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Lenin, “L’imperialismo fase suprema del capitalismo”

di Alessandro Visalli

22ee7bfb8f47b154e694b905d472e20fIl libro di Lenin fu scritto tra la fine del 1915 e l’inizio del 1916 e pubblicato nel 1917. Siamo esattamente sull’orlo degli eventi che cambieranno il mondo. Da Berna, dove Lenin era in esilio in quell’anno straordinario assistette alla prima rivoluzione di febbraio[1], seguita il 7 novembre dalla rivoluzione di ottobre[2], che rovesciò il governo Kerenski.

Siamo dunque un anno prima di questi eventi.

Ma, come detto si era al secondo anno di una guerra terribile[3] seguita ad anni di scontri economici, commerciali, finanziari e coloniali tra le grandi potenze europee. Lo scopo del libro è quindi di mettere ordine alle idee circa la sostanza economica dell’imperialismo, causa ultima della guerra in corso. Inoltre di combattere la battaglia ideologica con la componente riformista della socialdemocrazia europea (e russa), rappresentata dalle posizioni di Kautsky e di Martov, ma anche, in parte dello stesso Hilferding.

Le due fonti sono Hilferdinfg[4] e Hobson[5], ma rispetto a questi Lenin ritiene con più coerenza del primo, che è marxista, che il fenomeno dipenda dal funzionamento essenziale del meccanismo di accumulazione. E che non dipenda da qualcosa di esterno a questo (come nella ipotesi coeva della Rosa Luxemburg[6]). Il meccanismo cui risale la spiegazione è la semplice tendenza del capitale all’autovalorizzazione unitamente al suo carattere plurale. Oltre a questo semplice modello, ma potente, viene sottolineato che la tendenza all’autovalorizzazione ed alla concentrazione[7] porta al monopolio e questo alla fusione del capitale finanziario con quello industriale. È questa fusione quella dalla quale scaturisce l’immane livello della competizione intercapitalista e quindi l’imperialismo. Alla fine si ha la guerra.

Nella prefazione del 1920, a guerra civile in corso, dopo i drammatici eventi del ‘17 e del ’18, il “terrore rosso”, l’intervento delle potenze occidentali in Russia ma ormai in via di sconfitta finale, Lenin scrive una prefazione nella quale denuncia con dure parole il pugno di paesi “progrediti”, in realtà predoni che si spartiscono il bottino del mondo intero. Come chiarisce nel testo si tratta di “un pugno di stati particolarmente ricchi e potenti che saccheggiano tutto il mondo mediante il semplice ‘taglio delle cedole’. [paesi che] da questo gigantesco sovraprofitto – così chiamato perché si realizza all’infuori e al di sopra del profitto che i capitalisti estorcono agli operai del ‘proprio’ paese- c’è da trarre quanto basta per corrompere i capi operai e lo strato superiore dell’aristocrazia operaia” (p.43).

L’argomentazione procede ripercorrendo l’analisi del capitalismo monopolistico e finanziario di Hilferding, la denuncia dell’imperialismo di Hobson e contrastando punto a punto le teorie di Kautsky. Essa prende l’avvio dall’analisi della concentrazione della produzione e dalla formazione dei monopoli, che sono ormai “uno dei tratti più caratteristici del capitalismo”, di fatto, compulsando le statistiche all’epoca disponibile, si può dimostrare che alcune decine di migliaia di grandi aziende sono ormai tutto, mentre milioni di piccole sono nulla (parafrasando il famoso incipit dell’abate Sieyes[8]). Il punto è che si tratta di un effetto dell’automovimento del capitalismo che, ad un certo punto della sua evoluzione, grazie alla continua concentrazione dei capitali stessi, “porta, per così dire, automaticamente alla soglia del monopolio”. Per Lenin, dunque, la “libera concorrenza” lungi dall’essere uno stato naturale è semplicemente uno stato immaturo ed incompleto del capitalismo. Ma, seguendo in questo uno schema classicamente marxiano, è pur vero che quando la concorrenza si trasforma in monopolio allora ne risulta un “immenso processo di socializzazione della produzione”, si socializzano, in particolare, miglioramenti e invenzioni tecniche. Ciò, nel portare alla “più universale socializzazione” della produzione “trascina, per così dire, i capitalisti, a dispetto della loro coscienza, in un nuovo ordinamento sociale, che segue il passaggio dalla libertà di concorrenza completa alla socializzazione completa. Viene socializzata la produzione, ma l’appropriazione dei prodotti resta privata” (p.58).

Qui bisogna allargare lo sguardo. Quel che sta immaginando Lenin nel 1916 è quel che farà nel 1918: i monopoli concentrano proprietà e mezzi di produzione, generano gigantesche concentrazioni di tecnica e di uomini, semplificano il quadro sociale eliminando l’enorme anarchia di un capitalismo nascente nel quale le imprese avevano per lo più poche decine di addetti. L’ordine sociale è quindi pronto in un senso molto pratico per essere trascritto in una proprietà collettiva con un semplice e breve passo.

Ma fino a che l’appropriazione dei prodotti resta privata, e la finanza come dirà determina i suoi effetti di dominazione, al contrario, il monopolio accresce ed intensifica il caos. E soprattutto orienta la grande macchina del capitalismo, stato per stato, nella direzione dell’imperialismo. O meglio, degli opposti imperialismi.

Svolge un ruolo essenziale in questo meccanismo il sistema finanziario che, man mano che si creano monopoli industriali passa dalla funzione di intermediario a quello di monopolista a sua volta. Ma monopolista del denaro, quindi in effetti dominante su tutto il sistema. Si tratta di uno dei processi fondamentali della trasformazione del capitalismo in imperialismo capitalista. Gli esempi che fa sono molti e riferiti ai più grandi gruppi finanziari dell’epoca, francesi, inglesi e tedeschi (per quest’ultimo la Deutsche Bank). Gruppi perché, grazie alla moltiplicazione di potenza e controllo determinata dall’innovazione, allora relativamente recente, delle società per azioni è possibile con poco capitale controllare interi grappoli di aziende a scalare.

In questo modo, e per via dei prestiti per investimenti, si genera un intimo nesso tra grandi banche monopoliste e grandi gruppi industriali monopolisti. Un monopolio al quadrato che sovraintende alla nascita del nuovo capitalismo. Questo è l’elemento essenziale del capitale finanziario, la capacità di trarre redditi giganteschi “da ogni fondazione di società, dall’emissione delle azioni, dai prestiti statali, ecc. e consolida l’egemonia delle oligarchie finanziarie, imponendo a tutta la società un tributo a favore dei detentori del monopolio” (p.88).

Dunque l’imperialismo, che è l’egemonia del capitale finanziario, è solo lo stadio supremo del capitalismo, nel quale le separazioni che il capitalismo compie normalmente[9] raggiungono dimensioni enormi. La conseguenza è che “la prevalenza del capitale finanziario su tutte le rimanenti forme del capitale imposta una posizione dominante del rentier e dell’oligarchia finanziaria, e la selezione di pochi Stati finanziariamente più ‘forti’ degli altri”.

Un’ulteriore ed importante conseguenza è che se per il vecchio capitalismo concorrenziale il risultato caratteristico era la esportazione di merci, per questo lo è del capitale direttamente. Attraverso l’esportazione del capitale (ad esempio aprendo linee di credito, prestando capitali agli stati sottomessi e coloniali) estende il suo dominio industriale e finanziario. Imponendo, ad esempio, non solo lo stacco di ‘cedole’, ma anche la fornitura delle proprie industrie[10]. È per questo che nel capitalismo sono inevitabili la disuguaglianza e la discontinuità di sviluppo e che “il capitalismo finanziario stende letteralmente i suoi tentacoli in tutti i paesi del mondo” (p.103).

Seguendo questo processo il capitalismo ha, da tempo, creato il mercato mondiale. man mano che crescono le esportazioni di capitale, si allargano infatti anche le relazioni estere e si sviluppano le relazioni coloniali. Si allargano le ‘sfere di influenza’ delle grandi associazioni monopoliste finanziario-industriali e su procede verso cartelli mondiali. Ad esempio, nell’industria elettrica, in quella del petrolio, in quella ferroviaria (i driver della seconda rivoluzione industriale che è lo sfondo di quegli eventi). Naturalmente, e questo è importante considerarlo, “i capitalisti si spartiscono il mondo non per la loro speciale malvagità, bensì perché il grado raggiunto dalla concentrazione li costringe a battere questa via, se vogliono ottenere dei profitti”.

L’idea che l’estensione dei cartelli internazionali (oggi si è detto “della globalizzazione”) porterebbe in sé la speranza della pace perpetua, all’epoca formulata anche da Kautsky con la strana formula dell’ultra- imperialismo, è a questo punto direttamente attaccata da Lenin come “sofisma”[11]. E’ del tutto evidente che la spartizione del mondo tra cartelli, ed anche i loro episodici accordi (magari a danno di terzi, come ad esempio della Cina), sono solo provvisori, governati da equilibri di forza sempre instabili, costantemente revocati, a rischio di rottura.

La definizione più concisa di imperialismo è dunque “lo stadio monopolistico del capitalismo”. I suoi cinque principali caratteri sono:

1- La concentrazione della produzione e del capitale che crea i monopoli,

2- La fusione del capitale bancario con quello industriale,

3- L’importanza della esportazione del capitale,

4- Il sorgere di associazioni monopolistiche internazionali che si ripartiscono il mondo,

5- La compiuta ripartizione della terra tra le più grandi potenze capitalistiche.

La ripartizione, però, comporta sempre lotta, in ogni luogo. Se non altro per indebolire i capisaldi dell’egemonia avversaria, ed è una lotta nella quale, come sottolinea anche Hobson, prevalgono gli interessi finanziari su quelli industriali (e sono comunque interconnessi). Questa aspra lotta, come quella tra Giappone e Stati Uniti per la spartizione delle influenze sulla Cina, ricorda Lenin, rende ancora più ridicola la “stupida favola” del pacifico “ultra-imperialismo”, tentativo reazionario di piccoli borghesi impauriti (nella fattispecie Kautsky) di sfuggire ad una “tempestosa realtà”. Il mondo è spartito e nuovamente ripartito costantemente, di fase in fase, ma sempre in maniera niente affatto pacifica. Contrariamente all’ipotesi data “il capitale finanziario e i trust acuiscono, non attenuano, le differenze nella rapidità di sviluppo dei diversi elementi dell’economia mondiale” (p.136). Ed i contrasti, che sempre compaiono al mutare dei rapporti di forza, solo con la forza si possono appianare.

Inoltre, poiché la base economica più profonda dell’imperialismo è il monopolio, ovvero è la distruzione della concorrenza, questo, tramite il controllo dei prezzi e la sospensione degli effetti concorrenziali di domanda ed offerta, di fatto paralizza anche il progresso tecnico e induce la tendenza alla stagnazione e putrefazione[12].

Ma c’è un altro effetto rilevante: la crescita dei monopoli e l’estensione a monopoli finanziari il cui prodotto di esportazione sono i capitali, determina la crescita relativa, nelle società capitaliste avanzate, della classe che dai profitti di ritorno di questi capitali vivono, i rentier. Se l’imperialismo è crescita del capitale liquido in pochi paesi in questi cresceranno coloro che vivono del taglio delle ‘cedole’, che “non partecipano ad alcuna impresa ed hanno per professione l’ozio”. Chiaramente “l’esportazione di capitale, uno degli essenziali fondamenti economici dell’imperialismo, identifica questo completo distacco del ceto dei rentiers dalla produzione e dà un’impronta di parassitismo a tutto il paese, che vive dello sfruttamento del lavoro di pochi paesi e colonie d’oltre oceano”. Ad esempio in quegli anni nel paese più esposto a questa dinamica, l’Inghilterra, i profitti dei rentiers superano di cinque volte quelli del commercio estero, in sostanza l’intera nazione vive parassitariamente sul resto del mondo, e “il mondo si divide in un piccolo gruppo di stati usurai e in una immensa massa di stati debitori”.

L’esito di questo fenomeno, riprendendo Hobson, sarebbe che:

“la più parte dell’Europa occidentale potrebbe allora assumere l’aspetto e il carattere ora posseduti soltanto da alcuni luoghi, cioè l’Inghilterra meridionale, la Riviera e le località dell’Italia e della Svizzera visitate dai turisti e abitate da gente ricca. Si avrebbe un piccolo gruppo di ricchi aristocratici, traenti le loro rendite e i loro dividendi dal lontano Oriente; accanto, un gruppo alquanto più numeroso di impiegati e di commercianti e un gruppo ancora maggiore di domestici, lavoratori nei trasporti e operai occupati nel processo finale della lavorazione dei prodotti più avariabili. Allora scomparirebbero i più importanti rami dell’industria, e gli alimenti e i prodotti base affluirebbero come tributo dall’Asia o dall’Africa … ecco quale possibilità sarebbe offerta da una più vasta lega delle potenze occidentali, da una Federazione europea delle grandi potenze. Essa non solo non spingerebbe innanzi l’opera della civiltà mondiale, ma potrebbe rappresentare il gravissimo pericolo di un parassitismo occidentale, quello di permettere l’esistenza di un gruppo di nazioni industriali più progredite, le cui classi elevate riceverebbero, dall’Asia e dall’Africa, enormi tributi e, mediante questi, si procurerebbero grandi masse di impiegati e di servitori addomesticati che non sarebbero occupati nella produzione in grande di derrate agricole o di articoli industriali, ma nel servizio personale o in lavori industriali di secondo ordine sotto il controllo della nuova aristocrazia finanziaria”.

Come commenta Lenin, “Hobson ha perfettamente ragione. Se le potenze dell’imperialismo non incontrassero resistenza, esse giungerebbero direttamente a quel risultato. Qui è posto nel suo vero valore il significato di ‘Stati Uniti d’Europa’ nella odierna congiuntura imperialista”. Tra l’altro questa spartizione delle colonie conduce con sé “la possibilità economica di corrompere gli strati superiori del proletariato”.

C’è ancora altro. Dove questo avviene si determinano anche la riduzione delle emigrazioni dai paesi ‘centrali’ (ovvero imperialisti, al vertice della catena del controllo) e “l’aumento dell’immigrazione in essi di individui provenienti da paesi più arretrati, con salari inferiori” (p.146). Cioè, “l’imperialismo tende a costituire tra i lavoratori categorie privilegiate e a staccarle dalla grande massa dei proletari”, mentre gli immigrati si collocano sempre ai gradini più bassi[13]. Questa tendenza all’imborghesimento era stata rilevata anche da Engels, ad esempio in una lettera del 1858, o nella lettera a Kautsky del 1882, o nella prefazione del 1892 alla “Situazione della classe operaia in Inghilterra[14]. Tutti esempi portati da Lenin.

Questa situazione non si può risolvere contrapponendole quel che lo stesso capitalismo monopolistico è giunto a superare perché meno efficiente nei suoi termini, ovvero la libera concorrenza, ma solo passando al socialismo. Qualsiasi altra ipotesi è non senso o mera consolazione, come quella dell’ultra-imperialismo[15]. Ciò che si ha sono solo pause tra una guerra e l’altra e nel frattempo una costante pressione ed inasprimento della oppressione nazionale (ovviamente della gran parte del mondo a favore di un pugno di nazioni vincitrici).

Il capitale monopolistico, insomma, esercitando i suoi quattro monopoli[16] accentua gli antagonismi che sono di fatto la più potente forza motrice del periodo di transizione.

L’insieme è un capitalismo in transizione, o “morente”. Un bubbone che dovrà essere eliminato, e che lo sarà.

Pochi mesi dopo questa conclusione ci proverà.


 

Note
[1] - Mentre la Russia era stremata per la guerra che procedeva ormai al suo terzo anno, la guarnigione di Pietrogrado tra il 23 ed il 27 febbraio si sollevò (per il nostro calendario da 8 al 12 marzo) e lo zar si dimise. La cosa partì in pratica senza controllo, le tre formazioni rivoluzionarie che erano in campo (i “menscevichi”, i “bolscevichi” e il “mezrajoncy” di Trotsky) avevano prima proclamato uno sciopero e poi revocato. Ma le fabbriche tessili entrarono in sciopero egualmente, oltre 90.000 operai scesero in strada cercando di raggiungere il centro di Pietrogrado. Il 9 marzo erano diventati 200.000 e la risposta delle autorità si fece sempre più debole. Il 25 febbraio una grande manifestazione in piazza Znamenskaja portò allo scontro a fuoco, ma inaspettatamente la folla rispose uccidendo il commissario Krylov. Solo un reparto di dragoni sulla Prospettiva Nevsji aprì il fuoco, uccidendo tre persone, ma i cosacchi si misero dalla parte dei manifestanti, spostando drasticamente i rapporti di forza. Lo zar ordinò al comandante della piazza, generale Chabalov, di risolvere la situazione e questi arrestò nella notte i comitati bolscevichi. Domenica la Prospettiva Nevskji era coperta di cadaveri, ma la IV compagnia del reggimento Pavloskji sparò contro la polizia e poi in caserma, o forse contro i reggimenti Preobarazenskji e Keksgol’mskji. A tarda sera fu proclamato lo stato di assedio. Lunedì ci fu la rivolta del reggimento Vollynskij che coinvolse gli altri reggimenti della capitale. Nel primo pomeriggio fu saccheggiato l’arsenale militare e liberarono i prigionieri politici. Si combattè nelle strade, ma a sera la cosa era risolta. Si formò un comitato della Duma composto da Rodzjanko, Kerenskij, Nekrasov, Miljukov, gli ottobristi Šidlovskij e Dmitrjukov, i nazionalisti Šul'gin e L'vov, i "progressisti" Karaulov, Efremov, Konovalov e Rževskij. D’altra parte si formò il soviet di Pietrogrado, composto da Gvozdev, Bogdanov, Čcheidze, Grinevič, Skobelev, Kapelinskij e Frankorusskij. Il 28 febbraio la flotta del Baltico si unisce alla rivolta, che si allarga arrivando anche a controllare i treni per 250 km. Inizia la rivolta anche a Mosca. Il colpo di scena è che il Soviet, dominato dai menscevichi, rinuncia al potere e lo riconsegna alla Duma, ovvero alla grande borghesia. Il 2 (15) marzo si forma il governo provvisorio del principe L’vov e lo zar abdica. Il 3 marzo abdica anche il fratello. La monarchia è finita.
[2] - Dopo la rivoluzione di febbraio e la formazione del Governo L’vov i bolscevichi assumono una posizione inizialmente collaborativa, fino a che Lenin, tornando dalla Svizzera, pubblicò le famosissime “Tesi di aprile”, nelle quali dichiarò la necessità di trasformare la rivoluzione borghese (per una linea tradizionale del marxismo necessaria come transizione) immediatamente in rivoluzione socialista. La VII Conferenza del partito di maggio ne vide l’approvazione, proprio mentre la questione capitale della continuazione della guerra (sulla quale i bolscevichi avevano da sempre assunto posizione contraria) fece cadere il governo e sostituirlo con un altro sorretto dai menscevichi e dai socialrivoluzionari (ovvero dai populisti). In una situazione altamente confusa le parole d’ordine bolsceviche fecero sempre più presa tra gli operai e i soldati. A luglio degli scioperi spontanei portarono alla repressione antibolscevica e alla fuga di Lenin, accusato di essere un agente tedesco. Nacque il terzo governo, retto questa volta da Kerenski contro il quale il generale Kornilov tentò un colpo di stato, bloccato dalla sollevazione di massa di operai e soldati, sobillati dai bolscevichi. Ormai questi erano maggioranza nella maggior parte dei Soviet. Il 10 ottobre il Comitato Centrale del Partito Bolscevico decide, sotto spinta di Lenin e Trotskij, la sollevazione (si oppongono Kamenev e Zinov’ev, che temevano il fallimento). Il 24 ottobre (6 novembre del nostro calendario) i soldati e gli operai bolscevichi ed i marinai della Flotta del Baltico occupano i posti chiave della città, alle 10 del 25 (7 novembre) Lenin proclamò il passaggio del potere al Comitato militare rivoluzionario. Alla sera fu arrestato il governo, dopo un breve assalto al Palazzo d’Inverno. Tutto era finito e la rivoluzione d’ottobre iniziava.
[3] - Si veda ad esempio, “Gian Enrico Rusconi, 1914 attacco ad occidente
[4] - Rudolf Hilferding, “Il capitale finanziario”, 1912
[5] - John Hobson, “L’imperialismo”, 1902
[6] - Rosa Luxemburg, “L’accumulazione del capitale”, 1913
[7] - Una importante nota a pag. 47 recita: “Marx distingue ‘concentrazione’ e ‘centralizzazione’. Per il processo di concentrazione osserva che ’ogni capitale individuale è una concentrazione più o meno grande di mezzi di produzione, con il corrispondente comando su un esercito più o meno grande di operai. Ogni accumulazione diventa il mezzo di accumulazione nuova. Essa allarga, con la massa aumentata della ricchezza operante come capitale, la sua concentrazione nelle mani di capitalisti individuali, e con ciò la base della produzione su larga scala e dei metodi di produzione specificatamente capitalistici. L’aumento del capitale sociale si compie con l’aumento di molti capitali individuali’. Quanto al processo di centralizzazione Marx rileva che questo si distingue da quello di concentrazione ‘pel fatto che esso presuppone solo una ripartizione mutata di capitali già esistenti e funzionanti, che al suo campo di azione non è dunque limitato all’aumento assoluto della ricchezza sociale o dai limiti assoluti dell’accumulazione. Il capitale qui in una mano sola si gonfia da diventare una grande massa, perché là in molte mani va perduto. È questa la centralizzazione vera e propria a differenza dell’accumulazione e concentrazione’ Karl Marx, Il Capitale, I, 3, p.74”.
[8] - Emmanuel, Joseph Sieyes, “Che cosa è il terzo stato?”, 1789.
[9] - Separazioni “tra il possesso del capitale e il suo impiego nella produzione, del capitale liquido da quello industriale e produttivo, del rentier (che vive solo del profitto tratto dal capitale liquido) dall’imprenditore e da tutti coloro che partecipano direttamente all’impego del capitale [investito e produttivo]”.
[10] - Nella prefazione del 1920 scrive infatti, compiendo un illuminante esempio di analisi concreta: “La costruzione delle ferrovie sembra un’impresa semplice, naturale e democratica, apportatrice di civiltà e di progresso. Tale appare infatti agli occhi dei professori borghesi, stipendiati per imbellettare la schiavitù capitalistica, e agli occhi dei filistei piccolo-borghesi. Nella realtà i fili capitalistici che collegano queste imprese, per infinite reti, alla proprietà privata dei mezzi di produzione in generale, hanno trasformato la costruzione delle linee ferroviarie in strumento di oppressione di un miliardo di uomini nei paesi asserviti (tutte le colonie. Più le semicolonie), cioè più della metà degli abitanti del globo terrestre, e degli schiavi dei capitale nei paesi ‘civili’” (p.36).
[11] - Precisamente è qualificata come “teoricamente un assurdo, praticamente un sofisma”. E continua: “I cartelli internazionali mostrano sino a qual punto si siano sviluppati i monopoli capitalistici, e quale sia il motivo della lotta tra i complessi capitalistici. Quest’ultima circostanza è particolarmente importante, giacché essa soltanto ci illumina sul vero senso storico-economico degli avvenimenti. Infatti può mutare, e di fatto muta continuamente, la forma della lotta, a seconda delle differenti condizioni parziali e temporanee; ma finché esistono classi non muta mai assolutamente la sostanza della lotta, il suo contenuto di classe.”
[12] - Questo concetto sarà ripreso da Paul Baran sia nel suo libro del 1954, “Il surplus economico”, sia in quello con Paul Sweezy del 1966, “Il capitale monopolistico”.
[13] - Su questo concetto si veda anche “Appunti sull’economia politica delle emigrazioni: il caso dei paesi semi-centrali”.
[14] - Friedrich Engels “La situazione della classe operaia in Inghilterra”, 1844
[15] - Scrive, “il senso obiettivo, vale a dire reale, sociale, della sua ‘teoria’ è uno solo: consolare nel modo più reazionario le masse, con la speranza della possibilità di una pace permanente nel regime del capitalismo, sviando l’attenzione dagli antagonismi acuti e dagli acuti problemi di attualità e dirigendo l’attenzione sulle false prospettive di un qualsiasi sedicente vuoto e futuro ‘ultra-imperialismo’” (p.160).
[16] - Che sono: 1) la concentrazione della produzione, 2) l’accaparramento delle materie prime; 3) le banche come detentrici monopolistiche del potere finanziario; 4) la politica coloniale.

Comments

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MAURO PASTORE
Wednesday, 27 November 2019 16:36
+++ (versione, del mio testo precedente, con ulteriori correzioni ed ancora migliorata)

Lenin era, data autocrazia individuale quindi collettiva ormai ufficialmente in quegli anni istituita in Russia, un esponente autogovernativo, poi divenuto governativo, quando i poteri sindacali erano richiesti da Stato zarista per futuro poi presente Stato ex zarista, secondo volontà precedente incontrovertibile di Zar Nicola II quindi, dopo, per assenso di Regno da sùbito itinerante del fratello Michele Romanov di cui poi si ebbe previo autonomo rifiuto a consistere ancora — e tali fatti non furono correlati ad alcune presunte o vere pene commisurate a Zar e a Regnante: questi non vollero rimprender posti, per propria indipendente decisione motivata liberamente e previamente... Ma dopo provvedimenti comunitari di Ottobre 1917, di matrice illuminista ed ancora di ideologie postnapoleoniche, Lenin ebbe necessità di riprender ruolo autogovernativo, di fatto dai rifiuti di Zar (poi anche da suo fratello Regnante) richiedendosi nuovamente, per stesso Stato Repubblicano su base democratica configurato da Regime Zarista ed in base ad ordinamenti preattivi in stesso Regime Zarista, un ruolo governativo, di Presidenza sindacale a capo di intero Stato Russo ex zarista. Lenin non ricevette mai vere condanne da Stato degli Zar né da Regime Zarista, egli non per intervento giudiziario ma di protezione civile, allontanato da ambienti marxisti da lui già destabilizzati fino a rotta; ma di ragioni pratiche anche ufficiali di invito ad allontanarsi ed in luoghi piuttosto remoti poi consigliati specificamente da stessa Protezione di Stato, era non sua incolumità né suoi interessi né di chi con lui, però la incolumità degli appartenenti a stessi ambienti politici da Lenin sbaragliati e da stesso interno d'essi, i quali appartenenti reagendo violentemente e criminosamente e in situazioni non ancora note a Polizia di Stato, erano nondimeno in inferiorità ed ancora intenzionati a reagire, dunque Polizia verificando in stessi eventi correttezza di Lenin e poi dei suoi, ne sottraeva, proprio da sue forse anche estreme (forse mortali) difese, non giustificando chi le motivava anzi processando tutti gli oppositori di Lenin, che in verità erano proprio capi comunisti-marxisti; quindi Lenin optava egli stesso per autoallontanamento e non sapendo dove trovar residenza che gli consentisse di evitar di difendersi, decideva di recarsi dove consigliato da Stato, senza forse spiegar tutto a suoi cari ché altrimenti sarebbero finiti in stessa sua ristrettezza sociale. Questo fu autoesilio di Lenin, accaduto prima.

In 1918, Lenin di fatto era presidente di Stato russo, secondo Regime zarista e leggi dello Zar da considerarsi nuova massima carica di stesso Stato; quando in Ottobre 1918 iniziarono rivolte antisindacali antilavorative antirusse da parte di non identificabili; e Lenin difendendo Stato fu, da stessi ancora legittimi in Stato, fatto insediare in ruolo non solo ufficioso anche ufficiale di Presidenza di Russia, in passaggio allora da Regime Zarista a Regime dei Soviet perché le strutture aziendali di Stato erano già, da estranei incapaci e rivoltosi, minacciate ed avversate, perciò essendo necessario ancora potere di Regime. Fu proprio in Ottobte 1918 che Lenin aprì fase comunista dopo fase comunitaria per Stato russo, da lui 'presediuto'. Non risulta che Nicola Romanov e Michele Romanov gli fossero ostili.
(Nessuna esecuzione a morte di costoro fu mai decretata secondo regole militari né leggi di Stati né Presidente ne aveva facoltà; vero che Nicola (II) Romanov era finito per un periodo sotto minaccia di fucilazione da parte di esercito e sua famiglia minacciata di esserne separata poi da parte di polizia, vero è che fu chiesto a Lenin di dichiararsi pubblicamente non ostile a minacce da parte di Stato contro Nicola II e che Lenin aveva risposto di non sapere i fatti abbastanza per contraddire esercito né polizia ma neanche per confermare liceità di minacce. Dopo di ciò e senza null'altro accadere, giunse notizia di scomparsa di Nicola II Romanov e poi di sua diretta famiglia ufficiale; assai dopo di ciò, notizia di non morte e scomparsa di Michele (ovvero Micaele Alessandro) Romanov dopo che già aveva deciso di smettere sua attività di Regnante e già avendone smesso e comunicato; quindi giunse dispaccio di stesso ex regnante Michele di star lontano e troppo per dar aiuto anche da solo cittadino ed in luogo non noto né precisabile; quindi notizie ufficiali circa Nicola II e sua famiglia Romanov furono recepite in Stati Uniti di America, dove ritenuti vivi da chi in Stato addetto a compiti informativi identificativi, quindi notizie furono poi diffuse circa cittadinanza e permanenza loro in Russia in parte di ex proprietà di ex Zar non ancora altrui destinate; indi furono ufficiali notizie, tanti anni dopo presunta loro morte generalmente ritenuta ed accreditata fino ad ora quasi ovunque, di accaduta allora recente-recentissima attività di politica non in ruolo di zar né per zarismo ma di dispotia di stesso Nicola II Romanov su richiesta dei cittadini ivi e presenti a beneficio di questi stessi; infine fu data notizia di loro decisione di emigrar fuori Russia, quale già ufficialmente ripetutamente annunciata da loro prima di anno 1900 e dopo anno 1900; notizie ultime dello Stato Sovietico erano non di fuga ma di passaggio ordinario e comprovato, anche in dichiarazioni di identità, per frontiere di Unione; recentissimamente resti, senza rigorosità attribuiti ed anche del tutto postumamente a stesso ultimo Zar in carica e a sua famiglia ufficiale, sono stati riattribuiti ma solo ad ufficialmente ancora ignoti e di stessa ma forse non medesima e generica appartenenza familiare e senza neppure ufficiale certezza alcuna di sorta . —
I Fatti rilevanti e decisivi di Ottobre 1918 furono celebrati da musica sinfonica detta "Ottobre" di compositore sovietico russo D. Shostakovich, titolo restato tale nonostante interventi censorii di regime statalista non statale stalinista tentassero di retrodatarne a stesso mese di anno 1917. Si sa di rifiuto, ostinato e rischiosissimo per egli medesimo, da parte di Shostakovich stesso, ad aggiunger data di 1917.)

MAURO PASTORE
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MAURO PASTORE
Wednesday, 27 November 2019 16:21
++ (versione, del mio testo precedente, con correzioni e migliorata)

Lenin era, data autocrazia individuale quindi collettiva ormai ufficialmente in quegli anni istituita in Russia, un esponente autogovernativo, poi divenuto governativo, quando i poteri sindacali erano richiesti da Stato zarista per futuro poi presente Stato ex zarista, secondo volontà precedente incontrovertibile di Zar Nicola II quindi, dopo, per assenso di Regno da sùbito itinerante del fratello Michele Romanov di cui poi si ebbe previo autonomo rifiuto a consistere ancora — e tali fatti non furono correlati ad alcune presunte o vere pene commisurate a Zar e a Regnante: questi non vollero rimprender posti, per propria indipendente decisione motivata liberamente e previamente... Ma dopo provvedimenti comunitari di Ottobre 1917, di matrice illuminista ed ancora di ideologie postnapoleoniche, Lenin ebbe necessità di riprender ruolo autogovernativo, di fatto dai rifiuti di Zar (poi anche da suo fratello Regnante) richiedendosi nuovamente, per stesso Stato Repubblicano su base democratica configurato da Regime Zarista ed in base ad ordinamenti preattivi in stesso Regime Zarista, un ruolo governativo, di Presidenza sindacale a capo di intero Stato Russo ex zarista. Lenin non ricevette mai vere condanne da Stato degli Zar né da Regime Zarista, egli non per intervento giudiziario ma di protezione civile, allontanato da ambienti marxisti da lui già destabilizzati fino a rotta; ma di ragioni pratiche anche ufficiali di invito ad allontanarsi ed in luoghi piuttosto remoti poi consigliati specificamente da stessa Protezione di Stato, era non sua incolumità né suoi interessi né di chi con lui, però la incolumità degli appartenenti a stessi ambienti politici da Lenin sbaragliati e da stesso interno d'essi, i quali appartenenti reagendo violentemente e criminosamente e in situazioni non ancora note a Polizia di Stato, erano nondimeno in inferiorità ed ancora intenzionati a reagire, dunque Polizia verificando in stessi eventi correttezza di Lenin e poi dei suoi, ne sottraeva, proprio da sue forse anche estreme (forse mortali) difese, non giustificando chi le motivava anzi processando tutti gli oppositori di Lenin, che in verità erano proprio capi comunisti-marxisti; quindi Lenin optava egli stesso per autoallontanamento e non sapendo dove trovar residenza che gli consentisse di evitar di difendersi, decideva di recarsi dove consigliato da Stato, senza forse spiegar tutto a suoi cari ché altrimenti sarebbero finiti in stessa sua ristrettezza sociale. Questo fu autoesilio di Lenin, accaduto prima.

In 1918, Lenin di fatto era presidente di Stato russo, secondo Regime zarista e leggi dello Zar da considerarsi nuova massima carica di stesso Stato; quando in Ottobre 1918 iniziarono rivolte antisindacali antilavorative antirusse da parte di non identificabili; e Lenin difendendo Stato fu, da stessi ancora legittimi in Stato, fatto insediare in ruolo non solo ufficioso anche ufficiale di Presidenza di Russia, in passaggio allora da Regime Zarista a Regime dei Soviet perché le strutture aziendali di Stato erano già, da estranei incapaci e rivoltosi, minacciate ed avversate, perciò essendo necessario ancora potere di Regime. Fu proprio in Ottobte 1918 che Lenin aprì fase comunista dopo fase comunitaria per Stato russo, da lui 'presediuto'. Non risulta che Nicola Romanov e Michele Romanov gli fossero ostili.
(Nessuna esecuzione a morte di costoro fu mai decretata secondo regole militari né leggi di Stati né Presidente ne aveva facoltà; vero che Nicola (II) Romanov era finito per un periodo sotto minaccia di fucilazione da parte di esercito e sua famiglia minacciata di esserne separata da parte di polizia, vero è che fu chiesto a Lenin di dichiararsi pubblicamente non ostile a minacce da parte di Stato contro Nicola II e che Lenin aveva risposto di non sapere i fatti abbastanza per contraddire esercito né polizia ma neanche per confermare liceità di minacce. Dopo di ciò e senza null'altro accadere, giunse notizia di scomparsa di Nicola II Romanov e poi di sua diretta famiglia ufficiale; assai dopo di ciò, notizia di non morte e scomparsa di Michele Romanov dopo che già aveva deciso di smettere sua attività di Regnante e già avendone smesso e comunicato; quindi giunse dispaccio di ex regnante Michele di star lontano e troppo per dar aiuto anche da solo cittadino ed in luogo non noto né precisabile; quindi notizie ufficiali circa Nicola II e sua famiglia Romanov furono recepite in Stati Uniti di America, dove ritenuti vivi da chi in Stato addetto a compiti informativi identificativi, quindi notizie furono poi diffuse circa cittadinanza e permanenza loro in Russia in parte di ex proprietà di ex Zar non ancora altrui destinate; indi furono ufficiali notizie, altanti anni dopo presunta loro morte generalmente ritenuta ed accreditata fino ad ora quasi ovunque, di accaduta allora recente recentissima attività di politica non in ruolo di zar né per zarismo ma di dispotia di stesso Nicola II Romanov su richiesta dei cittadini ivi e presenti e per di questi stessi beneficio; infine fu data notizia di loro decisione di emigrar fuori Russia, quale già ufficialmente ripetutamente annunciata da loro prima di anno 1900 e dopo anno 1900; notizie ultime dello Stato Sovietico erano non di fuga ma di passaggio ordinario e comprovato, anche in dichiarazioni di identità, per frontiere di Unione; recentissimamente resti, senza rigorosità attribuiti ed anche del tutto postumamente a stesso ultimo Zar in carica e a sua famiglia ufficiale, sono stati riattribuiti ma solo ad ufficialmente ancora ignoti di stessa forse non medesima e generica appartenenza familiare e senza neppure ufficiale certezza alcuna di sorta . —
I Fatti rilevanti e decisivi di Ottobre 1918 furono celebrati da musica sinfonica detta "Ottobre" di compositore sovietico russo D. Shostakovich, titolo restato tale nonostante censura influenzata da interventi di regime statalista non statale stalinista tentassero di retrodatarne a stesso mese di anno 1917. Si sa di rifiuto, ostinato e rischiosissimo, da parte di Shostakovich stesso, ad aggiunger data di 1917.)

MAURO PASTORE
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MAURO PASTORE
Wednesday, 27 November 2019 15:58
Lenin era, data autocrazia individuale quindi collettiva ormai ufficialmente in quegli anni istituita in Russia, un esponente autogovernativo, poi divenuto governativo, quando i poteri sindacali erano richiesti da Stato zarista per futuro poi presente Stato ex zarista, secondo volontà precedente incontrovertibile di Zar Nicola II quindi, dopo, per assenso di Regno da sùbito itinerante del fratello Michele Romanov di cui poi si ebbe previo autonomo rifiuto a consistere ancora — e tali fatti non furono correlati ad alcune presunte o vere pene commisurate a Zar e Regnante: questi non vollero rimprender posti, per propria indipendente decisione motivata liberamente e previamente... Ma dopo provvedimenti comunitari di Ottobre 1917, di matrice illuminista e postnapoleonici, Lenin ebbe necessità di riprender ruolo autogovernativo, di fatto dai rifiuti di Zar (poi anche da suo fratello Regnante) richiedendosi nuovamente, per stesso Stato Repubblicano su base democratica configurato da Regime Zarista ed in base ad ordinamenti preattivi in stesso Regime, un ruolo governativo, di Presidenza sindacale a capo di intero Stato Russo ex zarista. Lenin non ricevette mai vere condanne da Stato degli Zar né da Regime Zarista, egli allontanato, non per intervento giudiziario ma di protezione civile, da ambienti marxisti da lui già l destabilizzati fino a rotta; ma ragioni pratiche anche ufficiali di invito ad allontanarsi ed in luoghi piuttosto remoti poi consigliati specificamente da stessa Protezione di Stato, era non sua incolumità e suoi interessi e di chi con lui, però la incolumità degli appartenenti a stessi ambienti politici da Lenin sbaragliati e da stesso interno d'essi, i quali appartenenti reagendo violentemente e criminosamente in situazioni non ancora note a Polizia di Stato, erano in inferiorità ed ancora intenzionati a reagire dunque Polizia verificando in stessi eventi correttezza di Lenin e poi dei suoi, ne sottraeva, proprio da sue forse anche estreme (mortali) difese, non giustificando chi le motivava anzi processando tutti gli oppositori di Lenin, che in verità erano proprio capi comunisti-marxisti; quindi Lenin optava egli stesso per autoallontanamento e non sapendo dove trovar residenza che gli consentisse di evitar di difendersi, decideva di recarsi dove consigliato da Stato, senza forse spiegar tutto a suoi cari ché altrimenti sarebbero finiti in stessa sua ristrettezza sociale. Questo fu autoesilio di Lenin, accaduto prima.

In 1918, Lenin di fatto era presidente si Stato russo secondo Regime zarista e leggi dello Zar da considerarsi nuova massima carica di stesso Stato; quando in Ottobre 1918 iniziarono rivolte antisindacali antilavorative antirusse da parte di non identificabili, e Lenin difendendo Stato fu, da stessi ancora legittimi in Stato, fatto insediare in ruolo non solo ufficioso anche ufficiale di Presidenza di Russia, in passaggio allora da Regime Zarista a Regime dei Soviet perché le strutture aziendali di Stato erano già, da estranei incapaci e rivoltosi, minacciate ed avversate, essendo necessario ancora potere di Regime. Fu proprio in Ottobte 1918 che Lenin aprì fase comunista dopo fase comunitaria per Stato russo, da lui presediuto. Non risulta che Nicola Romanov e Michele Romanov gli fossero ostili.
(Nessuna esecuzione a morte di costoro fu mai decretata secondo regole militari né leggi di Stati né Presidente ne aveva facoltà; vero che Nicola (II) Romanov era finito per un periodo sotto minaccia di fucilazione da parte di esercito e sua famiglia minacciata di esserne separata da parte di polizia, vero è che fu chiesto a Lenin di dichiararsi pubblicamente non ostile a minacce di Stato contro Nicola II e che Lenin aveva risposto di non sapere i fatti abbastanza per contraddire esercito né polizia ma neanche per confermare liceità di minacce. Dopo di ciò e senza null'altro accadere, giunse notizia di scomparsa di Nicola II Romanov e poi di sua diretta famiglia ufficiale; assai dopo di ciò, notizia di non morte e scomparsa di Michele Romanov dopo che già aveva deciso di smettere sua attività di Regnante e già avendone smesso e comunicato; quindi giunse dispaccio di ex regnante Michele di star lontano e troppo per dar aiuto anche da solo cittadino ed in luogo non noto né precisabile; quindi notizie ufficiali circa Nicola II e sua famiglia Romanov furono recepite in Stati Uniti di America, dove ritenuti vivi da chi in Stato addetto a compiti informativi identificativi, quindi notizie furono poi diffuse circa cittadinanza e permanenza loro in Russia in parte di ex proprietà di ex Zar non ancora altrui destinate; indi furono ufficiali notizie, anni dopo presunta loro morte generalmente ritenuta ed accreditata fino ad ora quasi ovunque, di accaduta allora recente ecrecentissima attività di politica non in ruolo di zar né per zarismo ma di dispotia di stesso Nicola II Romanov su richiesta dei cittadini ivi e presenti; infine fu data notizia di loro decisione di emigrar fuori Russia, quale già ufficialmente ripetutamente annunciata prima di anno 1900; notizie ultime dello Stato Sovietico erano non di fuga ma di passaggio ordinario e comprovato, anche in dichiarazioni di identità, per frontiere di Unione; recentissimamente resti, senza rigorosità attribuiti ed anche del tutto postumamente a stesso ultimo Zar in carica e a sua famiglia ufficiale, sono stati riattribuiti solo a stessa forse non medesima e generica appartenenza familiare e senza neppure ufficiale certezza. —
I Fatti rilevanti e decisivi di Ottobre 1918 furono celebrati da musica sinfonica detta "Ottobre" di compositore sovietico russo D. Shostakovich, titolo restato tale nonostante censura influenzata da interventi di regime statalista non statale stalinista tentassero di retrodatarne a stesso mese di anno 1917. Si sa di rifiuto, ostinato e rischiosissimo, da parte di Shostakovich stesso, ad aggiunger data di 1917.)

MAURO PASTORE
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MAURO PASTORE
Wednesday, 27 November 2019 15:30
+ (versione, del mio testo precedente, con correzioni e migliorata)

Lenin notava lo squilibrio di una finanza da se stessa in aumento indebito, rapportandone giustamente effetti negativi non su proletariato ma per operai, dato che essa accrescendosi si univa ai capitali industriali i quali per logica di conservazione dovevano quindi essere investiti, costituendosi dopo selezione interna e dopo selvaggia fine degli elementi deboli in monopolio quindi in imperialismo monopolizzante, infine, non trovandosi altro di più nella stessa esclusiva logica economica, i monopoli per terminarsi con allargamenti interni tramite donativi a medesime forze lavorative anche operaie; le quali in tal prospettiva da fautrici d'opere si sarebbero trasformate in creatrici di lavori e non opere e volgendosi ad acquisire nuovi operai ma assieme a semplici lavoratori i quali avrebbero istituito una autoschiavitù impeditiva e regressiva ad ulteriori acquisizioni di operai, in una macchinesca progressione uguale e indefinita cui termine sarebbe stato altro, ulteriore imperialismo, per insensatezza in quanto tale estranea a logica nazionale, da forestieri interessati a distruggere il senso della convivenza nel Paese e nei Paesi, sfruttando movimento di emancipazione operaia. Per contro, Lenin faceva notare che tal macchinazione, basata su omologazioni di funzioni sociali a funzionamenti di meccanismi economici a loro volta basati sui nuovi ritmi dei lavori tramite macchine, poteva riprodursi per determinante non dissenso o assenso ed entrambi deliberati purtroppo in parte del mondo operaio. Dunque rilevasi che Lenin impiegasse modulo filosofico non marxiano non marxista però socialista - comunitario secondo la ideologia illuminista ex illuminista:
della non compromissione dei ritmi lavorativi coi ritmi funzionativi dei macchinari per i lavori;
Inoltre trovasi che Lenin applicasse anche modalità politica filosofica antipositivista ed in particolare, di fatto e indipendentemente da necessità di diplomatiche od antidiplomatiche citazioni eventuali, anti-engelsiana, tratta cioè da ideologia atta a non compromettere logiche lavorative in logiche tecnoscientifiche; esistendo a suo tempo sviluppata riflessione per separare àmbiti sindacali lavorativi da àmbiti scientifici tecnici ma non parimenti per forti compromissioni di scienza a tecnica non tecnologica. In ciò dunque Lenin fu antesignano, con filosofia pratica d'emergenza, di successive elaborazioni teoriche; delle quali le prime e più sviluppate si trovano in politica intellettuale non sindacale americana, cui però stessi sindacati ivi poi aderirono. Lenin difatti adottava una idea di comunitarismo aperto, basandosi su politologia non su sociologia, in ciò al riparo da intrusioni tecnocratiche e da rischi scientisti; e questa sua pratica di emergenza dopo diffusione in luoghi americani (terre ulteriori a siberiane) passò quindi dal capitalismo americano al comunismo sovietico per competizione economica, durante fasi costruttive della Guerra Fredda tra Blocco Ovest capitalista mondiale e Blocco Est comunista mondiale, dopo il 1948 quando il dittatore "Stalin" fu inibito dagli ovvi fatali terrori di massa per le distruzioni atomiche e così anche trovandosi risparmiato da sicari già pronti ad ucciderlo ((poi sarebbe finito nelle mire dei picchiatori, terminando sua personale parabola criminale col ricevere picchiaggio da sconosciuto in suoi posti sorvegliati introdottosi per ipnosi ed altri stratagemmi non solo psicologici)).
Dato che suddetta pratica filosofica di Lenin era in estraneità al marxismo, essa costituiva quindi nei Soviet sotto dittatura stalinista una forza sindacale di difesa ed inibizione, emergente poi variamente infine durante vittoria americana costituitasi in inibizione delle forze lavorative, in non contrarietà con previo rifiuto di esercito russo a trasformare Blocco militare da Est in Movente bellico da Est per intero mondo ed in stessi intenti dei fautori della fine della politica dei Soviet, di cui maggior esponente ufficiale fu alfine Gorbaciov.
Terminati i due Blocchi della Guerra Fredda in terminare di stessa guerra militare economica, terminato attorno ad anno 2012 il periodo di eminente dopoguerra, nella Europa non più ideologicamente politicamente separata né divisa tra i Blocchi stessi, già munita di difese contro intrusioni scientiste e tecnoscientifiche in politica, resta tuttavia utile pensare ai passati rimedi di Lenin, sia partiticamente che transpartiticamente, ma soprattutto sindacalisticamente e sindacalmente, senza esclusioni di parti e partiti politici, neppure ad "estrema destra" politica — certamente si nota che nella "sinistra“ politica anche moderata vi sono interessamenti ancora maggiori se non i più forti...
Che in Europa nel frattempo ci si fosse difesi già, è evidente nella prosecuzione di Istituzioni politiche fondamentali, ma la difesa assieme ad altre vitali e basilari si compiva solo tramite gli interventi della Organizzazione delle Nazioni Unite per evitare scontri tra immigrazioni e poteri autoctoni europei, programmando attenzione umanitaria agli immigranti; ed ultimamente da stessa O. N. U. si optava per difesa anche di connazionali stessi, in tal senso concludendo le attenzioni particolari per esterni e dando facoltà, direttamente a nazionalità, di autodifese tramite poteri organizzati anche singoli, a singoli Stati; sia per mandato iniziale di questi, sia e soprattutto per richieste non da medesime cittadinanze di Stati ma comunque da appartenenze nazionali in quanto tali... I fatti, la inazione per il resto di Stati nazionali ed anche di relativa ordetta medesima Organizzazione, attestano di tali richieste perentorietà vitale non ideologizzabile ed ecologicamente umanitariamente già valida!
Distinzione necessaria politicamente tra ambiti politici e non politici, di scientifici da tecnici, di lavorativi da operai, tra macchinarietà - macchinosità e non-automatismo - non automaticismo, mostra una difficoltà che si può affrontare con politica, difficoltà che inerisce capacità e incapacità differenti di mondi diversi, perché si constata che necessità più grave di distinzione dipende da attiguità invero sconfinamento di realtà umana ignara di tecnologia del Settentrione del Mondo. Dunque esiste problema di invadenze dal Sud contro Occidente ed anche Oriente del mondo, perché quest'ultimo ha interessi e requisiti diretti per tecnologia occidentale. Stessa matrice ed estranea, fu anche matrice dei problemi accaduti per fatti del 1918 in Russia – che sono citati nel testo di cui questo mio è commento — infatti fu nel 1918 che la Russia si trovò a contatto con forze estranee ed ostili, antilavorative ed etnofobiche, che Regime Zarista avversando, lasciava mandato a forze sindacali solo poi istituzionalizzatesi di parimenti avversarne. Tali forze solo in ultimo accludevano le autentiche masse proletarie russe ma erano forze interclassiste e non chiuse entro ceti e non erano per fazioni, neppure in precedenza, quando per opera determinante di Lenin stesso erano stati posti fuori legge quindi fuori Stato i movimenti marxista e marxista comunista; tanto che attività di Lenin medesimo entro di essi era ostile ad esso ciascuno fino ad esserne essa distruttiva burocraticamente e non senza egli assai introdursi in ciascuno di essi; per il resto Lenin citava positivamente l'autorinnegamento estremo di Marx, che aveva, quale criminologo non tale di professione e non quale filosofo attivo, individuato nei movimenti proletari comunisti manovre di massa contrarie ad ogni bene e saggezza politica possibili (per tal azione ultima di Karl Marx si può opportunamente e ragionevolmente aver memoria e non solo menzione in storia stessa di filosofia).
Lenin non aggiunse, alla denuncia del Marx più che deluso pure da propria attività, quanto invece ci aggiungeva lo stalinismo per riapplicare violentemente ed inanemente lo schema marxista. Lenin infatti accusava particolare schiera di beneficiari finanziari, non di rendite ma perché questi ottenevano troppo o il non dovuto, da altrui od anche non altrui rendere od autorendere in concretezze o oggetti e non per patti ma per accadimenti non programmati che realtà di abnorme ed incontrollato capitalismo faceva destino immancabile, inaccettabile per qualunque vero diritto internazionale; dunque si trattava di beneficiari di fallimenti od espropri od inanità aziendali causati da eccessi finanziari e scarsità operative, i quali traevano profitti od altri vantaggi da svendite, cessioni, aste, finanche da donazioni o... da autodonazioni, cui ricchezze e poteri economici dipendevano da inettitudini impresarie cui la finanza dei troppo giganteschi capitali dava adito a troppo adito o a non fermo. Tal fenomeno negativo dunque va direttamente considerato entro il rifiuto del consumismi, di cui filosofica necessità fu data in analisi postmoderne, da Francia e non solo, che mostravano dovere di attenzione e rifiuto unanime, da tutte le parti ed i partiti e gli Stati politici, ai consumi davvero eccessivi e realmente inutili, sia individualmente sia collettivamente e sia individualmente - collettivamente che collettivamente - individualmente. Solo ad alcuni ambienti borghesi e mai a borghesia Lenin rimproverò e non sempre e non giudiziariamente ma politicamente di spaventarsi troppo a causa di incertezze in realtà passeggere ed estranee a vera onestà sociale, la quale egli però aveva già imputato ad ambienti internazionali proletari anche in Russia, tanto che egli stesso aveva realizzato il programma zarista ancora in vigore di contrastare tramite pubblicità politica dei fatti: le invasioni etniche straniere attuate per mezzo di minacce di costituire con generazione di prole numeri maggiori di invasori. Ma tale contrasto repubblicano informativo e non violento era già risolto prima di Ottobre 1917 ed in tal mese se ne dava soltanto ulteriore garanzia aggiunta estromettendo dai programmi governativi sindacali i provvedimenti di ordinarietà sociale in Russia e Russie.

MAURO PASTORE
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MAURO PASTORE
Wednesday, 27 November 2019 14:53
Lenin notava lo squilibrio di una finanza da se stessa in aumento indebito, rapportandone giustamente effetti negativi non su proletariato ma per operai, dato che essa accrescendosi si univa ai capitali industriali i quali per logica di conservazione dovevano quindi essere investiti, costituendosi dopo selezione interna e dopo selvaggia fine degli elementi deboli in monopolio quindi in imperialismo monopolizzante, infine, non trovandosi altro di più nella stessa esclusiva logica economica, i monopoli per terminarsi con allargamenti interni tramite donativi a medesime forze lavorative anche operaie; le quali in tal prospettiva da fautrici d'opere si sarebbero trasformate in creatrici di lavori e non opere e volgendosi ad acquisire nuovi operai ma assieme a semplici lavoratori i quali avrebbero istituito una autoschiavitù impeditiva e regressiva ad ulteriori acquisizioni di operai, in una macchinesca progressione uguale e indefinita cui termine sarebbe stato altro, ulteriore imperialismo, per insensatezza in quanto tale estranea a logica nazionale, da forestieri interessati a distruggere il senso della convivenza nel Paese e nei Paesi, sfruttando movimento di emancipazione operaia. Per contro, Lenin faceva notare che tal macchinazione, basata su omologazioni di funzioni sociali a funzionamenti di meccanismi economici a loro volta basati sui nuovi ritmi dei lavori tramite macchine, poteva riprodursi per determinante non dissenso o assenso deliberati, purtroppo in parte del mondo operaio. Dunque rilevasi che Lenin impiegasse modulo filosofico non marxiano non marxista però socialista - comunitario secondo la ideologia illuminista ex illuminista:
della non compromissione dei ritmi lavorativi coi ritmi funzionativi dei macchinari per i lavori;
Inoltre trovasi che Lenin applicasse anche modalità politica filosofica antipositivista ed in particolare, di fatto e indipendentemente da necessità di diplomatiche od antidiplomatiche citazioni eventuali, anti-engelsiana, tratta cioè da ideologia atta a non compromettere leogiche lavorative in logiche tecnoscientifiche; esistendo a suo tempo sviluppata riflessione per separare àmbiti sindacali lavorativi da àmbiti scientifici tecnici ma non parimenti per forti compromissioni di scienza a tecnica e non tecnologica. In ciò dunque Lenin fu antesignano, con filosofia pratica d'emergenza, di successive elaborazioni teoriche; delle quali le prime e più sviluppate si trovano in politica intellettuale non sindacale americana, cui però stessi sindacati ivi poi aderirono. Lenin difatti adottava una idea di comunitarismo aperto, basandosi su politologia non su sociologia, in ciò al riparo da intrusioni tecnocratiche e da rischi scientisti; e questa sua pratica di emergenza dopo diffusione in luoghi americani (terre ulteriori a siberiane) passò quindi dal capitalismo americano al comunismo sovietico per competizione economica, durante fasi costruttive della Guerra Fredda tra Blocco Ovest capitalista mondiale e Blocco Est comunista mondiale, dopo il 1948 quando il dittatore "Stalin" fu inibito dagli ovvi fstali terrori di massa per le distruzioni atomiche e così anche trovandosi risparmiato da sicari già pronti ad ucciderlo ((poi sarebbe finito nelle mire dei picchiatori, terminando sua personale parabola criminale col ricevere picchiaggio da sconosciuto introdottosi in suoi posti sorvegliati per ipnosi ed altri stratagemmi non solo psicologici)).
Dato che suddetta pratica filosofica di Lenin era in estraneità al marxismo, essa costituiva quindi nei Soviet sotto dittatura stalinista una forza sindacale di difesa ed inibizione, emergente poi variamente infine durante vittoria americana costituitasi in inibizione delle forze lavorative, in non contrarietà con previo rifiuto di esercito russo a trasformare Blocco militare da Est in Movente bellico da Est per intero mondo ed in stessi intenti dei fautori della fine della politica dei Soviet, di cui maggior esponente ufficiale fu alfine Gorbaciov.
Terminati i due Blocchi della Guerra Fredda in terminare di stessa guerra militare economica, terminato attorno ad anno 2012 il periodo di eminente dopoguerra, nella Europa non più ideologicamente politicamente separata né divisa tra i Blocchi stessi, già munita di difese contro intrusioni scientiste e tecnoscientifiche in politica, resta tuttavia utile pensare ai passati rimedi di Lenin, sia partiticamente che transpartiticamente, ma soprattutto sindacalisticamente e  sindacalmente, senza esclusioni di parti e partiti politici, neppure ad "estrema destra" politica — certamente si nota che nella "sinistra“ politica anche moderata vi sono interessamenti ancora maggiori se non i più forti...
Che in Europa nel frattempo ci si fosse difesi già, è evidente nella prosecuzione di Istituzioni politiche fondamentali, ma la difesa assieme ad altre vitali e basilari si compiva solo tramite gli interventi della Organizzazione Nazioni Unite per evitare scontri tra immigrazioni e poteri autoctoni europei, programmando attenzione umanitaria agli immigranti; ed ultimamente da stessa O. N. U. si optava per difesa anche di connazionali stessi, in tal senso concludendo le attenzioni particolari per esterni e dando facoltà, direttamente a nazionalità, di autodifese tramite poteri organizzati anche singoli, a singoli Stati; sia per mandato iniziale di questi, sia e soprattutto per richieste non da medesime cittadinanze di Stati ma comunque da appartenenze nazionali in quanto tali... I fatti, la inazione per il resto di Stati nazionali ed anche di relativa ordetta medesima Organizzazione, attestano di tali richieste perentorietà vitale non ideologizzabile ed ecologicamente umanitariamente già valida!
Distinzione necessaria politicamente tra ambiti politici e non politici, di scientifici da tecnici, di lavorativi da operai, tra macchinarietà - macchinosità e non-automatismo - non automaticismo, mostra una difficoltà che si può affrontare con politica, difficoltà che inerisce capacità e incapacità differenti di mondi diversi, perché si constata che necessità più grave di distinzione dipende da attiguità invero sconfinamento di realtà umana ignara di tecnologia del Settentrione del Mondo. Dunque esiste problema di invadenze dal Sud contro Occidente ed anche Oriente del mondo, perché quest'ultimo ha interessi e requisiti diretti per tecnologia occidentale. Stessa matrice ed estranea, fu anche matrice dei problemi accaduti per fatti del 1918 in Russia – che sono citati nel testo di cui questo mio è commento; infatti fu nel 1918 che la Russia si trovò a contatto con forze estranee ed ostili, antilavorative ed etnofobiche, che stesso Regime Zarista avversando lasciava mandato a forze sindacali quindi istituzionalizzatesi. Tali forze solo in ultimo accludevano masse proletarie russe ma erano forze interclassiste e non chiuse entro ceti e non erano per fazioni, neppure in precedenza, quando per opera determinante di Lenin stesso erano stati posti fuori legge quindi fuori Stato i movimenti marxista e marxista comunista; tanto che attività di Lenin medesimo entro di essi era ostile ad esso fino ad esserne distruttiva burocraticamente e non senza introdursene; per il resto Lenin citava positivamente l'autorinnegamento estremo di Marx, che aveva, quale criminologo non tale di professione e non quale filosofo attivo, individuato nei movimenti proletari comunisti manovre di massa contrarie ad ogni bene e saggezza politica possibili (per tal azione ultima di Karl Marx si può opportunamente e ragionevolmente aver memoria e non solo menzione in storia stessa di filosofia).
Lenin non aggiunse, alla denuncia del Marx più che deluso pure da propria attività, quanto invece ci aggiungeva lo stalinismo per riapplicare lo schema marxista. Lenin infatti accusava particolare schiera di beneficiari finanziari, non di rendite ma perché ottenevano da altrui od anche non altrui rendere od autorendere in concretezze o oggetti e non per patti ma per accadimenti non programmati che realtà di abnorme ed incontrollato capitalismo faceva destino immancabile, inaccettabile per qualunque vero diritto internazionale; dunque si trattava di beneficiari di fallimenti od espropri od inanità aziendali causati da eccessi finanziari e scarsità operative, i quali traevano profitti od altri vantaggi da svendite, cessioni, aste, finanche da donazioni o... da autodonazioni (!) e cui ricchezze e poteri economici dipendevano da inettitudini impresarie cui la finanza dei troppo giganteschi capitali dava adito a troppo adito o non fermo. Tal fenomeno negativo dunque va direttamente considerato entro il rifiuto del consumismi, di cui filosofica necessità fu data in analisi postmoderne, da Francia e non solo, che mostravano dovere di attenzione e rifiuto unanime, da tutte le parti ed i partiti e gli Stati politici, ai consumi davvero eccessivi e realmente inutili, sia individualmente sia collettivamente e sia individualmente - collettivamente che collettivamente - individualmente. Solo ad alcuni ambienti borghesi e mai a borghesia Lenin rimproverò e non giudiziariamente ma politicamente di spaventarsi troppo a causa di incertezze in realtà passeggere ed estranee a vera onestà sociale, la quale egli però aveva già imputato ad ambienti internazionali proletari anche in Russia, tanto che egli stesso aveva realizzato il programma zarista ancora in vigore di contrastare tramite pubblicità politica dei fatti, le invasioni etniche straniere attuate per mezzo di minacce di costituire con generazione di prole numeri maggiori di invasori. Ma tale contrasto repubblicano informativo e non violento era già risolto prima di Ottobre 1917 ed in tal mese se ne dava soltanto ulteriore garanzia aggiunta estromettendo dai programmi governativi sindacali i provvedimenti di ordinarietà sociale in Russia e Russie.

MAURO PASTORE
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MAURO PASTORE
Wednesday, 27 November 2019 14:34
Antagonismo mortale per causa della giustizia politica nel mondo oltre che per la causa del movimento operaio internazionale multinazionale sovranazionale, in ultima analisi era da Lenin individuato in autodissoluzione delle nazioni capitalisticamente imperialisticamente od ultraimperialisticamente vincitrici però sottoposte ad invadente indiretto intervento da mondo extracoloniale meridionale intromesso in colonie diventate strumento di dittatura estraneamente condotta tramite ricatti di subproletariato coloniale-postcoloniale. Lenin non indicava risoluzione socialista-mondialista per questo, ma indicava contributo socialista, da sua Unione Sovietica non interamente offeribile e già offerto.
Lo scenario previsto da Lenin si avverò in Italia durante ventennio fascista quando per iniziativa di Mussolini stesso cui intenti erano antieuropei ed africaneggianti le società italiane furono sottoposte a ristrettezze a causa di venute, da Africa coloniale italiana e zone limitrofe od altre anche, di indigenti e di poveri, tuttavia decisivamente tal venuta accadeva senza un mercato libero sempre sostenibile a causa di stessa invadenza di regime fascista in Italia ed in forza di organizzazioni non fasciste ed antifasciste, anche dei cosiddetti Fasci, fuori patria, in origine opere di garanzie e conservazioni di conoscenze e capacità di mestieri e tradizioni ed altro inerente, invero comitati spontanei in Italia poi anche tra italiani all'estero ma poi rimaste tali solo in Esteri, che Mussolini tentò ma infine invano di usare per occultare violenze di regime fascista in Patria, cui stesso Mussolini da presto si era reso estraneo poi nemico e quindi fino a morire durante Resistenza italiana ed antifascista di fineguerra.
In precedenza, con previa tattica socialista antifascista, non anti-Fascio, svolta con stessa emarginazione e spinta fino a dimissioni da parte dell'allora sedicente compagno (Benito) Mussolini da giornale ufficiale socialista, v'era strategia omologa a quadro offerto da Lenin medesimo, cioè difesa ad oltranza della esistenza dei Paesi non meridionali dagli sfruttamenti indiretti da Sud del Globo che profittavano di immane disastrosa vanità finanziaria-capitalistica-terziaria, cioè non previdenziale e consumista.

MAURO PASTORE
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alessandro visalli
Sunday, 17 November 2019 11:03
Grazie Eros, sul "sobillati" hai ragione. Ci fossero simili capacità di sobillare oggi. Sullo sviluppo ineguale del capitale, ovviamente, anche. Tra l'altro è lo spunto che viene ripreso da una lunga scuola che mi interessa e dunque lungi da me non considerarlo centrale. Probabilmente lo ho poco enfatizzato perché lo considero ovvio, capita ed è un errore. Porrò rimedio. (Quanto allo 'scolastico' hai ancora ragione, ma queste sono solo schede di lettura, mi servono come mattoncini, non svolgono il compito di dire qualcosa di nuovo).
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Eros Barone
Saturday, 16 November 2019 22:45
Ciò che sfugge a questo riassunto piuttosto scolastico della "grande analisi" è che il centro del ragionamento innovatore di Lenin è nella tesi dello sviluppo ineguale e della gerarchia dei capitali. E' questo elemento che va messo in primo piano. Il saggio sull'imperialismo approfondisce infatti, accanto all'analisi dell'opposizione tra capitale e forza-lavoro, l'analisi dell'opposizione tra i differenti capitali. Emergono in tal modo tre principali tipi di opposizione che, nella loro profondità rispettiva e nel loro effetto complessivo, sono la causa dei processi sociali. L'accumulazione ineguale del capitale crea contemporaneamente, nel suo procedere incessante, un vasto fronte di contraddizioni tra capitali e lavoratori e tra diversi capitali (e anche tra diverse frazioni di lavoratori), oltre alle loro influenze reciproche a livello nazionale e internazionale. Di conseguenza, l'acuirsi della crisi della formazione imperialistica mondiale avviene a fasi alterne per diversi settori e zone, per diversi livelli della piramide sociale di ciascun paese e di tutto il mondo. Il 'fuoco' delle contraddizioni può spostarsi, come è infatti avvenuto storicamente, determinando le difficoltà che le stesse esperienze socialiste si sono trovate a dover affrontare per via di questa grande complessità del reale. Infine, un appunto linguistico: nella nota 2, in cui viene ricordato il tentato 'putsch' di Kornilov contro il governo Kerenskij (estate del 1917), si legge testualmente che esso fu "bloccato dalla sollevazione di massa di operai e soldati, sobillati dai bolscevichi". Ebbene, il termine "sobillati", che appartiene senza ombra di dubbio al linguaggio poliziesco e padronale, evoca chiaramente una strumentalizzazione i cui perversi artefici sarebbero stati i bolscevichi. Lungi da me il voler accusare l'autore di un plagio rispetto a questo tipo di terminologia, ma forse un maggior controllo delle fonti adoperate sarebbe stato opportuno.
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