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lacausadellecose

Il virus dell’uomo capitalistico

di Michele Castaldo

corValter Veltroni, consumato uomo politico italiano, ex sindaco di Roma nonché intellettuale e scrittore, in un fondo sul Corriere della sera di giovedì 12 marzo, in una perentoria affermazione include una capziosa domanda: «Ma questo virus - qualcuno un giorno ci dirà con certezza da dove è sbucato? – cambia la storia».

Concediamo il beneficio della buona fede al signor Veltroni e gli consigliamo di leggere qualche buon saggio su come si sono sviluppati certi virus negli ultimi 250 anni. Potrebbe leggere qualcosa di Richard Levins, biologo, matematico e filosofo, oppure di Robert G. Wallace, sennò di Laura Spinney che scrive, tra il saggio e il romanzo, un testo di estremo interesse al riguardo. Questo, ripeto, se in buona fede intende veramente comprendere la natura di certi virus e farsi un’idea più precisa da dove potrebbe provenire l’attuale coronavirus. Se in malafede, lo lasciamo in balia degli eventi e in compagnia della sua ignoranza.

Ma a parte il dubbio sulla provenienza del virus, a Valter Veltroni va riconosciuto il merito di una intuizione brillante, quando afferma: «Ma questo virus cambierà la storia». Si, questo virus cambierà la storia, dunque la percezione è che ci troviamo di fronte a un fatto storico straordinario.

Dal momento che Veltroni non è uno qualsiasi e ancor meno lo è il Corriere della sera, giornale storico della borghesia italiana, dobbiamo dedurne che sua eccellenza l’Establishment sta tremando di fronte a un fenomeno con caratteristiche poco controllabili e poco gestibili; e che per esorcizzare la paura comincia a pensare al «dopo-virus», cercando di farsi coraggio dando fondo alle proprie risorse di ottimismo italico. Diamine, siamo un grande paese con una storia straordinaria alle spalle!

Dunque «sursum corda»!

In che modo pensare al «dopo-virus»? Scrive ancora Veltroni: «Questa crisi chiama in causa il mondo intero. […] perché esiste, nelle società moderne, una “comunità di destino”, che ci lega, indissolubilmente, l’uno all’altro».

Si, è vero, esiste una comunità di destino, ed è altrettanto vero che ci lega l’uno all’altro, ma con ruoli e condizioni diverse. E allora, come la mettiamo? Il destino ha prescritto che il mondo debba sempre continuare a essere capitalistico, devono sempre esistere lo sfruttato e lo sfruttatore, l’oppresso e l’oppressore, chi si strasazia in vizi e chi muore di fame?

Veltroni avanza deciso sul che fare: «Ci vorrà un governo mondiale!», alla faccia del bicarbonato di sodio, avrebbe detto Totò, questo Valter è diventato internazionalista; vabbé le sue origini, ma il mondo è cambiato e lui invece di andare avanti è tornato indietro? Vuoi vedere che questo sotto sotto pensa ancora al comunismo?

Ma Veltroni tranquillizza subito il “monarchico” Totò e traccia il suo programma (sempre quello dell’establishment, beninteso): un governo mondiale si, «che faccia ripartire l’economia, che immetta denaro pubblico per dare ossigeno all’impresa e al lavoro, che aiuti le famiglie con forme nuove di fiscalità, di sostegno alla salute e alla formazione diffusa. Un nuovo mondo, perché nulla sarà come prima. L’Europa farà bene, presto, ad accorgersi che il tempo del freno a mano è finito».

Ma allora siamo alla solita storia, caro vecchio volpone! Per lor signori la storia si deve ripetere sempre uguale a sé stessa, allora veramente il coronavirus sarebbe un piccolo incidente di percorso superato il quale tutto torna come prima? Se è così, in che senso cambia la storia con la comparsa di questo virus? Ecco un primo esempio di cos’è l’uomo capitalistico. Lo pensa solo Veltroni e l’establishment mondiale di tutte le latitudini? No, è senso comune che il capitalismo è un fenomeno naturale, è l’uomo che come specie si identifica con un modo di produzione, insomma è l’homo capitalisticus, fiero, fino a ieri e che si illude, perché dotato di ragione e di parola, di proseguire a “dominare” – cioè rovinare - il resto della natura.

Era ancora fresco di stampa il giornale che pubblicava la sua intervista che Christine Lagarde, Presidente della Banca centrale europea, gelava i polsi agli esperti dell’establishment italico con una “gaffe” buttata lì per sondare il terreno dicendo: ma che avete capito? «Non siamo qui a sanare lo spread»?

Povero Veltroni, povero establishment italico. In poche ore viene bruciata sul nascere una tremenda illusione e le borse che danno il segnale d’allarme di una crisi ben più grave delle più ottimistiche previsioni.

Ma ecco che dall’Inghilterra, il primo paese imperialista al mondo, irrompe sulla scena Boris Johnson che, sostenuto da una componente fondamentale del mondo scientifico, dice: «il governo non prenderà nessuna decisione, il coronavirus farà il suo corso. Non ci saranno chiusure, né dichiarazioni di stato di emergenza: a Londra come nel resto del Paese tutto continuerà come sempre».

È un irresponsabile Johnson e il mondo scientifico che gli sta dietro o c’è un calcolo cinico e crudele che parte dalle necessità dell’accumulazione capitalistica? Questo è il punto dirimente. Proviamo in questa sede a fare un ragionamento semplice, tale da farlo capire anche ai non addetti ai lavori e cioè: questo coronavirus, ancora sconosciuto alla scienza perché “nuovo” si è dimostrato avere una potenzialità Ro (Errezero), cioè partendo dall’infettato zero ha una capacità di trasmissione di 2-3. Cioè ogni ammalato è in grado di far ammalare altre 2-3 persone, e ognuna di queste altre 2,3 e così in modo periodico, ma fino a un certo punto. Di conseguenza su una popolazione, poniamo, di 100 milioni di abitanti avremo una percentuale di circa 60 milioni di ammalati con diversi livelli di gravità. Non moriranno tutti, ma una percentuale minima e certamente fra quelli più cagionevoli di salute e con carenza di difese immunitarie, mentre tutti gli altri avranno sviluppato gli anticorpi e il virus nel frattempo avrà perduto la sua virulenza. Intanto il mondo scientifico e le case farmaceutiche avranno preparato il vaccino, che verrà somministrato in massa e il mondo continuerà a vivere come prima e meglio di prima. Si tratta di pagare un costo obbligato alla natura e alla necessitata selezione della specie. Se, viceversa, si bloccano le attività, si blocca l’accumulazione di capitali necessari per la ricerca scientifica e i costi necessari per il vaccino, aggiungendo in questo modo al danno la beffa del rallentamento dell’accumulazione di capitali in una fase già di per sé drammaticamente in crisi.

È qui esplicitato in modo chiaro come non mai il carattere e l’essenza dell’homo capitalisticus, che non si pone il problema del come è sorto questo nuovo virus, ma lo utilizza all’interno dello stesso modo di produzione per l’accumulazione. È una morale inumana? È una domanda mal posta perché il modo di produzione capitalistico ha una sua morale propria che risponde solo alle sue leggi, quelle dell’accumulazione.

Domanda l’ingenuo cittadino: si, d’accordo, ma se è così, perché Trump che in un primo momento si era espresso come il premier inglese e successivamente ha dichiarato lo stato di emergenza negli Usa e si appresta a prendere misure simili a quelle dell’Italia e di altre nazioni europee? Tre le risposte: a) ci sono le elezioni a fine anno, b) perché la borghesia non sempre ha la potenza di intervenire secondo i propri calcoli; c) perché il popolo americano è misto più che in Inghilterra e questo presenta maggiori difficoltà.

Noi comuni mortali, che non sogniamo ad occhi aperti nella speranza di continuare a vivere in un modo lussuoso sulle spalle di milioni di poveri disgraziati, in un modo di produzione che sta distruggendo tutto quel che di meglio esiste in natura oltre l’uomo, noi che invece ci battiamo per un rapporto diverso della specie umana con i mezzi di produzione e le altre specie della natura, ci sforziamo di capire e di far capire – a chi vuole capire, sia ben chiaro – le ragioni che stanno producendo una serie di disastri, come per ultimo il coronavirus.

Alcuni nostri simili cinesi scrivono:

«Wuhan è conosciuta volgarmente come una delle "quattro fornaci” della Cina per la sua opprimente estate calda e umida, che condivide con Chongqing, Nanchino e alternativamente Nanchang o Changsha, tutte città molto trafficate con una lunga storia, situate lungo o in prossimità della valle del fiume Yangtze. Delle quattro, Wuhan è anche letteralmente ricoperta di fornaci: l’enorme agglomerato urbano costituisce una sorta di nucleo produttivo per l'acciaio, il cemento e altre industrie legate all'edilizia in Cina, […]. La città è sostanzialmente la capitale cinese della produzione per l’edilizia, il che significa che ha avuto un ruolo particolarmente importante nel periodo successivo alla crisi economica mondiale, durante gli anni in cui la crescita cinese è stata stimolata dalla concentrazione dei fondi di investimento nella costruzione di infrastrutture e di immobili. Wuhan non solo ha alimentato questa bolla, con un’offerta eccessiva di materiali da costruzione e ingegneri civili, ma, in questo modo, ha avuto essa stessa una rapidissima espansione urbana».

Domandiamo all’onesto cittadino, ignaro di quel che sta accadendo realmente nel mondo: c’è qualche cosa in comune tra lo scenario descritto da questi cinesi e alcune città e aree geografiche italiane dove si sta accanendo in modo particolare il coronavirus? Ecco come andrebbe correttamente posta la questione.

Ma è solo un fatto italo-cinese, così pensavano e magari si auguravano nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, quella potenza economica in decadenza che ha eletto un fenomeno da baraccone come presidente e si preparava a rieleggerlo e a cui invece la dura realtà mette davanti scenari catastrofici e che reagiscono in modo disordinato e approssimativo avvolgendo la corda al collo di un sistema in crisi che si avvia inesorabilmente a essere messo in discussione non da una rivoluzione – come testardamente auspicata dai comunisti – ma dalle sue stesse leggi di funzionamento.

Questi comunisti cinesi, sempre nel tentativo di far capire la causa delle cose, questione fondamentale che forse viene ancor prima di pensare alla “cura”, come riportano fonti più che attendibili, scrivono:

«Le monocolture genetiche di animali domestici rimuovono qualsiasi forma di difesa immunitaria in grado di rallentare la trasmissione. Popolazioni più numerose e più dense favoriscono tassi di trasmissione più elevati. Queste condizioni di affollamento deprimono la risposta immunitaria. L'alto rendimento, che è lo scopo di qualsiasi produzione industriale, procura un rinnovo continuo dell’approvvigionamento di soggetti vulnerabili, il carburante per l'evoluzione della virulenza». [Robert G Wallace, Big Farms Make Big Flu: Dispatches on Infectious Disease, Agribusiness, and the Nature of Science, Monthly Review Press, 2016. pp. 56-57.

Come si può ben vedere, nonostante la complessità del problema, si tratta di un linguaggio semplice, ma che può essere capito solo da chi è disposto a capire. E purtroppo la specie umana non è troppo fornita di questa predisposizione ed è costretta dagli eventi, che essa stessa ha contribuito a determinare, a essere travolta nella tragedia.

Ci perdoni il lettore se profittiamo della sua pazienza citando ancora questi comunisti cinesi:

«E, naturalmente, ognuna di queste caratteristiche è una conseguenza della logica della concorrenza industriale» (ibid). Attenzione bene, perché siamo all’abc del funzionamento del modo di produzione capitalistico dove la volontà dell’uomo vale zero proprio perché egli è avvolto dalla spirale della concorrenza.

«Le epidemie,» scrivono ancora questi cinesi, «sono in gran parte l’ombra dell’industrializzazione capitalistica, e allo stesso tempo ne fungono da precursore. […] Non è un caso, quindi, che il centro dei focolai di epidemie fossero i grandi caseifici di Londra, che rappresentarono l’ambiente ideale per l’intensificazione dei virus. […] La peste bovina fu portata dall’Europa in Africa orientale dagli italiani, che cercavano di raggiungere le altre potenze imperialiste colonizzando il Corno d’Africa attraverso una serie di campagne militari». Lega, leghismo, leghisti? Arroganti e poveri parvenu.

La storia è un giudice inappuntabile che puntualmente presenta il conto e lo sta presentando all’uomo capitalistico che si è cullato per oltre 500 anni in un movimento storico forsennato che preso dalla sua boria di grandezza sta arrivando drammaticamente a fine corsa.

È sbagliato e superficiale pensare che le classi privilegiate dell’attuale modo di produzione, che comunemente identifichiamo come borghesi, abbiano la bacchetta magica per utilizzare anche questo fenomeno per far proseguire il capitalismo nel suo cammino. Il comportamento dei governi, in modo particolare di quelli occidentali, ne è una prova evidente, come si diceva prima a proposito di Trump. Essi hanno paura non della rivoluzione, come molti pensano, compresi i comunisti cinesi che abbiamo citato, ma di eventi che non possono controllare. La borghesia, se proprio vogliamo usare questo termine, effettivamente non sa cosa fare ed è allo sbando, è vittima anch’essa di un modo di produzione impersonale e le “sue” misure, per quello che ci è dato sapere dall’angolo visuale dell’Italia, dopo la Cina, sono improntate a limitare i danni, a che non si diffonda il virus, a cercare di rendere governabile la situazione nella speranza – questo si, come pensa Veltroni e l’establishment, o per l’altro versante Johnson – che… «passata la tempesta odo augelli far festa». Si tratta di difficoltà reali, è inutile nasconderlo, e di speranze vane, ma di previsioni cupe, molto cupe da parte di chi osserva razionalmente le questioni.

Contrariamente a quello che pensa e spera Veltroni e tutto l’establishment mondiale, a nord, a sud, a est ed a ovest, la storia da oggi in avanti cambia, non per volontà dei comunisti, ma per le leggi del modo di produzione capitalistico cui l’uomo stupidamente si è affidato. La scritta «Andrà tutto bene!» che comincia a comparire dai balconi è come l’urlo di Munch, un urlo di paura, non ci vuole molto per capirlo.

Chi si pone come comunista materialista si deve munire di tanta, ma tanta pazienza, perché un modo di produzione in crisi produce sconquassi ai quali l’uomo non è abituato e per di più si trova di fronte un nemico non identificabile in un uomo, un governo, un potere costituito, ma un soggetto invisibile che piuttosto che affrontarlo a viso aperto si è costretti a chiudersi in casa per non essere colpiti. Altro che guerra, nei confronti della quale si scende in piazza, si individua la responsabilità nel proprio governo, lo si abbatte per arrivare alla pace e alla ricostruzione. Insomma, la storia cambia.

Le attuali borghesie mondiali, se proprio vogliamo identificarle quali nemiche dei popoli oppressi e sfruttati perché difendono questo modo di produzione, rappresentano il punto di arrivo di un comportamento umano che ha legato i suoi destini al principio della concorrenza. È questa legge che bisogna sconfiggere. Ed è molto più complicato che abbattere l’aristocrazia e riprodurre l’oppressione in altre forme e altre modalità come successe con le rivoluzioni cosiddette borghesi.

Nella storia ci sono momenti in cui bisogna urlare e momenti in cui bisogna lavorare a far capire la causa delle cose, come azione fondamentale propedeutica a una mobilitazione tendente a individuare il nemico impersonale che si cela nell’uomo capitalistico e che opportunisticamente si adagia. Si tratta di far prevalere la ragione sul sentimento, di saper indirizzare i nostri sforzi non all’immediatezza del «che fare», magari con fantomatiche tendenze ideologiche prive di senso. Dobbiamo avere la consapevolezza di non sapere cosa vuol dire comunismo, ma di sapere quello che ormai la specie umana non deve più volere, ovvero la supremazia delle leggi della concorrenza che hanno dominato il mondo per oltre 500 anni.

Diciamo senza mezzi termini: non siamo certi che l’ondata di questo virus porterà l’intero sistema alla catastrofe, ma siamo certissimi che da oggi in avanti questo modo di produzione riprodurrà virus sempre più potenti contro le sempre più fragili difese immunitarie dell’uomo. In una fase dove le leggi dell’economia mostrano la corda. E dunque la catastrofe generale sarebbe solo rinviata nel breve tempo. Noi profeti di sventure? No, voi illusi e cretini!

Pertanto nel caos che da oggi sempre di più aumenterà con scenari a noi sconosciuti è necessario trovare la forza di denunciare le cause della crisi dell’attuale modo di produzione, e prepararsi a stare posto che ci compete. Solo in questo modo chi si richiama al comunismo avrà assolto a un compito storico di fondamentale importanza.

Comments

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Franco Trondoli
Saturday, 18 April 2020 14:04
Adesso capisco il Signor Veltroni. L'avvio di una Nuova Società, oltre quella Borghese nata dalla Rivoluzione Francese, che si potrà chiamare "La Società del Dispotismo Occidentale ". NEC SPE NEC METU.
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Franco Trondoli
Friday, 20 March 2020 01:16
Caro Lorenzo, condivido quello che dici. Michele Castaldo è forte e saggio. Mi dispiace immensamente per le giovani generazioni. Un Abbraccio a tutti e due. In bocca al lupo. Franco
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lorenzo p
Thursday, 19 March 2020 22:10
Grazie a te Michele per la risposta. In effetti "classi dominanti" è una espressione che probabilmente adesso non inquadra in modo corretto ed esaustivo una situazione che si potrebbe definire in modo un pò naive di sofferenza generale dell'umanità vittima nel suo complesso di questa competività degli uni contro altri a tutti i livelli. Tuttavia c'è comunque chi qui dentro ci si trova bene e chi ne approfitta parecchio, chi viene umiliato e chi muore. Non mi sento in grado di discutere e comprende a fondo circa la continuità nel tempo del "modo di produzione" del sistema diciamo capitalistico. Se ci sia dunque una ripetizione continua in nuove forme o una evoluzione non lo riesco a vedere. Quello che temo di fronte agli elementi possibili di rottura sono le forme di dittatura che mi pare scaturiscono come elemento di difesa o come espressione degenerativa o consequenziale di una concentrazione di potere. Insomma che siano più o meno consapevolmente costruite le strutture di controllo divisione e sottomissione mi sembrano fiorire in quantità ma sopratutto in qualità. Questo non sminusce almeno in me il desiderio di un umanità più giusta più libera di sognare di costruire, una umanità più fraterna e solidale ma inquadrare i nuovi pericoli credo sia necessario senza mitizzarli ma neppure senza sottovalutarli. Per farla breve se dovessi dire per chi è una opportunità oggi il coronavirus se per "noi" o per "loro" mi sento di dire per "loro" purtoppo.
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Michele Castaldo
Thursday, 19 March 2020 18:25
Carissimo Lorenzo,
innanzitutto ti ringrazio per aver letto il mio scritto in una fase in cui si legge pochissimo e ci si ascolta ancora meno; dal ché ne ho derivato che la sinistra - tutta, senza esclusione alcuna - somiglia a una voliera dove ogni volatile canta il suo "canto libero" incurante del canto altrui. Ciò detto cerco di rispondere molto brevemente alla tua obiezione di fondo.
Un vecchio grande compagno napoletano, laureato in fisica nucleare che mori di cancro una decina di anni fa diceva che la paura è "il principio della coscienza del non sapere cosa fare di fronte a un nuovo pericolo".
Noi non dobbiamo mitizzare le classi borghesi, sono anch'essi dei poveracci vittime del modello dei rapporti sociali che difendono. Una tesi, questa, espressa in modo egregio da Marx nel Capitale.
Per una verifica pratica basta guardare non tanto e non solo il comportamento dei governanti italiani e dell'establishment che gli sta dietro, ma volgere lo sguardo al resto d'Europa, all'Inghilterra e agli Usa.
La tragedia vera che abbiamo di fronte non è tanto il comportamento della borghesia, magari e fosse solo questo, ma popoli che si rivedono in un modo di produzione che è arrivato al punto da produrre solo disastri.
Quando diciamo capitalismo diciamo tutto ma diciamo purtroppo poco o niente, perché il dramma vero è che non si prende in considerazione il MODO di produrre le merci che fanno da base del profitto. Sconfiggere questo virus con un nuovo vaccino è il modo di rincorrere il MODO di produzione e così facendo si alimentano altre possibilità per nuovi virus e - contemporaneamente - si riducono sempre di più le difese immunitarie.
Il nemico è impersonale e quella che chiamiamo la classe borghese altro non è che l'espressione concentrata del MODO di produzione. Purtroppo si tratta di sconfiggere non una classe, ma un modo di produzione che produce a sua volta la classe. Strano a dirsi, ma questo è.
Prima o poi si aprirà un dibattito serio su queste tesi e si affronterà più correttamente l'insieme dei problemi.
Michele Castaldo
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lorenzo p
Thursday, 19 March 2020 12:11
Io da parte delle classi dominanti vedo più opportunismo che paura. E' già stato detto molto riguardo al "capitalismo della sorverglianza" ma questo è solo un'aspetto del "nuovo". Questo tipo di eventi può solo dare un'accellerazione a processi già in atto. Lo smartworking è un ottima cosa per chi vuol avere un sempre maggior controllo e purtroppo sarà sempre più pervasivo anche nelle realtà a grande densità produttiva. La produzione sara' sempre più automatizzata con operatori a distanza. Poi naturalmente gli sfruttati abiteranno nei soliti piccoli loculi a lavorare a distanza non certo in una bella casa con giardino ma quello che emergerà non sarà solo il controllo e la sorveglianza ma anche e sopratutto l'ISOLAMENTO. Questo è un grande pericolo perchè allontanerà ancora di più capacità di agregazione e azione collettiva. Insomma temo che più che paura questo virus caschi a fagiolo per chi pianifica ed esercita il dominio sugli uomini.
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Sandro
Tuesday, 17 March 2020 21:49
Quando si parla della società capitalista, si pensano molte cose. Le società nella storia dell'uomo sono state cambiate nel tempo in maniera diversa, ma alla fine se facciamo un ragionamento su una questione fondamentale che riguardano le società, che sono fatte da persone, queste società come sono nate alla fine muoino. Come accade agli esseri umani, oltre che agli altri esseri viventi. Una società, nel momento in cui nasce, come fa l'uomo cresce, e arriva fino al suo limite, e i limiti, se guardiamo alla storia passata si dovrebbero capire. Nessuno può pensare che si possa crescere all'infinito. Quello che è acacduto con questa società nata dalla rivoluzione industriale, in pochimi anni, storici ovviamente, ha distrutto il nostro pianeta come se il tempo storico fosse passato con un battito delle ali di una farfalla. Se dovessimo ritornare indietro mai è accaduto che un periodo così breve abbia fatto peggio di qualsiasi altro periodo storico. Quello che è accaduto all'Impero Romano è chiaro. E' nato dal niente, sono arrivati due (lo dico per ridere), Romolo e Remo e hanno costruito dal niente l'impero Romano. Questo impero ha conquistato il mondo che allora noi conoscevamo, ma dopo secoli di storia, anche qui in un battito delle ali di una farfalla, arrivato al suo apice, al suo limite di sviluppo, ebbene quell'impero è caduto. Sono arrivati i barbari, quei barbari che non solo non erano barbari, ma un popolo conquistatore che di fronte alla morte dell'impero Romano ha preso il suo posto. E quei barbari hanno permesso che la nuova società fosse migliore rispetto a quella che esisteva prima. L'uomo nasce bambino, cresce e diventa ragazzo, poi diventa uomo,continua a sviluppare la forza, l'intelligenza, la sua capacità, ma alla fine non cresce più, allora da quel momento incomincia a invecchiare, prima lentamente, e poi sempre più rapidamente, fino a morire. E questa curva che parte da zero e poi cresce fino ad arrivare al massimo, poi si ferma, e poi incomincia a decrescere fino a riportasi a zero, con la morte della persona e/o la morte della società. E' questo che accade fatalmente, e nessuno deve avere paura perchè come è naturale nascere, anche la morte è naturale. Per quale motivo abbiamo incominciato a pensare che la morte non esista più. Che la nostra società nata dalla rivoluzione industriale dovesse continuare a vivere per l'eternità, chiuque abbia un minimo di cervello, che sia uno studioso di qualsiasi materia, dalla matematica, alla fisica, alla geografia, al sistema solare, all'economia, alla filosofia, che sembra che non esista nemmeno più, e che non serva a nessuno, dovrebbe comprendere, anche se non ha studiato, che nel momento in cui nasciamo, tutti moriamo. E non dobbiamo pensare a noi che viviamo in questo periodo, ma dobbiamo pensare e guardare al futuro, perchè noi dobbiamo fare la cosa ovvia che abbiamo sempre fatto, pensare che le future generazioni vivano in un società migliore di quella che abbiamo vissuto noi. Dal 1974, data in cui ci siamo fermati come sviluppo economico e sociale, da quell'anno e i dati statistici li abbiamo tutti, la forza lavoro ha incominciato a diminuire, prima lentamente ma poi la dimunuzione del lavoro è aumentato sempre di più, ma non solo, nello stesso tempo le crisi che si sono presentate, mentre prima avenivano in lunghi periodi, hanno incominciato a avvenire sempre più spesso, e da alcuni decenni, possiamo dire che siamo entrati in un tunnel e non riusciamo più a uscirne. Di fronte a queste evidenze, continuiamo a discutere quali debbano essere le politiche che dobbiamo portare avanti. Qualsiasi politica si porti avanti, in questa società non usciremo da nessuna crisi. Questa società dal 1974 sta morendo, e noi crediamo che sia possibile recuperare tutto quello che abbiamo perso? Io non so quando accadrà che questa società morente, alla fine muoia, Ma una cosa è certa, accadrà. Non sarò io a vederla, ma sono sicuro, come è avvenuto nella nostra storia che nascerà un'altra società sulla morte di quella esistente. Non voglio parlare di questioni che troppo spesso discutiamo in astratto. Anche quando si discute delle rivoluzioni, Sono sempre avvenute di fronte a rivolte popolari di grandissimo livello, come è accaduto quando la borghesia ha permesso al popolo francese di fare la rivoluzione, ma poi Napoleone si è messo in testa la corona da imperatore, e per la prima volta lo ha fatto da solo, senza che il papa gli mettesse sul capo la corona, ma dopo un periodo brevissimo, storicamente parlando, dopo un battito delle ali di una farfalla è morto e tutti sanno come. E dopo un altro battito delle ali di una farfalla, è nata la rivoluzione indusriale, che in un altro battito delle ali di una farfalla è arrivata adesso, in questi 50 anni. Adesso dobbiamo solo aspettare la morte di questa società E finalmente avremo, non noi ma le prossime generazioni aprire una rivoluzione per cambiare veramente un pezzo di storia che ci sta portando come umanità al disastro dle nostro pianeta.
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Franco Trondoli
Monday, 16 March 2020 23:57
Io penso che il Signor Veltroni cerchi di "schierare" strategicamente le truppe "progressiste" per il dopo coronavirus se e come si manifesterà. Il "salto" verso un Capitalismo unificato nell'ambito di un globalismo universale è la parte utopica del liberalismo. Viene bene per fare da contraltare al ritorno identitario agli Stati Nazionali che adesso per forza di cose si prendono la ribalta. Certo la partita diventera' tutta da giocare quando si chiariranno i contorni economici e sociali complessivi appunto del dopo coronavirus. Intanto diventa sempre importante occupare le due facce della stessa medaglia. O "Sovranista" o "Universale" sempre Capitalismo sarà. Il Socialismo e il Comunismo sono parole espunte dal vocabolario. Retaggio storico ormai superato e dimenticato. Il modo di produrre ,di vivere e di pensare Capitalistico è un fatto naturale che non è e non può essere in discussione. È chiaramente una posizione che non può avere basi pratiche reali. Il Capitalismo significa morte tua e vita mia ,finché le condizioni ambientali e naturali lo permettono. Ma appunto, ora non sarà più così. La posizione di Veltroni la definisco Nichilismo Negativo. Non capisco perché sostenga ancora simili posizioni. Anche da un punto di vista meramente strumentale, a breve termine vinceranno le opzioni "nazionali". Hanno già vinto, non c'è bisogno di ricordarlo. Usa, GB, Francia,Germania, Cina ,Russia,India ecc. Il Capitalismo è per sua natura bellicoso, a meno che non si voglia intendere un Consorzio Capitalistico Mondiale che riesca a "gestire" localmente ogni gruppo di popolazione. Ma è una visione" politica idealistica" e come tale subalterna al modo di funzionare del Capitale, che come sappiamo, ha le sue leggi immanenti e automatiche che non concepiscono la quiete. Se non quella eterna. Cordialmente
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Mario M
Monday, 16 March 2020 15:38
Riciclo e aggiorno un mio commento di questa mattina su questo sito.

Va discussa l'ipotesi se ci troviamo di fronte a una reale epidemia. Più che discussa, l' ipotesi va contestata, perché la presenza di un'epidemia non deve essere caratterizzata solamente da un nome che poniamo a caratterizzare un'influenza, una bronchite, una polmonite, come ce ne sono ogni anno. L'epidemia è l'aumento rapido di una malattia contagiosa, ma entrambi i requisiti non mi sembrano verificati: non mi sembra ci siano stati molti più decessi - almeno di 5-10 volte - degli anni precedenti e nello stesso periodo; e poi, come è possibile verificare il contagio? quando non c'è neanche un modello animale su cui testare, e quando si parla di portatori asintomatici, che forse sono la stragrande maggioranza? Pertanto le regole di Robert Koch - le basi dell'epidemiologia - non trovano applicazione.

Fortunatamente fuori dalle grida dei media main stream abbiamo delle voci fuori dal coro, come Fulvio Grimaldi (presente su questo sito), Stefano Montanari, Paolo Bellavite, Giuseppe Di Bella. Vi segnalo questo intervento di Wolfgang Wodarg, con sottotitoli in inglese
https://www.youtube.com/watch?v=p_AyuhbnPOI
Denuncia l'operazione semantica intorno alla situazione sanitaria attuale, che avrà come effetto il controllo della popolazione e la riduzione delle libertà, come denunciato da Ugo Mattei.

Non ci va molta scienza per acquisire un atteggiamento critico riguardo a questo allarmismo, caccia alle streghe, canea, che aggraverà la situazione sanitaria. Del resto in precedenza abbiamo avuto altre presunte epidemie, come l'Aids, l'ebola, l'aviaria, la suina, la mucca pazza.

L'articolo giustamente denuncia l'alto livello di inquinamento da polveri sottili presente nella pianura padana e nella zona di Wuhan, che può aver contribuito a innalzare il numero dei decessi. Alcuni suggeriscono anche una possibile causa del 5g o della precedente campagna vaccinale
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