La guerra è la pace
di Giorgio Agamben
Fra gli orrori della guerra che vengono spesso dimenticati è il suo sopravvivere in tempo di pace attraverso le sue trasformazioni industriali. È noto – ma lo si dimentica – che i fili spinati con cui molti ancora recingono i loro campi e le loro proprietà provengono dalle trincee della prima guerra mondiale e sono macchiati del sangue di innumerevoli soldati morti; è noto – ma lo si dimentica – che i gommoni che affollano le nostre spiagge sono stati inventati per lo sbarco delle truppe in Normandia nella seconda guerra mondiale; è noto – ma lo si dimentica – che i diserbanti in uso nell’agricoltura derivano da quelli usati dagli americani per deforestare il Vietnam; e, ultima conseguenza e di tutte peggiore, le centrali nucleari con le loro indistruggibili scorie sono la trasformazione “pacifica” delle bombe atomiche. Ed è bene ricordare, come Simone Weil aveva compreso, che la guerra esterna è sempre anche una guerra civile, che la politica estera è, in verità, una politica interna.
Rovesciando la formula di Clausewitz, oggi la politica non è che un proseguimento della guerra con altri mezzi.







































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