro imposto dalla propaganda ufficiale, un alibi per forme coercitive di deindustrializzazione. Si cercherà anche stavolta di farci credere che a questo ruolo di colonia deflazionistica ci costringano gli altri Paesi. Questo abbaglio fu preso nel 2011, quando quasi tutti si bevvero la fiaba secondo cui l’imposizione del governo Monti e dell’austerità ci provenissero dalla Merkel. Così non era, dato che la famosa lettera della Banca Centrale Europea a firma di Trichet e Draghi, fu scritta in Italia, dall’allora direttore generale della Banca d’Italia ed attuale ministro dell’Economia, Daniele Franco. A testimoniarlo è Renato Brunetta, che, con l’ingresso nel governo Draghi, è stato risarcito del torto subito dieci anni prima, quando fu sloggiato in malo modo. Il nemico più pericoloso non ce l’abbiamo all’estero ma dentro casa.

Va sottolineato che prima di essere travolto, il governo del Buffone di Arcore non soltanto già perseguiva una linea di austerità e di crudeli tagli di bilancio, ma aveva addirittura chiesto la tutela ed il monitoraggio del Fondo Monetario Internazionale. La stessa cosa avrebbero fatto anche i governi di Bersani o Fini, se Napolitano avesse consentito lo svolgimento delle elezioni. Monti fu imposto non perché fosse necessario per attuare l’austerità, ma perché i nostri oligarchi dovevano “stupire” l’Europa e il mondo intero, dimostrando che il popolo italiano è talmente al guinzaglio da fargli digerire qualunque cosa, persino i colpi di Stato. Gli effetti speciali devono essere sempre più spettacolari per impressionare il pubblico mondiale: dopo i golpe, i lockdown ed il green pass, ora anche il razionamento energetico.

Nessuno oggi è in grado di costringerci a svolgere il ruolo di colonia deflazionistica, poiché la stessa debolezza finanziaria dell’Italia è in parte reale ed in parte narrata, dato che il Quantitative Easing e tutti gli altri programmi di acquisti di titoli da parte della BCE, non reggono solo il debito pubblico dell’Italia ma anche, e soprattutto, il debito privato di altri Paesi. La stessa Germania è vulnerabile, poiché si ritrova il bubbone Deutsche Bank pronto a scoppiare. Ancora una volta l’oligarchia nostrana disegna i suoi percorsi di grandeur internazionale dimostrando ai “partner” europei la sua capacità di esercitare uno spietato controllo sulla propria popolazione usandola come cavia e carne da macello. Non si tratta perciò di un colonialismo imposto dall’esterno, bensì della dimensione storica del potere nell’Italietta, cioè l’auto-colonialismo, la ricerca da parte dell’oligarchia nostrana di “vincoli esterni”, di sponde imperialistiche per rilanciare la propria potenza. In questo schema di potere, l’esibizione, anzi l’ostentazione, della propria brutalità contro la popolazione rappresenta un modo per accreditarsi presso i padroni stranieri, e per suscitare in loro timore e considerazione.

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